Letteratura 800 - dal manuale di Letteratura Italiana Medievale e Moderna PDF

Title Letteratura 800 - dal manuale di Letteratura Italiana Medievale e Moderna
Author Silvia Bonazza
Course Letteratura Italiana
Institution Università degli Studi di Trieste
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Riassunto del contesto storico della letteratura dell'Ottocento, prese dal manuale di Letteratura Italiana Medievale e Moderna Casadei /Santagata (professoressa Piras)...


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Letteratura italiana 1. UN QUADRO D’INSIEME La disputa dei romantici. Il dibattito attorno alle poetiche del Romanticismo – Milano, gennaio 1816, in seguito alla pubblicazione, sul primo numero della “Biblioteca Italiana” – di un articolo di Madame de Stael “Sulla maniera e l’utilità delle traduzioni. Si invitano i letterati italiani ad una stagione di rinnovamento, favorito dall’aperto confronto con i moderni capolavori della letteratura nord-europea. Le critiche della baronessa suscitano reazioni immediate e assai negative fra gli esponenti della scuola classicista come Pietro Giordani, Carlo Giuseppe Londonio e Vincenzo Monti – i quali insorgono a difesa di una teoria imitativa dell’arte e della bellezza, a sostegno dell’uso poetico della mitologia e soprattutto a tutela della tradizione e della cultura nazionali. Fra giugno-dicembre 1816 – vengono stampati i cosiddetti “manifesti del Romanticismo italiano” - nel mese di giugno: “pamphlet Intorno alla ingiustizia di alcuni giudizi letterari italiani” di Lodovico di Breme - nel mese di settembre: breve romanzo satirico-umoristico “Avventure letterarie di un giorno…” di Pietro Borsieri - nel mese di dicembre: saggio in forma epistolare “Sul cacciatore feroce” e sulla “Eleonora”. Lettera misera… di Giovanni Berchet. Il Romanticismo italiano si delinea soprattutto come spinta allo svecchiamento della cultura nazionale, in sostanziale continuità e conciliazione con la tradizione precedente: “Il Conciliatore” – uno dei più importanti organi del movimento romantico lombardo – il cui “Motto” recita “rerum concordia discors” (la discorde concordia delle cose). Il Romanticismo Lombardo recupera le aspettative più avanzate della precedente riflessione illuminista sul fine utilitaristico e civile dell’arte e della letteratura. La poesia romantica italiana si caratterizza per un forte aggancio al repertorio stilistico-formale della tradizione: non a casa Giacomo Leopardi – maggior poeta “romantico” italiano – che pure interpreta in chiave filosofico-esistenziale la coscienza dell’irreparabile frattura scavatasi tra l’uomo moderno e la natura. Nel “Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica” (1818) egli attribuisce alla poesia classica quella potenza dell’immaginazione, quel sentimentalismo patetico che i romantici rivendicavano come loro prerogative esclusive. L’evoluzione del melodramma. In cui si riversa larga parte delle pulsioni più estreme dell’immaginario, addomesticate o ripudiate dagli altri codici, come il fascino dell’incredibile e dell’eroico, la seduzione dei grandi sentimenti e delle passioni generose, il gusto per le storie terrificanti, sublimi e popolari. “Guglielmo Tell” (1829) di Gioachino Rossini – inaugura la massima stagione dell’opera lirica romantica. Essa è rappresentata da compositori presto celebri in tutta Europa come il catanese Vincenzo Bellini, bergamasco Gaetano Donizetti e il parmigiano Giuseppe Verdi. La parola cantata sullo spazio scenico diventa il veicolo del registro moderno, spregiudicato e infinito degli affetti, dall’istinto selvaggio di odio e di vendetta all’impulso autodistruttivo dell’eros assoluto, al sacrificio nobile e gratuito dell’eroe martire; il compositore adatta questi affetti volta per volta allo sviluppo narrativo e psicologico della vicenda, alla ricerca di una sintesi potente fra libretto, musica e teatro, la nuova editoria, le riviste. La crescita di una moderna editoria commerciale e borghese appare fortemente ostacolata dalla frammentazione politica, economica e culturale dell’Italia della Restaurazione. Partire dagli anni ’20 – importante conquista dell’età rivoluzionaria – riconoscimento del diritto di proprietà letteraria cessa di essere considerata valida su scala nazionale, con l’immediata conseguenza di un’incontrollabile moltiplicazione delle “edizioni pirata”, che danneggiano stampatori e defraudano gli autori del loro compenso; contemporaneamente l’imposizione dei dazi e di dogane determina un aumento nei costi di produzione – incidendo in modo sfavorevole sulla libera circolazione del libro. Tutto ciò impedisce l’instaurazione di un mercato librario stabile assimilabile a quello dei maggiori paesi europei (es. Inghilterra e Francia). Simile contesto – Milano – resta comunque centro propulsore dell’editoria italiana, grazie anche alla presenza di un ceto sociale più ricco, avanzato e intraprendente, e di un folto gruppo di giovani intellettuali – i quali optano di preferenza per un’attiva collaborazione con stampatori e riviste nella prospettiva di procurarsi una rapida fonte (seppur minima) di guadagno.

Editori più illuminati e sensibili all’evoluzione del panorama culturale – Antonio Fortunato Stella e Francesco Lampato. Sempre in area milanese, nascono le riviste più significative dell’epoca: - mensile “Biblioteca Italiana” (1816-40) – impronta “filogovernativa” - bisettimanale “Il Conciliatore” – promosso dai conti Confalonieri e Lambertenghi - mensile “Annali Universali di Statistica” – attento ai problemi concreti della società Fuori Lombardia: periodico più importante – mensile fiorentino “L’Antologia” (organo dell’intellighenzia liberale e moderata toscana) – fondato dal tipografo Giovan Pietro Vieusseux celebre per le numerose iniziative organizzate dal proprio “Gabinetto scientifico-letterario” – luogo di incontri e di discussioni fra uomini di cultura di diversa estrazione sociale e provenienza. 1840: la stipula della convenzione che estende a tutti gli Stati italiani la libera circolazione delle opere a stampa e il riconoscimento della proprietà letteraria e dei diritti d’autore determina una svolta decisiva verso il superamento delle barriere strutturali dell’industria libraria della penisola. Grazie a questo provvedimento di tutela il mercato incontra un notevole sviluppo. 2. LA POESIA La poesia italiana del Romanticismo, è contrassegnata da una produzione quantitativamente e qualitativamente modesta. Fino al 1848-49: prevale la lirica patriottica – esalta la storia e la gloria nazionale, celebra gli eroi politici del passato o del presente, commemora le prove dolorose dell’esilio – attraverso l’impiego di forme facili, sciolte e musicali come “inno”, “ballata”, “novella in versi” preferibilmente scandite sulla fissità e sull’energia ritmica dei metri parisillabi  queste soluzioni formali si rivelano più adatte a manifestare il bisogno epico-narrativo e l’esigenza di spontaneità, di tensione, di ricchezza sentimentale confacenti al gusto del nuovo pubblico borghese e popolare, il quale privileggia i modelli “positivi” rispetto a quelli “negativi”. Lirica patriottica Milanese Giovanni Berchet: spetta il genere della “ballata romantica”(o romanza) – attraverso la traduzione di due liriche del tedesco Gottfried Burger “Il cacciatore feroce” e “Eleonora”. La “ballata” in Italia si orienta sull’aspetto storico-nazionalistico, richiamato di preferenza attraverso l’epopea dei fasti e delle libertà degli antichi comuni dell’età di mezzo. “Le fantasie” (1829) – poemetto polimetro, 5 visioni – nel quale un fuoriuscito (alter ego dell’autore) fuggito in Francia e poi a Londra, dà sfogo ai fantasmi del sogno e dell’animo, contrapponendo la viltà del tempo presente alle lotte gloriose del passato. La vigorosa passione politica e patriottica che anima la sua poesia si esprime attraverso la combinazione di forme metriche estramamente concitate – tese a destrare l’entusiasmo del pubblico. Questi poeti si ispirano per lo più a fatti dei quali sono direttamente spettatori o addirittura partecipi, e magnificano con ardore il tema del nobile sacrificio per la libertà della nazione - sostenuti da una lirica di tono popolareggiante. -

Napoletano Alessandro

Lirica dialettale Esito più efficace la produzione in dialetto del milanese Carlo Porta e del romanesco Giuseppe Gioachino Belli. Godono di una differente condizione economica: 1. più stabile e benestante, agevolata da una felice unione matrimoniale che gli consente di condurre una vita agiata; 2. precaria e tormentata, critica infanzia da orfano, con la scomparsa della moglie, si trova di nuovo alle prese con gravi difficoltà materiali. 1. Carlo Porta: propugna una vera e propria battaglia a favore del dialetto – la quale, pur mantenendo fede ai principi ecclesiastici del piacere e dell’utile, ben si sposa con le istanze dei critici romantici italiani per una poesia realistica, popolare e immediata. Adesione al movimento – è confermata dalla fondazione della “Cameretta” (1816) – società di amici riunita settimanalmente in casa Porta per discutere di arti, attualità e politica. 2. Giuseppe Gioachino Belli: si dedica al vernacolo da isolato, senza poter usufruire della guida di consolidati modelli, né di un pubblico rodato di intendenti; inoltre il dialetto è coltivato in

Ultima fase Veronese Gaetano Maria Aleardi Trentino Giovanni Prati = rappresentano gli scrittori di maggior consonanza con l’orizzonte sensuale e perbenista di un pubblico piccolo-medio borghese sempre più affermato e soddisfatto – affascinato dal richiamo delle passioni irrigolari ed eccessive stemperate in un’aura di severa rispettabilità. Prati – “Edmenegarda” (1841): nella quale si racconta in chiave melodrammatica una vicenda scandalistica di corruzione, di pentimento e di redenzione, fondata sul fatto di cronaca reale: adulterio commesso dalla sorella del patriota veneziano Daniele Manin. Aleardi – sentimentalismo più riflessivo che si esprime attraverso una forma aulica, elegante e sorvegliata che guarda intenzionalmente alla tradizione classica italiana dell’800 (specie Foscolo e Leopardi). Scelta accurata del lessico e adozione di una sintassi sostenuta, in cui si condensano i motivi caratteristici della musa di Aleardi: fascino per la descrizione di paesaggi e ambienti storici.

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Poerio Trevigiano Francesco dall’Ongaro Irpino Pier Paolo Parzanese Vicentino Arnaldo Fusinato Ascolano Luigi Mercantini Genovese Goffredo Mameli

forma segreta e clandestina per non nuocere alla salvaguardia della propria immagine pubblica di letterato organico e conformista; 1813: fondatori dell’Accademia Tiberina – che promuove studi storici a Roma. Belli non insegue le orme di una lirica popolare, sceglie invece di “fotografare” il carattere originale, cinico, impoetico, ignorante e crudele della plebe della capitale. Da queste premesse deriva una potente raffigurazione realistica e grottesca della vita quotidiana – del tutto priva di simpatia e di solitdarietà con mondo. Nega ogni possibile riscatto della plebe romana, definitivamente “abbandonata senza miglioramento”, alla negatività assoluta della condizione dei viventi, ribadita attraverso i concetti gnomici e sentenziosi e le arguzie satiriche e dissacranti della “sfacciata” verità del popolo.

3. LA PROSA 3.1 la stagione del romanzo storico 1827: conquista la propria affermazione liberandosi della “patente di inferiorità” 1825-27: al di là dell’evento rappresentato dalla prima edizione dei “Promessi Sposi” – appaiono ben altri 4 romanzi storici – i quali contribuiscono meglio a prefigurare le coordinate evolutive del genere per gli anni 30/40: -

“Castello di Trezzo” di Giovanni Battista Bazzoni “Sibilla Odaleta. Episodio delle guerre d’Italia …” di Carlo Varese “Il Cabrino Fondulo…” di Vincenzo Lancetti “La battaglia di Benevento…” di Francesco Domenico Guerrazzi

1830-1840: si assiste ad una vera e propria proliferazione di romanzi storici in chiave civile e patriottica, secondo 2 sostanziali linee di tendenza lungo le quali si dispongono i principali schieramenti ideologico-politici: -

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Schieramento moderato, cattolico-liberale: in questa prima compagine rientrano “Ettore Fieramosca” del marchese Massimo Taparelli d’Azeglio e il “Marco Visconti” di Tommaso Grossi. A questi si possono aggiungere “Il duca d’Atene” di Niccolò Tommaseo e il “Margherita Pusterla” di Cesare Cantù; Schieramento democratico, laico e mazziniano: interprete significativo – Francesco Domenico Guerrazzi, il quale predilige uno stile enfatico e declamatorio, conforme al proprio moralismo intollerante e rivoluzionario, per presentare racconti eccessivi e orrorosi, sulla scia del goduto modello byroniano e della letteratura “nera” e d’appendice.

“Genere campagnolo” – inaugurato da un saggio del liberale Cesare Correnti – tit. “Della letteratura rusticale” – con il quale si esortano i narratori a rivolgere l’attenzione alla vita e alla condizione dei contadini, a torto emarginati sino ad allora dai processi di emancipazione e di lotta nazionale. 3.2 LA MEMORALISTICA I memorialisti dell’età romantica sono soprattutto intellettuali e militari partecipi delle lotte per l’indipendenza nazionale – i quali narrano in modo immediato, colloquiale e realistico le loro esperienze personali con un intento non solo politico ma anche pedagogico ed esemplare, nella speranza di influenzare l’opinione pubblica e di educare le nuove generazioni agli ideali risorgimentali.

Una delle opera più fortunate del genere – “Le mie prigioni” (1832) di Silvio Pellico, ispirata all’epoca della carcerazione nella fortezza morava dello Spielberg, e accolta dall’opinione pubblica come severa denuncia della durezza e dell’ingiustizia della repressione austriaca nei confronti dei patrioti carbonari, laddove nei propositi dell’autore la narrazione doveva avere piuttosto il valore di un percorso di formazione interiore e di riscatto religioso, attraverso le prove amare del disinganno e della sofferenza. Nel secondo ‘800 – la memorialistica beneficia del successo del movimento risorgimentale sulla via dell’unificazione della penisola, per cui è principalmente l’epopea garibaldina ad affascinare i lettori e degli altri eroi dell’impresa dei Mille. 3.3 IPPOLITO NIEVO Nacque a Padova nel 1831. Le memorie di famiglia lo legavano alle vicende della Repubblica di San Marco; sua madre apparteneva a una famiglia antica e politicamente dell’aristocrazia veneta. Nievo parve presto interessato alla letteratura e all'attività di giornalista. “L’avvocatino” - novella edita nel 1856, gli procurò una condanna per “vilipendio alla gendarmeria”. In quel periodo aveva allestito il suo “novelliere Campagnolo”. L’anno successivo avvio tra l'altro la stesura delle “confessioni d’un italiano”. 1859: adesione al corpo garibaldino dei “Cacciatori delle Alpi”, non gli impedì di continuare a lavorare assiduamente: tradusse dal tedesco e pubblico il trattato “Venezia e la libertà D'Italia” - con cui appoggiò la politica nazionale sabauda. A questo periodo risale anche l'allestimento delle liriche degli “Amori garibaldini” e l’abbozzo del “Frammento sulla rivoluzione nazionale”. 1860: partecipò alla spedizione dei Mille, assumendo incarichi organizzativi. Notte del 4 marzo 1861: morì nel naufragio del piroscafo su cui era imbarcato. Le opere minori. L’esordio letterario di Nievo appare per molti aspetti inconsueto. La settantina di lettere scritte nel 1850 a Matilde Ferrari – formano una sorta di romanzo epistolare, narrativamente ben costruito sulla scorta di modelli appena assimilati – in particolare la “Giulia o la Nuova Eloisa” di Rousseau e l’Ortis di Foscolo. La forte accentuazione lirica e l’indugio filosofico che contraddistingue quelle lettere sono riproposti in chiave satirica e umoristica nell’Antiafrodisiaco per l’amor platonico – romanzo incompiuto che fa seguito alla rottura del rapporto con Matilde. La sperimentazione letteraria di Nievo tra il 1856-59 è incessante e si muove su più fronti. 1856: pubblica “Angelo di bontà” – romanzo teso a descrivere la decadenza della vita politica veneta, la necessaria parabola delle istituzioni pubbliche prive del consenso popolare. Sempre dello stesso anno risale la “novella paesana” – “Il Varmo”. Contemporaneamente inizia scrivere i racconti che costituiranno il suo “Novelliere Campagnolo” – sul tema della povertà delle campagne. Destinatario ideale di queste opere: lettore cittadino – esponente di quel ceto borghese che Nievo riteneva politicamente fondamentale. Nievo accentua proprio il tema delicatissimo della estraneità alla storia del mondo contadino. Due volumi di “Versi” – furono pubblicati fra il 1854-55. 1. 2.

Primo: appare ispirato ai modi burleschi del toscano Giuseppe Giusti, mescola i registri, e accosta al linguaggio parlato e aulico, con il preciso intento di disorientare il lettore; Secondo: lo stile tende a farsi più sentenzioso e prolisso e porta le tracce evidenti di ulteriori letture pariniane e foscoliane. Temi civili e personali si mescolano.

“Le confessioni d’un italiano”. 1857: sulla “Gazzetta di Milano” – era apparso a puntate “Cento anni”, il romanzo con cui Giuseppe Rovani aveva voluto ripercorrere il secolo trascorso, attraverso gli occhi di un “novantenne vegliardo”, attento ai fatti di cronaca, ai grandi eventi della storia ma anche alle vicende “comuni” della Lombardia nella fase di passaggio dell’antico regime alla modernità. Il vecchio ottantenne delle “Confessioni” – diventa il narratore protagonista, che ricostituisce in prima persona le vicende della propria vita. La storia narrata da Carlo Altoviti, copre uno spazio storicamente e geograficamente molto ampio, prendendo il via dai ricordi d’infanzia vissuta in Friuli fino al 1858 – vigilia dell’indipendenza nazionale. Nel mezzo una serie di vicende che portano il protagonista dal Friuli al Veneto, alla Lombardia napoleonica, a Firenze e Roma, fino al Meridione, scosso dalla violenza della repressione antigiacobina. Costretto all’esilio a Londra, dopo i moti del 1821, solo negli anni della vecchiaia Carlino potrà ritornare nel Veneto. Quello del protagonista è un preciso percorso di maturazione – il cui esito è enunciato all’inizio del romanzo. La vicenda personale si intreccia allo sviluppo del progetto unitario. Il romanzo si caratterizza per la notevole

varietà di registri adottati, che lo portano ad accostare umorismo, meditazione filosofica e tono idilliaco. Ma soprattutto presenta un plurilinguismo ostentato, in evidente polemica contro la linea manzoniana. 5. il dibattito politico e culturale L’intellettuale – conserva a amplifica nei confronti dell’opinione pubblica borghese in ascesa il ruolo civile e politico ereditato dalla stagione più matura dell’Illuminismo. Al nuovo pubblico potenziale di lettori si rivolgono gli estensori di periodici a carattere socialmente impegnato – i quali funzionano come “tramite” fondamentale del dibattito critico e della formazione delle coscienze. Es. più signifi: bisettimanale milanese “Il conciliatore” – nel quale si fondono ricerche tecnico scientifiche e interessi letterari, all’insegna di una “conciliazione” ispirata da intenti liberali e patriottici. Ciò spiega la prematura cessazione del “foglio azzurro” da parte dell’autorità austriaca alla fine del 1819. L’esperienza ecclettica del Conciliatore viene ripresa dall’Antologia – concepita come puro mezzo di trasmissione e di traduzione dei saggi pubblicati dai maggiori periodici europei, ma poi prevalentemente basata su articoli originali concernenti le discipline più varie, dalla storia alla letteratura, dalla statistica all’economia, la rivista ha un ruolo di spicco nell’educazione dell’intellighenzia cattolica e liberale, prima toscana e quindi italiana, a classe dirigente matura e consapevole. Altro prestigioso periodico – “Il Politecnico”, 1839 a Milano da Carlo Cattaneo, il quale nei sei anni che precedono l’interruzione dell’impresa si impegna attivamente in un’aperta battaglia sociale in favore di concrete riforme tecniche, scientifiche ed economiche, senza tuttavia riuscire a promuovere il proprio indirizzo polito-culturale a modello egemone su scala nazionale. La “questione della lingua”. Lingua = espressione stessa dello spirito di un popolo. In Italia il dibattito sulla “questione della lingua” assume un carattere più pragmatico che teorico, per via dei condizionamenti specifici dettati dall’annosa frantumazione territoriale, politica e culturale della penisola. Le preocupazioni urgenti riguardano la necessità di creare una lingua di conversazione e d’uso comune che superi la parcellizzazione delle singole realtà dialettali, e l’esigenza di disporre di una lingua letteraria meno astratta e artificiosa di quella ereditata dalla tradizione....


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