Letteratura E Cultura Italiana PDF

Title Letteratura E Cultura Italiana
Author Chiara Zampolli
Course Letteratura e cultura italiana  
Institution Università degli Studi di Verona
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ZAMPOLLI CHIARALETTERATURA E CULTURA ITALIANALEZIONE 1ROMANZO EPISTOLARE FRA OTTOCENTO E NOVECENTOBisogna fare prima un passo indietro nel Settecento. Verso la fine del Seicento gli scrittori iniziano ad usare il romanzo per parlare non di mondi immaginari ma del nostro. Bisogna quindi tenere presen...


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A.A. 2020/2021 ZAMPOLLI CHIARA

LETTERATURA E CULTURA ITALIANA LEZIONE 1 ROMANZO EPISTOLARE FRA OTTOCENTO E NOVECENTO Bisogna fare prima un passo indietro nel Settecento. Verso la fine del Seicento gli scrittori iniziano ad usare il romanzo per parlare non di mondi immaginari ma del nostro. Bisogna quindi tenere presente che nel passaggio fra Sei e Settecento la forma del romanzo cambia. Fino a quel momento il contenuto si concentrava su vicende e personaggi fantastici, immaginari. Verso la fine del Seicento invece gli autori sentono la necessità di parlare di un mondo più vicino alla realtà. Gli scrittori iniziano a mettere al centro dei loro racconti esseri umani che hanno personalità non così lontane da quelle di coloro che leggono le loro avventure, e idee e opinioni non molto diverse da quelle che costoro possono avere. In inglese, questo genere di narrazione si chiama novel (l’equivalente di romanzo in italiano) e si contrappone al romance, il tipo di narrazione, prevalentemente fantastica, che aveva dominato nel Seicento. Il secolo del Settecento è importante per la storia del romanzo; è il secolo in cui nasce il romanzo moderno. Osserva William Congreve: . In questo momento storico si fa presente l’idea che sia tutto quello che attinge al reale quello che interessa ai lettori. A poco a poco i romanzi si lasciano alle spalle l’abnorme, il meraviglioso, il soprannaturale, e fissano la loro attenzione su ciò che tutti hanno sotto gli occhi ogni giorno. Si apre così uno spazio sterminato, che il romanzo dei tre secoli successivi si incaricherà di esplorare: la realtà. Il romanzo quindi si interessa della realtà e non più del mondo fantastico. Nel Settecento quindi agli scrittori interessa raccontare le vite degli altri. Le forme e i temi sono tanti, ma è possibile trovare qualche tendenza specifica. Vediamo i titoli di alcuni dei romanzi più fortunati del secolo: • •

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In Gran Bretagna, tra la fine degli anni Dieci e gli inizi degli anni Venti, i tre grandi libri di Daniel Defoe: Robinson Crusoe, Moll Flanders e Lady Roxana; Un paio di decenni dopo, è la volta di Pamela (1742) e Clarissa (1748), di Samuel Richardson, i capostipiti del cosiddetto romanzo sentimentale, che furono due autentici best-sellers e vennero subito tradotti in francese e in tedesco; Subito dopo viene pubblicato Tom Jones (1749) di Henry Fielding; Più avanti nel secolo, Tristam Shandy di Laurence Sterne; In Francia, la nuova Eloisa (1761) di Rosseau; In Germania, i dolori del giovane Werther (1774) di Goethe.

I personaggi dei quali questi scrittori fanno il ritratto sono uomini e donne simili a quelli che i lettori possono vedere attorno a sé. Questa è la grande novità. Queste persone concrete possono essere osservate in solitudine oppure nelle loro relazioni con la società. I romanzieri del Settecento sono molto sensibili al problema dei rapporti tra l’individuo e la società, rapporti che sono quasi sempre problematici (Robinson Crusoe si rifugia solo su un’isola, possiamo vederlo come un esperimento di anti socialità). A partire dal XVIII secolo, il romanzo è soprattutto scenario di un conflitto: tra un io che vuole emergere, prevalere, trionfare, essere felice, e un mondo di uomini che si oppone ai suoi tentativi. Come rendere ancora più credibili questi racconti? Raccontando in prima persona. Come rendere verosimile il racconto? Come far sì che chi legge sia portato a credere alla verità delle cose che vengono narrate? Una strada è quella della narrazione in prima persona: lo scrittore finge di essere il protagonistanarratore del racconto, come accade nei romanzi di Defoe. Un’altra strada è quella del racconto attraverso 1

A.A. 2020/2021 ZAMPOLLI CHIARA la voce di un personaggio che raccoglie e scrive le parole di un altro personaggio, come succede ad esempio in Manon Lescuat di Prévost. Ma per dare al lettore l’impressione di completa verosomiglianza, per aderire davvero ai pensieri e sentimenti dei protagonisti, non c’è niente di meglio che ricopiare (ossia fingere di ricopiare) le loro lettere. Soprattutto in Francia, nel corso del Seicento e del Settecento, la corrispondenza epistolare diventa una vera e propria arte. Gli scrittori, di fatto, cedono la parola ai personaggi. Di fatto, alcuni dei primi grandi romanzi moderni sono romanzi epistolari. La patria d’elezione è sicuramente la Francia. In Italia si arriverà dopo a parlare di romanzo epistolare. Alcuni titoli molto importanti di romanzi sono: • • • • • • • •

La principessa di Clèves, Madame de Lafayette, 1669 Lettere persiane, Montesquieu, 1721 Lettera di una peruviana, Mme de Graffigny, 1747 Lettere della marcheda di M*** al conte di R***, Crebillion, 1732 La nuova Eloisa, Russeau, 1761 Le relazioni pericolose, Laclos, 1782 I dolori del giovane Werther, Goethe, 1774 Ultime lettere di Jacopo Ortis, Foscolo, 1802

In realtà le origini del romanzo personale sono molto più lontane: Heroides, di Ovidio, è stato scritto tra il 25 e il 16 a.C. E ancora abbiamo la lettera di Abelardo ed Eloisa, tra il 1130 e il 1160 circa; elogia di Madonna Fiammetta di Boccaccio (1343-1344); lettere amorose di Alvise Pasqualigo (1563) ecc. Che cosa si intende per romanzo epistolare? È un romanzo in cui la narrazione avviene per mezzo di lettere. Già qui abbiamo un discrimine interessante: le lettere possono essere scritte dal protagonista (che scrive a una o più persone) oppure da più personaggi (rivolte sempre a più di un personaggio): questo determina che i punti di vista si possono moltiplicare. Il concetto di verità nel romanzo epistolare quindi è molto importante, in quanto, data la molteplicità dei punti di vista, la verità può essere messa in crisi. I critici si trovano in accordo nel dire che il momento di grande fioritura del romanzo epistolare è il Settecento (in questo periodo si scrivono molte lettere); già nell’Ottocento questo tipo di romanzo inizia a declinare. Ancora non abbiamo risposte certe sul perché tale romanzo ha iniziato a declinare. Il romanzo epistolare ha a che fare con la realtà dei protagonisti, stuzzica il lettore perché dà l’illusione di entrare in una corrispondenza fra due persone; il lettore è incuriosito quindi da ciò che i personaggi si raccontano. L’espediente più usato dallo scrittore è il ritrovamento (chiaramente inventato) di alcune lettere che sono veramente state spedite fra persone, e che poi qualcuno ha deciso di pubblicare. Abbiamo quindi il problema della veridicità del romanzo epistolare. Il romanzo epistolare è comunque un genere ancora vivo ai giorni nostri, non si è esaurito nel Settecento e all’inizio dell’Ottocento. Riguardo al romanzo epistolare oggi, è utile l’intervento di Ermanno Paccagnini su “La Lettura” (21 luglio 2020). Il genere epistolare persiste. Da una parte sta al passo con le nuove tecnologie (romanzi costituiti da scambio di email o scambi telefonici, oppure vengono mantenute le lettere ma con vicende e contenuti attuali). Che cos’è una lettera? Secondo uno studio di Christine Planté, “deviazioni della lettera” in Il romanzo, vol. IV, la lettera è uno scritto inviato a qualcuno per comunicargli quello che non si può o non si vuole comunicargli a voce. È un messaggio in prosa indirizzato a un assente, che mira a produrre un certo effetto, che spesso contiene o richiede una risposta. I temi sono vari e diversi. Nella comunicazione epistolare nessun tema è vietato. Anzi è lecito passare da un tema all’altro: dal serio al faceto, dal concreto al sentimentale. Nelle Lettere persiane Montesquieu è stato uno dei primi a mescolare intreccio amoroso e riflessione politica. Sebbene le lettere non impongano

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A.A. 2020/2021 ZAMPOLLI CHIARA nessuna tematica, certi argomenti sono più frequenti di altri. Con la lettera, la normalità, la banalità fanno irruzione nel romanzo (in quanto si vuole descrivere la realtà). Sebbene non abbia un messaggio privilegiato, la lettera contiene un messaggio, una finalità: dichiara un amore, annuncia una visita, chiede un servizio, un’informazione… In un romanzo, il messaggio e la finalità della lettera si collocano evidentemente all’interno dell’universo di finzione, ma la lettera partecipa anche alla costruzione psicologica del personaggio. L’effetto ricercato si sdoppia quindi in effetto sul personaggio ed effetto sul lettore, instaurando per così dire uno status di . Le lettere, cioè, sono in primo luogo indirizzate da un personaggio all’altro, ma sono scritte dallo scrittore, e quindi si rivolgono anche al lettore. I destinatari quindi diventano doppi. La funzione della lettera e il funzionamento della comunicazione epistolare ne risultano radicalmente modificati, anche nel caso limite di un romanzo che riprenda lettere “vere”, poiché il testo impone loro un diverso regime di diffusione e di lettura, diversi destinatari e le distacca dal loro fine pragmatico iniziale. Quali sono le caratteristiche di una lettera? È un messaggio scritto. La vera lettera porta spesso una firma, e la sua scrittura è riconoscibile. È un oggetto, non riducibile al messaggio che veicola o alla funzione che assolve, perché, nei romanzi come nella vita, può essere strappata, conservata, rispedita. Oggetto che può costituire una traccia o una prova, la lettera non impegna solo in amore, ma principalmente in amore. Qui sono due i problemi: la lettera è qualcosa di concreto, diversi personaggi all’interno del romanzo possono interagire con questo pezzo di carta, bisogna ragionare sulla fisicità della lettera; l’altro problema è che il tema amoroso è uno dei più trattati. Il romanzo di seduzione trova nel genere epistolare una notevole risorsa, la cui portata drammatica è acuita dalla coscienza che ne hanno i personaggi femminili: Pamela, nel romanzo che porta il suo nome, si rende conto che accettando una corrispondenza si è infilata in un labirinto inestricabile; Giulia, nella Nuova Eloisa, riconosce che la sua colpa è consistita nell’aprire la prima lettera. Con le sue lettere Valmont finisce per sedurre la presidentessa Tourvel nelle Relazioni Pericolose. La lettera è di solito scritta in prima persona. In questo modo, il romanzo può aprirsi a una dimensione soggettiva, adottando un punto di vista individuale, caratterizzato e diverso da quello dell’autore: c’è qualcuno che parla, sente, vive sotto gli occhi del lettore. Ogni personaggio all’interno del romanzo epistolare può portare la sua verità. Nella lettera inoltre abbiamo un io (chi la scrive) e un tu, o un voi (chi la riceve), che la motiva e può strutturarla interamente. Si scrive per l’altro e non per sé stessi, spiega la marchesa di Merteuil a Cécile Volanges nelle Relazioni pericolose, ma la lezione di civiltà viene qui trasformata in arte della seduzione e della doppiezza: . Nel romanzo epistolare, con il suo doppio destinatario (personaggio e lettore) gli effetti delle confidenze e della menzogna ne risultano a volte modificati. C’è un autore che ammicca al suo lettore. Raccontando inoltre non sempre diciamo la verità, ma ciò che al destinatario fa piacere sentire. La scrittura di lettere presuppone necessariamente una separazione, per quanto breve, degli autori. Questa mancanza (distacco fra tu ed io) può essere di varia natura: assenza fisica (viaggio, guerra, esilio…), ma anche impossibilità di vedersi e parlarsi perché si è sorvegliati, o per le convenzioni sociali (soprattutto nel corso del Settecento). Ma ci possono essere anche limitazioni legate ai sentimenti: assenza di coraggio o di libertà interiore. Spesso si ricorre alla lettera per avere la forza di confessare il proprio amore, o un’infedeltà, o la volontà di una rottura, che non si riuscirebbe a dire di persona. Non c’è quindi nulla di inverosimile in personaggi che si scrivono pur abitando nella stessa città e magari nella stessa casa. La lettera diventa il luogo in cui si può esprimere ciò che non è possibile dire a parole, per diversi e svariati motivi. 3

A.A. 2020/2021 ZAMPOLLI CHIARA La lettera è un’interlocuzione, anche quando il romanzo ci presenta una sola voce, il che avviene peraltro di rado. È la sequenza delle lettere che permette lo sviluppo di un racconto. Il caso limite di un romanzo costituito da una sola lettera, che ha origine nelle Eroidi di Ovidio, ha sì alcune attestazioni, ma la costituzione, assai più frequente, di una serie di lettere va comunque analizzata. Il suo primo effetto è quello della discontinuità: le sequenze che si susseguono non hanno l’unità narrativa dei capitoli di un racconto in terza persona, e i vuoti possono ben corrispondere a importanti ellissi narrative (si può avere cioè una lettera scritta oggi e una scritta fra 15 giorni. Il tempo fra queste due lettere è l’ellissi narrativa, della quale il lettore non sa nulla). L’effetto di discontinuità insito nell’accumulazione di testi leggibili ciascuno in modo autonomo è rafforzato nel romanzo polifonico (=punto di vista di più personaggi, scrivono più personaggi) dalla pluralità delle voci e dei punti di vista- con tutti i malintesi e le contraddizioni che ne derivano. Cosa succede al tempo e allo spazio? Un romanzo costituito su una corrispondenza impone anche un trattamento particolare del tempo e dello spazio, che il romanzo epistolare rende più tangibile. Gli avvenimenti evocati al presente, o al passato prossimo, conferiscono al racconto una vivacità e una suspense sempre rinnovate; inoltre, il tempo necessario a recapitare le lettere può introdurre delle sfasature. Per quanto riguarda le prefazioni, a un altro livello sono le lettere stesse a porre delle domande: ed ecco che la storia della raccolta diventa l’argomento principale della prefazione di molti romanzi, in cui l’editore o lo stampatore spiegano come sono state messe insieme le lettere dei corrispondenti e talvolta se sono state o meno pubblicate tutte. Molto spesso l’autore dice di aver ritrovate delle lettere e di aver deciso di pubblicarle (tutte o solo alcune). Una raccolta incompleta può essere attribuita al caso (furti, smarrimenti…), ma viene altrettanto spesso presentata come frutto di una deliberata scelta editoriale. L’editore seleziona, ordina, annota. Più che concluso, il romanzo epistolare appare arbitrariamente limitato dalla serie di lettere che lo costituisce. Trattandosi di un insieme di “documenti”, anziché di una totalità insignificante, il lettore può immaginare che a esso si possano aggiungere- modificandolo- altre lettere ritrovate. Anche questo complica il discorso; effettivamente il romanzo epistolare si apre a tante possibilità; l’immaginazione può portare a molte cose. Il romanzo epistolare coinvolge quindi il lettore in maniera attiva, per quanto riguarda il testo che ha sotto gli occhi. LEZIONE 2 Ancora sul romanzo epistolare del Settecento e dell’Ottocento Secondo lo studio di Christine Planté . Questo ci dà l’idea di come il romanzo epistolare sia un genere molto sfruttato tra la metà del Settecento e l’inizio dell’Ottocento: in questo periodo la scrittura epistolare è quasi egemone nella scrittura romanzesca francese e inglese (cioè, in questo momento troviamo il romanzo epistolare soprattutto in Francia e in Inghilterra). Il fascino della scrittura epistolare ha a che fare innanzitutto con lo svelare a qualcuno (il destinatario delle lettere) il contenuto di documenti epistolari finiti nelle mani dello scrittore/editore nei modi più disparati (sacchi postali dispersi, armadi di case di campagna, giardini e così via), documenti presentati come autentici e spesso creduti tali dal lettore; poi con l’illusione del lettore medesimo di poter penetrare nell’animo individuale, nei sentimenti di chi scrive (curiosità di chi legge di conoscere i sentimenti di chi scrive); quindi con l’esotismo (leggere qualcosa molto lontano dalla propria realtà) o la singolarità di quanto viene raccontato nelle lettere o, per converso, con la loro quotidiana ordinarietà (leggere a proposito di 4

A.A. 2020/2021 ZAMPOLLI CHIARA qualcosa che è molto vicino a noi). Tutti elementi che rafforzano, in modo opposto ma complementare, l’impressione di verità dello scritto. Secondo Laurent Versini, la Nuova Eloisa di Rosseau è una pietra angolare del genere, in quanto ha reso il linguaggio dei sentimenti alla portata di tutti. Tale capacità di divulgare un linguaggio dei sentimenti naturale e largamente comprensibile è forse l’acquisizione più rilevante del romanzo epistolare del Settecento. La novità in questo caso sta nel fatto di parlare con una lingua comprensibile a tutti dei sentimenti altrui. È anche ciò che lo separa più marcatamente dalla narrativa epistolare della tradizione, rendendolo disponibile e aperto a un pubblico ampio. Rispetto alla scrittura epistolare per esempio di Ovidio in Heroides (che era una scrittura epistolare difficile e alla portata di pochi), quello che porta di nuovo il romanzo epistolare nel Settecento è di aprire questo tipo di narrativa a un pubblico più ampio. Dalla Nuova Eloisa discende il Werther (1774) di Goethe, a sua volta divenuto modello per altri romanzi che rendono esemplare l’eroe maschile, giovane non in sintonia col mondo che lo circonda e affascinato da pulsioni autodistruttive (Ultime lettere di Jacopo Ortis, 1802). Il romanzo del Settecento pone al centro la lotta dell’individuo contro la società. Per richiamare altri testi citati fino ad ora, il Richardson polifonico della Clarissa (1748), schematizzando per brevitàp, rimanda, invece, la tradizione del romanzo epistolare di seduzione, che trova l’esito qualitativamente migliore nelle Relazioni pericolose (1782) di Laclos (altro testo archetipo del genere). La novità portata da Laclos nella forma romanzo epistolare si trova già nel titolo. Il duo tra seduttore e sedotta diventa un elemento del contesto narrativo, non l’unico fondamentale (le lettere tra Valmont e M.me de Tourvel sono relativamente poche), e la varietà degli idioletti (= i modi specifici in cui i personaggi si esprimono all’interno del romanzo; ogni personaggio ha un proprio stile, un proprio modo di scrivere e un proprio registro) dei personaggi si fa decisiva. All’interno del romanzo troviamo stili e registri linguistici diversi. Ad accrescere l’effetto di plausibilità – e la medesima narratività romanzesca – delle lettere vi è poi la loro misura, assai più rispondente a quella di lettere «vere»; esse fungono così da modello, confessato o meno, per narratori epistolari posteriori. Ci si interrogava sulla fine del romanzo epistolare. Già all’inizio dell’Ottocento tale tipo di romanzo era considerato concluso. Secondo gli studiosi, questo ha a che fare con la caduta la società d’antico regime. Con tale caduta, il romanzo epistolare, mantenendo la vocazione sentimentale, inclina a diventare un romanzo dell’esilio con sfumature politiche e più marcate esaltazioni individualistiche (ricordiamo in questo caso le ultime lettere di Jacopo Ortis, una volta che Venezia finisce nelle mani asburgiche; causando l’allontanamento di Jacopo dalla sua terra). La lontananza geografica perde il riferimento esotico per assumere i tratti della malinconia o proprio della nostalgia (il desiderio del ritorno in una patria politicamente rinnovata): si pensi, per esempio, al marchese di Saint-Alban de L’Emigré (1797) di Senac de Meilhan e allo stesso Jacopo del romanzo foscoliano. Per il romanzo epistolare la fine del Settecento rappresenta una stagione epigonica. Non è forse un caso che la giovanissima Jane Austen si sia subito misurata con la scrittura epistolare (Love and Friendship, 1790; Lesley Castle, 1792; Lady Susan, 1795), per poi decidere di lasciarla: e comunque Sense and Sensibility (nella prima stesura, Elinor e Marianne) fu abbozzato in forma epistolare e Pride and Prejudice (1813) pare sia stato pensato inizialmente come romanzo per lettere (altra forma che si trova al posto di romanzo epistolare). ll nome di Jane Austen suggerisce almeno di far cenno al cospicuo numero di scrittrici, soprattutto francesi, che si cimentano a inizio Ottocento col romanzo epistolare sentimentale: da Madame de Staël, col suo tragico e «femminista» Delphine (1802) a M.me de Krüdener, col suo wertheriano Valérie 5

A.A. 2020/2021 ZAMPOLLI CHIARA (1803), dall’olandese naturalizzata francese M.me de Charrière col suo Caliste ou lettres écrites de Lausanne (1788). L’elenco potrebbe continuare a lungo. Limitiamoci a registrare...


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