letteratura e cultura italiana professoressa Rasera PDF

Title letteratura e cultura italiana professoressa Rasera
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Verona
Pages 55
File Size 613.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 38
Total Views 166

Summary

ROMANZILettere di una novizia, Guido Piovene, qualsiasi edizione Caro Michele, Natalia ginzburg Due punti riflessi, Aldo Palazzeschi; vol tutti i romanzi 1908Una nuova forma di narrazione: il romanzo del Settecento◦Verso la fine del Seicento, gli scrittori iniziano a usare il romanzo per parlare non...


Description

ROMANZI Lettere di una novizia, Guido Piovene, qualsiasi edizione Caro Michele, Natalia ginzburg Due punti riflessi, Aldo Palazzeschi; vol.1 tutti i romanzi 1908

Una nuova forma di narrazione: il romanzo del Settecento ◦Verso la fine del Seicento, gli scrittori iniziano a usare il romanzo per parlare non di mondi immaginari, ma del nostro. ◦Iniziano a mettere al centro dei loro racconti esseri umani che hanno personalità non così lontane da quelle di coloro che leggono le loro avventure, e idee e opinioni non molto diverse da quelle che costoro possono avere. In inglese, questo genere di narrazione si chiama novel (l’equivalente di romanzo in italiano) e si contrappone al romance, il tipo di narrazione, prevalentemente fantastica, che aveva dominato nel Seicento. ◦Osserva William Congreve: «I romanzi ( novels) sono di natura più familiare: ci vengono vicini e rappresentano intrighi in atto, ci dilettano con casi ed eventi singolari ma non del tutto inconsueti o senza precedenti che, non allontanandosi troppo dalla credibilità, ci rendono più accessibile il piacere». ◦A poco a poco i romanzi si lasciano alle spalle l’abnorme, il meraviglioso, il soprannaturale, e fissano la loro attenzione su ciò che tutti hanno sotto gli occhi ogni giorno. Si apre così uno spazio sterminato, che il romanzo dei tre secoli successivi si incaricherà di esplorare: la realtà.

Raccontare le vite degli altri. Di che cosa parlano, e come sono fatti, i romanzi del Settecento? ◦Le forme e i temi sono tanti, ma è possibile trovare qualche tendenza precisa. ◦Vediamo intanto i titoli di alcuni dei romanzi più fortunati del secolo: ◦In Gran Bretagna, tra la fine degli anni Dieci e gli inizi degli anni Venti, i tre grandi libri di Daniel Defoe: Robinson Crusoe, Moll Flanders e Lady Roxana. ◦Un paio di decenni dopo, è la volta di Pamela (1742) e Clarissa (1748), di Samuel Richardson, i capostipiti del cosiddetto romanzo sentimentale, che furono due autentici bestsellers e vennero subito tradotti in francese e tedesco. ◦Subito dopo viene pubblicato Tom Jones (1749) di Henry Fielding. ◦Più avanti nel secolo, Tristram Shandy di Laurence Sterne. ◦In Francia, La nuova Eloisa (1761) di Rousseau. ◦In Germania, I dolori del giovane Werther (1774) di Goethe. ◦I personaggi dei quali questi scrittori fanno il ritratto sono uomini e donne simili a quelli che i lettori possono vedere attorno a sé.

◦Queste persone concrete possono essere osservate in solitudine oppure nelle loro relazioni con la società. I romanzieri del Settecento sono molto sensibili al problema dei rapporti tra l’individuo e la società, rapporti che sono quasi sempre contraddittori. ◦A partire dal XVIII secolo, il romanzo è soprattutto lo scenario di un conflitto: tra un io che vuole emergere, prevalere, trionfare, essere felice, e un mondo di uomini che si oppone ai suoi tentativi.

Raccontare in prima persona: le lettere ◦Come rendere verosimile il racconto? Come far sì che chi legge sia portato a credere alla verità delle cose che gli vengono narrate? ◦Una strada è quella della narrazione in prima persona: lo scrittore finge di essere il protagonista-narratore del racconto, come accade nei romanzi di Defoe. ◦Un’altra strada è quella del racconto attraverso la voce di un personaggio che raccoglie e scrive le parole di un altro personaggio, come succede in Manon Lescuat di Prévost. ◦Ma per dare al lettore l’impressione di completa verosimiglianza, per aderire davvero ai pensieri e ai sentimenti dei protagonisti, non c’è niente di meglio che ricopiare (ossia, fingere di ricopiare) le loro lettere. ◦Soprattutto in Francia, nel corso del Seicento e del Settecento, la corrispondenza epistolare diventa una vera a propria arte. Gli scrittori cedono la parola ai personaggi. ◦Di fatto, alcuni dei primi grandi romanzi moderni sono romanzi epistolari.

In Francia e poi oltre i confini ◦La principessa di Clèves, Madame de Lafayette, 1669 ◦Lettere persiane, Montesquieu, 1721 ◦Lettera di una peruviana, Mme de Graffigny, 1747 ◦Lettere della marchesa di M*** al conte di R*** , Crebillon, 1732 ◦La nuova Eloisa, Rousseau, 1761 ◦Le relazioni pericolose, Laclos, 1782 ◦I dolori del giovane Werther, Goethe, 1774 ◦Ultime lettere di Jacopo Ortis, Foscolo, 1802

Il romanzo all’inizio dell’Ottocento ◦Leggere romanzi non è sempre stata un’attività degna di persone persone. Tra il Seicento e il Settecento, il romanzo era considerato un genere secondario (rispetto, per esempio, alla poesia e al teatro) e potenzialmente dannoso, che metteva strane idee in testa ai lettori e soprattutto alle lettrici. ◦Le cose cambiano radicalmente nella prima metà dell’Ottocento, quando si consolidano le innovazioni che Richardson, Fielding, Rousseau e Goethe avevano fatto nel secolo precedente. Cosa avevano fatto questi scrittori? Avevano iniziato a raccontare , in prosa, non le avventure fantastiche degli eroi, ma le vite di esseri umani normali.

Una mescolanza di generi e di stili ◦Il romanzo era un genere che non doveva aderire a norme codificate. Mentre poeti e drammaturghi dovevano fare i conti con una lunga tradizione di teorie e regole compositive, i romanzieri potevano sperimentare più liberamente, mescolando o modificando gli elementi della tradizione senza timore di infrangere codici della convenienza e della «bella scrittura». ◦Il romanzo ottocentesco nasce in gran parte dalla miscela di generi letterari preesistenti (come il racconto picaresco o l’epopea cavalleresca) e dalla mescolanza degli stili: alto e basso, quotidiano e sublime, si trovano fianco a fianco in un genere letterario che intende parlare non di un singolo frammento della realtà (i sentimenti, la guerra, la natura), ma di tutto. ◦Così, mentre alcuni scrittori privilegiano l’esplorazione dell’interiorità, analizzando i sentimenti e i desideri più profondi dell’uomo, altri si volgono verso l’esterno, usando la narrazione per guardare gli eventi storici e i problemi sociali.

Lettera e corrispondenza ◦La lettera è un’interlocuzione, anche quando il romanzo ci presenta una sola voce, il che avviene peraltro di rado. È la sequenza delle lettere che permette lo sviluppo di un racconto. Il caso limite di un romanzo costituito da una sola lettera, che ha origine nelle Eroidi di Ovidio, ha sì alcune attestazioni [...]. Ma la costruzione, assai più frequente, di una serie di lettere va comunque analizzata. ◦Il suo primo effetto è la discontinuità: le sequenze che si susseguono non hanno l’unità narrativa dei capitoli di un racconto in terza persona, e i vuoti possono ben corrispondere a importanti ellissi narrative. L’effetto di discontinuità insito nell’accumulazione di testi leggibili ciascuno in modo autonomo è rafforzato nel romanzo polifonico dalla pluralità delle voci e dei punti di vista – con tutti i malintesi e le contraddizioni che ne derivano.

Il tempo e lo spazio

◦Un romanzo costruito su una corrispondenza impone anche un trattamento particolare del tempo e dello spazio, che il romanzo epistolare rende più tangibile. Gli avvenimenti evocati al presente, o al passato prossimo, conferiscono al racconto una vivacità e una suspance sempre rinnovate; inoltre, il tempo necessario a recapitare le lettere può introdurre delle sfasature.

Ancora sul romanzo epistolare del Settecento e dell’Ottocento ◦Secondo Christine Planté «all’apogeo del genere, tra il 1741 e il 1800, un romanzo su cinque pubblicato in Inghilterra è un romanzo epistolare, e (...) tra il 1760 e il 1780 si pubblicano in Francia in media dieci romanzi epistolari all’anno». ◦ In quest’arco di tempo, cioè, la forma epistolare è centrale se non egemone nella scrittura romanzesca francese e inglese. ◦Tale fascino ha a che fare innanzitutto con lo svelare a qualcuno che non è il destinatario il contenuto di documenti epistolari finiti nelle mani dello scrittore/editore nei modi più disparati (sacchi postali dispersi, armadi di case di campagna, giardini, e così via), documenti presentati come autentici e spesso creduti tali dal lettore; poi con l’illusione del lettore medesimo di poter penetrare nell’animo individuale, nei sentimenti di chi scrive; quindi con l’esotismo o la singolarità di quanto viene raccontato nelle lettere o, per converso, con la loro quotidiana ordinarietà: tutti elementi che rafforzano, in modo opposto ma complementare, l’impressione di verità dello scritto. ◦Secondo Laurent Versini, la Nuova Eloisa di Rousseau è una pietra angolare del genere, in quanto ha reso il linguaggio dei sentimenti alla portata di tutti. Tale capacità di divulgare un linguaggio dei sentimenti naturale e largamente comprensibile è forse l’acquisizione più rilevante del romanzo epistolare del Settecento. ◦È anche ciò che lo separa più marcatamente dalla narrativa epistolare della tradizione, rendendolo disponibile e aperto a un pubblico ampio. ◦Dalla Nuova Eloisa discende il Werther (1774) di Goethe, a sua volta divenuto modello per altri romanzi che rendono esemplare l’eroe maschile, giovane non in sintonia col mondo che lo circonda e affascinato da pulsioni autodistruttive (Ultime lettere di Jacopo Ortis, 1802). ◦Caduta la società d’antico regime, il romanzo epistolare, mantenendo la vocazione sentimentale, inclina a diventare un romanzo dell’esilio con sfumature politiche e più marcate esaltazioni individualistiche. La lontananza geografica perde il riferimento esotico per assumere i tratti della malinconia o proprio della nostalgia (il desiderio del ritorno in una patria politicamente rinnovata): si pensi, per esempio, al marchese di Saint-Alban de L’Emigré (1797) di Senac de Meilhan e allo stesso Jacopo del romanzo foscoliano. ◦Per il romanzo epistolare si tratta di una stagione epigonica. Non è forse un caso che la giovanissima Jane Austen si sia subito misurata con la scrittura epistolare (Love and Friendship, 1790; Lesley Castle, 1792; Lady Susan, 1795), per poi decidere di lasciarla: e

comunque Sense and Sensibility (nella prima stesura, Elinor e Marianne) fu abbozzato in forma epistolare e Pride and Prejudice (1813) pare sia stato pensato inizialmente come romanzo per lettere. ◦ll nome di Jane Austen suggerisce almeno di far cenno al cospicuo numero di scrittrici, soprattutto francesi, che si cimentano a inizio Ottocento col romanzo epistolare sentimentale: da Madame de StaOl, col suo tragico e «femminista» Delphine (1802) a M.me de KrQdener, col suo wertheriano Valérie (1803), dall’olandese naturalizzata francese M.me de Charrière col suo Caliste ou lettres écrites de Lausanne (1788). L’elenco potrebbe continuare a lungo. Limitiamoci a registrare, per l’Italia, le Lettere di Giulia Willet (1818) della cesenate Orinzia Romagnoli Sacrati. ◦Secondo Versini, il romanticismo, per il particolare individualismo e gli slanci popolari, è poco condiscendente verso il romanzo epistolare, avvertito come troppo legato al classicismo. Esso pare figlio di un’altra civiltà. ◦Se la lettera è, infatti, una forma di conversazione scritta, lettera e conversazione non sono che due facce della stessa medaglia, due forme di commercio tra gli individui che costituiscono la dignità dell’uomo. ◦Il roman par lettres si presenta così quasi come una naturale espressione artistico-letteraria di quella civiltàT . E quando quella civiltà viene meno, anche tale sua espressione perde vitalità.

In Italia ◦Ricordiamo, per incominciare, il romanzo pseudo epistolare di Gian Paolo Marana, L’esploratore turco (Parigi, Barbin, 1684-1686, più volte ripubblicato, tradotto e rimaneggiato variamente, forse anche da altre mani): secondo alcuni ha costituito un modello per le Lettere persiane di Montesquieu. ◦Ma, per la diffusione della conoscenza del genere, sono da registrare soprattutto le traduzioni, specialmente dal francese: Lettere d’una peruviana della Graffigny (più volte pubblicate in volume autonomo a partire dall’ed. Venezia 1754): vi si ispirò, tra gli altri, Goldoni nella tragicommedia del 1754-1755 La peruviana; o alle Lettere di Milady Giulietta Catesby a Milady Enrichetta sua amica di M.me Riccoboni (Venezia 1786). ◦ Vanno considerate poi le traduzioni fatte passare per originali, com’è il caso della Corrispondenza tra Giulia e Ovidio. ◦Tra i romanzieri italiani del Settecento il prolifico Chiari usa la forma epistolare nella Viaggiatrice, o sia le avventure di Madamigella E.B. scritte da lei medesima in altrettante lettere all’abate Pietro Chiari e da lui pubblicate (1760), ma anche altrove documenta conoscenza o memoria di romanzi epistolari, come nell’Amore senza fortuna o sia memorie di una dama portoghese scritte da lei medesima (1763) o nel pedagogico Lettere di un solitario a sua figlia (1772). ◦Si possono ricordare il Boezio in carcere (1787) di Benvenuto Robbio di San Raffaele; Per questi dilettosi monti di Carlo Botta (1796, lasciato inedito e pubblicato di recente); le Lettere

solitarie di Giovanni Battista Micheletti (1801); e il Platone in Italia (1804-1806) di Vincenzo Cuoco. ◦In ogni caso, con la diffusione dei romanzi inglesi (di Richardson in ispecie, in traduzione francese) e francesi, il romanzo epistolare incontra fortuna anche in Italia, soprattutto nei formati – l’ottavo o il dodicesimo – da letteratura di consumo. ◦Certo, bisogna aspettare la fine del secolo per avere, con quello di Foscolo, il primo vero testimone italiano di qualità. Esso comunque poggia su una tradizione di letture romanzesche indicative di come per il romanzo moderno le suggestioni straniere coeve siano più rilevanti della tradizione letteraria nazionale. ◦Convergono con i dati quantitativi accennati le spie presenti in testi di scrittori che documentano come fin dal Settecento si avvertisse la mancanza di una produzione in italiano. Per esempio: Alfieri nella Vita dice che in adolescenza ha letto molti romanzi francesi «ché degli italiani leggibili non ve n’è». Casanova, per sedurre una sua conquista, sostiene d’aver acquistato molti romanzi tradotti perché italiani non ce ne sono. ◦Le cause di tale carenza sono oggetto di discussione. ◦Nel secondo Ottocento italiano registriamo Storia di una capinera di Giovanni Verga (1871), Prima morire, della Marchesa Colombi (1896) e il rivisto :riflessi/Allegoria di Novembre, di Aldo Palazzeschi (1908-1958). ◦ Nei decenni centrali del Novecento si assiste a una relativa ripresa della forma epistolare, con modalità differenti da quelle settecentesche ma che comunque ribadiscono l’uso prevalentemente sentimentale-introspettivo della forma epistolare: escono Lettere di una novizia di Guido Piovene (1941) (in effetti un romanzo epistolare a più voci); il metaromanzesco Lettera all’Editore di Gianna Manzini (1945); nel 1956 sono pubblicate in volume (già erano comparse su «Cinema nuovo») Le lettere di Ottavia di Luigi Malerba, undici letterine, come un racconto a puntate, in cui la giovane Ottavia, approdata nella Roma del cinema, scrive al fidanzato Filippo, rimasto in provincia. ◦Del 1959 è il racconto epistolare di Alberto Arbasino Il ragazzo perduto poi rifuso nell’Anonimo Lombardo (1966); hanno forma epistolare anche Caro Michele (1973) e La citt4 e la casa (1984) di Natalia Ginzburg; un carattere epistolare-monodico nell’andamento monologante con un interlocutore inevitabilmente muto ha pure Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci (1975); nel 2001 esce, di Antonio Tabucchi, Si sta facendo sempre più tardi. Romanzo in forma di lettere, dove le diciassette lettere di diciassette uomini ad altrettante figure femminili, cui infine risponde una voce femminile lontana e pietosa, paiono presentare quasi un rovesciamento delle Heroides di Ovidio.

Circolazione del romanzo settecentesco in Italia ◦A partire all’incirca dagli anni Cinquanta del Settecento sul mercato editoriale entra in circolazione un certo numero di romanzi italiani (oltre a quelli stranieri, in originale in traduzione o in adattamento), spesso pubblicati da editori minori e spregiudicati, che poco si

curano di pagare adeguatamente gli autori e ancor meno esitano a intervenire a piacimento nelle ristampe. ◦Il romanzo nel Settecento rappresenta un importante fenomeno di cultura popolare secolarizzata fruita in modo socialmente trasversale: alla fine la tiratura complessiva dei romanzi di Chiari è di «almeno 200.000 copie». ◦Si può ragionevolmente ipotizzare che ogni copia avesse una discreta quantità di fruitori, cioè che i romanzi comprati dai padroni (il prezzo a Venezia, circa due lire a tomo, non era proprio per tutti) fossero letti anche dai dipendenti, dai servitori (cioè dalla fascia di lettori estranea alla produzione poetico-aristocratica nazionale), rispondendo a orizzonti d’attesa di un pubblico – soprattutto urbano – socialmente e culturalmente diversificato. ◦D’altronde se «a Venezia le dame portavano i cappelli “alla Pamela e alla Clarissa”» e «le eroine dei romanzi erano tenute a modelli di vita», ciò indica un fenomeno di moda significativo, di cui Venezia, peraltro, pare costituire il polo editoriale centrale, con ogni probabilità anche in ragione di una censura più tollerante. ◦Si è fatto cenno soprattutto alla declinazione sentimentale del romanzo epistolare non solo per inclinazione personale di lettore, ma anche per il ruolo che esso svolse: basti far cenno alla novità e alla fortuna del cosiddetto «tipo portoghese», cioè quello modellato sulle Lettres portugaises (1669), dunque su un tipo monofonico femminile amoroso/passionale di notevole successo in Francia.

Il problema della verità e della veridicità ◦ll lettore medio dell’epoca è indotto a percepire come vere le vicende raccontate nelle lettere: per esempio, le Lettres portugaises, che, tra l’altro, hanno visto protrarsi fino alla contemporaneità la discussione sulla loro autenticità o sull’attribuzione al conte di Guilleragues, furono appunto accolte come scritte da una suora francescana in carne e ossa. ◦Le lettere di un romanzo epistolare si presentano cioè come lacerti di vita reale, la cui autenticità è garantita proprio dalla forma di lettera, che gli epistolari e i carteggi veri di quel «secolo della lettera» (Habermas) lanciano come modalità scrittoria di confine tra dimensione privata e dimensione pubblica dell’individuo.

◦Il romanzo, insomma, diventa/si costituisce come genere che, quale nessun altro prima, si apre su qualcosa che sta fuori dalla letteratura, procura l’illusione di una realtà finta con le proprie fonti documentali e testimoniali. ◦E ciò segna una radicale differenza rispetto all’epistolografia classica: essa infatti, quando in versi, si costituisce apertamente come letteratura; e quando è in prosa, da Cicerone a Petrarca ad Aretino ai libri di lettere cinquecenteschi e così via, denuncia il proprio carattere letterario con la implicitamente dichiarata volontà di pubblicazione delle lettere, cioè con il proposito infine di rivolgersi a un pubblico e non a un effettivo destinatario di missiva.

◦Per converso, le lettere di un romanzo epistolare, false (il loro autore dichiarato è fittizio, quello autentico è lo scrittore), vogliono apparire come vere (cioè rivolte a un effettivo destinatario), e, benché concepite per essere pubblicate, nella finzione letteraria non sono tali e vengono divulgate solo grazie all’opera editoriale dell’autore del romanzo.

La finzione del non fittizio ◦ll romanzo epistolare moderno non si presenta come letteratura nutrita di letteratura (cioè d’impronta classicistica, riservata a un ristretto pubblico colto), ma come letteratura che si alimenta di vita vera, reale, e dunque accessibile e appetibile per tutti, per tutti coloro che possono fruirne. ◦Esso, insomma, incarna in modo esemplare un momento cruciale del passaggio alla modernità letteraria: quello per il quale la letteratura si impadronisce della realtà (la documenta e dunque la interpreta) e la realtà a sua volta, irrompe nella letteratura, nella sua aspra durezza come nella sua ordinaria quotidianità. ◦Il romanzo epistolare non si presenta come romanzo, ma come documento vero; e l’autore, se proprio non vogliamo considerarlo soppresso, si degrada in editore di lettere. È «la finzione del non fittizio» di cui parla Jean Rousset. ◦La plausibilità di quanto racconta il romanzo epistolare è elemento fondamentale per il suo successo. ◦Nella fortuna del rom...


Similar Free PDFs