Letteratura italiana I PDF

Title Letteratura italiana I
Course Letteratura Italiana
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Appunti del corso di letteratura italiana I (dalle origini)...


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LETTERATURA ITALIANA I (dalle origini al ‘400 - I semestre) 08/10/13 Testi di riferimento: • • • •

Bibbia autori classici (Ovidio, Virgilio, Lucano, Stazio), autori che Dante incontra nel Limbo testi mediolatini testi in volgare francese, lingua d’oc (provenzale/occitanico) e d’oil (lingua parlata al nord della Francia, della tradizione epica e del romanzo cortese).

09/10/13 L’italiano deriva dalle lingue volgari, e dal latino. Con il crollo dell’impero romano si ha un progressivo imbarbarimento. La lingua dei barbari si unisce al sistema linguistico vigente. L’Italia presenta tanti volgari diversi, e quindi fino al ‘500 presenta forme letterarie legate a forme linguistiche diverse. Poi il fiorentino diventerà il modello di riferimento per la letteratura, quando un veneziano, Bembo, impone delle norme precise. Dopo la pubblicazione della “Volgar lingua” si impongono due modelli: • “Decamerone” di Boccaccio • “Canzoniere” di Petrarca

Laudes creaturarum San Francesco d'Assisi 1224 Versi che si plasmano sui salmi, tenuti insieme dalla rima o dall’assonanza (identità di vocali). v.22-26 fanno riferimento allo scontro che Francesco ha avuto con il vescovo di Assisi v.1 -> bon, attributo della divinità honore e benedictione: latinismi di tipo grafico. Francesco mantiene una grafia arcaizzante. Vi è la presenza di tratti dialettali e latini nella grafia. Il canto è diviso in LASSE, partizioni metriche di misure oscillanti. Fin dal primo distico vi sono diversi elementi tipici della lingua, che non rifugge ai latinismi soprattutto di tipo grafico. Il testo scritto assume spesso una forma arcaizzante. v. 3 “ad te” --> incontro di due dentali “et” al v. 4 può essere congiunzione o voce del verbo essere, non deve essere eseguito e si legge come “E”. “nullo homo” pronome indefinito --> nessuno v. 4 c’è sintassi latina, “ene” significa “è” con epitesi di una sillaba in posizione finale (-ne).

Altrove Francesco è solito dire -non nominare il nome di Dio invanov.5 e v. 6 c’è assonanza: sole-ore v. 5: ore-ure è una parziale assonanza e consonanza vocali velari: O,U vocali palatari (per pronunciarle schiaccio la lingua verso palato): E,I in mezzo c’è la vocale mediana: A La lassa è costituita da versi tenuti insieme da assonanze e consonanze. Inizia poi con un attacco salmifico “Laudato sie”, che è anche una forma di lode indeterminata, ed è una sorta di passivo, chiamato passivo teologico. v. 5 “CUM” --> con tutte le../ così come tutte le.../ per mezzo delle tue.. La lingua italiana all’inizio presenta delle forme polisemiche. Al Sole viene conferito un attributo che ne sottolinea l’importanza. Il sole è simbolo di Dio. All’interno del canto ci sono anche dei francesismi, perchè la Francia era paese di riferimento,e la lingua d’oc e d’oil erano anch’esse lingue di riferimento. Riprende la lode al verso 10. laudatu CUM.... dovrebbe essere diverso da laudatu PER... Il testo è un testo innovativo nella tradizione letteraria, perchè c’è l’idea di esprimere un desiderio personale in forma duratura coinvolgendo l’intero creato. Francesco ringrazia poi per il mutare delle stagioni che fa si che la terra produca frutti che daranno sostentamento. SOLE e FUOCO si sovrappongono, hanno una sorta di identità di funzione. Flori: floreale --> etimologia culta, mantiene il nesso latino, etimologia che si riscontra in ambiti particolari. fiori --> etimologia non interrotta, forme che si sono sviluppate e sono più volgari

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morte prima = morte del corpo morte seconda = morte spirituale Francesco in questa opera rielabora i salmi, li rimaneggia piegandoli alle sue esigenze comunicative. La lingua di questo testo è costituita da tratti propriamente locali, umbri, che si uniscono spesso ad altri segnali linguistici come i latinismi, di tipo lessicale o grafico (forme che rispecchiano la grafia latina di molti lemmi ma che non necessariamente devono essere eseguiti). La grafia è spesso più conservativa dell’esecuzione. Per due volte compaiono forme che rimandano al francese. Lingua ricca di segnali che ci aiutano a capire come da un lato la presenza di latinismi ha funzione ELATIVA, di innalzamento del testo; ci si trova però di fronte ad un testo che non ha una funzione immediatamente pratica, ma è un testo concentrato sul testo, l’oggetto del testo è il testo medesimo. Non importa l’emittente, il destinatario, il contesto, il testo vive di per sé.

Normalmente le letterature di area romanza ma non solo hanno come prime manifestazioni testi di carattere poetico e non testi in prosa. La prosa infatti richiede una strutturazione logica e argomentativa che va di apri passo con una conquista più profonda della capacità di dominare la struttura sintattica. Testi poetici: testo medesimo incentrato su di sé, rivolto a sé Testi pratici: funzione propriamente referenziale, riguarda fatti di natura pratica. Testi pratici, frammenti, come Comodilla o l’indovinello Veronese, Placidi Capuani, sono molto più antichi dei testi poetici. Le origini della tradizione poetica italiana fatti salvi i Ritmi e il Cantico delle creature, è sostanzialmente prerogativa della Scuola Siciliana, di quei poeti che si ritrovano intorno alla corte di Federico di Svevia, che fu re di Sicilia dal 1198 e poi imperatore dal 1220 e che vive tra 1194 e il 1250. Ogni forma letteraria necessita di una lingua per esprimersi e quanto più è strutturato e organizzato l’ambiente sociale entro il quale questa lingua si manifesta, tanto è più facile che essa assuma forme complesse e atte a comunicare in modo articolato. L’ambiente federiciano è un ambiente socialmente omogeneo, con la corte, l’imperatore, dei funzionari, un ambiente aggregato entro il quale si può avere una facilità di comunicazione affidandosi ad una lingua condivisa. Nell’ambiente federiciano le lingue erano molte. Vi erano funzionari di rango che avevano buoni studi alle spalle e che guardavano ad altre espressioni letterarie che circolavano tra gli inizi del ‘200 in gran parte dell’Europa. Qui prende corpo la poesia siciliana. I testi erano scritti nel siciliano illustre, una lingua che riproponeva la lingua siciliana. Quei testi sono stati poi toscanizzati, tradotti fuori dalla Sicilia. La corte di Federico era inoltre una corte itinerante, e muovendosi nella penisola e al di là delle Alpi, i personaggi della corte si saranno incontrati con personaggi influenti di altre entità politiche dove questi prodotti letterari avranno suscitato interesse. In particolare questi testi suscitano interesse in ambiente centro italiano e vengono tradotti. I testi che leggiamo che hanno caratterizzato la tradizione poetica siciliana sono stati toscanizzati. Quando Dante fa riferimento al volgare illustre parlando di un volgare aulico, cardinale, curiale, pensa alla tradizione di quei testi tradotti in forma toscana. Nel “De Vulgari Eloquentia” Dante cerca di delineare la lingua e los tile più adatti al genere che Dante ritiene tragico. Per Dante esistono tre livelli di comunicazione stilistica: -tragico -elegiaco -comico. L’intento di Dante non è quello di tracciare la storia della lingua italiana ma pervenire alla conquista di un volgare adatto ad esprimere i valori più alti: le armi, gli amori, la virtù. Questi concetti alti si strutturano nella forma della canzone. Dante parla di un volgare illustre facendo i conti con i testi siciliani tradotti. Poeti della scuola siciliana sono frequentatori anche del mondo occitanico e quindi della poesia d’oc, dei trovatori. Dopo la crociata degli Albigesi si ha una diaspora molto forte dei poeti trobadorici al di fuori della Francia e i terreni in cui essi si vanno a collocare sono Italia centro settentrionale. La metà dei manoscritti che trasmettono testi di poeti occitanici è stata infatti scritta in Italia. Nei testi della Scuola Siciliana ci sono moltissimi rimandi alla tradizione occitanica. La poesia siciliana è tutta poesia d’amore. Vi era alle spalle una tradizione amorosa mediolatina prima, dei Minnesänger in Germania, degli occitanici nel sud della Francia. Argomento è importante ma non tale da creare scontri a livello politico-amministrativo nella corte.

La poesia viene intesa come uno strumento che permette di capire la psicologia di chi parla o di chi ascolta, quindi una sua incidenza ce l’ha. Questa poesia d’amore è una poesia molto formalizzata, non improntata ad una passionalità di tipo romantico alla Ugo Foscolo o alla Leopardi, ma è fatta di modelli che vengono ripresi e riproposti, variati ma che sono molto fedeli ad una sorta di clichè fisso. La grande rivoluzione si avrà con Dante quando fonda lo Stilnuovo, dove è indispensabile l’esperienza per generare una nuova poesia. Quando Jacopo da Lentini scrive la canzonetta “Meravigliosamente...” non è detto che fosse necessariamente innamorato, non c’è una esperienza alla base della poesia. Alla poesia siciliana faranno riferimento tutti i modelli successivi, per imitazione o per opposizione, variando, come fanno Dante o Petrarca. Gli esponenti di questa scuola sono diversi: Federico II, Guido delle Colonne, autore di una grande opera la “Historia destructionis Troiae”, Rinaldo d’Acquino, Pier delle Vigne, cancelliere di Federico II che si suicida perché nella corte erano girate voci infamanti sulla sua gestione.

Jacopo da Lentini Fonda il SONETTO, che sarà destinato ad un successo incredibile. Il sonetto nasce con il notaio che inventa questa struttura metrica costituita da 2 quartine e 2 terzine in endecasillabi (endecasillabo verso che ha accento fisso di decima). 2 quartine: nello spazio di quattro versi un concetto si può riprendere e concludere, oppure si può presentare una domanda e poi derivare delle conclusioni nelle terzine. Secondo alcuni le prime due quartine sono nate sul modello della Canzuna sicliana, una specie di ottava con versi ab ab ab ab (rime alternate). La grande invenzione nell’ottava sarà invece poi la variatio: ab ab ab cc (distico finale a rima baciata). Il sonetto diventa il genere dominante della letteratura italiana. Struttura del sonetto: costruito su una struttura ABAB ABAB per quanto riguarda le quartine, CDE CDE (o CDC DCD) nelle terzine. A volte c’è un elemento connettivo tra le quartine e le terzine, cioè un parola che ritorna uguale nella prima e nella seconda parte.

“Io m’aggio posto in core” (p. 67) v.2 --> io potessi forma tipica siciliana il congiuntivo imperfetto che vale come congiuntivo presente v. 4 aggio: forma tipica siciliana, che resta frequente in tutta la tradizione lirica. tradizione lirica siciliana ha influenzato la lirica successiva. v. 4 sollazzo, gioco e riso: espressioni che ritornano con frequenza in forma di trinomio o di binomio. Questo esito è ottenuto fondendo insieme due binomi tipici della tradizione occitanica (sollazzo e gioco, gioco e riso). v. 6 descrive donna nord-europea: segnale interessante che fa capire come Da Lentini fa proprie caratteristiche fisiche di una donna del ritratto muliebre tipico degli autori provenzali e francesi. C’è una importazione di un modello poetico. Inoltre la parola “claro” è un etimo latino conservato. v. 7 “gaudere” fa sistema con “servire” termini tipici della tradizione cortese. Gaudere è messo in posizione di rima, quindi viene dato a gaudere un valore forte, servire al verso 1 anche. Le posizioni del verso iniziale e finale sono quelle in cui spesso il poeta condensa concetti che gli stanno particolarmente a cuore.

v 9 “estando” sta per stando, con fenomeno di prostesi, cioè la presenza di una vocale anteposta alla “S” implicata, cioè seguita da consonante. E’ una descrizione ricca di motivi derivati da altre tradizioni che mira ad esprimere l’ammirazione del poeta nei confronti della donna, che è un concetto quasi astratto. Non c’è una definizione, identificazione.

Canzonetta “Meravigliosamente....” (p. 62) E’ una canzonetta e non una canzone perchè è in settenari e non in endecasillabi. Questa canzonetta si compone di 7 strofe, coblas singularis, di 9 versi. Ogni stanza è divisa in due piedi identici e in una sirma connessa ai piedi da una parola chiave. La struttura della rime della seconda stanza è identica a quella della prima stanza, cambiano le rime. Ogni stanza ha rime diverse ma nella stessa struttura metrica (coblas singularis: ogni cobla ha una sua propria rima). Alcune stanze sono connesse tra loro da una parola che compare alla fine di una stanza ed è ripresa nella stanza successiva (v.9 e 10). (coblas capfinidas 1° e 2° strofa, 4° e 5°) Questi sono i resti di una tradizione che legava la poesia alla musica, e questa musicalità facilitava il ricordo. Già a questa altezza in realtà i testi però sono fatti solo per essere letti e non per essere cantati. Esistono in questa canzonetta alcune rime strane che erano rime siciliane, che tradotte in toscane comporta l’esigenza di una rima perfetta che in toscano non risulta perfetta. v.1 rima con v. 4 --> rima equivoca (parole formalmente identiche ma di significato diverso), perchè la prima si percepisce come forma avverbiale, l’altra è un sostantivo. v. 7 “bella”: vocativo, serve per richiamare l’attenzione della donna che dovrebbe essere cantata dal poeta. Questa donna non deve essere necessariamente una esperienza reale, può essere una astrazione. Si possono instaurare raffronti tra questo testo con testi occitanici. Da Lentini conosce la tradizione occitanica e adotta versi, sintagmi, derivati da questa tradizione e reinventati. II stanza --> l’amore in questa età è quasi sempre un amore segreto. Dante e Petrarca ad esempio hanno sempre a che fare con donne sposate. Anche la donna che il trovatore canta è solitamente la moglie del castellano, l’unica donna che conta (disponibile) del castello, perchè bisogna tributare colei che è donna, signora non semplicemente femmina. Questo modello si impone e diventa modello della tradizione lirica. Inoltre diverse erano le difficoltà nell’incontro perchè le donne non avevano grande agilità. L’incontro spesso avveniva in Chiesa, luoghi di aggregazione dove uomini e donne si potevano trovare insieme. v.29/30: chi porta braci in vasi di terracotta. v. 35/36 “guardo a...” tipico dei dialetti meridionali v. 35 “amoroso”: o viso che genera amore oppure viso che ha in sé i segni dell’amore. Significato cambia, se genera l’amore non è detto che ci sia una corrispondenza tra poeta e la donna. V stanza Si passa dal voi al tu. Il poeta cerca di sottolineare un coinvolgimento maggiore

Il verbo “affannato” indica proprio la sofferenza generata dalla passione amorosa e si ritrova anche nel canto di Paolo e Francesca. Nella VI stanza troviamo una certa sintesi del discorso Donna è una pura astrazione, non c’è nessuna caratterizzazione specifica, c’è un concetto, l’amore che deve essere segreto, che non può essere manifestato, etc. Questa canzonetta è un caso molto particolare, perchè il testo è firmato; il poeta ha autocoscienza del proprio lavoro. I versi 3-6-9 della prima strofa corrispondono ai termini ora-pintura-figura: queste tre parole dovrebbero essere in rima ma non lo sono. Si diceva fosse una licenza poetica, ma è un fenomeno che si chiama rima siciliana cioè un artificio di natura fonologica che permette di spiegare che cosa succede passando dal siciliano illustre al toscano. La pronuncia dei termini in latino è governato dalla legge della penultima. L’accento che c’è in latino solitamente si ritrova nella stessa sede nelle lingue romanze, ad esclusione di alcuni casi particolari. Il passaggio del vocalismo tonico dal latino al volgare in Italia segue un modello che è detto di vocalismo toscano. Il triangolo vocalico di Johns ci dice che esiste una vocale in posizione mediana, la A, e poi due assi, uno delle vocali palatali (e aperta, e chiusa, i) e uno delle vocali velari (o aperta, o chiusa, u). I e U non hanno opposizione, non c’è la situazione aperta o chiusa. Nel passaggio dal latino al volgare, in italiano l’opposizione lunga-breve è venuta a mancare, ed è stata sostituita dall’opposizione aperta-chiusa. La Ī latina si evolve in “i”, venīre --> venire (it) La Ĭ e la Ē si sviluppano in E chiusa (vídet --> véde, tenére --> tenére) La Ě si sviluppa in E aperta. Questo per quanto riguarda le vocali velari. Per quanto riguarda le palatali: Ū si sviluppa in u (lūcem --> luce) Ǔ e Ō si sviluppano in O chiusa (crùcem --> cròce , vōcem --> voce) Ŏ diventa una O aperta (dōm(i)na --> domna --> donna. La I di domina è senza accento e per questo non viene articolata, poi si ha un fenomeno di assimilazione, una consonante rende la consonante precedente simile a sé) Il vocalismo toscano è il vocalismo italiano. Il vocalismo tonico siciliano è diverso, comporta il fatto che Ī, Ĭ ed Ē hanno come unico risultato”i” vēnire --> viniri , tenēre --> tiniri, vīdere --> vidiri Ě --> ɛ (si sviluppa regolamente in e aperta) Ŏ --> O aperta Ō, Ŭ, Ū --> U (vōce --> vuci, crǔce --> cruci, lūce --> luci) I copisti, traducendo, hanno toscanizzato. v. 10, v. 13: porti - forte v. 30, v.33: ascoso (ascuso) - incluso v. 36 : viso (visu) - amoroso (amorusu) Questo è il problema della rima siciliana, la differenza tra vocalismo toscano e siciliano. Quando però ad esempio Manzoni scrive “Vui” e non “voi” significa che Manzoni mantiene la rima siciliana.

Anche in questo componimento troviamo un’immagine femminile stereotipata, priva però in questo caso di ogni determinazione particolare, di lei abbiamo solo un concetto. E’ quindi una poesia formalizzata, che riprende alcuni concetti, in particolar modo quello dell’amore, e su questi ragiona. Il problema dell’amore è un concetto cardine e fondamentale. La vista è il luogo attraverso il quale tutto accade, il cuore è il luogo dove l’amore viene nutrito e l’amore è il sentimento, il desiderio che nasce nel cuore per abbondanza del piacere suscitato dall’oggetto amato. Questi poeti pongono il fondamento nel modo di guardare la lirica amorosa che resterà radicato nella tradizione. La corte federiciana è una corte in movimento e gli scambi che intercorrono tra poeti di ambiente federiciano ed altri di altre zone d’Italia diventano molto frequenti, soprattutto in Toscana, che è la regione più evoluta dal punto di vista economico e sociale. In questo ambito che non è soggetto alle stesse norme che governano l’Impero federiciano la vita è molto più tumultuosa, si può discutere anche di temi diversi oltre all’amore. L’ambiente è più complesso, vi sono i comuni e non un sovrano assoluto. Sul modello siciliano si recupera l’esperienza lirica dell’amore ma si introducono anche nuovi argomenti tra cui la politica. Uscendo dall’ambito strettamente federiciano ci troviamo di fronte ad una realtà geograficamente distribuita in modo diverso dove la poesia siciliana è giunta tradotta in forma toscana, dove quella poesia è stata punto di riferimento per i poeti della zona, i quali però si sono presi la libertà di trattare altri temi. Il personaggio principe dii questo ambiente toscano, mosso dagli scontri tra guelfi e ghibellini, è un aretino, Guittone d’Arezzo.

Guittone d’Arezzo Guittone è un personaggio che sarà fortemente odiato da Dante, perchè occupa troppo spazio, è un grande poeta, e Dante tenterà di “fare fuori” l’avversario. Guittone è un personaggio ingombrante, molto abile, ha scritto poesie d’amore, religiosa, poesia politica e prosa. Dante deciderà di colpirlo nel merito, dove gli sembrava possibile entrare più facilmente a scardinare il suo sistema. Dante tenterà proprio di limitare in modo specifico la scrittura di Guittone, che dice nel De Vulgari, non ha mai smesso di “plebescere”, cioè non è mai stato in grado di usare una lingua che fosse libera di elementi troppo volgari, aretini. 22/10/13 Con altri poeti come Bonagiunta da Lucca, ricordato da Dante nel Purgatorio XXIV, è un personaggio che occupa uno spazio enorme, è modello ingombrante per Dante perchè la sua attività letteraria si estende ad ambiti vari. Una parte della sua attività è dedicata soprattutto alla poesia amorosa e riprende i temi consueti della lirica toscana, poi la sua attività cambia quando Guittone diventa Fra Guittone, entra a far parte dei frati Gaudenti e inizia una produzione di carattere completamente diverso. Guittone è personaggio complicato, con produzione molto ricca che occupa ambiti che saranno quelli con i quali D...


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