Manuale di comunicazione non verbale PDF

Title Manuale di comunicazione non verbale
Author Arianna Tomei
Course Criminologia
Institution Università degli Studi Internazionali di Roma
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Riassunto completo ...


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manuale di comunicazione non verbale Criminologia (Università degli Studi di Perugia)

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2. L’ATTUALE CONCEZIONE DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE. 2.1. LA SCALA DI COMUNICAZIONE NON VERBALE. La semiotica ha fatto ricorso all’esame di ogni singola parte del corpo la quale, però, perde di significato, se non viene presa in considerazione all’interno di un contesto generale. Lo sguardo perde il suo significato se viene isolato dalle altre parti del volto (orecchie, bocca, fronte). Lo stesso volto, va poi inserito nell’aspetto di insieme della persona: la posizione delle braccia, delle mani, del tronco e dell’abbigliamento. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, ha un valore diagnostico. Molte malattie mentali, infatti, possono essere spesso sospettate grazie all’osservazione dell’abbigliamento: ad esempio, lo psicoastenico è meticoloso, veste in maniera raffinata e non si presenta in pubblico se non in perfette condizioni, il maniaco è abitualmente disordinato, il depresso, o il confuso, se ne disinteressa, mentre lo schizofrenico è generalmente sporco. Essendo le possibilità espressive infinite, non sempre sono specifiche, infatti l’atteggiamento e il gesto raramente hanno un significato specifico. Un contributo notevole allo studio dell’espressione lo ha fornito la fotografia. Naturalmente il soggetto va ripreso quando è in piena libertà, a sua insaputa e cercando di cogliere l’ambiente e l’atmosfera che lo circondano, in quanto è soltanto il concorso di tutti questi fattori che può permettere un valido ausilio nella comprensione più estensiva del reale stato d’animo del soggetto. La fissità dell’immagine fotografica non ci consente di seguire la dinamica dell’azione, ma ci dà comunque un’idea delle emozioni o meglio dello stato emozionale del soggetto e delle possibilità evolutive dell’espressione. Una metodica di grande utilità è rappresentata attualmente dall’osservazione attraverso uno specchio unidirezionale che permette di rilevale, senza essere visti, non soltanto le sfumature degli atteggiamenti mimico-gestuali spontanei dell’esaminando, ma anche di quelli provocati dalle domande di un eventuale intervistatore. 2.1.1. L’ESPRESSIONE PATOLOGICA. I limiti tra normale e patologico sono difficili da definire, in quanto dipendono da vari fattori e ciò che può essere patologico per una certa persona, o in paesi con una certa cultura, può non esserlo per altri. Durante l’analisi di un’espressione, dobbiamo tener conto dei seguenti caratteri: •

Intensità e durata;



Fattori culturali;



Adeguatezza alla situazione immediata del paziente e del suo contenuto ideativo;

La cinesica, cioè lo studio della comunicazione extraverbale o linguaggio del corpo, si propone di ricercare i modelli di comunicazione silente. Alcuni modelli di comportamento silente: •

Inarcare delle sopracciglia della persona diffidente;



Grattarsi la zucca quando non si sa che pesci prendere;



Mettersi le dita nel naso per imbarazzo;



Incrociare le braccia per proteggersi contro altrui invadenza o quando ci si vuole isolare;



Lisciarsi la guancia con il bavero della pelliccia come surrogato dell’intimità;

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Tutti questi comportamenti-segnale sono dotati di una intensa portata pragmatica, cui il partner contingente può difficilmente sottrarsi, anche se non ne prende chiara coscienza. 2.1.2. L’INTENSITÀ E LA DURATA. A proposito di ciò, c’è da osservare che mentre per alcune persone si verificano soltanto lievi cambiamenti di sensazioni durante emozioni come paura e collera, per altre vi potrà essere una vera e propria grave “tempesta fisiologica”, espressione di una maggiore partecipazione empatica dipendente dalla qualità della singola esperienza vissuta. 2.1.3. I FATTORI CULTURALI. I fattori culturali potrebbero confondere l’osservatore, ad esempio agli occhi di uno scandinavo, un italiano potrebbe sembrare fortemente emotivo e con un’esagerata mimica e gestualità, tipica soprattutto dell’uomo del Sud Italia rispetto a quello del Nord, il quale ha maggiori compensazioni linguistico-espressive e fa un maggior uso di forme di espressività sintattica più elaborate. Quando incontriamo un estraneo, ci facciamo immediatamente un’impressione del tipo di persona che ci troviamo di fronte. Senza pensarci, osserviamo dettagli relativi alla sua postura, alle mani, movimenti dei suoi occhi ed espressioni del suo volto. Le conclusioni che ne traiamo possono essere esatte o non esatte, ma certamente influiscono sul nostro agire. Se cominciamo a parlare con lui, le nostre parole saranno accompagnate da altri gesti che possono accentuare quello che comunichiamo durante il colloquio. All’inizio e alla fine della conversazione ci potremmo poi servire di segnali culturalmente determinati, come strette di mano o cenni delle mani stesse, che simbolizzano la nostra disposizione ad entrare in rapporti amichevoli. Nel corso di questo episodio, passerà una quantità di informazioni che non saranno mai tradotte a parole e che potranno essere colte da terze persone che assistono alla conversazione. L’uomo, a differenza degli animali, dispone dello strumento del linguaggio parlato per comunicare, il quale, però, è strettamente collegato alla comunicazione non verbale e viene sostenuto da essa, la quale si aggiunge al significato delle espressioni verbali, fornisce feedback e controlla il sincronismo. È vero infatti che nel comunicare si opera spesso una scelta fra messaggi verbali e non verbali, e talvolta, le due componenti possono non essere in sintonia fra loro, ovverosia i messaggi non verbali contraddire quanto viene comunicato con le parole. Le modalità comunicative sono nell’uomo in gran parte frutto dell’apprendimento, ma occorre rilevare che, per quanto riguarda l’espressione delle emozioni e gli atteggiamenti interpersonali, coesistono notevoli componenti innate, in buona misura svincolate dal controllo razionale dei centri superiori e pertanto utilissime all’operatore che intenda decodificare e interpretare lo stato d’animo dell’interlocutore. Un’altra dimensione alla quale i linguisti attribuiscono notevole importanza è quella della produzione, vocale o non vocale, del segnale, a seconda che il segnale sia o meno un rumore vocale prodotto dalla bocca di un’altra persona in modo da essere udibile da altre persone. Tra i segnali vocali ma non verbali possiamo citare “tossire”, affinché le persone che si trovano in una stanza si accorgano della nostra presenza. Esistono, viceversa, diverse modalità di linguaggio verbale NON VOCALE e precisamente le realizzazioni: •

Scritte;



Linguaggio interiore;



Mimico-gestuali (linguaggio sordomuti);



Tattili;

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È evidente che il linguaggio verbale ha una realizzazione fonica e che la stessa scrittura rispetto alla parola, riveste un ruolo subalterno nel processo di socializzazione dell’individuo. La comunicazione verbale è strettamente collegata con quella non verbale, una non può esistere senza l’altra. Ricordiamo che soltanto il 35% di tutta la comunicazione fa capo alle parole, tutto il resto NON è verbale. Il significato dei segnali della CNV varia non soltanto al variare del tipo di segnale: infatti lo stesso segnale può assumere significati differenti a seconda del contesto nel quale si trova inserito: una pacca sulle spalle può essere segno di congratulazioni o di un’aggressione fisica, a seconda di quanto si è verificato in precedenza e del tipo di persone cui è rivolta. Birdwhistell afferma che ogni segnale non verbale ha poco o nessun significato di per sé, anzi ne assume solo in determinati contesti. 2.2. CARATTERI INDICALI DELLA COMUNICAZIONE NON VERBALE. Secondo Argyle, ogni carattere indicale della comunicazione non verbale, ha una specifica funzione durante l’interazione sociale. La presentazione comprende l’aspetto, l’andatura e l’abbigliamento, il comportamento spaziale, la postura e il contatto fisico. 2.2. L’ASPETTO. La conformazione fisica riguarda tutto ciò che è costituzionale del fisico della persona: corporatura, forma del volto, colore degli occhi, colore e stato della pelle. Sono elementi che forniscono informazioni generali sulla persona e che difficilmente possono essere controllati durante l’interazione. Dipenderà poi dalla cultura di ciascuno, dalla sua sensibilità, dal suo grado di intelligenza e analisi la capacità di valutare questi elementi soffermandosi a un grado più o meno superficiale di giudizio dell’altro, soggiacendo o meno agli stereotipi più comuni. L’aspetto è inteso, dunque, come forma di CNV in quanto provvede all’autopresentazione, cioè alla trasmissione di messaggi personalizzati riguardanti il proprio status sociale, il ruolo ricoperto nella situazione presente e, più in generale, la personalità e l’atteggiamento emotivo. 2.2.2. L’ANDATURA E L’ABBIGLIAMENTO. L’andatura e l’abbigliamento rappresentano anch’essi espressioni relazionali di cui è bene tenere conto. L’andatura fornisce già alcune informazioni circa la disposizione ideo-affettiva del soggetto. Esempi: • Un delirante persecutorio entrerà nella stanza lentamente e con aria sospettosa, osservando attentamente gli oggetti che lo circondano, rivelando i suoi contenuti ideo-affettivi densi di sospetti; •

Il depresso potrà entrare lentamente con mestizia e generalmente a testa bassa;



Il depresso ansioso, oltre all’espressione triste, potrebbe avere lo sguardo chi chiede aiuto;

• L’insicuro entrerà con lentezza e con atteggiamento per niente aggressivo. Quando l’insicurezza è mal celata, potrà entrare con un atteggiamento tra il frettoloso e l’impacciato, potrebbe tendere alla logorrea; • Lo psicopatico ipertimico, proprio perché molto fiducioso in se stesso e nelle proprie possibilità, avrà un incidere spavaldo, con molti punti di contatto con lo psicopatico maniacale; Questi atteggiamenti, rappresentano soltanto l’orientamento in generale e non sono categorici in quanto, influenzati da det fattori imprevedibili (incidente stradale prima di un incontro), potrebbero emergere diverse sfumature nell’atteggiamento che confonderebbero l’osservatore.

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L’abbigliamento costituisce anche esso un indice di valutazione da registrare attentamente. Esso viene considerato la componente più mutevole dell’aspetto esteriore e comprende sia abiti ma ance trucco, acconciatura, accessori, oggetti posseduti, segnali di status. Esempi: • Una donna con i capelli in disordine, senza trucco, senza calze e con le scarpe consumate, immediatamente rivela in parte il proprio atteggiamento verso le norme sociali concernenti l’abbigliamento; • Anche gli oggetti di valore vanno notati: un anello vistoso e volgare nell’uomo, potrebbe essere appannaggio della categoria “protettori”, mentre, una vistosa catena d’oro portata al collo nell’uomo potrebbe significare ostentazione di un certo benessere tanto desiderato. L’autore vuole dirci che ogni capo di abbigliamento, dunque, possa essere considerato un’estensione del nostro essere e come, la stessa percezione di noi stessi, possa essere modificata dall’abbigliamento. È impossibili portare abiti e non comunicare segnali sociali: ogni costume racconta una storia sulla persona che lo indossa. Il confort è la funzione principale dell’abbigliamento. In origine l’essere umano traeva vantaggio dalla sua nudità, che si rivelava un’efficiente di termoregolazione , considerata l’attività fisica a cui era sottoposto. Considerata l’evoluzione tecnologica della specie umana appare ovvio che in determinate situazioni (meccanismi di climatizzazione), potremmo fare a meno degli abiti ma invece continuiamo a indossarli per il “comune senso del pudore”, il quale ci impedisce di mostrare la nostra nudità e questo perché, con l’evoluzione della postura eretta, l’uomo è l’unico animale che avvicinando un proprio simile espone automaticamente i propri genitali. Per ciò che riguarda, infine, l’abbigliamento come esibizione di status, Morris afferma che quest’ultima è la funzione più antica dell’abbigliamento. La divisione in classi è sempre stata sottolineata dall’abbigliamento, ma non solo. Si pensi anche alle forme di abbigliamento specifico di alcune attività e di alcune categorie di individui (caccia, pesca, cowboy) che facilmente entrano a far parte della moda definendo specifiche categorie di individui che vogliono comunicare agli altri il proprio modo di essere e di apparire. L’abbigliamento, dunque, influenza l’immagine percepita dagli altri e non solo alla prima impressione. Abito e accessori contribuiscono a definire status e potere sociale: comunicano con quale atteggiamento interpersonale ci si pone verso gli altri, ma possono servire anche a comunicare attrazione fisica, come nel caso di abiti femminili scollati e attillati. 2.2.3. IL COMPORTAMENTO SPAZIALE. L’antropologo americano Hall ha definito prossemica lo studio dell’uso che le persone fanno dello spazio sociale e personale. Egli ha notato che gli esseri umani non apprezzano l’intrusione nel proprio spazio personale, ma cercano di mantenere gli altri a una distanza appropriata, variabile di volta in volta a seconda dell’occasione e del tipo di rapporto sociale. Anche la struttura di personalità, dunque, condiziona il tipo di comportamento spaziale che viene adottato di volta in volta. Chi non riesce a sviluppare compiutamente la sfera pubblica della propria personalità trova difficoltà oltre che nel colloquio verbale, anche nella fruizione di rapporti spaziali a contatto troppo stretto con il prossimo; una persona ansiosa tende ad invadere lo spazio personale altrui provocando l’allontanamento dall’altra parte; gli individui estroversi sono più aperti e disponibili all’intrusione del proprio spazio personale mentre si verifica il contrario nel caso di individui introversi; l’aggressività porta all’invasione dell’altrui spazio vitale, così come avviene quando si vuole affermare la propria superiorità.

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Argyle rivela come il comportamento spaziale segua leggi quantitative semplici e presenti variazioni apprezzabili, dovute alla cultura e alla personalità dei soggetti osservati. Possiamo scomporre il comportamento spaziale in quattro elementi: •

Vicinanza;



Orientamento;



Comportamento territoriale;



Movimento nell’ambiente;

LA VICINANZA. La vicinanza è data dalla distanza esistente fra due persone: essa costituisce una delle determinanti del comportamento prossemico dei soggetti in un’interazione e rappresenta una delle modalità di comunicazione non verbale in quanto viene scelto più o meno consciamente il tipo di relazione spaziale più confacente alla natura e alle connotazioni emotive dell’incontro. È possibile individuare le seguenti zone di distanza: Intima: dal contatto fisico fino a 45 cm (per relazioni intime, in quanto consente di percepire l’odore dell’altro e l’intensità delle sue emozioni, nonché di parlare a bassa voce); -

Personale: da 45 cm a 1,20 m (relazioni a breve distanza e tra amici, permette di toccare l’altro);

-

Sociale: da 1,20 m a 3,65m (relazioni più impersonali, senza contatto fisico);

Pubblica: da 3,65 m a distanze superiori (distanza dell’oratore che compare sul palco o delle autorità che intervengono nelle pubbliche manifestazioni); L’orientamento. Elemento significativo del comportamento spaziale è anche l’orientamento, ossia l’angolazione secondo la quale le persone si situano nello spazio l’una rispetto all’altra. Può variare dalla posizione da faccia a faccia a quella fianco a fianco, come in una situazione di cooperazione, amicizia intima o collaborazione emotiva. Al contrario di quella faccia a faccia che è prevista per lo scontro o il confronto. Il comportamento territoriale. L’uomo manifesta un tipo di comportamento territoriale in base ai tipi di aree. Argyle ha distinto 3 dimensioni: Spazio personale: lo spazio personale è l’area direttamente circostante il corpo”. Essa si può misurare facendo avvicinare un individuo ad un altro fino al punto in cui quest’ultimo dimostra una reazione di fastidio o rifiuto. È più ampia frontalmente che in altre direzioni e ha ampi margini di variazione a seconda delle differenze individuali. L’invasione è molto fastidiosa: questo fatto viene evidenziato dal maggior numero di gesti espressi da chi la subisce, palesando lo stress provato; Territorio personale: costituito dall’area più vasta che un individuo possiede, ha in uso esclusivo e controlla: non c’è univocità nel definire i limiti tra spazio e territorio personale; Territori domestici: area estesa allo spazio pubblico che viene usualmente frequentata abitualmente dai componenti di un gruppo particolare. Le interazioni si svolgono in un modo prestabilito, non ammettendo intrusione da parte di elementi di altra provenienza e status sociale. Un individuo che passa tra queste bande di casa e che non ne fa parte, lo fa silenziosamente e con lo sguardo basso;

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2.2.4. LA POSTURA. La postura rappresenta la posizione del corpo consapevolmente o inconsapevolmente assunta dal soggetto in relazione al contesto e all’altro. Consiste, dunque, nel modo di stare in piedi, seduti o distesi, ed è adoperata in diversi sistemi di comunicazione. Bonaiuto e Maricchiolo definiscono i principali tipi di posture: -

Eretta;

-

Distesa;

-

Rannicchiata;

-

In ginocchio;

Gli stessi autori, inoltre, sottolineano come la “postura sia indicativa dell’intensità dell’emozione provata più che del tipo di emozione” e come “postura, tono muscolare e vissuto psichico si influenzino reciprocamente”. La postura risulta sottoposta al controllo razionale in minor misura del volto e della voce e la postura scelta può tradire l’ansia più dell’espressione del volto. Secondo Mehrabian esistono due principali dimensioni della postura: -

IMMEDIATEZZA, la quale consiste in

- inclinazioni in avanti; - contatto; - prossimità; - sguardo; - orientazione diretta; - apertura delle braccia e delle gambe; Questo tipo di comportamento si riscontra nei confronti delle persone simpatiche: le componenti dell’immediatezza contribuiscono a diminuire la distanza sia fisica che psichica; -

RILASSAMENTO (atteggiamento rilassato), contraddistinto da:

- posizioni asimmetriche delle braccia e delle gambe; - inclinazione laterale o all’indietro; - rilassamento delle mani; A questo stile posturale si ricorre in presenza di persone di ceto sociale più basso e più verso persone dell’altro sesso che del proprio. Posture meno rilassate vengono assunte in presenza di persone non gradite. Questi atteggiamenti sono espressioni di rapporti di dominanza/sottomissione e di rilassamento/tensione che regolano i rapporti tra individui. Le gambe, ad esempio, possono assumere due tipi di posture: divaricate o chiuse. La prima è caratteristica di individui che vogliono affermare il proprio ruolo dominante e di potere. Le gambe chiuse (ginocchio si sovrappone leggermente all’altro, tipo ai concorsi di bellezza), al contrario, sono una tipologia di postura femminile e serve ad evidenziare ed esaltare la linea dei fianchi assumendo il valore di segnale di

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corteggiamento. Nel caso in cui le ginocchia siano accostate e le gambe divaricate (/\) e le punte dei piedi verso l’interno, ci troviamo di fronte ad una tipica postura che richiama l’essere bambina fragile e inerme della persona e per suscitare sentimenti teneri e parentali. La posizione aperta o chiusa delle braccia e d...


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