Orme sull\'acqua, orme nella terra PDF

Title Orme sull\'acqua, orme nella terra
Course Metodologia della ricerca archeologica
Institution Università degli Studi di Milano
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Riassunto/rielaborato del testo originale...


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Orme sull'acqua, orme nella terra INTRODUZIONE Discipline il cui proprio oggetto riguarda o consiste nell'interezza della storia umana implicano, per loro stessa natura, un processo di evoluzione ideologica. L'archeologia, come ben illustra la genesi del suo significato (arkaios logos), è profondamente legata alla ricostruzione della storia, e ricopre un ruolo di spiccata rilevanza all'interno delle scienze umane. Il dibattito teorico degli anni Sessanta ha portato ad un continuo ampliamento delle prospettive, a cui ancora si cerca di attribuire il valore di dogma tramite l'appoggio di ispirazioni scientiste e tecnologie. Tentativo che ha però portato al rischio di investire. con la tendenza verso un'oggettività cartesiana, spazi che per loro natura restano irriducibili in quanto emanazione dell'umana individualità (solo parzialmente assoggettabile e modelli predittivi). Per questa ragione il Post-Processualismo ha voluto riportare l'attenzione proprio sulla centralità umana, mentre il Cognitivismo ha posto il tema della mente umana alla base delle azioni testimoniate dalle tracce conservate dai documenti archeologici. Dopo vent'anni di dibattiti, la tecnologia ha trovato il proprio ruolo ausiliario e di applicazione strumentale; i blocchi teoretici originari, d'altra parte, si sono sfilacciati in una serie di percorsi tesi a sviluppare alcuni aspetti particolari: Gender Archeology, Agency, Ethnicity, Emotional Archeology... (per citarne i principali). Difficile dire con precisione quale sia la tendenza attuale. Vivere intellettualmente significa cogliere le premesse da cui sono sorti gli sviluppi in corso nel nostro tempo, piuttosto che cercare di comprendere questi ultimi in modo capillare. Per questo siamo in grado di storicizzare più che di prevedere. Il nostro compito (uno dei compiti), in quanto archeologi, consiste nel valutare i presupposti di una disciplina che assorbe le responsabilità inerenti alla conoscenza ed alla tutela del documento storico antico, al modo in cui questo ci viene riconsegnato ed all'impegno necessario per trasformare le tracce del passato in narrazione della storia umana. Nessun ausilio disciplinare escluso (storia dell'arte, archeobiologia, iconologia, telerilevamento satellitare...): lo avevano già dimostrato gli scavi di Andrè Leroi-Gourhan ad Arcy-sur-Cure e Pincevent, dove venne fatto ricorso a nuovi strumenti/tecniche quali il radiocarbonio 14, le prospezioni geoelettriche, l'informatica e l'apporto dell'etnologia. Nel corso della storia del metodo in archeologia, l'evoluzione della tecnica di scavo è stata il segno di una confidenza più ortodossa con l'oggetto dei nostri studi, rafforzando i metodi empirici spesso legati al talento personale del ricercatore. Mentre l'esperienza francese affinava le strategie di intervento sui siti preistorici, la pratica dell'Inghilterra si esercitava sulle grandi superfici abitate di epoca romana e medioevale: scavo per quadrati di Ser Mortimer Wheeler (oppidum Maiden Castle, civiltà della Valle dell'Indo), esplorazioni open-area di Philip Barker (Wroxeter – Viroconium Cornoviorum, prelievo di stratigrafie e planimetrie su ampie zone di intervento). Il risultato di queste esplorazioni fu il matrix di Edward C. Harris → stabilità metodologica. Nel solco di questi passaggi di crescita fondamentali, l'archeologia italiana può oggi scrivere un capitolo tutto suo (sia all'interno sia all'esterno della Penisola – SAIA ne è ormai testimone centenario), e i cantieri universitari hanno aperto nuove prospettive sia nel processo di raffinamento del metodo sia nella discussione teorica. La lezione è stata in seguito tramandata da importanti imprese scientifiche. Debbono soprattutto

ricordarsi le prime, quelle nate a cavallo far gli anni Settanta/Ottanta in importanti centri abitati ed estese necropoli, come gli scavi universitari di Antonio Frova a Luni, di Maria Bonghi Jovino a Pompei e Tarquinia, di Bruno d'Agostino a Pontecagnano, i cui risultati hanno avviato maestose collane monografiche e hanno funto da modello a livello sia nazionale sia internazionale. Nel tempo se ne sono aggiunte altre, con relative scuole di allievi al seguito; senza contare le pubblicazioni/campagne ad opera di Università/Istituti stranieri sul suolo italiano, o gli scavi di emergenza. Queste vicende dell'archeologia degli ultimi quarant'anni, che hanno fissato le modalità operative sul campo, sono ormai acquisizioni intessute nella formazione del giovane studioso di archeologia. In parallelo la manualistica sulla metodologia, sia generale sia di taglio specifico, ha mostrato dapprima la necessità di fissare lo status tradizionale della disciplina, e successivamente di approfondirne gli aspetti rimasti latenti. Dopo gli anni Sessanta, il settore è stato caratterizzato da una vera fioritura editoriale, con testi che sollecitano una centratura sulla pratica tecnica, ed altri complessivi di spunti scientifici appartenenti ad un macroimpianto più esteso ed attuale. Il contenuto delle pagine che seguono hanno volutamente deviato da un tracciato prettamente didattico, già così ben esemplato da altri testi in circolazione. Gli argomenti trattati costituiscono invece una serie di estratti dall'intelaiatura del sapere storico-archeologico, escursioni nel pensiero teorico del Novecento, con approfondimenti sparsi. Che l'archeologo debba praticare l'archeologia è un'ovvietà, ma quanto esteso debba essere lo spazio di conoscenze entro il quale egli potrà muoversi per far sì che le due ricerche superino nelle finalità i confini apparenti eretti tra i campi specialistici è ancora materia da discutere. La capacità di istituire relazioni può scaturire più facilmente e spontaneamente da un sapere polivalente, e questo dovrebbe rappresentare la condizione ottimale.

PROSPETTIVE ARCHEOLOGICHE DELL'UMANISTA DA CAMPO La definizione della figura di archeologo compendia una serie di competenze soggette a una varietà di assortimenti, in relazione alle vocazioni personali del singolo studioso. Tuttavia, indipendentemente dal percorso specifico, la conoscenza delle procedure legate al terreno rimane fondamentale. La terra ed il suo trattamento tecnico richiedono un apprendistato tanto teorico quanto pratico. Lo scavo è mezzo necessario per la scoperta di informazioni, che sottoposte ad interpretazione permetteranno allo studioso di avanzare ipotesi circa l'obiettivo della propria ricerca. Lo studioso di archeologia necessita tanto di considerevole esperienza sul campo quanto di una fine formazione culturale già nelle premesse universitarie. Questo perchè terra e cultura possiedono entrambi una propria stratigrafia (o stratificazione), e perché quanto appreso non rimanga una semplice conoscenza nozionistica occorrono anni di interiorizzazione. I moti innovativi e le intuizioni metodologiche degli ultimi cinquant'anni hanno messo in evidenza come la fisionomia dello scavatore puro non possieda strumenti sufficienti ed autonomi per incidere sulla speculazione finalizzata all'interpretazione antropologica e storica. Perchè non bisogna dimenticare il nesso fra il fascino del passato e la capacità di incidere intellettualmente nel presente su cui dovrebbe poggiare l'archeologia, come ormai troppe poche voci ricordano. Proprio per questa dimenticanza, e per la fiducia riposta nella capacità di ricostruire quadri storici da ritrovamenti documentari tramite il supporto della moderna tecnologia (che hanno spinto l'archeologo a cercare di estendere il proprio vocabolario professionale ad altri domini, tralasciando i propri) l'archeologia ha finito in tempi recenti coll'offrire l'impressione di avere abdicato a,lla possibilità di collocarsi fra le Humanae Litterae, fra le fila dei creatori di pensiero. La divaricazione fra il silenzio dello studioso puro e l'archeologo che passa il proprio tempo esclusivamente sugli scavi non ha ottenuto altro che creare ulteriori ambivalenze.

La coinvolgente suggestione delle esplorazioni e delle loro immediata risultanze. La mancata percezione dell'importanza dello studio in senso assoluto. Il rischio della chiusura negli specialismi. La speranza che quel singolo tratto di storia, ipoteticamente ricostruito grazie all'interpretazione successiva allo scavo, ci consenta di traguardare oltre i dati concreti e ci consenta di avvicinarci maggiormente al significato delle azioni nelle nostre esistenze. L'approdo da empirismi a conclusioni assiomatiche. Il problema della misurazione, il pensiero costantemente dominato dall'opposizione tra forze razionali ed energie intuitive – l'esigenza di sottoporre ad un avvallo scientifico i risultati delle teorie proposte, esplicando procedimenti e passaggi adottati. Per tali ragioni, facoltà quali l'empatia e la capacità di immedesimazione sono state giudicati inservibili ai fini di una migliore comprensione. Eppure in Archeologia, di fronte ad evidenze che toccano questioni cruciali sul piano dell'esperienza emotiva quali l'arte o la ritualità, l'imitazione diventa un tentativo spontaneo di comprensione. Questo valore dell'empatia è riconosciuto per esempio in Oriente, dove viene contemplata come mezzo cognitivo a sommi livelli nelle pratiche buddhiste. Non che in Occidente non vi siano stati casi in cui la scienza non abbia deciso di avvalersi di sentieri eterodossi. Pochi anni fa veniva pubblicato un corpus di scritti del fisico austriaco Wolfgang Pauli, intitolato “Psiche e Natura”, nel quale lo scienziato (anni Quaranta-Cinquanta) raccoglieva una serie di manifestazioni oniriche dal contenuto carico di esplicazioni simboliche. In qualche modo turbato da queste immagini ricorrenti, dapprincipio attribuite ad una forma di disturbo professionale, Pauli finì poi per rilevare delle certe corrispondenze fra i contenuti dei sogni e le concezioni intuitive che si formano in persone prive di formazione scientifica, nelle quali sono assenti le inibizioni che ostacolano la libertà delle fantasie. Pur non considerandole come verità scientifiche equiparabili a dottrine, ipotizzò quindi che questa forma di immaginazione possedesse un carattere archetipo. E collegò in una sintesi di ricerche complementari fisica e psicologia, spinto dalla necessità di “risalire al retroterra archetipo dei concetti scientifici” - cognizioni interiori pregresse, introdotte o mediate da fattori esterni – il mondo delle idee platonico – Keplero. È però chiaro che, così come non può riconoscersi una disciplina di estrazione umanistica fondata su crismi interamente scientisti, la medesima disciplina, costruita su impressionismi/sentimenti soggettivi e derivata da rivelazioni oniriche, verrebbe immediatamente rifiutata. Dalla scienza classica abbiamo importato la la prospettiva tassonomica: ordinare i dati con metodo significa già in parte padroneggiarli, perchè l'ordine suggerisce già per sua struttura un indirizzo interpretativo. Dopo Charles Darwin e l'Evoluzionismo, la tendenza scientifica a ricondurre verso modelli razionali si è risolta in una sfida costante verso l'ignoto, ma nelle discipline archeologiche si è sorprendentemente trasformata nella celebrazione della pragmaticità. È stato solo coll'arrivo del Post-Processualismo che le radici emozionali sono state riscoperte come parte in causa della creatività – impossibilità di comprendere appieno un reperto se si ignora il comune sostrato umano. Non è un caso che, nel nostro campo, gli aspetti cognitivi derivati da psicologia e psichiatria siano divenuti di grande attualità. Alcuni studiosi hanno dato valore alle connessioni fra gli aspetti psichici, le attività artistiche e gli ambienti adibiti alle istoriazioni pittoriche nel tentativo di rintracciare una matrice comune – scandagliare gli strati profondi della coscienza dell'uomo al sorgere delle sue misteriose automazioni verso la simbolizzazione – le ragioni dietro alla produzione artistica. Alla fine degli anni Novanta lo psichiatra Francois Sacco e il preistorico George Sauvet pubblicano “Il centro dell'uomo. Psicoanalisi e preistoria.” → la dimensione ambientale, che immerge l'uomo nella creaturalità del cosmo, diviene scenario del pensiero concettualizzato, focalizzando la tensione metaforica del rapporto sacrale nel quale uomo e natura senziente si congiungono in una serie di

quattro stili artistici. Lo studio del progressivo comporsi di un linguaggio figurativo a partire dall'età della pietra, per la migliore comprensione delle nostre origini. Studi sono stati rivolti anche agli effetti che grotte e cavità causano in coloro che vi permangono: il tipo di silenzio che le caratterizza può favorire uno stato di deprivazione/incremento sensoriale, alimentando in tal modo l'ipertrofia interiore e consentendo il raggiungimento di ispirazioni altrimenti occultate. Uno dei casi nella preistoria che esemplifica meglio la portata della questione resta quello delle rappresentazioni animali, soggetto preferito dell'arte parietale del Paleolitico Superiore. L'ascesa, dal periodo prefigurativo, sembra dispiegarsi su una parabola evolutiva fra l'Aurignaziano (30.000 a.C.) e il Magdaleniano Superiore (10.000 a.C.). Secondo l'archeologia preistorica, le tracce di un pensiero superiore comparirebbero già negli ultimi rappresentanti dell'Uomo di Neanderthal (40.000-35.000 a.C.): le scienze neurologiche hanno in effetti colto un incremento ascendente verso la consapevole modulazione del linguaggio, relazionandosi al progressivo ampliamento della scatola cranica – specifico riferimento alla capacità di astrazione. Resta comunque incredibilmente difficile cogliere la vera valenza iconologica e simbolica di questo universo mitopoietico – opinabilità delle ipotesi, al di là dei raffronti etnografici. Lo stesso André Leroi-Gourhan, nonostante la propria lettura strutturalista e binaria, concorda con questa difficoltà – “L'alieno che, privo di capacità di comunicazione, cercasse di comprendere le profondità della religione cristiana dalle immagini di agnelli e di figure umane torturate.” → questi siamo noi.

Sciamanesimo Lo sciamanesimo è un fenomeno storico di profonda e radicata intromissione nel tessuto culturale di molte popolazioni e gruppi etnici, e sopravvive tutt'ora a macchie di leopardo. La progressiva marginalizzazione di questa pratica antichissima sta da tempo avvenendo in misura proporzionale alla scomparsa dell'habitat naturale di tante etnie coinvolte nell'inurbamento forzato. Uno dei lavori specialistici basilari sul tema è stato quello di Mircea Eliade (anni Cinquanta), che, pur conferendo all'estasi una valenza primaria, amplia i confini del ben noto topos siberiano, rintracciando una continuità fra lo sciamanesimo e alcune sopravvivenze europee in forma folklorica, rappresentata dalla liturgia del sacrificio, dalla ricerca della guarigione e dalla profezia. Che si parli di estasi, trance, possessione o distacco distacco fisico dal corpo, agli studiosi spetta il compito di valutare se sia possibile distinguere tra queste categorie basandosi sulle condizioni che possono accellerare l'alterazione della fisiologia naturale del soggetto (dalla deprivazione sino alla sovrastimolazione sensoriale per uso di sostanze, moto ossessivo, compulsività musicale etc. E ancora una volta, gli studi etnografici sulla possibile convalidazione retroattiva di una circostanza culturale, hanno rivestito un ruolo fondamentale. Per esempio, gli studiosi hanno notato una notevole somiglianza fra i segni aniconici rinvenuti fra le decorazioni parietali della Grotta dei Cervi a Otranto (Neolitico Medio) ed i cosiddetti fosfeni (manifestazioni luminose che si materializzano in seguito a particolari stati del sistema nervoso o per insistita pressione sui bulbi oculari). Ipotesi che queste decorazioni siano la riproduzione visiva degli effetti subiti per consumo finalizzato di allucinogeni vegetali, di cui alcune etnia della Colombia fanno ancora utilizzo. Gli approfondimenti sugli effetti delle sostanze psicotrope sono stati al centro di alcune sperimentazioni negli anni Sessanta. L'etnografia e la paleorganologia, con gli studi di acustica e psicobiologia, hanno ampliato la ricerca riconoscendo come la proiezione di coscienza fuori del sé possa essere il risultato anche di altri fattori che agiscono sul sistema nervoso, quali i suoni prodotti da alcuni strumenti musicali (per esempio strumenti a fiato, particolarmente quelli infrasonici come il rombo, uno strumento aborigeno australiano. Il suo sibilo ronzante è in grado di interferire con i

meccanismi nervosi inducendo fenomeni di moltiplicazione ottica). Più che di esperienze musicali sarebbe più corretto parlare di eventi acustici, in grado di incidere emotivamente senza implicare una godibilità intellettuale. La durata del suono, e le sensazioni percepite dalle altre sfere sensoriali, sono in grado poi di modificarne l'effetto. Alcune sonorità sono in grado di fissare una condizione moderatamente ipnotica, sostituendo i fattori chimici o della meditazione. Per inciso, studi condotti tramite rilevazione visiva con modelli elettroencefalici e tomografici hanno ormai testimoniato gli effetti della meditazione, rilevando significativi mutamenti nel sistema cardiovascolare e ormonale, e l'insorgere di onde gamma e teta. Malgrado ciò, la sfuggevolezza della questione dell'arte paleolitica si ridimensiona senza risolversi, e seguita a marcare una delle soglie in archeologia dove si pongono in predicato le nostre metodologie di analisi. Sia che ci fermiamo al tradizionale inquadramento stilistico, sia che ne tentiamo un'interpretazione, gli interrogativi di fondo non mutano: quali sono i moti generativi dietro un artefatto la cui importanza è testimoniata dalla sua estesa durata nel corso della storia? Perchè proprio in cavità e grotte? Sul significato delle pitture parietali, André Leroi-Gourhan aveva voluto contenere l'influenza del modello etnografico, valutando ogni contesto senza idee preconcette → ipotesi di uno schema binario sotteso alla scelta ed alla ricorrenza delle specie animali effigiate , volta a captare quegli elementi umani profondi che trovano nella simbolizzazione una necessità espressiva anteriore alla soggettività. Nuovo criterio ordinante che supponeva l'esistenza di una logica. Il nostro dubbio più insolvibile, è quanto siamo effettivamente in grado di spiegare manifestazioni di intenzioni tanto sacrali quanto lontane nel tempo. È questo dubbio, che ha portato ad un progressivo abbandono di tali tematiche perché “troppo complesse”. Mircea Eliade pensava che per trattare di tematiche religiose si dovesse essere in primo luogo homines religiosi, e che il decadimento delle pratiche del sacro avesse comportato un ulteriore distacco ontologico fra soggetto ed oggetto di analisi. Intuizione di una formulazione teorica e nascita razionale di una teoria non sono sempre reciprocamente compatibili ai fini della costruzione di un sistema interpretativo: l'intuizione ci immerge istantaneamente in un significato senza che questo possa essere necessariamente verbalizzato/trasmesso in un apparato sistemico. D'altro canto le teorie richiedono di essere esplicitate. L'uomo studia se stesso per mezzo di esigui campioni archeologici, e lo studioso patisce l'angustia del piccolo novero di opzioni che la frammentaria conoscenza del genere Homo lo autorizza ad impiegare. Recenti ed importanti ritrovamenti hanno sollevato nuovamente il problema: la Grotta Chauvet, scoperta nel 1994 nelle gole francesi dell'Ardeche e ritenuta il più antico complesso pittorico della preistoria europea (due sequenze interne, 32.000-30.000 anni fa, 27.000-26.000 anni fa). Da questa sfilata di centinaia di animali, nei quali sono conteggiabili almeno tredici specie diverse, traspare un eccellente padronanza dei mezzi artistici, con coscienza di volumi e spazi prospettici (“Cave of forgotten dreams” Herzog). Per l'archeologo la grotta Chauvet rinnova la questione degli aspetti cognitivi e della genesi dietro alla simbolizzazione della potenza della natura, nonché di una possibile sovrannaturalità ordinata. Difficoltà del recupero di un mondo di sensazioni perdute, di disobbedire biologicamente e psichicamente al nostro stadio evolutivo – annullare il tempo.

TEORIE E MODELLI DELLE ARCHEOLOGIE

Il pensiero teorico ha notoriamente influenzato l'archeologia del Novecento, sviluppando una serie di questioni la cui portata ha sollevato nuovi i...


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