Palazzeschi analisi Il Saltimbanco PDF

Title Palazzeschi analisi Il Saltimbanco
Course Critica letteraria e letterature comparate
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 4
File Size 89.9 KB
File Type PDF
Total Downloads 73
Total Views 146

Summary

Palazzeschi analisi Il Saltimbanco...


Description

Valeria Ferrone matricola 1702953

Analisi della poesia Il saltimbanco di Aldo Palazzeschi

Il saltimbanco

Son forse un poeta? No, certo. Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell'anima mia: 5 "follia". Son dunque un pittore? Neanche. Non ha che un colore la tavolozza dell'anima mia: 10 "malinconia". Un musico, allora? Nemmeno. Non c'è che una nota nella tastiera dell'anima mia: 15 "nostalgia". Son dunque... che cosa? Io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente. 20 Chi sono? Il saltimbanco dell'anima mia.

Questa poesia fa parte della terza raccolta poetica, intitolata Poemi, che esce a Firenze nel 1909,del giovane Aldo Palazzeschi,uno dei più originali e lungimiranti futuristi italiani. E’ un’opera dagli esiti pirandelliani e la carica eversiva ed intensa di essa mostrano come all’inizio del secolo scorso fosse importante l’anelito alla ribellione ,all’innovazione e alla libertà. Le tematiche proposte da Palazzeschi erano già state introdotte da Baudelaire: l’artista, il poeta, il musicista, figure declassate durante il XIX secolo dall’avvento di una società nuova, quella della tecnica e del positivismo. Il poeta è pazzo perché non produce nulla di utile e sensato; l’artista è melanconico (una forma di malattia mentale all’epoca ) poiché la bellezza ideale non è più raggiungibile in epoca moderna, l’epoca della rottura, della frammentazione e della perdita. Infine il musicista può solo allinearsi al fallimento creativo dei suoi due “colleghi” osservando nostalgicamente la gloria del passato. L’antichità ha perso la sua aurea, la voce del passato è inascoltabile, per Palazzeschi va dimenticata. L’unica soluzione ?Essere saltimbanco! Non per il fatto di accettare, autocompiacendosi della sua marginalità, la nuova condizione dell’arte, ma per rivivere, reinterpretare pirandellianamente, come si diceva all’inizio, quel ruolo folle del poeta ora anche attore. Ovviamente si tratta di una recita amara, comica e allo stesso tempo drammatica.

I riferimenti vanno alla filosofia e ai quadri dell’epoca. Il pensiero invisibile del soggetto frammentato, l’immagine visiva dei reietti e delle classi sociali meno abbienti sono lo sfondo in cui Palazzeschi inserisce il suo anelito per il futuro, la sua volontà di cambiamento. Questa poesia andrebbe accostata a quella omonima di Rilke ed a un quadro, sempre omonimo di Picasso da cui la poesia del poeta tedesco prendeva ispirazione. Da sottolineare la ricorrenza anaforica della domanda circa l’esistenza individuale del poeta: chi sono? E di altre particelle linguistiche contenenti sintagmi riferibili alle declinazioni principali e primarie della conoscenza logico-grammaticale del reale ad es. chi, cosa e il verbo essere, chiaramente e direttamente coniugato al presente indicativo, prima persona. Persona, in latino=maschera, il tema della maschera in questa poesia dal ritmo svelto e diretto sancisce la conseguente percezione dello spazio (frammentato, come si può facilmente dedurre da ciò che è stato detto) e del tempo (istantaneo, fulmineo e senza connessione “storica”). Una poesia forte, veloce, ancor oggi intensa ed attuale che pubblico e commento per ricordare cosa si faceva in Italia in epoche anche più decadenti di quella contemporanea, quasi a dire che non dobbiamo abbandonare mai la speranza, che ancora il talento fa parte di casa nostra (quella che vuole la lotta contro l’ingiustizia, sia questa letteraria piuttosto che politica).

Questa poesia è un autoritratto del poeta, nonché manifesto di poetica. L’autoritratto però è in negativo, poiché con fare giocoso, vengono negate o ridotte al minimo, le funzioni intellettuali più nobili, e l’unica identificazione possibile a chi scrive resta quella con il saltimbanco, un estroso, indipendente ed ironico “Saltimbanco dell’anima mia”. Palazzeschi si mostra già precocemente sensibilissimo ai giudizi altrui, ed è intenzionato a volgerli a proprio vantaggio, talvolta persino ad anticiparli. Basti pensare all’auto-presentazione di questa poesia, dove per la prima volta il poeta (o il non poeta), presenta se stesso: “Non scrive che una parola, ben strana, la penna dell’anima mia: follia [ … ] non è che di un colore la tavolozza dell’anima mia: malinconia [ … ] non è che una nota della tastiera dell’anima mia: nostalgia [ … ]”. I termini chiave che Palazzeschi rivendica e fa sfilare in rima (follia, malinconia, nostalgia) sono abbastanza canonici e prevedibili.Ogni grande opera nasce, infatti, da un’anima infelice. Palazzeschi, che nei suoi componimenti si diverte ad autoritrarsi, in questa poesia cita gli ingredienti dell’anima dei poeti, cioè di anime infelici: la follia, la malinconia e la nostalgia, che sono la seconda conseguenza della prima e la terza, conseguenza della seconda; la grande sensibilità dell’anima dei poeti, assieme alla genialità di questi, genera follia, l’esser diversi dagli altri uomini li rende malinconici e dunque nostalgici ricordando la bellezza della vita da bambino. La follia, la malinconia e la nostalgia, sono così appiccicose che diventano parte integrante dei poeti; questi ultimi, che cercano continuamente di approfondire la conoscenza di loro stessi (cioè il voler rispondere alla domanda: “chi sono?”), si immergono nel proprio IO e diventano saltimbanchi della propria anima di fronte ad una platea occupata da ricordi e manie della vita.

Analisi metrica e stilistica

METRO: Versi liberi, con prevalenza di senari, (8 versi su 20) e poi ternari, novenari, endecasillabi. La struttura testuale, tipico di Palazzeschi, è dominata da parallelismi e simili. Qui il procedimento è composto da corrispondenze narrative dominate da botte e risposte. Si sottolinea anche l‘importanza dell‘anafora semantica di vari elementi che esprimono negazione («No, Non,Neanche, Nemmeno, Non»), cui aggiungono risonanza i due «son» e, più sottilmente, il no- di«nota» e «nostalgia». E‘ importantissima la triade «follia» – «malinconia» – «nostalgia. Palazzeschi che parte con il primo termine ,sembra preannunciare l‘apparizione del «saltimbanco» nell‘ultimo verso, creando una sorta di circolarità nella strutturazione del testo. Stilisticamente importanti sono anche le metafore di tipo preposizionale, simbolistico con

l‘epifora riccorrente ―dell‘anima mia» («la penna dell‘anima mia», ecc.). Tipica di Palazzeschi è «la spezzatura ―parlata. Saltano all’occhio anche le rime, che insieme con anafore e epifore cimentano la struttura testuale e creano un eccesso di legamenti fonici che ben configura la forma della filastrocca un po‘ inebetita e insensata. Abbiamo una sintassi semplificata, parallelismi, rime e monotonia ritmica che cospirano allo stesso effetto. Questa breve lirica, apparentemente semplice e priva di artificio cerca di rendere ricco il suo contenuto conservando anche l‘organizzazione poetica del testo.Nel definire il proprio «io» l‘autore rifiuta, l‘una dopo l‘altra, tre ipostasi dell‘artista, la figura di poeta, musicista e pittore, ognuno presente con l‘attributo del proprio mestiere. Per il poeta è una «penna» che «non scrive che una parola», per il pittore «una tavolozza» che «non ha che un colore», per il musicista «una nota», la sola che ha «la sua tastiera». Abbiamo quindi un autoritratto del poeta, in cui la tendenza crepuscolare si mostra nella negazione del ruolo canonico dell’attività artistica, espressa appunto in una sorta di manifesto, dominato da un’estrosa e provocatoria irrisione. L’ironia crepuscolare diventa riso divertito e il tragico caricatura. La lirica, costituita da 21 versi liberi, presenta soltanto due coppie di parole in rima: pittore-colore e lente-gente, caratterizzata da un costante ritmo ternario. Si noti poi che i versi 3, 9, 14, 21 sono endecasillabi. Si ha uno schema a refrain, che conferisce al testo un andamento di filastrocca (sottolineato dal ripetersi del verso “anima mia”), secondo una sequenza interna, che coinvolge anche il disporsi della punteggiatura. Si contano sei interrogative e si ritrovano due sequenze con i rispettivi campi semantici, in cui da un lato abbiamo la definizione della figura del poeta attraverso ciò che non è (versi 1-15), dall’altro la definizione di ciò che realmente egli è (versi 16- 21). Singolare il fatto che Palazzeschi anteponga ai termini crepuscolari malinconia e nostalgia, la parola follia, corposamente grottesca, che prelude ad una fase più futurista. Si scorge così quella tecnica chiamata effetto- reiterazione, da cui deriva una geometrizzazione poetica quasi maniacale. La lirica è soltanto apparentemente progressiva, infatti, essa è in realtà circolare. Un sistema di metafore che lega indissolubilmente il poeta, il pittore e il musico.

Commento L’anima di Palazzeschi non conosce sentimenti policromatici, non è sgargiante e luminosa la sua tavolozza come quella di un pittore, ma al contrario è monocromatica, pervasa da un doloroso senso di angoscia. Essa non conosce le svariate sinfonie possibili, restando così monotona, sospesa fra ciò che è stato e che non è più, la nostalgìa, quel posto dove hanno dimora le fragilità degli uomini, che intendono troppo la realtà, fino a restarne sfiniti, i poeti appunto. L’immagine ufficiale dell’artista si rovescia in quella del giocoliere, che esibisce quel poco che ha, mettendo una lente di ingrandimento davanti al suo cuore per farlo vedere alla gente (versi 17-19). Il motivo del pubblico è ricorrente nei testi di Palazzeschi e riflette sul difficile rapporto tra il poeta e la società. Seguendo la lezione psicanalitica, nella domanda “Chi sono?”, potrebbe essere latente la volontà, da parte del poeta toscano, di mescolare la crisi del poeta con la ricerca della propria identità sessuale,punto nodale in Palazzeschi. Leggiamo:

Sono dunque … Che cosa? Io metto una lente davanti al mio cuore per farlo vedere alla gente.

Resta da capire innanzi tutto cosa sia la lente di cui parla l’autore, se è da intendere come una sorta di filtro, il velo, che separa l’apparenza delle cose dalla loro effettiva sostanza, di cui parla il

filosofo Schopenhauer, che creerebbe un profondo divario di incomunicabilità tra il poeta e il lettore; o piuttosto come uno specchio, per cui nell’intera lirica Palazzeschi non farebbe altro che interrogare se stesso, senza rivolgersi ad alcun interlocutore; oppure, ed è l’ipotesi che più mi convince, giustificabile alla stregua di una vera e propria lente di ingrandimento, usata dal poeta per rivelare ciò che realmente sente o che si pretende che lui senta. Ne deriva una spettacolarizzazione dell’esistenza, non molto lontana dal nostro uso massiccio dei social network, in cui anormale è chi non condivide la propria quotidianità, in cui non si capisce più perché tanto interessante dovrebbe essere la vita di una persona comune, che non si stanca di pubblicare foto di quando mangia, balla, dorme o compie le più svariate attività, che nel mezzo del cammin di nostra vita sono possibili.Non si ha più quel privato senso del pudore, che un tempo rendeva le cose più belle, proprio perché intime. L’impotenza dell’artista, il suo amaro senso di inadeguatezza, l’incapacità di uniformarsi, lasciano il posto alla positività giocosa del saltimbanco, che si può intendere come un abile giocoliere, che con maestria fa il proprio numero, come un prestigiatore, che incanta la platea o come un acrobata, che sospeso nel vuoto, si muove su di un filo. In ciascuna di queste ipotesi si tratta comunque di un gioco di sogno, equilibrio e armonia. E mi pare naturale sottolineare quanto vicine siano poesia e illusione, in una metafora, che, come una bolla di sapone, alleggerirà in tutto il Novecento. Palazzeschi si diletta a fare dello spettacolo, probabilmente, perché non solo è convinto che non sia più tempo di fare della poesia seria, ma anche perché sa di non esserne più capace; lui così irriverente, beffardo ed esuberante, a cui non si può non attribuire un’indubbia originalità. Palazzeschi non ha alcun riserbo, non gli disturba demitizzare la classe a cui appartiene, anche a costo di passare per un semplice saltimbanco, e quel che più colpisce, non si vergogna di palesarsi come un ciarlatano della sua stessa anima....


Similar Free PDFs