2. Il passero solitario (analisi e commento) PDF

Title 2. Il passero solitario (analisi e commento)
Course Letteratura italiana contemporanea
Institution Università degli Studi di Catania
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Il passero solitario

Introduzione Il Passero solitario fu composto probabilmente a partire dal 1831. La sua struttura metrica è quella della canzone libera in endecasillabi e settenari alternati, tipica dei canti successivi al silenzio poetico dell'autore (1822-1828). In questo componimento il poeta opera un parallelo tra la sua solitudine ed esclusione esistenziale e quella di un passero, che in primavera canta solitario. Centrale è anche un motivo tipico della produzione leopardiana, ovvero il rimpianto di non godere della gioventù che fugge. Canzone di datazione incerta , è probabilmente ideato verso il 1819, a fianco degli altri Idilli, ma viene completato, con ogni probabilità, solo nell’autunno del 1830, a Firenze, comparendo quindi nell’edizione napoletana dei Canti (1835). In tal senso, il testo è stilisticamente e contenutisticamente affine alla stagione dei “grandi idilli”.

Parafrasi 1.Dalla cima dell’antica torre, 2-3. passerotto solitario, continui a cantare rivolto verso la campagna, finchè non termina la giornata; 4. e si diffonde il suono attraverso questa vallata. 5-6. Intorno, nell’aria brilla la primavera ed è nel pieno rigoglio nei campi, 7. a tal punto che ad ammirarla il cuore si commuove. 8. Senti greggi belare, mandrie di buoi muggire; 9. gli altri uccelli felici, tutti insieme a gara 10. fanno mille giri nel cielo libero, 11. festeggiando anch’essi il periodo migliore della loro vita: 12. tu, invece, pensieroso in disparte osservi tutto ciò che ti circonda; 13. non ti curi dei compagni, dei voli, 14. di manifestare allegria, eviti i divertimenti; 15. canti e così passi 16. l’epoca migliore dell’anno e della tua vita. 17. Ahimè, quanto è simile 18-22. al mio il tuo modo di vivere! Io non cerco, non so come sia possibile, il divertimento e il piacere, dolci compagni della giovane età, né te, amore, compagno della giovinezza, rimpianto amaro dei giorni dell’età matura; 23. anzi quasi scappo lontano da loro; 24. quasi solitario ed estraneo 25. al luogo in cui io sono nato, 26. passo la giovinezza, l’epoca più bella della mia vita. 27-28. Si è soliti festeggiare al nostro paese questo giorno che ormai lascia il posto alla sera. 29. Senti attraverso il cielo sereno un suono di campana, 30. senti spesso uno sparo di armi da fuoco a salve,

31. che rimbomba lontano di casa in casa. 32-33. La gioventù del luogo, tutta vestita a festa, 34. lascia le case e si sparge per le strade; 35. e guarda ed è guardata, e si rallegra nel cuore. 36-37. Io solitario, uscendo diretto verso questa parte remota della campagna, 38-44. rinvio ad un altro momento ogni piacere e ogni gioco: e intanto il sole, che, dopo un giorno sereno, sparisce nascondendosi dietro monti lontani ferisce (=”mi fere” del v. 41) il mio sguardo che si estende nell’aria soleggiata, (=”guardo / Steso nell’aria aprica” dei vv. 39-40) e sembra avvertirmi che la giovinezza felice se ne sta andando. 45. Tu, uccellino solitario, quando sarai giunto verso la fine 46. della vita che il destino ti darà, 47-49. certamente non ti pentirai del tuo modo di vivere; perché è frutto di una disposizione naturale ogni vostro desiderio. 50-52. A me, invece, se non otterrò di evitare l’odiosa soglia della vecchiaia, 53. quando questi occhi resteranno insensibili ai sentimenti altrui 54-55. e per loro il mondo sarà vuoto, e il giorno futuro sembrerà più noioso e cupo di quello presente, 56. che ne sembrerà di questo desiderio? 57. Che me ne parrà di questi miei anni? Che cosa di me stesso? 58. Ahimè, mi pentirò e spesso 59. mi volgerò indietro, ma senza possibilità di consolazione.

Analisi Nella prima strofa della lirica (vv. 1-16) Leopardi descrive un paesaggio primaverile vago e armonioso. Da questo quadro felice, in cui tutti gli esseri viventi condividono la gioia per il ritorno della primavera, emerge il contrasto con il passero solitario, che "pensoso in disparte il tutto mira" (v. 12; da notare la scelta dell’aggettivo “pensoso”, più adatto a un essere umano, quale il poeta, che non a un volatile) che e non partecipa a questa atmosfera di felicità e rinnovamento, ma canta "finché non more il giorno" (v.3). Leopardi nella descrizione usa termini e immagini tipici della poetica dell'indefinito, come al v. 1 ("torre antica"), dove l'aggettivo crea un effetto di lontananza temporale e spaziale e al vv. 2-3 ("alla campagna… vai"), che crea un senso di indeterminatezza e vastità del paesaggio; la determinazione di luogo verrà ripresa al v. 37, "alla campagna uscendo", dando vita al confronto tra il passero e Leopardi stesso. Dai vv. 17-44 si realizza il parallelo tra la vita solitaria del passero, voluta e cercata per disposizione naturale, e quella del poeta, che, come l'uccello, osserva in disparte la vita, che si rinnova gioiosa in primavera, metafora abbastanza esplicita della giovinezza. Questo innaturale senso di isolamento e il rifiuto di godere delle gioie dell'età giovanile non sono del tutto comprensibili a Leopardi (v. 22: "io non so come”) e diventano il suo personale destino, proprio nel momento in cui il poeta si mette a confronto con gli altri giovani che si preparano a festeggiare l'arrivo della primavera (vv. 32-33: "La gioventù del loco | Lascia le case, e per le vie si spande; | E mira ed è mirata, e in cor s'allegra"). Un elemento visivo esterno, il sole che tramonta e "par che dica | che la beata gioventù vien meno" (vv. 43-44) porta Leopardi ad affrontare la realtà: in futuro rimpiangerà il mancato godimento della giovinezza, perché "Ogni diletto e gioco | indugio in altro tempo" (vv. 38-39). L'ultima strofa (vv.45-59) è incentrata ancora sul confronto tra il passero e l'autore: l'uccello, per sua natura, poiché vive secondo l'istinto, non rimpiangerà il suo modo di vivere (vv. 4649: "Del viver che daranno a te le stelle, | certo del tuo costume | non ti dorrai, che di natura è frutto | ogni vostra vaghezza"), mentre il poeta, se giungerà alla dura età matura, sconsolato si volgerà indietro e si pentirà del passato. La vecchiaia è vista in maniera negativa, rende "il dì presente più noioso e tetro", soffocando ogni passione.

Le fonti letterarie Diverse sono le fonti letterarie che hanno ispirato Leopardi nella composizione del Passero solitario, alcune classiche ed altre più recenti. Maria Corti (nel saggio Passero solitario in Arcadia contenuto nella raccolta di saggi Metodi e fantasmi, Milano, Feltrinelli, 1969) sostiene che una delle possibili fonti tematiche e strutturali di questo componimento sia L'Arcadia di Jacopo Sannazaro, pubblicata nel 1504, e in particolare l'egloga VIII. Porta a sostegno di questa ipotesi i versi 37-42 del poema quattrocentesco: Questa vita mortale al dì somigliasi, il qual, poi che si vede giunto al termine, pien di scorno all'occaso rinvermigliasi. Così, quando vecchiezza avvien che termine i mal spesi anni che sì ratti volano,

vergogna e duol convien c'al cor si germine. Corti si sofferma innanzitutto su "l'occaso" che "provoca la similitudine tra il giorno e la vita mortale", e sui versi 41-44 del Passero solitario, in cui si riscontra la stessa similitudine: "il Sol…cadendo si dilegua, e par che dica che la beata gioventù vien meno". Poi, mette in luce una seconda corrispondenza tra il verso 40 ("quando vecchiezza avvien che termine" e il versi 50-51 di Leopardi ("se di vecchiezza | la detestata soglia"), e ancora tra v. 41 ("i mal spesi anni che sì ratti volano") e v. 57 ("Che di quest'anni miei?") e infine tra la "vergogna e duol" sugli anni della giovinezza spesi male del verso 42 del componimento sannazzariano e gli ultimi due versi di Leopardi (vv. 58-59): "Ahi, pentirommi, e spesso, | Ma sconsolato, volgerommi indietro".

Commento Anche se, nell’edizione dei Canti del 1835, è collocato prima dell’Infinito, come prologo agli idilli, si hanno molte ragioni per credere che questo componimento sia stato scritto nel 1829, nella stagione dei cosiddetti “grandi idilli”, anche se abbiamo un appunto del 1819, in cui “passero solitario” si trova in elenco di possibili argomenti di idilli. La collocazione incipitaria è dovuta al fatto che la poesia presenta un tema tipico delle opere giovanili: il contrasto tra il reale e ciò che si desidera. Tuttavia, la forma metrica e stilistica è quella degli idilli pisano-recanatesi dl 1828-30. Tutta la poesia Il passero solitario è costruita su una similitudine tra il comportamento del passero e quello del poeta: come il passero trascorre solitario la primavera, spandendo il suo canto per la campagna, cosi Leopardi trascorre, solo, incompreso e sentendosi estraneo nel suo luogo natale, la giovinezza. Ma il passero non avrà rimpianti, perché ha vissuto secondo natura, mentre il poeta sente che, se giungerà alla vecchiaia, rimpiangerà le gioie di cui non ha goduto. Anche la struttura della poesia è simmetrica: la prima strofa è dedicata al passero e alle sue abitudini di vita, la seconda al poeta, la cui condizione è assimilabile a quella del passero, mentre la terza svolge il confronto, opponendo la vecchiaia di entrambi: infatti, se per l’uccellino la vecchiaia è solo la parte finale della vita che il destino gli ha concesso, per il poeta, invece, è una “detestata soglia”, fonte di pentimenti e rimpianti. Si tratta di una lirica che nasce dalle più profonde contraddizioni (pessimismo vs gioia di vivere, vecchiaia vs giovinezza, dolore e rifiuto della vita vs amore per l’esistenza, folla vs solitudine / (“ tutta vestita a festa/ la gioventù del loco” al v. 32 e, di contro, “Io solitario” al v. 36). Il tema principale, che è quello della lacerazione tra la gioia di vivere e l’angoscia generata dalla riflessione sulla realtà, si articola principalmente proprio attraverso il contrasto tra la vecchiaia , vissuta come “detestata soglia” (v. 51) ed il rimpianto della giovinezza, considerata “il tempo migliore” (v. 11) e come tale associata alla primavera ( “dell’anno e di tua vita il più bel fiore”, v. 16). Al rimpianto si aggiunge la nostalgia del tempo perduto, di una vita straordinariamente ricca di emozioni lasciate, non vissute e quindi rimpiante: “ Ogni diletto e gioco/Indugio in altro tempo” (vv. 38-39). Leopardi, in questo suo efficace autoritratto giovanile, non attribuisce la sua infelicità alla natura o alla società, ma alla sua insicurezza e al suo senso di impotenza che gli impedivano

di rapportarsi con gli altri e di partecipare alle gioie della vita. La giovinezza non è vista attraverso il filtro del ricordo, come in altri idilli, ma rivissuta (si noti l’uso dell’indicativo presente) come se fosse ancora attuale. Anche in questo componimento sono molte le immagini “vaghe e indefinite”tanto care a Leopardi, perché permettono di evocare vastità e lontananze che stimolano l’immaginazione: i complementi di luogo indeterminati “alla campagna” e “per lo seren”, la “torre antica” (“l’antico produce l’idea di un tempo indeterminato dove l’anima si perde” leggiamo nello Zibaldone), il passero “solitario”, la campagna “rimota”.

Figure Retoriche  Allitterazioni della “c”: “campagna / cantando” (vv. 2-3); “certo, costume” (v. 45) della “l”: “della / alla / valle, li, esulta”; “augelli / lo libero ciel, mille” (vv. 9-10); “lontan di villa in villa” (v. 31); “solingo augellin” (v. 45); della “r”: “belar, muggire, armenti” (v. 8); “romito e strano” (v. 24); “mira, mirata, cor” (v. 35) “tonar, ferree” (v. 30); della “g”: “greggi, muggire” (v. 8); “german di giovinezza” (v. 20) della “s”: “pensoso in disparte / schivi gli spassi / e così trapassi” (vv. 12-15); “sereno, suon, squilla” (v. 29); della “v”: “vostra vaghezza / vecchiezza”(vv. 49-50); della “m”: “pentirommi / ma volgerommi” (vv. 58-59); della “a” ricorrente in tutta la poesia: “campagna / cantando vai… erra l’armonia questa valle….mira ed è mirata e in cor s’allegra….rimota parte alla campagna…aria aprica…parrà di tal voglia”, ecc;  Anafora “che parria di tal voglia? / “che di questi anni miei? “che di me stesso?” (vv. 56-57);  Onomatopea “rimbomba” (v. 31);  Chiasmi “brilla nell’aria e per li campi esulta” (v. 6); “odi greggi belar, muggire armenti” (v. 8);  Metafore “more il giorno” (v. 3); “di tua vita il più bel fiore” (v. 16); “a sera / del viver” (vv. 45-46); “di vecchiezza / la detestata soglia” (vv. 50-51);  Metonimia “la gioventù del loco” (v. 33) (= i giovani);  Anastrofi “dell’anno e di tua vita il più bel fiore” (v. 16); “del viver mio la primavera” (v. 26); “di natura è frutto” (v. 48); “di vecchiezza / la detestata soglia” (vv. 50-51);  Anafore “quasi fuggo lontano / quasi romito e strano” (vv. 23-24); “odi per lo sereno…/ odi spesso un tonar” (vv. 29-30);  Apostrofi “passero solitario” (v. 2); “e te, german di giovinezza, amore” (v. 20); “solingo augellin” (v. 45);  Enjambements “alla campagna / cantando vai” (vv. 1-2); “primavera dintorno / brilla nell’aria” (vv. 5-6); “a gara insieme / per lo libero ciel fan mille giri” (vv. 9-10); “trapassi / dell’anno e di tua vita il più bel fiore” (vv. 15-16); “somiglia / al tuo costume il mio” (vv. 17-18); “in questa / rimota parte” (vv. 36-37); “ogni diletto e gioco / indugio” (vv. 38-39); “il guardo / steso” (vv. 39-40); “di natura è frutto / ogni vostra vaghezza” (vv. 48-49); “di vecchiezza / la detestata soglia” (vv. 50-51); “soglia / evitar non impetro” (vv. 51-52)...


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