Periodo storico della Belle Epoque PDF

Title Periodo storico della Belle Epoque
Author Assunta Caruso
Course Storia medievale
Institution Università degli Studi di Cagliari
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periodo storico della bella epoque...


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Periodo storico della Belle Epoque

L'espressione “Belle Époque” (l'epoca bella, i bei tempi) nacque in Francia dopo l’inizio della Prima Guerra Mondiale per indicare, in contrapposizione agli orrori della guerra e alle difficoltà esistenziali che essa comportava, la straordinaria stagione di progresso e di prosperità vissuta dagli Europei dal 1870 al 1914. Essa nasce, in effetti, in parte da una realtà storica e in parte da un sentimento di nostalgia. Il periodo che prese il nome di “Belle Époque” fu uno tra quelli contrassegnati da un’intensa espansione economica, da una fioritura di scoperte e da un miglioramento della qualità della vita, destinati ad investire la società del tempo e a produrre grandi cambiamenti. In questa descrizione c'è un fondo di verità e una parte di nostalgia. La realtà era in effetti stata abbellita anche per non risentire troppo dei traumi postbellici. Ma, senza dubbio, questo periodo è ricordato come un passato dorato che fu ridotto in frantumi dallo scoppio della prima guerra mondiale. Migliora la qualità della vita: Nel periodo della Belle Époque la borghesia celebrava i risultati raggiunti in pochi decenni di egemonia con esposizioni universali, in cui si esibivano le ultime strabilianti meraviglie della tecnica; con conferenze di esploratori, missionari, ufficiali, che raccontavano le grandezze e le miserie di mondi lontani, il cui contrasto con l'Occidente inorgogliva gli ascoltatori e li confermava nella loro certezza di appartenere a un mondo superiore, che nulla mai avrebbe potuto incrinare. Le guerre, se c'erano, erano lontane: in Cina, in Africa e sulle pendici dell'Himalaya. Tra le potenze europee ogni accordo sembrava possibile, pur di conservare un benessere

tanto

evidente.

Affrontare la vita con questo spirito significava caratterizzarlo in modo spensierato e positivo. Gli abitanti delle città avevano scoperto il piacere di uscire, anche e soprattutto dopo cena, di recarsi a chiacchierare nei caffè e assistere a spettacoli teatrali. Le vie e le strade cittadine erano piene di colori: manifesti pubblicitari, vetrine con merci di ogni tipo, eleganti magazzini. Questa mentalità e

questo modo di affrontare la vita aveva condizionato anche i settori produttivi. In tutta Europa si erano sviluppate una serie di correnti artistiche giunte a teorizzare che ogni produzione umana poteva divenire un'espressione artistica. Ogni oggetto e ogni luogo diveniva un'elegante decorazione, un motivo floreale, una linea curva e arabesca. Quando iniziò il nuovo secolo, Parigi volle celebrarlo con un'incredibile mostra nella quale venivano esposte tutte le innovazioni più recenti: l'esposizione universale. Per assistere a questa gigantesca fiera, nel 1900 persone da tutto il mondo sbarcavano in Francia per prendervi parte. La gente ne visitava ogni parte e ne ammirava tutti gli aspetti: scale mobili dette "Tapis roulant" e tram elettrici. In questa occasione si assaggiavano le innumerevoli varietà di tè importato dall'India. Nel corso dell’Ottocento l’Europa era andata stabilizzandosi con la creazione di grandi stati nazionali. L’industrializzazione si era diffusa, nuove scoperte scientifiche consentivano di essere applicate anche alle attività quotidiane rendendo più facile il lavoro e più comoda la vita domestico-familiare. Diversi sovrani europei avevano goduto della fortunata circostanza di poter vivere e regnare a lungo, consentendo ai loro popoli una stabilità e una prosperità accresciuta dalle conquiste coloniali, che potenziavano la ricchezza degli stati e incrementavano i commerci, favorendo lo sviluppo della borghesia che si affermava per le sue capacità di creare nuovi mercati, di moltiplicare il capitale e di farlo circolare più facilmente con la creazione di moderni istituti bancari. Anche se non tutti i paesi in Europa vivevano al meglio questa lunga parentesi di prosperità, tuttavia la maggior parte degli stati avevano attinto un livello esistenziale più accettabile anche per gli strati sociali solitamente meno favoriti, che cominciavano a prender coscienza dei loro diritti e a inserirsi più attivamente nel mondo del lavoro. L’esempio più significativo di questa realtà era, in Europa, l’Inghilterra che, durante il regno della regina Vittoria, visse un lungo periodo di prosperità. Ma il paese che interpretò lo spirito autentico della

Belle

Époque

fu

senza

dubbio

la

Francia.

Come detto in premessa la Belle Époque in effetti era tale solo per chi se la poteva permettere. Il progresso aveva infatti un prezzo: il benessere di alcuni si basava sul disagio di moltissimi altri;

anzitutto dei popoli colonizzati, secondariamente del proletariato operaio e contadino. Quest'ultimo tuttavia, soprattutto quello operaio, durante la Belle Époque cominciò a godere di qualche vantaggio, non solo grazie alle proprie durissime lotte, ma grazie anche alla logica stessa dell'economia del mercato. In base a questa logica infatti se si vuole guadagnare di più bisogna produrre e vendere di più. Ma per aumentare le vendite è necessario che masse sempre più estese abbiano sempre più denaro per comprare. Gli imprenditori, quindi, man mano che la produzione scendeva, accettavano di concedere aumenti dei salari, facendo salire il reddito pro capite nei paesi sviluppati. Beni di consumo come abiti, calzature, mobili, utensili domestici, che prima erano prodotti artigianalmente e venduti da piccoli commercianti al dettaglio cominciarono a essere offerti da una rete commerciale sempre più ampia. Si moltiplicarono i grandi magazzini, furono incrementate le vendite a domicilio e per corrispondenza, furono trovate nuove forme per il pagamento rateale, che indebitava le famiglie, ma nel contempo rendeva accessibili ai meno abbienti una quantità prima impensabile di prodotti costosi. In appoggio a questa massiccia strategia di vendita nasceva la pubblicità, che cominciava ormai a riempire i muri delle città e le pagine dei giornali.

Giovanni Verga: L’artista più rappresentativo del Verismo fu Giovanni Verga. Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri. Trascorre i primi anni in Sicilia, scrivendo assai presto tre romanzi storici, che risultano però poco significativi e alquanto influenzati dallo scrittore francese Alessandro Dumas. A 18 anni si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, ma presto l'abbandona per dedicarsi completamente alla letteratura. Fra il 1865 e il 1871 vive a Firenze, in quegli anni capitale d'Italia, dove ebbe i primi contatti letterari e dove pubblicò con successo due romanzi: Una peccatrice e Storia d'una capinera. Il Verga mira qui a trasferire nei protagonisti dei romanzi i suoi stessi stati d'animo e sentimenti. Le avventure, benché non vissute ma immaginate, vengono descritte con lo scopo di criticare la falsità e l'immoralità della società borghese e

aristocratica (specie quella elevata) contemporanea allo stesso scrittore. Dal 1872 al 1883 Giovanni Verga visse a Milano, dove fu in stretto contatto con gli ambienti letterari che facevano allora di Milano la città più viva d'Italia. A Milano Verga stringe amicizia con Luigi Capuana, che è il teorico del

Verismo

italiano.

Il Verga a Milano continua a comporre romanzi in cui ancora polemizza con la vita e il costume della media e alta borghesia: amori travagliati, impossibili, melodrammatici, che spesso si concludono con la disperazione, la morte per malattia, il suicidio, la pazzia. E' nel 1874 che, con la pubblicazione di Nedda, avviene il salto qualitativo. La novella è diversa per argomento e per stile. Il racconto è significativo perché il Verga polemizza non più con le contraddizioni interne alla vita borghese, ma con quelle che questa vita produce esternamente, nelle classi più umili. Non gli interessa

più

l'alta

società

milanese

e

fiorentina,

ma

la

Sicilia

dei

poveri.

Nel 1880 il Verga compone una raccolta di sette novelle che intitola Vita dei campi; nel 1883 pubblica Novelle rusticane e progetta un ciclo di cinque romanzi, I vinti, di cui però scrive solo i primi due: I Malavoglia nel 1881 e Mastro don Gesualdo nel 1888, che sono i suoi capolavori, riconosciuti a livello europeo. Tutte queste opere hanno come sfondo la Sicilia intorno a Catania, e come protagonisti uomini e donne delle classi subalterne: contadini, pastori, pescatori, artigiani, braccianti.

Dura

è

la

critica

nei

confronti

dell'aristocrazia

nobiliare.

In questi romanzi, che pur possono sembrare molto pessimisti, vi sono degli aspetti positivi: - il rifiuto di ogni paternalismo bonario nei riguardi degli oppressi, i quali hanno bisogno di giustizia

e

non

soltanto

di

comprensione;

- la scoperta dell'umanità e dignità dei ceti marginali, i quali cercano di affermare, per quanto sia loro

possibile,

valori

come

l'amore,

l'onestà,

l'onore,

la

fedeltà;

- l'analisi del risvolto negativo del progresso scientifico e industriale tanto esaltato dalla borghesia. Nella letteratura italiana il Verga rappresenta un'anomalia. E' troppo "borghese" per piacere alla sinistra, ma lo è troppo poco per piacere alla borghesia. Egli critica aspramente la vita borghese ma non dà speranze al proletariato. Critica altrettanto duramente l'aristocrazia, ma considera i contadini

e

i

braccianti

dei

"vinti"

per

natura,

segnati

inesorabilmente

dal

destino.

Di fatto il Verga proviene socialmente da un ambiente aristocratico benestante e soprattutto egli si è formato intellettualmente negli ambienti borghesi medio-alti di Firenze e di Milano. Solo quando questi ambienti gli sono venuti a noia, egli ha deciso di ritornare a Catania, cominciando ad interessarsi

delle

condizioni

miserevoli

dei

meridionali.

Verga è stato uno dei pochi grandi romanzieri in Italia a comprendere il tradimento della borghesia post-unitaria, ma, nello stesso tempo, egli è stato anche uno dei pochi romanzieri che, nonostante una tale consapevolezza politica e sociale, non ha saputo intravedere nell'emergente movimento socialista una risposta alle contraddizioni del Sud. Ma il suo merito maggiore non sta solo nell'aver evidenziato la miseria del Sud come "prodotto" dell'opulenza del Nord, ma sta anche nell'aver creato un modo nuovo di "fare letteratura", cioè nell'aver elaborato uno stile popolare, più diretto e immediato. Agli inizi del 1900, dopo aver capito che le conquiste risorgimentali per l'unità d'Italia erano state strumentalizzate dalla borghesia per affermare il proprio dominio a livello nazionale; che la borghesia non era disposta a ridistribuire le terre dei latifondisti ai contadini e che il nuovo Stato unitario era diventato lo strumento nelle mani della borghesia al nord e dei latifondisti al sud, strettamente alleati il pessimismo del Verga diventa così cupo ch'egli praticamente smette di scrivere. Dal 1893 sino al 1922, anno della morte, egli si ritira a Catania, dove vive in un silenzio pressoché totale, amareggiato dall'incomprensione che circondava la sua opera (e che continuerà per tutto il ventennio fascista). L'ultimo romanzo, Dal tuo al mio, del 1905, attesta questa sua involuzione politica: esso infatti descrive il voltafaccia di un sindacalista operaio che, il giorno in cui sposa la figlia del padrone, si rende conto di essere passato dall'altra parte della "barricata", e lo dimostra difendendo con le armi la miniera di zolfo che i solfatari minacciavano di far saltare.

Belle Epoque, analisi storica Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del Novecento si respirava in Europa un clima di pace e ottimismo. Caratteristiche di questo tempo, poi definito Belle époque (letteralmente “epoca bella”), erano la fiducia nella scienza e i considerevoli progressi tecnologici, che facevano pensare a un futuro ricco di benessere. D’altra parte, però, l’impennata dell’industria aveva prodotto forti squilibri sociali nelle aree più progredite del continente, e molti abitanti vivevano in condizioni economiche disagiate. Inoltre la politica coloniale dei maggiori stati europei, detta imperialismo, finalizzata al ricavo di materie prime per l’industria e all’estensione di potere, aveva generato una netta disuguaglianza tra l’Europa e il resto del mondo. Per questo la Belle époque fu un periodo di forti contraddizioni. Apparentemente positivo, in realtà nascondeva tensioni destinate a scoppiare. I progressi della Belle époque: Negli anni della Belle époque si compirono eclatanti progressi nel campo

scientifico-tecnologico.

Le case borghesi furono dotate per la prima volta di acqua corrente e servizi igienici, mentre nei palazzi più lussuosi videro la luce i primi ascensori. Per le strade delle città comparvero lampioni elettrici; le comunicazioni si fecero più agevoli grazie al telefono e a nuovi mezzi di trasporto come l’automobile e la metropolitana. I fratelli americani Orville e Wilbur Wright realizzarono nel 1903 un apparecchio in grado di volare per qualche centinaio di metri, destinato a progredire nei veri

e

propri aeroplani.

In quegli stessi anni lo scienziato tedesco Wilhelm Konrad von Röntgen scoprì i raggi X, che, grazie anche agli studi dei coniugi Curie e di Ernest Rutherford, portarono a sviluppi impensabili in campo medico.

Belle Epoque, periodo storico La Belle Epoque è il periodo storico che più di tutti è caratterizzato dall’armonia, dal punto di vista sociale, culturale, economico e politico. Questo periodo inizia alla fine dell’Ottocento e si conclude

una trentina di anni dopo con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. E’ un periodo caratterizzato da importanti riforme, scoperte, innovazioni, cambiamenti sia in campo socio - politico - economico che

in

campo

artistico



letterario

-

scientifico.

Parigi volle celebrare l’inizio del XX secolo con l’Esposizione Universale del 1900, una gigantesca fiera che accoglieva meraviglie tecnologiche create dalla Rivoluzione Industriale e tutti i prodotti esotici che un commercio di dimensioni mondiali era in grado di far affluire dai più remoti angoli della Terra. Per un anno Parigi accolse un’enorme massa di persone provenienti da tutti i paesi del mondo facendo sfoggio dei suoi larghi boulevard, della Tour Eiffel, meraviglia della tecnica, dell’atmosfera affascinante di Montmartre con tutti i suoi artisti, dei locali notturni in cui imperversava il Can Can, del maestoso teatro dell’Opéra che offriva opere liriche e operette per tutti i gusti. E’ per questo che la capitale francese fu anche la capitale della Belle Epoque, con tutta la variegata gamma delle sue espressioni, dai fenomeni di costume sociale a quelli dell’espressione artistica. Altre capitali europee, quali Londra, Vienna, Budapest, Berlino, si imposero invece come centri

pilota

delle

moderne

società

industriali.

Nella Belle Epoque la tecnologia liberò tutte le sue potenzialità esercitando una straordinaria forza di attrazione culturale e psicologica. All’interno delle grandi città si determinò un sostanziale miglioramento della vita materiale, garantito da una serie di servizi nuovi. L’energia elettrica, il sistema fognario, le strade asfaltate, i centri di prevenzione sanitaria, le scuole per l’infanzia e elementari, i trasporti pubblici sono stati introdotti durante questo periodo e nel giro di pochi anni rivoluzionarono radicalmente la vita delle persone. Nel 1895 la scoperta fatta da Guglielmo Marconi sulla radio-telegrafia portò in breve alla costruzione della Prima Radio cui seguirà un regolare servizio pubblico e un efficiente servizio sulle navi. Sul finire del XIX secolo, in Francia, nasce anche il cinematografo dei fratelli Lumière. Intanto due costruttori di biciclette, i fratelli Wright, davano forma al sogno di Icaro: si poteva volare! I nuovi mezzi e le conoscenze tecniche spingono i nuovi esploratori nelle regioni del globo che fino a quel momento sono rimaste sconosciute. Dopo i tentativi di controllo e di repressione della libertà di stampa messi in atto alla

fine dell’Ottocento, il nuovo secolo si apre con un periodo di sviluppo economico, sociale e di grande fermento culturale che trova il suo punto di forza nel campo editoriale e giornalistico. La spinta a sapere, informarsi, a conoscere faceva sì che al mattino alle 8.00 le edizioni fossero già esaurite. I pittori che si erano svincolati dalle commissioni dei signori e dall’arte sacra nascevano poveri

e

rimanevano

poveri,

ma

lasciavano

un’arte

fruibile

e

comprensibile.

La Belle Epoque fu un periodo caratterizzato da grandi scoperte tecnologiche

VERISMO 1)Caratteri generali: Movimento letterario sorto in Italia nell'ultimo trentennio del XIX secolo. Il termine "verismo" viene impiegato per indicare la narrativa orientata verso il modello del naturalismo francese (Zola, Flaubert, ecc.), benché il riferimento, come affermava Luigi Capuana, fosse più al metodo e alle tecniche utilizzate che non al contenuto. Infatti i Naturalisti francesi si occupano soprattutto di operai e industrie, mentre il Verismo, considerata la realtà agricola dell’Italia meridionale, di contadini, di pescatori, minatori. 2) La visione del mondo: si vuole rappresentare il mondo in modo realistico, cioè la realtà va descritta così com’è, senza cambiarla, addirittura va descritta con rigore scientifico. La visione è prettamente

pessimistica, la realtà è dominata da rapporti di forza e l’Unità d’Italia (1861) non ha modificato le cose (i poveri sono sempre poveri schiacciati dai ricchi). 3) Tecniche narrative: innanzitutto l’IMPERSONALITA’, cioè il narratore deve essere esterno e narrare i fatti in modo distaccato, limitarsi alla loro osservazione e descrizione, senza commenti. Ad esempio, viene utilizzato il discorso diretto o il discorso indiretto libero, in cui vengono riportati pensieri e parole senza virgolette. 4) Temi e autori principali: il tema principale è la rappresentazione della realtà, specialmente quella dei contadini (ma anche di minatori, pescatori, ecc.), nelle loro esistenze semplici e drammatiche, piene di problemi. La descrizione deve essere realistica, per far comprendere come funziona la società. Oltre a Verga, altri autori del Verismo sono Luigi Capuana, teorico del movimento e Federico De Roberto, autore dell’opera ‘I viceré’. GIOVANNI VERGA 1)La vita: Ricordarsi soprattutto che è siciliano (nasce a Catania nel 1840 da una famiglia di nobili origini, ha

come insegnante il poeta e patriota Antonino Abate) e che per la sua formazione sarà decisivo il periodo trascorso a Milano (incontra numerosi letterati del tempo). Muore nel 1922. 2) Le tecniche narrative: centrale è l’impersonalità, il narratore esterno, il discorso indiretto libero e del narratore regredito (cioè Verga era più colto dei protagonisti delle sue opere, ma il narratore si pone asl loro livello. Un esempio è costituito dal fatto che di Rosso Malpelo si dice che avesse i capelli rossi, perché era cattivo. E’ ovvio che Verga non può pensare questo, ma il narratore deve ‘regredire’ al livello dei personaggi delle opere). 3)L’ideologia verghiana: per Verga la vita è dominata da rapporti di forza in cui i potenti sono e saranno sempre tali e così i poveri. Il povero deve accettare questa condizione, accontentandosi de...


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