Comprare per credere la pubblicita in italia dalla belle epoque a oggi PDF

Title Comprare per credere la pubblicita in italia dalla belle epoque a oggi
Author Luciano Iurisci
Course Storia Contemporanea
Institution Università degli Studi di Teramo
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Riassunto libro...


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INTRODUZIONE La pubblicità è ovunque. Il libro ripercorre circa un secolo di storia italiana. L’attenzione è puntata sulla pubblicità in senso stretto, ovvero la comunicazione persuasiva a pagamento orientata a vendere beni e servizi. Analizza i diversi modi in cui la pubblicità ha trasformato ed è stata trasformata dalla società italiana e i rapporto che ha sviluppato con il mondo imprenditoriale. Esamina i rapporti con la propaganda statale, soprattutto in occasione delle due guerre, e con le Public Relations, ovvero le attività di pubblicizzazione, promozione e “vendita” delle imprese, degli enti, delle persone e delle idee. L’approccio che viene utilizzato è imposto dalla natura del fenomeno pubblicitario, sospeso fra economia, società e cultura. In secondo luogo, sul piano geografico e spaziale, il libro inserisce la vicenda pubblicitaria italiana nella più ampia trama dello sviluppo del settore a livello internazionale. Un terzo elemento chiave è l’attenzione alla dimensione sociale della pubblicità. Si tratta di mettere l’Italia al centro di una rete di relazioni globali, anziché partire, come si è sempre fatto, dal modello degli Stati Uniti, che si diffonde poi in tutto il mondo. Quali sono le singolarità del caso italiano alla luce del contesto internazionale? La pubblicità si inserisce da subito in un contesto caratterizzato da un mercato interno ristretto e frammentato che, nonostante la rapida crescita economica del secondo dopoguerra, persiste per quasi tutto il Novecento. Il mondo pubblicitario italiano si presenta come un insieme di studi grafici, concessionarie, uffici pubblicitari aziendali e agenzie full service, che durante il secolo si sono intrecciate con le forme di propaganda e comunicazione del regime fascista e dei grandi partiti politici del secondo dopoguerra. Dagli anni 70, questo processo darà vita a un fenomeno italiano che, insieme alle grandi trasformazioni economiche, politiche e sociali di fine Novecento, culminerà nel Berlusconismo. Il CAP. 1 riguarda la Belle Epoque, età che va dal tardo 800 alla Grande guerra inclusa. Mostra come l’Italia si trovi inserita in un modello europeo caratterizzato da due circuiti separati di pubblicità: uno legato alla carta stampata e l’altro ai manifesti. Il CAP. 2 si concentra sul primo dopoguerra e il Ventennio fascista. Mostra il processo di professionalizzazione del mondo pubblicitario dopo la Prima Guerra Mondiale. Il CAP. 3 esamina la trasformazione delle pubblicità negli anni Cinquanta con l’arrivo delle agenzie angloamericane e l’importante ruolo ricoperto dagli uffici aziendali he si fanno promotori di una nuova comunicazione. Il CAP. 4 ci porta alla crisi economica e sociale dagli anni 70 ai giorni nostri, con la comparsa delle TV private, basate sulla pubblicità e sull’intrattenimento. Il lavoro si conclude con la sovrapposizione fra pubblicità, Public Relations e varie forme di marketing diretto.

BELLE EPOQUE, LUSTRINI E GUERRE Luigi Albertini era direttore del Corriere della Sera. In quanto figura di rilievo in ambito pubblicistico nazionale, riesce a fare del corriere in breve tempo il giornale più prestigioso della penisola. Intercetta la crescente domanda di informazione, cultura e svago del mercato editoriale urbano. Quest’ultimo è alimentato dalla crescita demografica, dall’allargamento dei ceti medi e dalla riduzione dell’analfabetismo. Con Albertini Milano diventa una capitale morale. Il giornale e l’affisso, ovvero il manifesto, sono gli organi fondamentali della réclame (pubblicità) odierna. Il sistema pubblicitario che ruota attorno ai giornali è un triangolo: al vertice c’è l’inserzionista, in un altro il giornale e in mezzo un intermediario. IN origine quest’ultimo da solo compravendita di spazi, poi con il tempo allargherà il suo ambito di azione anche alla fornitura di annunci per l’inserzionista. In Italia l’intermediario si chiama concessionaria o regia. La regia è un’agenzia che compra in blocco degli spazi pubblicitari sui giornali, ottenendo un esclusiva da questi ultimi. Il modello su cui si basa questo processo è l’Havas, dall’omonimo ex banchiere e giornalista francese. Egli nel 1835 fonda la prima agenzia di stampa nel mondo. Havas resta una caso unico nella satira della pubblicità in Francia e nel mondo.

Altra figura importante è Attilio Manzoni: inizialmente faceva il farmacista, poi nel tempo allarga il suo raggio di azione fino ad arrivare alla rappresentanza esclusiva per l’Italia di aziende farmaceutiche straniere. Egli promuove i suoi prodotti investendo nella macchina propagandistica più vecchia del mondo, ovvero i volantini, i piccoli manifesti, i cataloghi e gli annunci sui periodici. Ispirandosi ad Havas decide di unire la sua attività commerciale con quella di compravendita di spazi per le inserzioni. Contemporaneamente individua una nuova fonte di guadagni negli annunci mortuari e nei ringraziamenti. Nel 1895 il Corriere della Sera si affida a un’agenzia straniera, che presto si imporrà come market leader nella gestione degli spazi sui periodici e sui quotidiani, la H&V (Haasenstein & Vogler), creatasi sul modella della Havas. L’imponibile di questa agenzia era il doppio rispetto a quello di Manzoni. Il primo oggetto del contendere tra i tre vertici sono gli spazi, un problema che si fa sempre più evidente, perché tutti vogliono intervenire. Il passaggio alle sei pagine nel 1904 produce un ampliamento della presenza pubblicitaria, ora allargata alla sesta pagina per i piccoli annunci riguardanti domande e offerte di lavoro, e alla quarta e parte della quinta pagina per gli avvisi di grande formato. La seconda questione è il contenuto degli annunci. Emergono due elementi di fondo: 1. l’annuncio è comprodotto, in quanto è il risultato di una negoziazione fra l’inserzionista, l’agenzia e il giornale. L’inserzionista presenta l’intersezione già pronta, la concessionaria lo rielabora, o ne ripropone una, e il giornale influisce sul prodotto finale. 2. crescita quantitativa della presenza pubblicitaria sul giornale. Nasce la cromolitografia. Il vero manifesto commerciale in senso moderno nasce a Parigi all’inizio della Belle Epoque, negli anni 70 dell’800. Lo caratterizzano le dimensioni a grandezza naturale, i supporti, che col tempo si evolvono da poche e grandi tabelle in ferro a leggeri ed eleganti quadri in lamiera, e l’uso sapiente e immaginifico di almeno 3 colori. Il manifesto, che si crea attraverso la riproduzione di un disegno su una pietra calcarea utilizzando una matita grassa, è frutto dell’incontro tra perfezionamento tecnologico, la domanda di pubblicità e la sensibilità e le doti professionali di alcuni artigiani-artisti. Lo sviluppo ferroviario rese possibile il trasferimento di pietre litografiche. Questa nuova forma di produzione si estende presto dai teatri ai cabaret, ai settori commerciali e industriali. Grazie a fattori economici e culturali si diffonde la tecnica xilografica: in primo luogo perché, se ben sfruttato, il manifesto è molto economico. In secondo luogo perché garantisce un impatto territoriale istantaneo perché raggiunge tutto e tutti, in ogni momento della giornata. In terzo luogo da agli imprenditori la sensazione di effettuare un controllo più ravvicinato sui propri investimenti, rispetto alla carta stampata. Tutto si svolge senza intermediari. Le affiches aumentano il circuito collezionistico. La principale controindicazione al loro uso riguarda la loro estrema fragilità, in quanto il manifesto è sottoposto alle intemperie, agli umori dei malintenzionati, alla fretta degli attacchini. Se pure con tempi meno rapidi, il manifesto si diffonde anche in Italia. L’esempio italiano più citato è il cartellone per l’opera Edgar di Puccini, realizzato del 1889 da Hohenstein. In 10 anni questa tecnica si diffonde in tutto il paese. Ciò avviene grazie alla ripresa economica, segna un’impennata dello sviluppo industriale e nella convinzione diffusa che questa forma di comunicazione sia particolarmente efficace in un paese in cui l’analfabetismo ha livelli ancora molto alti. Molto importanti furono le Officine Grafiche Ricordi. A Cappiello si deve il “manifesto-marchio”, basato su una finzione o un simbolo, capace di associarsi, nella mente del consumatore, a un determinato prodotto. Le grandi concessionarie del Nord, come la Manzoni e la H&V scoprono nuove città, come Napoli, e vi aprono delle filiali. Si sviluppa quindi fra la topografia milanese e i grandi magazzini napoletani una collaborazione in cui spiccano 3 elementi che caratterizzano la pubblicità italiana durante la Belle Epoque: - la presenza femminile - la moda

- la “linea italiana”, ovvero una forma rappresentativa incentrata sullo stile che ha come sfondo il teatro e la commedia borghese. In questi anni erano principalmente 3 le imprese presenti in campo pubblicitario: l’azienda farmaceutica Bertelli, la produttrice di liquori Campari e l’alimentare Olio Sasso. Tutte e tre hanno in comune 2 tratti: - la consuetudine internazionale, che le espone ha mercati e pratiche concorrenziali - livello di iscrizione formale, tecnica e generale degli imprenditori che ne sono alla guida Bertelli estrapola dalla sua esperienza americana il principio per cui, in quanto si tratta di una merce come un’altra, la pubblicità debba essere pagata al suo giusto valore perché possa rendere. Campari, dalla sua esperienza in Svizzera, in cui ha completato gli studi commerciali, e in Francia, dove svolge un tirocinio in una grande fabbrica di liquori, porta la crescita nazionale, e poi internazionale della sua azienda ad andare di pari passo con un’attività pubblicitaria a tutto campo. Si basa molto sull’identificativo cromatico (rosso -> bitter -> caldo). Nessuna di loro ha al suo interno un ufficio pubblicità. Nasce la figura del tecnico pubblicitario, che vuole portare in pubblicità l’impulso sistematico delle tecniche di programmazione e controllo della produzione. Sul continente prevalgono due circuiti separati: la carta stampata e la litotipografia (che produce il manifesto). Si creano le agenzie full service, composte da operatori specializzati che si sono trasformati in organizzazioni autonome. Questa organizzazione da direttamene agli inserzionisti un progetto pubblicitario completo. All’interno delle agenzie vi sono varie figure: - l’account, ovvero il capocommessa, responsabile della parte commerciale e amministrativa - il copywriter, l’elaboratore dell’idea-guida e del testo dei messaggi - art department, per la traduzione grafica del progetto - reparti operativi, per la sua realizzazione Il dualismo fra tecnici e artisti attraversa il mondo della propaganda francese e caratterizzerà a lungo la storia della pubblicità italiana. Un dualismo non privo di convergenze: i tecnici sottolineano la necessità di intersezioni nelle quali l’immagine, ormai considerata indispensabile, abbia come fuoco il prodotto preso in modo realistico, tale da richiamare l’attenzione e spingere al suo acquisto. Che conseguenze porta questo conflitto sulla pubblicità nazionale? La diminuzione dei cartelloni pubblicitari. Le campagne pubblicitarie sono gestite dalle 3 grandi banche del paese, ovvero la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e la Banca Italiana di Sconto, che effettuano dei prestiti per la realizzazione di cartellonistiche, annunci di giornale, attirando l’attenzione pubblica. Il Corriere della Sera era incaricato di sostenere il patriottismo in connessione con i politici e i militari, diventando di fatto un ministero parallelo di informazione, propaganda e intelligence. Sotto la sfera di Caporetto le cose cambiano: l’esercito decide di creare un Ufficio P (di propaganda), indirizzato alla massa di soldati. Un contributo non indifferente di uomini e tecniche alla sfera comunicativa viene dall’arrivo delle truppe statunitensi nel 1918 in Italia, che si portarono dietro pubblicitari ed esperti delle public relations. Con la guerra in Libio si intensifica la presenza nelle pubblicità di immagini paternalista e razziste di neri. La Belle Epoque, e lo scontro globale tra le nazioni, che la porta via, consegnano al dopoguerra un apparato pubblicitario piccolo e frammentato rispetto ai paesi industrialmente più avanzati. E’ strutturato secondo solo due criteri, l’affiche e la carta stampata. La guerra non interruppe la discussione tra tecnici e artisti sui modi di fare pubblicità. Si stimola l’interesse per al creazione di uffici interni pubblicitari aziendali.

IL FASCISMO IN VETRINA La fine della prima guerra mondiale sancisce l’inizio di una nuova fase per la storia della pubblicità. La grande guerra porta alla ribalta la potenza economica statunitense, la cui influenza si manifesta nella diffusione di fordismo e taylorismo, e inizia a farsi sentire anche nel mondo pubblicitario. Si sviluppa l’arte del persuadere. E’ presente una compenetrazione tra stampa e pubblicità, che costituisce uno degli elementi di maggior rilievo negli anni tra le due guerre. Questi anni vedono l’affermazione della pubblicità di stampa, che insieme alla pubblicità radiofonica finirà per scavalcare il manifesto già dal dopoguerra. La stampa italiana dimostra una grande capacità di espansione. Sono soprattutto la stampa periodica e le riviste illustrate a subire una crescita esponenziale. L’espansione è però spesso ostacolata dalla fascistizzazione della stampa. Lo sviluppo della pubblicità a stampa gioca un ruolo fondamentale nell’espansione. All’espansione della pubblicità a stampa corrisponde in maniera limitata un allargamento dei consumi privati. Emergono importanti novità nel sistema di distribuzione, inclusa la nascita a fine anni 20 di due catene a prezzo unico: la STANDA (società tutti articoli necessari dell’abbigliamento e dell’arredamento) e la UPIM (unico prezzo imposto Milano). Nel corso degli anni venti assistiamo a un processo di progressiva differenziazione dei consumi, che si riflette nella diversificazione degli annunci pubblicitari. Il numero di uffici di propaganda e stampa creati dalle grandi imprese aumenta. Il quadro pubblicitario degli anni 20 si presenta come un mosaico frammentato e in continua evoluzione, da cui emergono due correnti principali, gli artisti (pionieri dell’arte pubblicitaria) e i tecnici (sostenitori dei metodi scientifici) della pubblicità. Questi due modi di creare pubblicità riusciranno a trovare un modus vivendi e mostreranno una crescente compenetrazione che darà vita ad alcune delle vette pubblicitarie più alte del periodo tra le due guerre. Progressivo affermarsi del metodo scientifico. Cartellonisti Maga: principali dell’epoca. Nel caso dei cartellonisti Maga i manifesti svolgono la funzione di aumentare il prestigio dell’azienda, rivolgendosi a un pubblico che ne condivida i gusti e la posizione sociale. Le campagne stampa si propongono invece di ampliare la clientela attraverso l’adozione delle più recenti tecniche di psicologia di massa. Cartelloni e pubblicità a stampa si distinguono a livello visivo, in quanto i manifesti avevano sgargianti colori ed erano di grande formato, mentre la pubblicità a stampa sono in bianco e nero e di formato minore. Reason why: modo più efficace per educare le masse al consumo. Sarà uno dei cavalli di battaglia delle agenzie statunitensi sbarcate nel continente a fine anni 20, ma viene introdotta in Italia. Schizzi, collage o fotografie del prodotto accompagnano un dettagliato testo pubblicitario. Il modello esplicito a cui aspira la ACME è quello delle agenzie full service americane, che si distinguono per la loro divisione tayloristica del lavoro. Già a partire dagli anni precedenti la prima guerra mondiale, prende sempre più piede la convinzione che le moderne tecniche di persuasione di massa siano in grado di indurre gli individui a fare qualsiasi cosa. SI pensa che ogni metodo possa essere usato per influenzare il comportamento e manipolare le opinioni e i bisogni con relativa facilità. Molti futuristi vedono nella pubblicità il mezzo ideale per sviluppare il loro concetto di arte per masse, che contribuisca a distruggere la retrograda mentalità da ippopotami che confina l’arte nei musei e nelle gallerie. La visione della pubblicità come metodo di persuasione delle masse si concretizza nel grande successo riscosso a livello europeo da un nuovo campo di studi, quello della psicotecnica. Le pratiche psicotecniche vengono introdotte in Italia a cavallo della prima guerra mondiale e troveranno le prime applicazioni a partire dalla metà degli anni 30 con il lancio dell’autarchia. Emilio Grego abbandona la professione di radiologo per reinventarsi pubblicitario. Nel 1919 tiene il primo corso di pubblicità organizzato dalla Camera di Commercio di Milano e nel 1922 fonda un federazione di tecnici pubblicitari, chiamato Sindacato nazionale pubblicità, che ha come organo ufficiale la rivista “la pubblicità”, diretta da Cusmano. Dopo la fondazione del ministero delle Corporazioni del 1926, il sindacato viene rinominato Sindacato nazionale fascista

delle agenzie e case pubblicitarie, e poi inglobato all’interno della Corporazione nazionale della stampa, e poi all’interno del ministero della Cultura popolare. Il mondo pubblicitario di quegli anni era oppresso dalla censura fascista, ma anche da una serie di problemi strutturali e organizzativi. Apre la scuola pubblicitaria della Camera di Commercio di Milano, in cui gli studenti sono incoraggiati a cercare campagne pubblicitarie a tutto tondo, attraverso lo studio di materie quelli design pubblicitario, psicologia applicata e contabilità. Il corso viene interrotto nel 1923. Se è vero che il clima politico pone un freno al processo di professionalizzazione, è anche evidente che spesso le difficoltà incontrate dai pubblicitari sono il risultato di un’arretratezza e frammentazione del mercato pubblicitario italiano. Rivista Excelsior: con toni nazionalistici e futuristici esorta alla rigenerazione della nuova Italia. La rivista è edita quasi interamente da Enrico d’Angelo ed è dedicata interamente all’esaltazione della pubblicità, descritta dall’editore come l’elemento chiave del riscatto morale e economico del paese. Il processo di professionalizzazione non si limita ad espandersi entro i confini nazionali, ma risente dell’influenza dei paesi d’oltralpe. Con la fine del conflitto si moltiplicano i trattati, pamphlet e articoli rivolti all’analisi dei meriti della pubblicità americana. Primo tra tutti è Pio Cavalli, che nel 1919 provoca un acceso dibattito sull’impresa moderna. Nella retorica di Cavalli la pubblicità americana è concepita non solo come forza dominante la vita moderna, ma anche come arma di combattimento. Un impulso determinante per l’American way of life viene dato dallo sbarco di due grandi agenzie americane che arrivano a Milano verso al fine degli anni Venti: la ERWA e la J. Walter Thopson. Pioniera del reason why, delle ricerche di mercato e della psicologia motivazionale è la JWT, che inizia a costruire una rete mondiale di uffici. La compagnia si dedica alla creazione di campagne a portfolio, distribuite alle varie filiali secondo il principio di uniformità dei desideri dei consumatori di tutto il mondo. Negli incontri dei vertici della JWT, l’Italia viene descritta come un mercato dalle grandissime potenzialità ma alquanto arretrato, almeno fino a quando Mussolini ha inaugurato il suo principio di mirare a libri, bambini, sapone. Secondo la ricostruzione del direttore della JWT nel secondo dopoguerra, l’agenzia viene chiusa nel 1931 a causa di un decreto del regime fascista secondo il quale le agenzie straniere non possono più operare in Italia. E’ importate notare che nei suoi pochi anni di attività, JWT non sviluppa mai un vero e proprio ufficio creativo. Le campagne per il mercato italiano vengono perciò ideate in Egitto o in Belgio e poi inviate a Milano. E’ la mancanza di un ufficio creativo e di personale capace di creare campagne specifiche per il mercato italiano a costituire la principale debolezza della filiale milanese. Simile è il destino che avrà la ERWA. La chiave del successo di una campagna sta nell’adattamento dei moderi metodi commerciali pubblicitari al contesto commerciale in cui vengono applicati. A fine anni Venti la pubblicità italiana si concepisce già come categoria professionale a carattere nazionale, aperta alle suggestioni internazionali ma dotata di strumenti critici e know-how proprio. GAR: Gruppo Amici della Razionalizzazione. E’ un gruppo che si ...


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