Per una storia di scuola all\'aperto in italia. Riassunto PDF

Title Per una storia di scuola all\'aperto in italia. Riassunto
Author martina passerini
Course Scienze della formazione primaria
Institution Università di Bologna
Pages 17
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Summary

Riassunto del libro "Per una storia delle scuole all'aperto in Italia", Mirella D'Ascenzo....


Description

CAPITOLO 1 Il rapporto tra educazione e natura è stato centrale nella vita della comunità e nella cura delle nuove generazioni. Diverso è stato però il modo in cui tale nesso è stato trattato nei contesti di apprendimento scolastico e formale. 1700------> Rousseau dedicò pagine importanti al recupero della naturalità dello sviluppo, da realizzarsi dall’aria malsana della città e più propriamente in campagna. Le città sono gli abissi del genere umano. Nell’ambiente naturale si realizza consapevolmente lo sviluppo dei sensi. FREDERIC FRöEBEL------> enfatizzò il ruolo della natura nell’educazione e nella scuola. Poiché Dio si rivela nell’uomo fin dall’infanzia e nella molteplicità dei fenomeni naturali era necessario che l’educazione dovesse condurre alla comprensione di questa unione tra uomo, natura e divino partendo dal primo impulso del bambino, quello dell’azione, dell’attività. L’adulto non deve ostacolare ma facilitare. FRöEBELISMO: la sua diffusione permise la valorizzazione dell’ambiente naturale nelle istituzioni scolastiche e educative. Esempio in Italia ne sono le Agazzi con la realizzazione delle loro scuole materne che predisposero un’attività internazionale di coltivare della terra nel giardino e nell’orto. A livello di scuola elementare nel 1894 i “programmi della scuola elementare” firmati da Baccelli stabilivano che alla scuola rurale fosse annesso un campicello per poter sperimentare norme di agraria. Nel 1899 emanava le “istruzioni e programmi per l’insegnamento delle prime nozioni di agricoltura, del lavoro manuale educativo, dei lavori donneschi, di igiene e della economia domestica” nelle scuole elementari. Tali istituzioni promossero una cultura e una pratica diffusa nelle scuole italiane cui seguì una manualistica scolastica specifica per la preparazione degli insegnanti e la conoscenza diretta delle pratiche di coltivazione dei campi che preparò la strada ad una maggiore sensibilità magistrale verso la coltivazione della terra e della natura. ATTIVISMO PEDAGOGICO: Poneva al centro del dibattito il tema del con testo naturale come ambiente educativo privilegiato e al contempo l'utilizzo didattico dell’ambiente naturale stesso e della vita all'aria aperta, sia come esigenza di alternativa al chiuso della scuola tradizionale sia come prospettiva capace di ottenere maggiore efficacia didattica tramite nuove forme educative. ITALIA------->Fu cruciale il ruolo svolto dall’educatrice inglese Lucy R. Latter.

Nel 1906 Alice Hallegarten (moglie del barone Leopoldo Franchetti) andò a Londra per un viaggio d’istruzione e conobbe la Latter che invitò a Montesca (1907).

-direttrice della “invicta infants School” di Londra. - Illustrava un percorso didattico consistente nell’osservazione e studio del ciclo vitale delle piante a partire dal seme fino a giungere al frutto o il fiore al fine di favorire l'atteggiamento scientifico ma anche le capacità manuali la cooperazione e la cura della natura.

Introdusse il percorso educativo e didattico avviato a Londra. S’introdusse così in maniera sistematica l’osservazione della natura con il disegno libero del vero per tutto il periodo dell’anno tramite la formula dei CALENDARI. CALENDARI: sistema in cui si aggiungevano osservazioni meteorologiche quotidiane, inizialmente con semplici disegni, poi con strumenti più raffinati come il termometro. Si annotavo anche osservazioni sulla direzione del vento, le nuvole, note riferenti ai lavori campestri, raccolti… della stagione.

PER UNA STORIA DELLE SCUOLE ALL’APERTO IN ITALIA Alla fine dell’Ottocento si sviluppano le prime scuole all’aperto. Cioè istituzioni scolastiche particolari, per alunni di scuola elementare, prevalentemente gracili e predisposti alla tubercolosi, collocate in ampi spazi naturali, con un duplice intento: la cura medica dei bambini e la loro istruzione ed educazione. Tale modello aspirava a superare quello della scuola e dell’educazione tradizionale ed autoritaria, che intendeva l’alunno come soggetto passivo, in contesto con spazi e orari rigidi scanditi da una rigida disciplina e dall’obbiettivo di un apprendimento rapido e solido. Voleva invece scenari più naturali ed outdoor, capaci di portare contenuti davvero interessanti, reali, vicino all’esperienza quotidiana dell’alunno. Capitolo Primo: scenari e contesti delle scuole all’aperto Nel Settecento fu soprattutto J.J. Rousseau a dedicare pagine importanti al recupero della naturalità dello sviluppo, da realizzarsi lontano dall’area malsana della città e più propriamente in campagna e all’aerea aperta. Secondo lui nell’ambiente naturale, meglio si realizza consapevolmente “lo sviluppo dei sensi”, gli educatori devono promuovere l’attenzione per i fenomeni naturali. Dopo di lui, anche Pestalozzi, ha parlato di maestra natura. Ma fu soprattutto Frobel ad enfatizzare il ruolo della natura e dell’educazione nella scuola, la quale doveva condurre alla comprensione dell’unione intima tra Dio, uomo e natura. Questa non doveva mai essere ostacolata dall’adulto ma facilitata, a partire dal primo impulso e bisogno umano (l’azione), fino al punto da assecondare un’assoluta libertà di esplorazione della natura, sia nella forma avventurosa, sia nell’organizzazione scolastica (Kindergarden), nella quale si affidava ai bambini la vera e propria coltivazione di un giardino come luogo educativo e didattico. La diffusione del frobelismo permise la valorizzazione dell’ambiente naturale nelle istituzioni educative e scolastiche. Esemplare in Italia è il caso delle sorelle Rosa e Carolina Agazzi, che predisposero un’attività intenzionale di coltivazione della terra nel giardino e nell’orto recuperando e sviluppando le modalità di Frobel. Successivamente, Hallgarten introdusse in modo sistematico nelle scuole create nei suoi possedimenti, l’osservazione della natura con il disegno libero dal vero, tramite la formula del calendario (per cui ogni bambino doveva disegnare un oggetto caratteristico della stagione). Ad esso si aggiungevano sistematiche osservazioni metereologiche quotidiane dapprima, con semplici disegni poi con strumenti più raffinati, ma anche osservazioni sulla direzione del vento, le nuvole. Lo studio delle piante avveniva in maniera sistematica dal seme in poi, così come quello degli animali (rana, baco da seta, i pesci, unitamente alla presenza di un acquario, una gabbia per lumache, insetti e anche l’allevamento delle api). Un oggetto specifico da osservare era scelto per ogni mese, in modo da avviare un’osservazione sistematica ed interdisciplinare. In queste scuole giunse Maria Montessori, la quale sviluppo qui il suo metodo, nella Casa dei bambini prediligeva i lavori agricoli e l’allevamento degli animali. 1.1 : La lotta alla tubercolosi e il decollo delle scuole all’aperto come fenomeno internazionale. La tubercolosi, malattia ampiamente diffusa tanto che risultava la prima causa di morte tra la popolazione compresa tra 15 e 29 anni, colpiva tutti indifferentemente, ma le grandi realtà urbane del secondo Ottocento furono maggiormente interessate a causa di un agglomerato edilizio disordinato e poco curato, con condizioni igieniche spaventose.

In questo contesto, nei boschi di Berlino fu aperta la prima scuola all’aperto – la scuola di Charlottenburg. Gli alunni gracili e soggetti alla tubercolosi erano sottoposti ad una visita medica di ammissione e di dimissione finale. Le attività igieniche erano mirate, unitamente ad una dieta consistente (che sopprimeva le carenze di cibo), ed alla ginnastica di tipo respiratorio specifica, che insieme alle attività di gioco anche sotto i pergolati e gli alberi, offrivano quell’area e la luce necessari per la guarigione. La struttura accoglieva alunni dell’età da 6 a 14 anni, in classi di massimo 20 alunni, le lezioni duravano due o tre ore, alternate da 30 minuti di pausa ciascuna con giochi, attività pratiche ginnastica fuori dalle aule, insieme al giardinaggio e alle osservazioni metereologiche. La scuola di Charlotterburg fu il prototipo di scuola a cui si ispiravano le altre esperienze internazionali nella prima stagione delle scuole all’aperto con caratteristiche largamente comuni: la scelta del luogo distante dalla città e immerso nella natura, un pavimento si sabbia e pini invece dell’asfalto, la coeducazione dei sessi invece della loro separazione. Capitolo Secondo: Genesi e sviluppi in Italia Le scuole all’aperto vennero prima, come misura di prevenzione della tubercolosi, poi furono i risultati ottimi ottenuti che consigliarono di estendere tale beneficio anche ai ragazzi sani, per consolidarne la forza e favorirne lo sviluppo. Uno dei principali sostenitori delle scuole all’aperto in Italia fu Mario Ragazzi (direttore della rivista mensile “Igiene a scuola”), era particolarmente preoccupato per la questione della tubercolosi in Italia, esortando i maestri a collaborare attivamente a questa causa. Secondo lui, la scuola all’aperto era l’anello di congiunzione tra la scuola comune e la colonia scolastica, in grado di approfittare dell’azione salutare della luce, dell’aria e del sole, impartita con metodi e orari adatti alle scarse forze fisiche. Fu determinante per lo sviluppo delle scuole all’aperto in Italia e la loro conoscenza in ambito internazionale. Evidenziò nel congresso internazionale per la protezione dell’infanzia nel 1928 che le esperienze Italiane erano organizzate in modo da far trascorrere agli alunni tutta la giornata all’area aperto. Egli distingueva le scuole all’aperto diurne, dalle colonie scolastiche che pur all’aperto, erano istituzioni che accoglievano gli alunni anche alla notte per periodi più o meno lunghi. Fu Caterina Cecchini a ad individuare con lucidità le ragioni di indole igienica, morale e pedagogica che suggerivano la capillare diffusione delle scuole all’aperto: • Da un lato la lotta alla tubercolosi e alle malattie dell’infanzia, gli studenti si istruiscono senza accorgersene, • Dall’altro le ragioni morali e pedagogiche: il fanciullo è tolto dai pericoli della città per tutta la giornata e messo nelle condizioni di amare la campagna, di apprezzare tutti i benefici di una vita semplice e laboriosa, e coi metodi di insegnamento tali da aprire l’intelletto alle cose. Le scuole all'aperto negli anni del fascismo, tra igiene sociale, pedagogia e propaganda Pur nel quadro di una fascistizzazione delle istituzioni educative per la costruzione del consenso, le scuole all'aperto durante il fascismo promossero l’idea di un'educazione integrale, intesa come estensione di forma istituzionale a tutti i bambini malati e non. I benefici dell'aria aperta erano sempre più evidenti, ben oltre agli aspetti medico igienici: tempi di apprendimento distesi, spazi ampi e curati, utilizzo didattico dello spazio esterno per le

diverse discipline scolastiche e forme di autogestione che favoriscono la cooperazione tra alunni, la gestione della scuola come piccola comunità con incarichi che, sebbene spesso assegnati dagli insegnanti, erano comunque assolti dagli alunni e promuovevano il senso di appartenenza alla comunità medesima e di responsabilità. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, l'Italia si trovò ad affrontare il problema della transizione dal fascismo al nuovo corso repubblicano e democratico. Oltre la continuità istituzionale nella direzione nazionale delle scuole all'aperto, L'Italia si trova ad affrontare il problema della distruzione di tali scuole a seguito della guerra. Infatti, prima della guerra esistevano circa 1000 colonie estive 30 colonie permanenti e 40 scuole all'aperto speciali con 226 classi che avevano oltre 15 sezioni di scuole materne all'aperto, mentre alla fine della guerra, risultavano distrutte, danneggiate o occupate arbitrariamente quasi tutte le colonie estive. In particolare, risultano distrutte le scuole all'aperto di Firenze, Torino, danneggiate quelle di Milano, Roma, Palermo e Bologna. L'opera di ricostruzione era pressoché ovunque e, come dimostrato nel IV Congresso internazionale dell'educazione all'aperto di Roma nel 1949, dalla mostra dell'educazione italiana all'aperto svoltasi a Firenze nel 1949, e dall' inchiesta pubblica nel 1950 nella quale risultano presenti 267 scuole elementari all'aperto. Accanto alla continuità istituzionale dei funzionari addetti alle scuole all'aperto, ed alla questione della ricostruzione di edifici, si può notare anche il problema dell'identità pedagogica e didattica di tali scuole, dopo la fascistizzazione, che le aveva pesantemente coinvolte in funzione eugenetica e profilattica. Nel dopoguerra il dibattito pedagogico scolastico riprese, nel tentativo di estendere le metodologie acquisite nelle scuole all'aperto speciali e non, sorto in precedenza all'interno della scuola elementare italiana, come modello di scuola per tutti con gli scritti di funzionari ma anche maestre maestri. La vita delle scuole all'aperto riprese vigore, ne sorsero altre nuove, ed era sempre il dibattito sul loro significato o sul modello di educazione attiva ad essere proposto. Alla fine degli anni Sessanta tuttavia la popolazione scolastica delle scuole all'aperto cominciò a diminuire, alla luce della sconfitta della tubercolosi, grazie alla scoperta della streptomicina e del miglioramento progressivo delle condizioni di salute degli alunni in seguito al Boom economico, che contribuì alla crisi dell'essenza stessa della scuola all'aperto come scuola speciale. Negli anni 70, con la diffusione del tempo pieno, e la graduale scomparsa delle scuole speciali, le scuole all'aperto esistenti furono trasformate via via in scuole comuni a tempo pieno, con 2 insegnanti responsabili della classe ed il progressivo smantellamento del servizio di medicina scolastica. L'ambiente naturale esterno la scuola, fu in parte sempre utilizzato dagli insegnanti per l'educazione ambientale, in parte sempre più abbandonato come risorsa educativa e didattica intenzionalmente studiata e valorizzata, fino a riproporsi nell'ultimo decennio un nuovo filone di educazione di scuola in natura che cerca, ancora troppo faticosamente, di riconquistare uno spazio e tempo perduto del fare scuola, una scuola più umana, più vera, più distesa nei tempi cioè, la scuola all'aperto per tutti. La scuola all’aperto di Padova Celebrata sempre come l'esperienza pioneristica nella penisola, nei periodici scolastici, la scuola all'aperto di Padova fu avviata nel 1905, proprio nell'anno in cui fu attribuito il premio Nobel a

Robert Koch ricercatore tedesco che aveva nel 1882, scoperto e descritto, il bacillo della tubercolosi. Nella scuola di Padova vigeva la coeducazione dei sessi ed era favorita l'osservazione diretta della natura, attività espressive, il disegno libero e il procedimento induttivo dal noto verso l'ignoto, con attenzione alla concretezza delle cose. L’esperienza padovana fu di fatto il prototipo delle scuole all'aperto in Italia negli anni successivi, da tutti citata come modello pratico sul piano igienico e pedagogico, definito dalla cultura pediatrica dell'epoca come uno dei migliori in Italia. Uno dei principali divulgatori della scuola all'aperto Padovana fu il medico scolastico, Alberto Graziani, che continuò a promuovere ad aggiornare sulle scuole all'aperto in Italia ed in particolar modo su quelle padovane nelle pagine della rivista l'igiene della scuola, in cui indicava le attività svolte al suo interno accanto a quelle di ginnastica canto e Natura igienica, egli si sofferma sulle attività di giardinaggio. Anche le attività didattiche normali erano svolte il più possibile all'aperto con innegabili vantaggi sul piano igienico didattico e del Benessere complessivo. La scuola all'aperto di Genova Ragazzi, fu un personaggio cruciale nella storia delle scuole all'aperto, e riferì nel 1928 al congresso internazionale per la protezione dell'infanzia sulle scuole all'aperto in Italia, soffermandosi su varie realtà, tra cui la particolare di Genova. Proprio nel capoluogo Ligure, nel 1910, il comune aveva organizzato una scuola all'aperto estiva per i bambini dei poveri della città, nello spazio annesso alla scuola elementare di San Gottardo. Si trattava di una struttura semplice composta da 3 tettoie in legno, aperte da ogni lato, per circa 30 alunni ciascuna disponibili dalle 9 alle 16:30 con colazione, pranzo e merenda. A questa prima esperienza ne seguirono altre negli anni successivi, in diverse località della città, ciascuna per almeno 100 alunni e assistiti, durante il periodo estivo. Nel 1913, sempre promosso dall'Associazione per la lotta alla tubercolosi, da Camillo Poli e Mario ragazzi, fu aperta la scuola all'aperto direttamente sulla spiaggia definita la prima del genere in Europa. I locali erano inizialmente costituiti da due padiglioni in legno appoggiati su un Muraglione posto sopra la circonvallazione della città: uno era adibito ad aula, l'altro destinato al refettorio e ricreazione nei giorni di pioggia ma entrambi aperti verso il mare. Gli alunni erano i predisposti alla tubercolosi o gracili, di provenienti dalle famiglie più povere della zona e delle città. I bombardamenti del 1942 distrussero in larga parte questa originale scuola all'aperto e le altre della città furono gravemente danneggiate. La scuola all'aperto di Bergamo Il vero apostolo della scuola all'aperto di Bergamo fu Francesco Fratus. Dopo le prime sperimentazioni di una didattica alternativa, egli si fece promotore di una scuola all'aperto per bambini normali presso il municipio di Bergamo. Egli accusava la scuola tradizionale di utilizzare ancora metodi di martirio dove il corpo era sacrificato e costretto in spazi angusti e funzionali, ad una rigida disciplina per l'educazione intellettuale, ad un modello di scolaro ideale sostanzialmente immobile e disciplinato così sarebbe stato un perfetto adulto inquadrato nella società ma senza anima. Fratus, rivendicava pertanto la necessità di una scuola alternativa per gli alunni provenienti da contesti sociali e familiari più fragili. Di qui, scaturiva la necessità di una scuola diversa, in cui recuperare le migliori idee dei classici del pensiero pedagogico con un sistema educativo rinnovato in cui le esigenze di aria, moto e libertà fossero al centro della progettazione pedagogica. Essa doveva essere in special modo avviata per gli alunni deboli e cagionevoli di salute e gli alunni tardivi ma, egli sosteneva che essa doveva essere il modello di scuola per tutti.

Questo delineava le attività della scuola all'aperto connesse alla vita all'aria aperto e dal corpo in movimento per la specifica educazione fisica, ma anche soprattutto per l'intero apprendimento intellettuale delle materie scolastiche. Egli riprendeva la centralità dell'educazione sensoriali e dell'apprendimento a partire dalla natura stessa e dal territorio esterno, tramite escursioni, esplorazione in forma di gite, osservazione occasionali e mirate. Nel suo ampio racconto, si sofferma sugli aspetti non solo medico igienici, ma anche sulla valenza educativa delle attività svolte all'aperto, in grado di sviluppare un'istruzione più immediata, attraente e stimolante per gli alunni, proprio perché non astratta ma concreta capace quindi, d’intercettare tutti gli insegnanti della scuola attingendo dall’osservazione e studio fatto all'aperto, dal vivo. Oltre alle attività di giardinaggio e coltura della terra, nella scuola all'aperto di Fratus, il rapporto tra educazione, terra e natura era praticato anche nelle frequenti escursioni nel territorio circostante la scuola, tramite vere e proprie passeggiate e gite scolastiche, che offrivano straordinaria occasione per osservazioni sulla terra e sulla natura, nei termini della conversazione collettiva tra insegnanti e alunni. La scuola all'aperto creava lo spazio ideale per esplorare le relazioni umane più serenamente e sovvertire l'ordine costituito dalla scuola tradizionale, frontale, autoritaria e direttiva. Egli coglieva l'importanza di sfruttare l'ambiente naturale esterno per avvicinare gli alunni alla conoscenza della natura e delle scienze. Particolarmente significativo appare il racconto della lezione sull'ortica, pianta che suscitava repulsione negli alunni e nel senso comune, per le sue proprietà pruriginose. Dell'incontro con tale pianta il maestro mostrava invece la sua utilità per gli uomini e gli animali, in una dimensione di educazione ambientale. Inoltre, la conversazione conduc...


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