Storia del giornalismo in Italia PDF

Title Storia del giornalismo in Italia
Course Teoria e tecniche del linguaggio giornalistico
Institution Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM
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STORIA DEL GIORNALISMO IN ITALIA Dalle gazzette a internet Le prime gazzette a stampa risalgono all'inizio del Seicento e le città protagoniste di questo straordinario evento sono per lo più Anversa, Augusta e Strasburgo. Dodici anni dopo arrivano a Amsterdam, Parigi, Vienna e Londra, mentre le prime città italiane ad avere una gazzetta sono Firenze e Genova. Di quella fiorentina del 1636 non c'è traccia sicura, mentre quella genovese del 1639 è documentata. Il termine «gazzetta» deriva dal nome «gazeta», una moneta d'argento che indicava il prezzo di un avviso veneziano del 1563. Come gli avvisi, la maggior parte delle prime gazzette esce senza titolo e contiene alcune notizie dall'estero e un minuto notiziario locale. Le prime gazzette hanno il formato dei libri (15x23), sono manoscritte ed escono ogni 20 giorni (è il tempo che intercorre tra una notizia e l'evento ad essa legato) a 2 o 4 pagine. Le pagine aumenteranno nella seconda metà del Seicento quando si aggiungono i primi abbonati. In tutta Europa l'esercizio di stampa e l'attività giornalistica sono sottoposti al regime di esclusiva, privilegio concesso solo dal principe e per questo chiamate «gazzette privilegiate», e alla censura preventiva. Questo sistema di privilegio comporta sovvenzioni, agevolazioni e il monopolio dell'informazione politica, infatti al gazzettiere, però, non è concessa alcuna libertà politica, anche se non gli viene negata quella di romanzare, purché non nuoccia al principe. Nonostante ciò, nei primi tempi, la figura del giornalista si differenzia poco da quella del funzionario di Corte. Inoltre il mestiere è pieno di rischi, soprattuto nello Stato della Chiesa. Infatti, tutti i detentori del potere in tutta Europa sono preoccupati dall'allargamento del pubblico e dell'ampia diffusione che, grazie ai progressi tecnologici, stanno riscontrando i giornali. Tuttavia, a causa delle diverse condizioni politiche e religiose, ci sono profonde differenze tra la stampa dei paesi più avanzati d'Europa e quella italiana. Da una parte, infatti, il sistema concede alle gazzette una certa stabilità (e.g «La Gazette», nata nel 1631, dalle scarse mille copie arriva a contare dodicimila abbonati), mentre, dall'altra, no. Tra la fine del Seicento e i primi del Settecento anche nella penisola si amplia la rete delle gazzette privilegiate. Tra queste «Il Sincero» di Genova e «I Successi del mondo» di Torino durano circa trent'anni e dimostrano il duplice ruolo che il principe affida alle gazzette: quello di divulgare notizie addomesticate e quello di organizzare il consenso all’amministrazione del potere. Il primo esempio di periodico rivolto ai ceti colti nasce nel 1665 nella Parigi di Luigi XIV, che si avvaleva delle accademie come punti di forza, e s’intitola «Journal des Scavants». È un settimanale basato sui libri che si pubblicano in Francia e all'estero. In Italia la prima esperienza di giornalismo letterario risale al 1668 con il «Giornale dei letterati»., anche se il primo quotidiano in assoluto è quello nato a Lipsia nel 1660, il «Leipziger Zeitung». È però Venezia la città in cui questo genere trova le condizioni per una grande fioritura. Questo perchè la capitale, anche dopo il Concilio di Trento, ha mantenuto l'apertura di mercato con gli apporti stranieri. Due esempi importanti sono il «Giornale dei letterati d’Italia», rivista trimestrale nata nel 1710 e «Novelle Letterarie» del 1740. Questi periodici, rispetto alle gazzette, avevano caratteristica di essere frutto del lavoro di esperti e di essere una raccolta che abbracciava molti rami del sapere. Il primato di Venezia si consolida dopo metà secolo, quando fra i ceti colti riscuoto grande successo: • l’influenza illuministica e, in particolare, l’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert. Il miglior prodotto dell’Illuminismo italiano resta il «Caffè» (1764) di Pietro e Alessandro Verri e di Cesare Beccaria • la lezione del giornalismo morale londinese («Tatler» e »Spectator»), che si rivolge a un pubblico più ampio di quello dei colti, coinvolgendolo in dibattiti culturali attraverso l’uso di dialoghi creati ad hoc dal giornalista. Il primo ad adattare questo modello ai bisogni veneziani è Gaspare Gozzi con la sua «Gazzetta Veneta» (1760): il modello dello «Spectator» viene ripreso solo in parte, perchè è necessario modificare i contenuti , occupandosi di temi tecnico-scientifici ed economici. Verso la fine dell’ancient régime, anche nella penisola si sviluppa l’attività editoriale e giornalistica, sia pure in ritardo rispetto ad altri paesi europei. L’incremento delle testate è dovuto alla nascita di numerosi periodici - circa 81 specializzati, anche se poi hanno breve durata vista la loro scarsa diffusione. Il mestiere dello stampatore è particolarmente redditizio anche se le copie vendute non superano mai le 1.500 (eccezion fatta per la fiorentina «Gazzetta universale» che conta 2.500 copie), mentre ben diversa è la condizione dei giornalisti. Inoltre, a fianco alle gazzette privilegiate, nascono, influenzati dal pensiero illuminista, altri fogli meno condizionati. Sono, successivamente, la stesse notizie delle lotte per l’indipendenza e la libertà a produrre marcati cambiamenti nell’informazione. Nasce il giornalismo politico La Rivoluzione francese e la segnano una tappa fondamentali nella storia della stampa e danno al giornalismo un impulso straordinario. Sia l’articolo XI della Dichiarazione dei diritti dell’uomo (1789) e sia il primo emendamento 1

della costituzione nordamericana riconoscevano all’uomo il diritto alla libertà di pensiero e opinione. Queste idee si iniziano a diffondersi anche in Italia e, in particolare, l’attenzione ai fatti di Francia fa aumentare i lettori. L’atteggiamento della popolazione italiana al riguardo è aperto, anche grazie all’arrivo nelle grandi città, seppur in misura limitata, di periodici stranieri. Si è di fronte ad una fase di relativa tolleranza da parte dei censori, che dura fino allo scoppio della guerra tra francesi e austro-prussiani, fatta eccezione per la repubblica di Venezia e quella di Genova. In questo periodo i caffè sono sorvegliati dalla polizia, anche se questo non scoraggia la circolazione clandestina di libri e giornali di propaganda della Repubblica francese. Le continue stragi in Francia aumentano la propaganda controrivoluzionaria in Italia, anche da parte dello stato della Chiesa, andando quindi contro i principi illuministici. In questo periodo nascono anche i primi periodici femminili. Quando, però, nel 1796 Napoleone Bonaparte entra a Milano nel 1796 cadono le restrizioni sulla stampa e si apre un triennio rivoluzionario, dando vita al giornalismo politico. Le posizioni politiche in Italia si riconducono a tre correnti: una reazionaria (appoggiata da Napoleone), una moderata e una democratica. La capitale della stampa diventa Milano ed il primo foglio libero milanese è il «Giornale degli amici della libertà e dell’uguaglianza» (1796). I buoni propositi di Napoleone (assoluta libertà di espressione e abolizione della censura preventiva) non vengono rispettati poiché i governanti francesi sopprimono i giornali ostili nei loro confronti. Napoleone sostiene i monitori, quello più famoso in Italia è «Monitore italiano» (poi «Monitore Cisalpino»), che da il via ad una serie di monitori in altre città. Pochi sono i periodici di impronta reazionaria che coltivano la nostalgia per l’ancien régime; sono invece più numerosi i fogli che mostrano un’adesione formale al nuovo ordine politico. Strumento di propaganda dei democratici è il settimanale «Gazzetta nazionale genovese» (1797) e destinata a durare negli anni. Il suo principale avversario è «Annali politico-ecclesiastici», dei moderati.! Nel 1799 le forze austro-russe costringono le truppe austro-francesi ad abbandonare l’Italia e tutti i giornali democratici scompaiono; sopravvivono solo le gazzette che non hanno espresso la loro opinione politica. L’anno successivo si apre la seconda fase repubblicana in Italia, ma con un Napoleone dittatore. Durante il regime napoleonico nasce la Seconda Repubblica Cisalpina e i controlli sulla stampa si fanno severi. I fogli che esprimono sentimenti patriottici sono soppressi e una norma sancisce che non si deve recare offesa alla religione di Stato e alla pubblica morale e non diffamare. Nei territori limitrofi alla Francia viene imposto il bilinguismo per i periodici. Nel 1806, quando Napoleone viene incoronato Imperatore dei francesi e Re d’Italia, instituisce l’Ufficio della libertà di Stampa. Le uniche voci di opposizione arrivano dalla Sicilia, dalla Sardegna e da Malta perché controllate dall’Inghilterra. I giornali assomigliano tutti al «Moniteur» (Monitore) ed escono due o tre volte a settimana con 4 pagine, mentre rari sono i quotidiani. La percentuale di diffusione dei periodici è ancora molto bassa (sotto le 1000 copie). Nel 1812 Napoleone provvede al riordinamento della stampa: non più di un foglio di notizie politiche a dipartimento (fatta eccezione per Milano, in cui ne possono uscire anche 8). Questa repressione risveglia il giornalismo letterario che rappresenta una buona alternativa per evadere dalla realtà. In crescita è anche il settore dei periodici specializzati in scienze, agricoltura ed economia; si fortifica il periodico femminile. Durante questi cambiamenti il numero dei lettori è cresciuto e il giornale ha raggiunto pubblici diversi; inoltre, si creano figure più specializzate nel panorama giornalistico come direttore, redattore e collaboratori. L’impresa editoriale comincia a contare sugli introiti pubblicitari e anche il formato dei giornali aumenta di dimensioni. La litografia consente ora di inserire nei giornali illustrazioni migliori. Il giornalismo del Risorgimento Con il Congresso di Vienna (1814/1815) viene inaugurato il periodo della Restaurazione e sancita l’alleanza tra Stato e Chiesa. Tutti gli stati europei sono retti da regimi assoluti e viene instituita un’organizzazione sovranazionale per il mantenimento dell’ordine e della pace. I sentimenti patriottici influenzano il clima europeo e importanti sono i dibattiti tra romantici e classicisti. Il pubblico dei giornali è ora costituito anche da media e piccola borghesia e nei maggiori centri urbani di ogni stato, esce un foglio ufficiale chiamato «Gazzetta» in cui si pubblicano leggi, atti di governo e un notiziario manipolato. Milano è la capitale culturale e giornalistica ufficiale. Viene utilizzato un linguaggio aulico anche se rimane una mentalità provinciale. I periodici di varietà conoscono una fase di relativo successo raccontando di invenzioni, moda, cucina, giardinaggio e mondanità, come «Il Corriere delle Dame»; altri sono dedicati alla vita teatrale e artistica. La novità milanese è il mensile «Biblioteca Italiana» promosso dagli austriaci per conquistare il mondo intellettuale, a cui si contrappone «Il Conciliatore», promosso da giovani romantici e presentato come periodico statistico-letterario. Dopo vari interventi di censura, quest’ultimo decide autonomamente di chiudere i battenti. La situazione cambia con i moti del 1820-1821, in cui cominciano a circolare fogli clandestini che dichiarano guerra ai preti e al papa chiedendo una monarchia costituzionale. Queste insurrezioni provocano repressioni da parte della monarchia, soprattutto a Firenze, Milano, Genova e nel Ducato di Parma. Proprio in queste città 2

nascono le principali riviste. Nel 1831 ripartono le insurrezioni, ma falliscono presto portando ad una nuova fase di restrizione della stampa. Giuseppe Mazzini (che scriveva per «Antologia, giornale di scienze, lettere ed arti», di Firenze) va in esilio a Marsiglia e nel 1832 fonda «La Giovane Italia» di cui escono solo 6 numeri, conquistando sempre più adesioni. Continua la contrapposizione tra i fogli di ispirazione liberale e quelli conservatori e reazionari continua. Un’informazione più aperta, che riguarda i fatti di attualità e i problemi della società, si ha nello Stato Sardo e in quello delle Due Sicilie. A Torino Giuseppe Pomba, tipografo e editore, è l’artefice della trasformazione della stampa piemontese perché capisce che il bisogno di informazione è cresciuto tra ceti differenti. Il suo periodico più significativo è «Il Teatro Universale. Raccolta enciclopedica e scenografica» uscito nel 1834 e distribuito in mezza Italia. Anche a Genova escono giornali che trattano di argomenti politici, specialmente il «Corriere Mercantile», e una notevole fioritura di testate si individua a Napoli e in Sicilia. Tra la fine del 1830 e l’inizio del 1840 si sviluppa la pubblicistica rivolta ai ceti popolari: nascono i primi esempi di stampa popolare prodotti da borghesi illuminati o da patrioti. Il più importante è «Letture Popolari», di Torino. Grazie a Pomba viene pubblicato «La Nuova Enciclopedia Popolare». L’impegno civile si sviluppa soprattutto grazie a «Rivista europea» e «Il Politecnico», entrambi di Milano.! Nel 1847 si manifesta un improvviso progresso del giornalismo in tutta Italia grazie alla ripresa della stampa clandestina e a una diffusione della stampa moderna. Questo è anche l’anno delle svolte per la stampa attraverso le norme emanate dal Papa, che semplificano le procedure censorie. Inizia ad essere evidente la differenza tra periodic che appoggiano una specifica politica e quelli che danno più importanza all’intrattenimento. Per quanto riguarda il Regno di Sardegna, Carlo Alberto abolisce la censura ecclesiastica sulla pubblicistica. Mentre nel Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II concede la Costituzione e sostituisce la censura preventiva con quella repressiva. Nel 1848 vengono emanati lo Statuto Albertino e l’editto sulla Stampa che rimarranno in vigore anche dopo l’unità. Quest’ultimo fissa: libertà di manifestazione del pensiero attraverso la stampa; ogni cittadino maggiorenne, le società anonime e i corpi riconosciuti a livello morale possono pubblicare un giornale; il tipografo deve apporre sullo stampato i propri dati e l’anno di stampa (tutti i giornali devono avere un gerente responsabile); il gerente è il responsabile di tutte le infrazioni della legge e anche tutti coloro che firmano gli articoli; le rettifiche provenienti d persone nominate negli articoli devono essere pubblicate subito dopo. I reati principali che possono essere commessi attraverso la stampa sono: la provocazione verso la religione cattolica e gli altri culti ammessi, le offese al Re e alla famiglia Reale, al Parlamento, agli altri Stati, offese al buon costume, diffamazione. Nel biennio 1848-1849 si ha una nuova ondata insurrezionale e la scena giornalistica diventa tumultuosa. Forte la spinta repubblicana, contrapposta a quella sabauda. In questo clima cresce il giornalismo demagogico o libellistico inizia quello satirico. Nasce a Torino «La Gazzetta del Popolo», in distribuzione tutti i giorni; attira il pubblico popolare per il basso prezzo, le notizie tempestive, il linguaggio semplice e la sua politica liberalista avanzata e anticlericale. Sempre a Torino, nasce «L’Armonia della religione con la civiltà», portavoce dei cattolici conservatori. L’organo ufficiale del governo provvisorio è «Il 22 marzo», che poi diventa filo-sabaudo. Tra i fogli repubblicani, il più importante è «L’Italia del Popolo», di Mazzini. Napoli e Palermo hanno il primato per il numero di testate giornalistiche apparse nel biennio rivoluzionario. A Genova e a Torino, dopo la sconfitta del movimento rivoluzionario, rimane comunque un’ampia libertà di stampa e infatti molti patrioti si rifugiano proprio a Torino. In questa città è elevato il numero di periodici, soprattutto di quotidiani, che incidono sull’attualità politica: devono dare molte notizie e svolgere campagne popolari. Si fonda un’agenzia di notizie (per volontà di Cavour) e viene inaugurato nel 1852 il collegamento telegrafico con Parigi, ch permette di ricevere le informazioni in modo rapido: è l’Agenzia Stefani-Telegrafia Privata. La stampa democratica ha più successo a Genova, anche se il quotidiano di Mazzini chiude. Negli altri Stati si ha una politica repressiva riguardo la stampa. Nel 1858 la libertà di stampa esiste soltanto negli stati di Vittorio Emanuele II e in Italia gli analfabeti superano il 75% della popolazione. Nelle maggiori città la stampa avviene con i torchi a vapore, anche se quasi tutti i giornali devono ricorrere alle sovvenzioni di governi e gruppi politici. Il giornalismo italiano nel periodo risorgimentale è praticato soprattutto come un’attività politica; i giornali sono strumenti di aggregazione e di consenso e i migliori hanno un compito formativo, anche se la Chiesa si oppone a questa nuova tendenza della stampa. Dall’Unità alla svolta di fine secolo Tra il 1859 e il 1870 l’Italia si presenta come un paese essenzialmente agricolo, con un’industria debole, con forte analfabetismo e con numerose differenze sociali. ! La lotta politica attuata dal giornalismo è ancora lo strumento principale perché delinea le tendenze dei due maggiori schieramenti: Destra e Sinistra (storica).

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A Milano, 4 quotidiani dominano la scena: La «Gazzetta di Milano» con lettori tradizionalisti, «La Lombardia» scelto come foglio ufficiale, «Il Pungolo» (il più popolare) e «La Perseveranza» della destra liberale. Nel 1865 nasce «Il Sole», il primo quotidiano economico-commerciale- finanziario. Lo spostamento della capitale a Firenze favorisce l’ascesa del gruppo liberalconservatore rappresentato da «La Nazione», del 1859. Contraddittoria è la situazione giornalistica nel meridione, a Napoli e a Palermo vengono pubblicati giornali di spinta garibaldina, mentre a Roma hanno più successo i fogli moderati. I fogli dell’opposizione di sinistra sono i più bersagliati dalla magistratura (esempio: «Il gazzettino rosa», piccolo quotidiano politico-letterario dai toni violenti e allusori, il cui gerente è stato arrestato). Sono bersagliati anche i fogli per le classi popolari, mentre con più cautela si procede nei confronti dei giornali di opposizione cattolica. Ai giornali amici, si danno invece vari tipi di sostegno come la pubblicazione a pagamento degli atti ufficiali del governo e delle pubbliche amministrazioni, oltre alle sovvenzioni e alla fornitura gratuita di corrispondenze di notizie politiche dalla capitale. I giornalisti percepiscono modesti compensi e ciò favorisce la corruzione. Le imprese editrici dei fogli politici affrontano difficoltà economiche e questo clima incoraggia la corruzione. Rare sono le tipografie italiane dotate di macchine moderne per la stampa, i trasporti sono arretrati e quindi l’Italia mantiene una situazione di inferiorità rispetto agli altri Stati Europei. I prezzi dei quotidiani sono elevati, le notizie fresche sono scarse perché l’Agenzia Stefani è ancora di modeste dimensioni e in prima pagina, in basso, c’è la puntata del romanzo di appendice che attira maggiori lettori. Le prime due edicole nascono a Milano nel 1861, grazie all’ambiente favorevole per l’evoluzione della società. Emilio Treves lancia il primo periodico illustrato: «L’illustrazione italiana», mentre Edoardo Sonzogno fonda «Il Secolo» (1866), che segue gli avvenimenti della terza guerra d’indipendenza con molta precisione e patriottismo. Il suo pubblico è la media e piccola borghesia, gli artigiani e gli operai. Il suo successo è dovuto a tre scelte fondamentali: 1. politica democratica 2. potenziamento della cronaca cittadina 3. notevole spazio agli articoli, alle rubriche di attualità e al romanzo a puntate (due al giorno) 4. nominare un amministratore in capo (da cui nasce poi la figura del direttore amministrativo), che organizza il lavoro di produzione e distribuzione. Il telegrafo è ormai diventato il mezzo che distingue i giornali forti da quelli deboli. La pubblicità inizia a far incrementare i guadagni, con gli avvisi commerciali che riguardano soprattutto le specialità farmaceutiche. Il pioniere della pubblicità è Attilio Manzoni, che fonda la prima concessionaria di pubblicità, ma la vera invenzione è quella delle necrologie. ! A Roma, Raffaele Sonzogno fa nascere «La Capitale», nel 1870: primo giornale della sinistra costituzionale. La diffusione dei giornali è comunque diversificata tra Nord e Sud. Nel 1875 a Milano compaiono due quotidiani importanti: «La Ragione» e «La Plebe». Sempre a Milano, nel 1876, nasce «Il Corriere della Sera», diretto da Eugenio Torelli Viollier, che vuole dare alla borghesia milanese la versione di destra...


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