Psicopatologia DEI Disturbi DEL Comportamento Alimentare DELL PDF

Title Psicopatologia DEI Disturbi DEL Comportamento Alimentare DELL
Course Neuropsichiatria infantile
Institution Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
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PSICOPATOLOGIA DEI DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE DELL’ETA’ EVOLUTIVA ANTONELLA GRITTI Capitolo I: i disturbi del comportamento alimentare in età evolutiva Le difficoltà ad alimentarsi in età evolutiva sono frequenti e transitorie ma alcune di esse possono tradursi in un disturbo del comportamento alimentare. I dati epidemiologici sui bambini di età inferiore a 13 anni sono insufficienti e per quanto riguarda la prima infanzia quasi del tutto assenti. È difficile selezionare un campione composto da soli bambini con FED (Feeding and Eating Disorder). L’età evolutiva è il periodo della vita in cui l’essere umano è sottoposto a veloci cambiamenti. A differenza dei disturbi dell’adulto, quelli dell’età evolutiva avvengono in periodo in cui c’è una maturazione progressiva e una “dipendenza dall’ambiente”. Bisogna dunque tener conto che il disagio psichico si manifesta ad ogni età come può e cambia con l’evolversi dello sviluppo. I sintomi della prima infanzia hanno espressione somatica o motoria, dalla seconda infanzia cominciano a rendersi evidenti i sintomi comportamentali come fobie e tratti ossessivi. Si va da sintomi più elementari a forme di disagio più articolate che coinvolgono attività mentali complesse. Pochi disturbi psichici dell’età evolutiva tendono a persistere senza modificarsi, con il tempo accade spesso che si aggiungono nuovi disturbi in comorbilità. Tuttavia bambini e adolescenti possono manifestare transitoriamente sintomi comportamentali che non sono per forza patologici ma derivano da particolari fasi evolutive. Un disturbo psichico insorto in età evolutiva può influenzare negativamente lo sviluppo globale in atto e non sempre l’ambiente famigliare è la causa del disturbo (il peso dei fattori famigliari è importante ma non esclusivo). L’approccio migliore per i disturbi alimentari è quello integrato. Secondo il “CD:0-3R” (classificazione diagnostica della salute mentale e dei disturbi di sviluppo dell’infanzia 0-3 anni) la sezione “disturbi del comportamento alimentare” comprende 6 quadri clinici. Il “DSM-5” nella sezione dei “disturbi della nutrizione e dell’alimentazione” ne comprende 8. Il Great Ormond Street Criteria (GOS) è utile soprattutto nella media infanzia e raccoglie 6 disturbi Capitolo II: la psicoanalisi e i suoi sviluppi Freud concepì la mente come una struttura in cui si distribuiva l’energia pulsionale di tipo libidico e aggressivo e si animavano i conflitti intrapsichici. Verso la fine dell’800 formulò il concetto di processi mentali inconsci e nacque così la psicoanalisi. Freud aveva ridotto la sintomatologia anoressica all’isteria e alla depressione, considerava la condotta anoressica come un sintomo di conversione in cui la mancanza d’appetito è conseguente all’attribuzione di sessualità alle funzioni

alimentari (fissazione erotismo orale). In tempi più recenti l’anoressia è stata descritta come un’anomalia nell’immagine di sé che spinge il soggetto a perseguire un ideale di corpo efebico e asessuato. Presente è anche un’incapacità di riconoscere gli stimoli corporei e percepire e concettualizzare le esperienze. Il problema nasce da una lacuna nel nucleo originario dell’identità e inoltre prevalgono condotte onnipotenti e bisogno tirannico di controllo sull’ambiente. L’ideale dell’io è ipertrofico (corpo magro), irrealistico, fortemente idealizzato e perseguito con ottusa tenacia. La psicoanalisi si è occupata molto poco di bulimia, la considera l’altra faccia dell’anoressia che presenta però più componenti depressive (in comune hanno il senso di vuoto, l’anoressica lo aggira con operazioni mentali dispendiose mentre la bulimica con le abbuffate) Capitolo III: il modello sistemico familiare La terapia della famiglia di matrice sistemica è stata considerata come la terza rivoluzione scientifica della psichiatria, dopo la psicoanalisi e l’introduzione degli psicofarmaci. Vent’anno dopo il modello americano, sorge anche in Italia : scuola di Milano (Palazzoli), modello trigenerazionale (Adolfi), modello provocatorio (Farrelly). Negli anni 70 la Palazzoli interpreta il rifiuto del cibo delle anoressiche come una lotta per il potere, il corpo è usato come mezzo per raggiungere la propria autonomia. Palazzoli ipotizza che il disturbo alimentare sia da ricondurre allo stallo della relazione della coppia genitoriale e di un invischiamento e difficoltà d’individuazione nella famiglia. Capitolo IV: modello cognitivo-comportamentale Il comportamentismo è nato ufficialmente nel 1913 ad opera di Watson (Pavlov, Thorndike, Skinner, Bandura, Ellis, Beck). Analisi funzionale per i disturbi dell’alimentazione. L’identificazione di comportamenti problematici è seguita dall’applicazione di tecniche e strumenti che ne permettono l’estinzione e la sostituzione con comportamenti più funzionali. La regolarizzazione del peso è un obiettivo irrinunciabile per poter lavorare anche su un piano cognitivo. Il nucleo psicopatologico è definito con il termine di “restrizione dietetica cognitiva”. I soggetti con disturbi alimentari si sottopongono a innumerevoli “doverizzazion”i finalizzate a limitare la quantità di cibo ingerito. Da ciò deriva una tabella mentale alimentare rigida, inflessibile ed esclusiva. Da un punto di vista cognitivo sono visibili deficit a carico dell’”attenzione” e della “concentrazione”; mangiare in pubblico può essere particolarmente difficile. Alcuni pazienti inoltre si impegnano in “esercizi fisici” eccessivi e compulsivi. Presente è spesso anche l’”abbuffata” oggettiva e soggettiva. Anche il “purging” si presenta come sintomo nei disturbi dell’alimentazione, eccetto per il beenge eating. Utile è risultata la terapia cognitiva comportamentale, in particolar

modo per la bulimia. Capitolo V: i disturbi dell’età prescolare I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione che si manifestano tra il primo e il quinto anno di vita sono denominati Feeding and Eating Disorders of Infancy and Early Childhood (FD o DCA). Sono considerati fattori di rischio: a) madri con disturbi alimentari o psichiatrici b) situazioni familiari di maltrattamento c) eccessiva preoccupazione della madre per l’alimentazione e il peso del bambino d) patologie pediatriche e neurologiche e) prematurità o alterazioni dello sviluppo Questi fattori sono possibili attivatori di una relazione disfunzionale madre-bambino specialmente per quanto concerne le abitudini alimentari. Per le forme d’esordio prima dei 3 anni faremo riferimento al “CD:0-3R” (classificazione Zero to Three), introdotta nel 1994. È un sistema di classificazione multiassiale, composto da 5 assi. Il capitolo che riguarda l’alimentazione è intitolato “disturbi del comportamento alimentare” e sta sull’asse 1. All’interno del capitolo sono elencati: 1) DISTURBO DELL’ALIMENTAZIONE LEGATO ALLO STATO DI REGOLAZIONE (3 CRITERI) Condizione in cui il bambino è incapace di raggiungere uno “stato di regolazione” adeguato al momento del pasto. C’è una tendenza innata a regolare il proprio stato psico-fisico in base alle diverse condizioni, che viene man mano sempre più appresa dal bambino che inizia a comprende che se regola il suo stato i suoi bisogni vengono soddisfatti meglio. In questo disturbo il bambino non riesce a regolarsi adeguatamente e vive il momento del pasto in uno stato di iperattivazione o con eccessivo torpore o irritabilità. Ciò accade anche perché la madre non riesce a rimodulare il proprio comportamento in base ai cambiamenti del bambino e il disturbo non fa altro che dar vita ad un circolo vizioso. 2) DISTURBO DELL’ALIMENTAZIONE LEGATO ALLA RECIPROCITA’ CAREGIVERBAMBINO (3 CRITERI) Il bambino fallisce nella reciprocità sociale al momento del pasto: ha un ridotto contatto visivo e non risponde alle stimolazioni della madre. La relazione con il argive però è disfunzionale solo al momento del pasto, a differenza dei bambini autistici. 3) AVVERSIONE SENSORIALE PER IL CIBO (4 CRITERI)

I bambini non riesco ad adattarsi ai nuovi cibi introdotti, mostrano disgusto e lo rifiutano. Si produce così un’alimentazione selettiva che può provocare deficit nutrizionali o ritardi nello sviluppo della motricità orale. Il bambino mangia senza difficoltà quando gli vengono offerti cibi preferiti. 4) DISTURBO DELL’ALIMENTAZIONE ASSOCIATO A CONDIZIONI MEDICHE (4 CRIT) Si manifesta in bambini che hanno malattie pediatriche. La situazione tipica è: il bambino inizia a mangiare volentieri ma dopo un po’ mostra angoscia e si rifiuta di alimentarsi. 5) DISTURBO ALIMENTAZIONE LEGATO A INSULTI DEL TRATTO GASTROINTESTINALE (4 CRITERI) È conseguente a “traumatismi orali”, legati a manovre di intubazione, ad applicazioni sonde nasogatriche o gastroscopie particolarmente difficoltose. Viene riconosciuto come fattore traumatico anche il vomito ripetuto. Il lattante mostra ansia appena vede il pasto, si allontana dal cibo e una volta introdotto non lo deglutisce. 6) ANORESSIA INFATILE (6 CRITERI) Il bambino rifiuta di mangiare un’adeguata quantità di cibo per almeno 1 mese, l’esordio avviene prima dei 3 anni, il bambino non comunica la fame e vi è mancanza d’interesse per il cibo, mostra un significativo deficit di crescita, il rifiuto non segue un evento traumatico e non è dovuto a malattie mediche. L’anoressia viene interpretata come la manifestazione clinica di una problematica che si sviluppa all’interno della relazione madre-bambino. Oltre all’anoressia descritta nella classificazione 0-3 sono state individuate altre forme di anoressia ad esordio nella prima e seconda infanzia (descritte Kreisler 1974). LE ANORESSIE PRECOCI sono: 1) Anoressia comune precoce o di opposizione Insorge tra 6 mesi e 2 anni e prevale nelle femmine, il fattore scatenante è lo svezzamento a seguito di cui il bambino rifiuta di alimentarsi ma continua ad assumere liquidi. La relazione madrebambino è di opposizione/costrizione, lui rifiuta di alimentarsi mentre lei lo forza. Il bambino è molto vivace e il disturbo solitamente non evolve verso un grave deperimento. Anoressie Neonatali - Forma banale: rifiuto transitorio del seno o biberon, allontana la testa - Forma grave: rifiuto del cibo tramite l’inerzia, scarsa o nulla suzione

- Altre forme: disfunzione della sfera oro-alimentare, rifiuto ma conservano integro l’appetito Altri due disturbi molto comuni in questa fascia d’età sono la PICA e la RUMINAZIONE. Sono inseriti nel DSM-5 e non hanno un esordio esclusivamente infantile. La pica è caratterizzata dall’ingestione di sostanze non alimentari, mentre la ruminazione da rigurgito e masticazione di quanto rigurgitato. La diagnosi differenziale dei DCA non è sempre facile, non dovrebbero essere diagnosticati se si è in presenza di un disturbo affettivo, dell’adattamento, post-traumatico,da deprivazione/ maltrattamento. La Gritti propone di denominare i disturbi alimentari psicogeni della prima infanzia come “disturbi specifici della relazione alimentare”, volendo sottolineare l’origine relazionale del disturbo. Le componenti che definiscono la relazione alimentare sono: a) materne b) del bambino c) ambientali. Sono a loro volta suddivise in: a) comportamentali, b) affettive c) fantasmatiche. Entrambi i partner della relazione contribuiscono alla disfunzione della relazione alimentare: un esempio tra tutti è l’incontro di una madre ansiosa e un bambino che si alimenta poco. Ci sono madri che interpretano il rifiuto alimentare del figlio come conferma della propria incapacità materna e l’ansia e la rabbia le spingono a mettere in atto comportamenti intrusivi. Anche alcune caratteristiche del bambino possono influire come attivatori d’angoscia materna. Nutrire un figlio comporta un lavoro mentale che coinvolge complicati processi psichici ed è largamente inconscio. La madre rivive in maniera inconsapevole la propria relazione alimentare infantile. Una funzione protettiva rispetto al rischio di sviluppare FED può essere talvolta svolta da alcuni membri della famiglia, come ad esempio la nonna. Capitolo VI: i disturbi dell’età scolare I FED ad esordio (6-10 anni) non hanno ancora una soddisfacente classificazione nosografica. Sono differenti rispetto a quelli che insorgono in adolescenza, sono più comuni nei maschi e non ci sono condotte compensatorie. Gran parte dei disturbi della media infanzia può rientrare nella categoria diagnostica del DSM-5 denominata “Disturbo evitante/ restrittivo” dell’assunzione del cibo. Una maggiore precisione diagnostica si ottiene utilizzando il GOS. La classificazione GOS è stata elaborata in Inghilterra, ha alcuni punti di forza dato che i criteri dell’anoressia sono più consoni alle forme ad esordio preadolescenziale e sono presenti due quadri clinici che non troviamo altrove. I limiti del GOS sono legati all’impostazione descrittiva con scarsa specificazione riguardo la diagnosi differenziale. Tra i disturbi troviamo: 1) DISTURBO EMOZIONALE CON RIFIUTO DEL CIBO È considerato una forma parziale di anoressia, che non si accompagna a distorsione dell’immagine

corporea né a preoccupazione circa il peso e la forma. C’è perdita di peso conseguente al rifiuto del cibo e un disturbo dell’umore che non risponde ai criteri per un disturbo affettivo. 2) ALIMENTAZIONE SELETTIVA L’alimentazione viene ristretta ad un numero limitato di cibi che vengono selezionati in base alla consistenza, al sapore o alla tipologia. L’introduzione del cibo non gradito avviene con angoscia, manca la distorsione dell’immagine corporea e la preoccupazione per il peso e la forma. Non c’è la paura di affogare o vomitare e l’alimentazione selettiva non compromette la crescita. 3) DISFAGIA FUNZIONALE Rifiuto del cibo e paura di inghiottire, vomitare o masticare, che compare spesso dopo un episodio di soffocamento. Non c’è preoccupazione per peso e forma. 4) RIFIUTO PERVASIVO Rifiuto di ogni tipo di cibo e bevanda e vanno incontro ad un decadimento fisico letale. C’è un rifiuto anche di parlare o camminare. Si ritiene che un evento traumatico possa agire da fattore scatenante. 5) ANORESSIA NERVOSA Meno frequente è l’anoressia con esordio inferiore ai 14 anni. Le pazienti pre-puberi hanno un’anamnesi positiva per disturbi comportamentali, tratti narcisistici di personalità e difficoltà di separazione dalla figura materna. Mostrano fin da subito tratti oppositivi, inappetenza e scarso accrescimento. I soggetti che sviluppano invece l’anoressia in adolescenza sono compiacenti e facilmente adattabili all’ambiente. 6) BULIMIA NERVOSA Capitolo VII: i disturbi dell’adolescenza L’anoressia nervosa è una patologia che insorge generalmente nell’adolescenza e nel sesso femminile. È la prima causa di mortalità tra le patologie psichiatriche. I fattori di rischio sono di tipo temperamentale, ambientale e genetica. Anche la bulimia nervosa e il disturbo d’alimentazione incontrollata si situano come esordio nel periodo adolescenziale. Il processo di valutazione dei FED è multidisciplinare. La diagnosi psichiatrica ha l’obiettivo di inquadrare il problema all’interno di una classificazione standard (DSM ateorico), mentre la diagnosi psicopatologica è di tipo strutturale, volta a descrivere il funzionamento mentale disfunzionale in tutte le sue componenti. L’esame psicodiagnostico rappresenta il primo passo ed è un processo attivo e complesso. Ha come obiettivo il chiarimento dei quadri clinici come: la valutazione cognitiva, storia del soggetto,

significato del sintomo, struttura di personalità. Il processo psicodiagnostico deve presentare le prove in successione, per raggiungere un livello maggiore di approfondimento. Più informazioni si avranno e più sarà possibile ridurre le molteplici variabili e ipotisi psicodiagnostiche. Un trattamento efficace non segue esclusivamente la logica della classificazione nosografica. Il processo diagnostico si articola in base all’età del paziente e allo stadio di sviluppo cognitivo (meno 6 anni, tra 6 e 12, più di 12). I test di livello e i test proiettivi si somministrano a tutti i soggetti, mentre le scale di valutazione dopo i 7 anni. L’anamnesi è la raccolta dei dati inerenti alla storia familiare e personale del paziente. Per raccogliere informazioni sui bambini è utile sia l’osservazione di tipo naturalistico, sia le osservazioni durante il gioco o il pasto. In adolescenza è preferibile usare il colloquio libero o direttivo. Importante è anche il lavoro svolto insieme ai genitori che permette di esplorare le dinamiche di coppia e le funzioni genitoriali. Tra i test proiettivi da utilizzare ci sono: il test dell’albero, il disegno della persona, il cat e il tat. Tra i test di livello: WPPSI III, WISC IV, matrici progressive. Per quanto concerne la diagnosi strutturale, è utile inquadrare il sintomo alimentare in un dato profilo di personalità, analizzando i meccanismi di difesa, le spinte pulsionali e l’assetto psichico. I modelli assistenziali per gli adulti e gli adolescenti sono delineati da documenti istituzionali. Il percorso assistenziale delineato dal ministero della salute si articola in 5 livelli d’intervento: 1) medico o pediatra: ruolo di prevenzione, riconoscere sintomi e monitorare condizioni fisiche 2) terapia ambulatoriale specialistica: quella di elezione all’inzio 3) terapia ambulatoriale intensiva o centro diurno: percorso di 12 settimane a frequenza quotidiana di circa 7 ore pomeridiane. Consumo in sede di almeno tre pasti. Due incontri a settimana con psicoterapeuta, dietista e visita medica 4)riabilitazione intensiva residenziale: sia ricovero che day hospital 5) ricovero ordinario: in reparto ospedaliero Per quanto riguarda il lavoro con i bambini, deve includere sempre il coinvolgimento dei genitori. Il primo obiettivo è modificare la percezione che gli adulti hanno della natura del disturbo e delle condizioni psicologiche del figlio. Con i soggetti della prima infanzia è utile usare il lavoro congiunto madre-bambino e l’uso dell’osservazione durante il pasto, anche a domicilio. L’equipe assistenziale in età evolutiva è composta dal neuropsichiatra infantile, psicoterapeuta, pediatra, nutrizionista, personale infermieristico e percorsi psicomotori per l’integrazione dell’immagine corporea. Con i bambini piccoli e della media infanzia l’assenza della madre al ricovero non è una

scelta consigliabile. Un gran numero di psicoterapie sono utilizzate nella cura dei FED. Sono differenti rispetto agli interventi psicoeducativi, sia sul piano tecnico che per gli obiettivi che perseguono. Le psicoterapie sono volte ad operare un cambiamento delle caratteristiche psicologiche individuali e/o familiari, gli interventi psicoeducativi invece sono orientati a informare il paziente o i familiari. La psicoterapia è solo una delle componenti del progetto terapeutico e deve essere condotta con flessibilità e su misura del paziente. La psicoterapia dei FED opera nel contesto di un piano di trattamento multidisciplinare ben integrato. Gli obiettivi a breve/medio termine sono: ripristinare condizioni fisiche e nutrizionali a livelli accettabili e modificare i fattori psicologici personali. Con pazienti di età compresa dai 6 anni fino all’adolescenza si possono usare: - psicoterapie ad orientamento cognitivo comportamentale (CBT) - psicoterapia ad orientamento sistemico- familiare (FT) - psicoterapia basata sulla famiglia (FBT): differente dalle FT perché non considera la disfunzione della relazione familiare come la causa del disturbo ma piuttosto come conseguenza di esso. - psicoterapie ad orientamento psicoanalitico (PDP) - psicoterapia interpersonale (IP) Differenza tra efficacia (produrre effetti voluti) e efficienza (rapporto tra risultato ottenuto e sforzo compiuto), efficacy (sperimentale) e effectivness (clinica). Per quanto riguarda la prescrizione di psicofarmaci nell’infanzia e nell’adolescenza sorgono dei problemi di ordine medico e etico. Un trattamento farmacologico in neuropsichiatria infantile necessita di una buona alleanza terapeutica con paziente e famiglia. I farmaci utilizzati nell’anoressia nervosa sono gli antipsicotici di seconda generazione (blocco recettori D2 dopamina, AN come disturbo del pensiero di tipo delirante). Non è risultata però un differenza significativa tra l’uso degli antipsicotici e il placebo. Per quanto riguarda la bulimia sembrerebbe che il trattamento con antidepressivi, sia triclicici che SSRI, possa produrre una riduzione dei sintomi (abbuffate e condotte eliminazione). Per quanto riguarda la pr...


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