riassunti Roma e il diritto: Percorsi costituzionali, produzione normativa, assetti, memorie e tradizione del pensiero fondante dell\'esperienza giuridica occidentale PDF

Title riassunti Roma e il diritto: Percorsi costituzionali, produzione normativa, assetti, memorie e tradizione del pensiero fondante dell\'esperienza giuridica occidentale
Author Gianluca Pa
Course Storia ed Istituzioni del Diritto Romano
Institution Università del Salento
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Riassunto completamente sostitutivo del libro di testo, utile per velocizzare i tempi di studio....


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STORIA DEL DIRITTO ROMANO STORIA DELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE ROMANO IL ‘REGNUM’ Delle origini di Roma si poteva discutere sino a non troppo decenni addietro sulla base della tradizione che se ne era conservata. E poiché questa tradizione appariva in molti aspetti incerta, su di essa erano venuti manifestandosi molteplici dubbi, che l’avevano di fatto privata di qualunque attendibilità. Oggi, grazie ai progressi dell’archeologia, è possibile discuterne anche alla luce di molti e più oggettivi elementi. La città si sarebbe collocata intorno all’VIII secolo a.C. Essa sarebbe nata da un insediamento coloniale, promosso dalla vicina Albalonga, avvenuto secondo Timeo, nell’814 a.C., secondo Varrone nel 753, secondo Fabio Pittore nel 747 e secondo Cincio Alimento nel 728. La data divenuta di comune riferimento per i Romani è quella varroniana. Questa datazione, ritenuta un tempo assolutamente inattendibile, ha ricevuto di recente importanti elementi di conferma. Da un lato, è stata osservata, grazie al rinvenimento di ceramiche appenniniche risalenti al XIV secolo a.C. dall’altro, la possibilità di retrodatare attorno al 750 la prima pavimentazione in quei luoghi di uno spazio pubblico appare ormai pienamente plausibile a più di un autorevole studioso. La città sarebbe stata subito caratterizzata dalle istituzioni che ne avrebbero segnato la successiva esperienza costituzionale: un capo unico vitalizio, un consiglio di anziani e un’assemblea; nonché dalla bipartizione degli abitanti in una aristocrazia dominante di patrizi e in una classe subordinata di plebei. Al governo di essa si sarebbero succeduti dapprima re latini e sabini e poi invece re etruschi che, entrati in conflitto con l’antico patriziato, sarebbero stati alla fine causa del mutamento di regime che avrebbe visto subentrare al rex il governo di capi eletti anno per anno. Come l’archeologia ha consentito di determinare, può considerarsi certa la presenza di insediamenti abitativi nell’area in cui sorse Roma già nel corso del IXVIII sec. a.C. Si è supposto che la più antica storia di Roma sia stata segnata dal passaggio da un sistema organizzativo (fondato su pagi, aggregati rurali cioè, talora isolati, talora tra loro invece collegati ma privi di un centro) a un sistema , caratterizzato da un processo di aggregazione culminato nella formazione di una . Le ragioni di tale processo potrebbero essere state le più diverse: imitazione di modelli già presenti in area vicina; spinta costituita dalla presenza di una via d’acqua (il Tevere) di particolare importanza per i commerci; scelta di un modello organizzativo socio-politico ritenuto più razionale. Ma il processo sembra essenzialmente definibile come caratterizzato dal progressivo coagularsi di popolazioni di diversa provenienza, organizzate nel corso del VII secolo in . Roma si presenta dunque, a partire almeno dal VII sec. a.C., come un aggregato che tende a configurarsi come . Essa è una comunità (civitas) costituita da gruppi (sottoposti quindi a un ordinamento che ne regola la convivenza politica). come per ogni città-stato anche il territorio di Roma appare caratterizzato in due parti. La prima (urbs) è delimitata da uno spazio di confine, segnato con riti particolari e caratterizzato dalla presenza in esso anche di mura. I Romani chiameranno questo spazio pomerium e lo considereranno sottratto alla possibilità di abitarlo e ararlo. L’ urbs costituisce il luogo destinato a sede della comunità e quindi anche alla difesa di essa, alle attività politiche e di culto pubblico. I confini dell’urbs seguivano le esigenze e venivano conseguentemente allargati ogni volta che se ne ravvisasse l’opportunità. La seconda parte del territorio è costituita da un contado, di indefinita estensione, considerato ager publicus. Esso è destinato ad assicurare alla comunità (attraverso le attività agricole e pastorali che vi si svolgono) i fondamentali mezzi di sussistenza. Gli abitanti di Roma appaiono distinguersi in patricii e plebei. Soltanto i primi sono organizzati in gentes, in aggregazioni cioè caratterizzate da un vincolo di solidarietà che lega tra loro più gruppi familiari. Le gentes hanno divinità, culti e costumi comuni. I patrizi sarebbero stati, secondo la tradizione, i discendenti di coloro che erano stati membri del senato allorché la città era stata fondata, i plebei la molttudo costituita da tutti gli appartenenti alla città che non potessero vantare tale ascendenza. Ma si tratta di un dato che la storiografia moderna respinge. Solo ai patricii è

consentito di sedere in senato, di rivestire cariche pubbliche e sacerdozi, di occupare l’ ager publicus. I plebei non sono privi tuttavia della cittadinanza. Essi hanno piena capacità giuridica di diritto privato e sono ammessi al godimento di cariche anche di diritti pubblici rilevanti, come la partecipazione ai comita e alle attività militari. A essi è consentito inoltre di legarsi ai patricii attraverso lo speciale vincolo di clientela e di conseguire la possibilità di sub-occupare (per concessione del patronus patrizio) l’ager publicus. La clientela comportava in ogni caso un insieme di diritti e doveri reciproci che trovavano fondamento nella fides che ne stava alla base. La tradizione ne ricorda diversi, tra i quali: il reciproco dovere di non accusarsi, il dovere del patronus di istruire, consigliare e assistere il cliens e il corrispettivo dovere del cliente di militare con la gens, di riscattare il patronus prigioniero, di pagare le multae per lui, di contribuire a costituire la dote alle figlie di lui. Dal punto di vista delle attività economiche i patricii si caratterizzavano per essere dediti soprattutto (anche attraverso l’utilizzazione dei pochi schiavi allora già presenti e alla collaborazione dei clientes) all’agricoltura e all’allevamento del bestiame (che costituivano in quell’epoca le fonti primarie della ricchezza) e i plebei invece per essere dediti alle attività di trasformazione dei prodotti e del loro commercio. L’unità organizzativa elementare fu la , espressione con la quale si indicò, probabilmente, un insieme di (di uomini cioè atti alle armi legati a una o più gentes), una appunto. La curia soleva essere convocata in riunioni nel corso delle quali si discutevano i problemi comuni e si compivano cerimonie religioso-sacrali. Costituitasi la civitas, le curiae ne divennero la struttura politico-amministrativa di base. Ciascuna curia finì con l’avere un proprio luogo stabile di riunione (che si denominò esso stesso curia). Le curiae erano 30, ciascuna con propria denominazione e proprio capo (curio). [Tale numero di 30 curiae discendeva dalla adozione di uno schema organizzativo a base ternaria e si coordinava con la tradizione di una popolazione già distinta in tre gruppi (tribus): quelli dei Ramnes (gli antichi seguaci del latino Romolo), dei Tites (gli antichi seguaci del sabino Tito Tazio), dei Luceres]. Da ogni curia venivano levati 100 uomini in modo da assicurare la formazione dell’esercito, all’epoca costituito dalla legione di 3000 uomini. All’età dell’organizzazione curiata appartiene la prima forma di assemblea politica. I cives di condizione idonea a partecipare all’assemblea politica si radunavano, convocati in un apposito luogo delimitato del foro, che da questo loro convenire ( cum-ire) si disse (come comitum si disse l’assemblea medesima). La tradizione attribuisce già a questa più antica assemblea le funzioni costituzionali. I comita curiata avrebbero dunque votato proposte a essi sottoposte, che sarebbero così diventate leges. Di questa tradizione la dottrina contemporanea dubita molto, ritenendo assolutamente improbabile che un’assemblea alla quale partecipavano tutti i membri adulti maschi della comunità potesse svolgere un ruolo costituzionale così rilevante in una società caratterizzata invece da un ordinamento che esaltava appunto le differenze. I comita curiata erano convocati per disposizione del rex; la riunione, preceduta dalla presa degli auspicia (dall’interrogazione cioè della volontà divina compiuta nelle forme di rito), poteva aversi solo se questi risultavano favorevoli ed era presieduta dal rex. Il voto si esprimeva per curiae ed era comunicato dal lictor, che era un messo del curio. Sono considerate distinte le riunioni popolari che le fonti chiamano comita calata. Si tratta di riunioni convocate per assistere a particolari atti rituali e alle quali interveniva, proprio in considerazione della natura di tali atti, il collegio pontificale. Alla primitiva costituzione cittadina appartiene anche il senatus. Di questa istituzione conosciamo tuttavia pochissimo. Quanto alla composizione, la stessa tradizione non offre dati uniformi. Secondo una versione, i senatori sarebbero stati creati in numero di 100 da Romolo, duplicati in seguito alla fusione latino-sabina ed elevati infine a 300 da Tarquinio Prisco; ma, secondo altra versione, alla morte di Romolo i senatori sarebbero stati invece 150. Si è venuta perciò a formare la convinzione che il senato delle origini non fosse in realtà composto da un numero fisso di senatori, ma dal numero, variabile, di coloro che ne avessero i requisiti. Si può considerare sicuro che, a partire almeno dalla monarchia di Tarquinio Prisco (cioè dall’avvento della dominazione etrusca), il numero dei senatori diverrà un numero fisso (300). Probabile è anche che si sia presto distinta la posizione di coloro che erano patres di antica origine da quella di coloro che erano patres

invece di più recente ammissione. Solo ai primi sarebbero state riservate infatti alcune delle più importanti funzioni senatorie (interregnum e auctoritas). Anche riguardo alle competenze del senato delle origini regna molta incertezza. La tradizione gli assegna le stesse funzioni che saranno proprie del senato in età più avanzata e gli riconosce anche la gestione dell’interregnum e l’auctoritas. La prima di esse consisteva nella costituzione di un collegio di 10 senatori, uno tra i quali veniva investito, di 5 giorni in 5 giorni, delle insegne del comando quale interrex; l’interregnum cessava quando l’interrex di turno avesse ritenuto maturo il momento di convocare i comita perché si pronunciassero su un candidato. La seconda consisteva nell’approvazione delle deliberazioni comiziali. L’istituzione che caratterizza la costituzione cittadini più antica è però il rex. La tradizione ce lo presenta come il capo religioso politico e militare della città, assistito nelle sue attività da ausiliari vari, eletto con la partecipazione del popolo e del senato e investito a vita dei suoi poteri. La carica regia è monocratica (cioè formata da una sola persona). La scelta del rex non ne presuppone la appartenenza alla città. Rex può divenire chiunque, anche straniero. Le procedure da osservare per la creato del rex e il conferimento a lui dei pieni poteri sarebbero state, secondo la tradizione: l’apertura dell’interregnum; la convocazione dei comita; la approvazione comiziale del candidato proposto da parte dall’interrex; la inaugurato (solenne consultazione degli dei) del rex eletto; il conferimento infine al medesimo della facoltà di esercitare l’imperium, attraverso una apposita deliberazione dei comita (lex curiata de imperio). Al rex spettano funzioni religiose, politiche e militari. Il rex è innanzitutto sommo sacerdote, interprete della volontà divina, custode della vita religiosa della comunità, che cura con l’ausilio dei collegi sacerdotali dei quali coordina l’attività e talora nomina anche i membri. Il più importante di tali collegi è quello dei pontfices costituito all’origine da 5 membri, presieduti dal pontefice massimo, nominato dal rex. Ai pontefici spetta di preservare le tradizioni religiose e di difendere la pax deorum, le buone relazioni cioè tra la città e le sue divinità, attraverso il controllo dei riti, dei culti e di tutte le attività pubbliche e private che avessero connessione con i sacra . Inoltre il ius (l’insieme delle regole che organizzavano la comunità cittadina e ne disciplinavano la vita) non doveva contrastarsi con il fas (la volontà divina rivelata attraverso i signa leggibili dai suoi interpreti). Notevole importanza rivestiva anche il collegio degli augures (originariamente di 3 membri), sacerdoti depositari della scienza degli auspicia e degli auguria. Trarre gli auspici spettava a chi era investito del supremo potere politico (al rex quindi, e in mancanza di lui ai senatori investiti dell’interregnum). Gli auguri avevano una posizione analoga a quella dei pontefici, si imponevano cioè persino al rex, che non poteva esercitare l’imperium né la facoltà di trarre auspicia, se non dopo l’inaugurato. Ai Feziali (unico collegio particolarmente numeroso: di venti, se non trenta, membri) spettava la cura religiosa degli atti che instauravano relazioni internazionali (in primo luogo, perciò: dichiarazione di guerra e trattati di pace e alleanza). Altri collegi sacerdotali antichissimi furono: -

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I Flamini (così forse denominati da un particolare segno esteriore di riconoscimento, costituito dalla parte terminale del copricapo che indossavano), distinti in maggiori e minori, e il cui compito era di mantenere costantemente aperto il rapporto tra gli uomini e alcune sfere del divino. Tra i maggiori di essi uno speciale rilievo aveva il Dialis cui spettava di prendere i summa auspicia in caso di assenza del rex dalla città; Le Vestali, cui spettava di mantenere sempre viva la fiamma di Vesta (alla quale si riconnetteva la protezione del rex e del populus Romanus); I Salii (così denominati perché ‘saltatori’, danzatori di Marte) ai quali spettava di provvedere alle feste (Marzo e Ottobre) che celebravano i passaggi stagionali dalla pace alla guerra e dalla guerra alla pace (si combatteva infatti solo in estate); I fratres Arvales, cui spettava di assicurare i culti rivolti a proteggere i campi coltivati (arva).

Oltre che sommo sacerdote, il rex è capo politico della città. A lui spettano innanzi tutti i poteri di indirizzo e di organizzazione della vita della comunità, che esercita facendosi approvare le relative proposte o

comunque emanando appositi enunciati. Ma a lui spetta anche di esercitare i poteri di polizia necessari per mantenere ordinata la vita cittadina; può così, ad esempio: ordinare l’arresto e la fustigazione o irrogare multe. A lui spetta la facoltà di esigere le prestazioni personali e monetarie necessarie per assicurare la realizzazione delle opere e delle attività pubbliche. In quanto somma autorità politica, il rex presiede inoltre i processi privati e cura la repressione dei crimina. Anche in queste funzioni politiche il rex è coadiuvato. Le fonti ci danno notizia di un praefectus urbi, che il rex nominava, dovendosi assentare dalla città, perché si potesse rendere giustizia; di duoviri perduellionis e di quaestores parricidii, incaricati di attività connesse alla repressione criminale. Il rex è infine supremo capo militare, i cui poteri esercita in virtù dell’imperium, della facoltà di rivolgere ordini non sottoponibili ad alcun controllo e ai quali i destinatari non possono in alcun modo sottrarsi. Suoi ausiliari in queste funzioni di capo militare sono i comandanti delle singole unità in cui è organizzato l’esercito. È oggetto di discussione se esistessero un magister populi (comandante dell’esercito), designato dal rex, e un suo sottordinato magister equitum (comandante della cavalleria). Roma appare inserita in un contesto di altre comunità politiche con alcune delle quali ha in comune lingua, convinzioni religiose e costumanze varie. Secondo un costume diffuso nell’intero mondo italico, troviamo Roma membro di una lega, che vede associate le popolazioni accomunate dal nomen latnum. Tale lega latna prevede un’assemblea annuale, nella quale convengono i principes (i capi politici, cioè) delle diverse comunità, per celebrare le feriae Latnae, in onore di Giove Laziare. L’appartenenza alla lega non limitava la sovranità degli aderenti, né impediva l’insorgere di conflitti al suo interno. La lega aveva, probabilmente, lo scopo di preservare l’unità di culto tra gli aderenti e di favorire una loro politica tendenzialmente unitaria verso l’esterno. Ciò non esclude che Roma potesse avere rapporti anche con comunità diverse, che essa chiamava hostes (termine che significa ) e con le quali intratteneva talora relazioni commerciali e pacifiche, talaltra relazioni invece di guerra. L’ordinamento come descritto accompagnò i primi decenni di vita della città che ben presto divenne un fiorente centro commerciale. Su di essa si portò cos’ l’attenzione degli Etruschi che riuscirono a condurla nella loro sfera di influenza. Roma si ritrovò governata da re etruschi. La tradizione rappresenta questa vicenda nei termini di una svolta radicale che avrebbe posto le premesse per la fine del regnum. I re etruschi si sarebbero tutti insediati senza il rispetto delle procedure fin allora osservate e avrebbero introdotto un costume estraneo alla tradizione precedente. Essi avrebbero modificato radicalmente l’atteggiamento verso il senato, caratterizzando in senso marcatamente militare il potere del rex e ricercando più che il consenso patrizio i favori della plebe. Alla monarchia etrusca si devono svariati interventi, diretti in parte a caratterizzare in modo nuovo le antiche istituzioni, in parte a introdurne direttamente di nuove. Per quanto riguarda il primo aspetto, ai re etruschi risalgono importanti riforme militari. A Tarquinio Prisco si deve, probabilmente, l’esercito di 3000 fanti, con armatura oplitica (scudo, corazza, lancia e spada, elmo e minori accessori), accessibile, per il suo costo, a chi disponesse di adeguate risorse finanziarie. Dall’adozione di tale equipaggiamento sarebbe venuta quella serie di importanti successi che aprì la strada all’ascesa politica di Roma (gli opliti, schierati gomito a gomito e protetti dalle armature, costituivano una massa d’urto particolarmente efficace sia nella difesa sia nell’offesa). Allo stesso Tarquinio si deve, forse, anche l’introduzione di comandi unificati di fanteria e cavalleria. A Servio Tullio la riforma della leva dell’exercitus, con la creazione dell’ordinamento centuriato. Il rex è ora, in primo luogo e fondamentalmente, il capo militare. Ciò ne fa un organo che governa per forza propria. È ai re etruschi che si deve l’ampliamento del senato. Esso fu allargato ( forse di un terzo, forse addirittura raddoppiato) con l’immissione di patres di evidente fedeltà regia. Allargata fu anche la composizione dei collegi sacerdotali, dei quali si ebbe anche la creazione di nuovi. Con i re etruschi si osserva anche una più indipendente gestione dei poteri amministrativi, di polizia e giudiziari. A Servio sarebbe dovuta anche l’introduzione di una prima embrionale moneta: l’ aes signatum. Per quanto riguarda il secondo aspetto, è a Servio Tullio che si deve la più importante novità costituzionale introdotta dai re etruschi. Roma era ormai, a metà del VI secolo, una realtà politica di assoluta rilevanza. L’urbs si estendeva

per circa 285 ettari, comprendeva ormai Palatino, Campidoglio, Quirinale, Esquilino, Viminale, Celio (mancava ancora, dei tradizionali sette colli, solo l’Aventino) e controllava un territorio complessivo (l’ager Romanus) in circa 800 chilometri quadrati. La sua popolazione non superava probabilmente le 50.000 unità complessive. Il sistema amministrativo delle curiae non appariva più in condizione di assecondare un’equilibrata composizione dell’exercitus. Al sistema delle curiae fu affiancato così da Servio Tullio un nuovo ordinamento amministrativo su base rigorosamente territoriale. L’urbs fu distribuita in quattro distretti. Tali distretti assunsero nome di ciascuna con propria denominazione; esse si sarebbero più avanti distinte in urbane e rustiche. A tale nuovo ordinamento Servio collegò un nuovo sistema di reclutamento dell’exercitus: ciascuna tribù formava il distretto dal quale si effettuava la leva delle centuriae di cui si costituiva la classis e delle ulteriori centuriae costituite invece dai combattenti che non avevano la capacità economica di armarsi come opliti. L’opinione ormai largamente prevalente accoglie il dato tradizionale della fine del regnum per effetto di una sollevazione interna maturava contro Tarquinio il Superbo alla fine del VI secolo, mentre egli si tr...


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