Riassunto Alternanza Formativa Potestio pt PDF

Title Riassunto Alternanza Formativa Potestio pt
Course Filosofia
Institution Università degli Studi di Bergamo
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I. L’ALTERNANZA FORMATIVA COME PRINCIPIO PEDAGOGICO 1. Che cosa significa alternanza formativa come principio pedagogico Innanzitutto, bisogna precisare che l’idea di alternanza formativa (AF) non è considerata solo come una metodologia che si concretizza in singoli percorsi di insegnamento-apprendimento, ma come principio generale della pedagogia. Per affermare ciò bisogna indagare sul significato di questa espressione (AF) e la relazione tra questi due termini. Si può affermare che il significante ‘’alternanza’’ rimanda a una successione alternata di fatti, manifestazioni e fenomeni. Quindi, quali sono le condizioni di possibilità che caratterizzano l’alternanza? L’alternanza consiste in un movimento di crescita o di rallentamento che avviene nel tempo e coinvolge, in una relazione, due o più fenomeni. I due o più fenomeni devono essere ben sparati e ben riconoscibili, anche se legati da una relazione. Ciò che identifica l’alternanza è la modalità del movimento di crescita. Essa prevede una crescita di un parte e il conseguente rallentamento dell’altra che mantiene, lo stesso, un ruolo nella relazione di crescita ed è come se sostenesse l’accelerazione dell’altra parte. Nell’idea di AF è l’aggettivo ‘’formativa’’ a indicare il campo semantico, ossia il processo unitario che identifica il movimento alternato dei due fenomeni in atto. Il movimento deve essere formativo, quindi occorre che consenta lo sviluppo di un individuo attraverso il ricevere e il darsi una forma. Il processo formativo dell’uomo costituisce un nucleo essenziale della riflessione pedagogica. Per Gennari risulta evidente che il processo formativo dell’uomo non può essere solo una crescita biologica o la dimensione di consapevolezza interiore dell’uomo, ma con il processo di sviluppo che porta ogni persona a tentare di mettere in atto le proprie potenzialità. La formazione dell’uomo consiste perciò nel processo unitario e identitario all’interno del quale si alternano due o più fenomeni formativi. I due aspetti che caratterizzano l’AF si identificano nelle dimensioni fondative che costituiscono l’essere umano: esperienza e ragionamento, prassi e teoria, lavoro e studio (aspetti generali dell’uomo, del suo modo di manifestare la propria razionalità entrando in rapporto con la realtà e gli altri). La prima conseguenza di questa impostazione è che il principio dell’AF, essendo costituito dal progredire alternato di esperienze e ragionamento, non può essere un principio astratto, puro e completamente teorico ma ha una sua storia concreta legata a situazioni e accompagnata da determinate emozioni e sentimenti. Aristotele, riflettendo sui rapporti tra anima e corpo, sostiene che il pensiero, l’astrazione teorica, si manifesta come una sorta di immaginazione che non può esistere indipendentemente dal corpo come esclusiva proprietà dell’anima. Non è però sufficiente affermare il legame profondo tra teoria e prassi, etc. e sostenere l’impossibilità di pensare come indipendenti i due elementi della polarità. Il principio dell’AF indica una modalità specifica di relazione tra i due elementi della polarità: la mancanza di ogni tentazione gerarchica. Da un lato, sotto l’interpretazione platonica, si è sottolineato la priorità della teoria, dell’astrazione e della contemplazione come dimensione fondative e caratterizzanti dell’uomo, considerando l’esperienza e il corpo come aspetti secondari e limitanti. Dall’altro lato, soprattutto nelle filosofie del 900, si è tentato un ribaltamento dell’impostazione precedente, volta a valutare il corpo e la prassi come le dimensioni prioritarie. Il principio dell’AF ha la finalità di pensare pratica e teoria, corpo e mente, esperienza e ragione al di fuori di ogni gerarchia e tenta di metterne in evidenza le caratteristiche specifiche all’interno di un processo unitario di formazione dell’uomo. L’AF descrive il movimento della forma umana: da un lato, è la forma umana che procede soggettivamente e si costituisce con un movimento alternato di corpo e ragione, etc., mentre

dall’altro, la stessa forma umana e oggetto del movimento di alternanza, in quanto non può che manifestarsi pienamente attraverso la crescita delle polarità che lo compongono. Se l'essere umano è, al contempo, il soggetto del processo di formazione e l'oggetto che non può che tendere ad assumere la propria forma nel movimento alternato delle endiadi che lo costituiscono, emerge con chiarezza che è opportuno approfondire con attenzioni le distinzioni che appartengono queste due dimensioni polari e autonome che, in base a come vengono interpretate, mostrano una determinata idea di uomo. In questa direzione, anche il prezioso costrutto di comunità di pratica, se applicato in altri contesti di riflessione può portare a ridurre il significato della distinzione tra pratica e teoria come polarità della formazione umana. Questo processo genera sempre nuove circostanze, che promuovono un’ulteriore negoziazione e ulteriori significati. La significatività del nostro coinvolgimento nel mondo è un processo continuo di rinegoziazione. Per Wenger sull’importanza della negoziazione del significato si pone la finalità di sottolineare la dimensione sempre situata dell'apprendimento umano e dei processi di generalizzazione e astrazione. Allo stesso tempo mette in evidenza il rischio di considerare la teoria e l'esperienza come dimensioni sovrapponibili e coincidenti che possono assumere un significato negoziabile. L'idea generale che si vuole presentare è che il principio di alternanza formativa si costituisce sia sulle differenze tra teoria e pratica, sia sulla loro unitarietà all'interno del comune processo formativo. Per questo, non può essere ridotto il valore delle differenze tra le due endiadi per giungere ad analizzare le conseguenze della loro appartenenza a un processo comune. 2. L’alternanza formativa come principio di una pedagogia generale Per affermare che l’AF come principio di una pedagogia generale è opportuno indagare il modo in cui la pedagogia si costituisce come scienza. La pedagogia per differenziarsi dalle altre scienze deve essere in grado di costituirsi come un sapere in grado di predicare, su un oggetto di studio deliberato, un sapere certo e rigoroso attraverso un metodo chiaro e riconoscibile. La pedagogia viene da ‘’pais’’, figlio, figlia, o da ‘’paidos’’, soggetto umano indd crescita, in evoluzione. Si aggiunge il termine’’agogé’’, da ‘’agein’’, dal termine greco ‘’ago’’, condurre, guidare, ma ascendendolo, come in una spirale. Ma questa agogé richiama l’agogica musicale. L’etimo della parola pedagogia evidenzia che il suo oggetto di studio non può essere il fenomeno dell'educazione o della formazione inteso come processo generale, ma sempre gli esseri umani che sono coinvolti nel processo educativo e formativo. Per Bertagna l’oggetto del sapere pedagogico è una relazione tra almeno due soggetti che, in un determinato luogo e tempo, tentano di informare ed informarsi. Di conseguenza, ogni oggetto, ogni relazione formativa assume caratteristiche e dimensioni uniche e irripetibili, che dipendono dalle dinamiche sempre in trasformazione dei due soggetti. Il sapere pedagogico deve essere consapevole della specificità e della singolarità del proprio oggetto di studio e la sua finalità deve essere rivolta ad analizzare i singoli soggetti che costituiscono una determinata relazione mettendo in evidenza le caratteristiche, le potenzialità, le aspirazioni e le dinamiche in atto. La pedagogia indaga epistemologicamente un oggetto che non può essere considerato semplicemente come oggetto di analisi, passivo e ben circoscritto, ossia un fenomeno compiuto che può essere descritto attraverso strumenti approfonditi e sempre più accurati. L’alternanza formativa mostra in atto proprio questi due suoi aspetti strutturali: essere una scienza idiografica che si occupa sempre di almeno due esseri umani in formazione, essere un sapere non descrittivo e volto alla trasformazione di ciò che accade.

La riflessione pedagogica che si fonda sull’alternanza formativa parte dalla consapevolezza che l'analisi dei vissuti individuali non consente ti ricavare previsioni che permettono di determinare l'orizzonte di attesa di una persona, ossia ciò che desidera e come agirà in futuro. Koselleck mette in evidenza attraverso l'utilizzo delle categorie formali di ‘’spazio di esperienza’’ e di ‘’orizzonti di aspettativa’’ il significato decisivo dell’analisi delle esperienze personali in pedagogia e il fatto che questa analisi in sé non è sufficiente. Proprio per questa ragione la riflessione sull'educazione non può che partire dal singolo fenomeno concreto e dallo spazio di esperienza delle persone che ne sono coinvolte. La pedagogia è una riflessione sull'educazione, formazione istruzione intesa come azioni intenzionali dell'uomo verso di sé e gli altri. Una pedagogia che si basa sul principio dell'alternanza formativa si costituisce a partire da una determinata visione dell'uomo o antropologia. 3. La visione dell’uomo come condizione per l’alternanza formativa L’AF deve interrogare in profondità l’idea di uomo che è soggetto e oggetto di attività educativa. Ma quale idea di uomo c’è alla base del principio di alternanza formativa? Nella nostra epoca non è possibile parlare di un’unica visione dell’uomo, ma esistono diverse antropologie che tentano di descrivere l’essere umano enfatizzando alcuni dei suoi aspetti. È necessario, per poter parlare di AF, considerare l’essere umano come un ente unico, irripetibile e formato da diversi aspetti che si sviluppano in lui. L’AF, se rappresenta un autentico processo di sviluppo e miglioramento, si deve basare su una determinata idea dell’uomo che emerge dalla tradizione classico-cristiana e da una sua specifica modalità di pensare la relazione tra teoria e pratica, ragione e corpo. Aristotele utilizza il termine ‘’anima’’ (psychè), inteso come il principio degli esseri viventi, per tentare di descrivere l’essenza complessa degli esseri viventi. Ciò che risulta significativo è che le tre tipologie di anima che possono appartenere ai viventi si trovano unite e in relazione proprio nell’uomo. L’aspetto vegetativo e l’aspetto sensitivo dell’anima producono nella riflessione aristotelica un’idea complessa di uomo, capace di mettere in evidenza la relazione e la connessione tra le parti che formano l’uomo. Aristotele afferma che nessun animale possiede la complessità dell’uomo e che la dimensione del sentire non può essere identificata con la ragione che consente di giudicare il vero e il falso, il bello e brutto, etc. L’aspetto razionale dell’anima non si aggiunge come qualcosa di separato ma, al contrario, nell’uomo questi tre aspetti sono da sempre mescolati e co-implicati. Solo partendo da un’antropologia di questo tipo, ossia non riduzionistica e che evita di concepire l’uomo unicamente con uno degli aspetti che lo compongono, è possibile ipotizzare l’idea di AF come il movimento di progressione e di sviluppo dell’uomo. Nella tradizione cristiana, Tommaso ha sottolineato che lo specifico dell’uomo risiede proprio nell’integralità delle sue potenzialità empiriche e teoretiche, che non possono essere ridotte le une alle altre. L’orizzonte trascendente si manifesta pienamente se l’uomo è in grado di manifestare l’armonia esistente tra il corpo e la ragione, tra l’esperienza e la comprensione attraverso il proprio agire. Per Tommaso l’uomo è padrone delle proprie azioni solo quando questi atti vengono esercitati in coscienza e autocoscienza attraverso il logos e l’intenzionalità e producono azioni libere e responsabili. La libertà e l’intenzionalità si devono sempre manifestare in atti osservabili e concreti. Gran parte della produzione scientifica e filosofica moderna evidenzia che l’uomo ha un’essenza incarnata e incorporata nella materia ce lo costituisce. Di conseguenza, l’uomo appartiene al divenire della storia, alla sua epoca in continua trasformazione e non può essere separato dalle relazioni con gli altri che lo formano modificandolo e facendolo evolvere.

La distinzione cartesiana tra res extensa e res cogitans può essere considerata solo un artificio retorico frutto di un’analisi razionale che distingue ciò che è in realtà sempre mescolato e che non può essere unito. Come ricorda Aristotele, anche l’idea più pura e astratta che possiamo cogliere mantiene sempre un, pur parziale, residuo empirico e accidentale. La sottovalutazione e l’eliminazione di uno dei due aspetti che Aristotele e la tradizione hanno messo in evidenza nella natura dell’uomo genera uno strappo che porta a visione dell’uomo alterate e riduttive, dando di volta in volta maggiore importanza alla ragione astratta, ai sensi, alla materia o ai dispositivi pulsionali. Ogni riflessione pedagogica, che vuole essere tale, deve partire da un’antropologia sufficientemente complessa e capace di prendere in considerazione l’integrità dell’essere umano. L’AF costituisce il principio che consente di descrivere lo sviluppo costante, progressivo, non unilaterale delle potenzialità dell’essere umano, prendendo in considerazione anche le fasi di latenza e i tempi di progresso lento di ciascuno. La consapevolezza della struttura complessa dell’umano, che sfugge al tentativo di comprensione, costituisce la condizione necessaria per poter avviare una seria riflessione pedagogica. Ricondurre un aspetto all’altro o separare un dall’altro può produrre pericolose riduzioni nell’idea di uomo e genera semplificazioni dannose che non consentono di sviluppare percorsi educativi che si rivolgono all’integrità dell’essere umano. L’AF si basa su un’idea di uomo in grado di mantenere al suo interno tutte le diverse potenzialità che compongono, da quelle pulsionali e istintuali a quelle astratte e contemplative. 4. L’uomo incarnato e le sue possibilità Una delle due polarità sulla quale si fonda il principio dell’AF è l’esperienza (insieme degli aspetti che riguardano il prendere forma del soggetto). Per approfondire l’idea di esperienza è utile partire da un’indagine etimologica. La parola esperienza viene dal latino experientia: ex (da) che indica un movimento di uscita da qualcosa e perientia che contiene la radice indoeuropea per- che rimanda all’attraversamento di qualcosa che si sta ancora svolgendo. L’etimologia mette in evidenza un duplice movimento all’interno dell’idea di esperienza: da un lato il superamento di una situazione o di un incontro che poteva essere pericoloso, una provenienza e dall’altro l’attraversamento di una diversa situazione che presenta le stesse caratteristiche di imprevedibilità e mancanza di controllo della precedente. L’esperienza appartiene all’orizzonte della contingenza, del far toccare due elementi/situazioni che iniziano e finiscono, lasciando sempre, su chi li vive un resto. Ne consegue che l’esperienza avviene nel divenire temporale e lo scandisce come un costante provenire da qualcosa e attraversare qualche altra cosa. Il riuscire a compiere un’esperienza significa la morte stessa di quella esperienza e la sua rinascita in un’altra esperienza collocata in uno snodo spazio-temporale differente. L’esperienza rappresenta la stessa vita dell’uomo che si costituisce e prende consapevolezza nel momento in cui qualcosa si fa memoria, lasciando un residuo che si trasforma in experientia e guarda al passato. Questi resti costituiscono l’identità soggettiva dei singoli uomini, la loro coscienza e ciò che permane nell’uomo. Gli attraversamenti dell’esperienza rimangono nell’orizzonte della vita e ne costituiscono la forza trasformatrice ma nessun uomo può sperimentare la propria morte. Il quadro di Klee, ‘’Angelus novus’’, evocata da Walter Benjamin, esprime bene la forza e il movimento dell’esperienza umana. L’angelo di Klee guarda al passato mentre si muove verso

il futuro, incerto e provvisorio, mantenendo lo sguardo sull’esperienza che ha appena attraversato che costituisce la sua identità relazionale con il mondo. Come ricorda Husserl, l’esperienza umana acquista senso come evento intersoggettivo: i comportamenti degli altri uomini sono fondamentali per confermare le nostre esperienze, in modo che alcune comprensioni diventino il sostrato del nostro modo di relazionarci con il mondo. L’aspetto intersoggettivo dell’esperienza però non nega la sua valenza singolare e il fatto che ogni attraversamento sensoriale caratterizzi il vissuto di un individuo e gli consenta di formarsi come uomo. Parlando di perdita di valore dell’esperienza moderna, Benjamin ne individua le cause nelle catastrofi dei campi di battaglia della Prima guerra mondiale che generano nei sopravvissuti un sentimento di mancanza e di incomunicabilità. Le giovani generazioni che sperimentano il campo di battaglia possono testimoniare poco o nulla di ciò che hanno esperito e non possiedono le parole per comunicarlo. Secondo Agamben, è l’esperienza quotidiana dell’uomo moderno a rivelare la propria banalità e insensatezza, senza riuscire a trasformarsi in esperienza. Per essere tale, l’esperienza deve avere l’autorità di trasformarsi in linguaggio, in modo da raccontare gli elementi e rafforzare il significato intersoggettivamente. Riprendendo l’immagine dell’angelo di Klee, sembra che l’uomo occidentale contemporaneo non sia più in grado di orientare le proprie azioni presenti a partire dalla sua esperienza e da uno sguardo consapevole rivolto al passato. La perdita del significato dell’esperienza porta necessariamente al venir meno della grandi narrazioni e la perdita del senso della storia e di ciò che può orientare l’agire umano. 4.1 Esperienza come nuda vita L’esperire rimane sempre una forma del sentire, un attraversare una situazione concreta singolare e un aprirsi verso la prossima situazione con lo sguardo rivolto verso il passato. In questo processo la razionalità ne è però già coinvolta e mescolata in un intreccio che non può essere completamente separato. L’esperienza indica il prendere parte dell’uomo al divenire della realtà e alla sua precarietà continua e necessitata. Queste proposizioni mettono in evidenza la profondità dell’idea di esperienza che senza residui rappresenta un aspetto fondativo dell’umano e anche la sua relazione con ciò che non è umano. Agamben sottolinea l’intimo legame tra esperienza e formazione nel processo di costituzione identitaria dell’uomo. Secondo lui l’idea di infanzia come momento della vita umana priva di linguaggio indica che l’uomo non si identifica solo con la dimensione razionale (esperienza intesa come differenza tra umano e linguistico). Inoltre, Agamben sottolinea l’importanza del nodo tra esperienza-infanzia e linguaggio che sta alla base della formazione dell’uomo: il linguaggio e la razionalità umana non sono depositari della verità dell’uomo. L’origine nel linguaggio coincide con l’esperienza, intesa come in-fanzia. Il linguaggio si pone come il luogo in cui l’esperienza deve diventare realtà. Il vincolo tra esperienza e linguaggio spiega che la loro essenza più profonda è da sempre co-implicata. Il linguaggio, inteso come struttura razionale dell’uomo, si origina all’interno dell’esperire come luogo nel quale l’esperienza diventa verità ma, pur essendo strutturalmente in relazione con l’esperienza, non si identifica mai pienamente con essa (l’esperienza coincide con il limite stesso del linguaggio). Secondo Agamben, Kant è l’ultimo autore della modernità ad avere presentato con chiarezza anche gli aspetti contradditori e problematici sul tema dell’esperienza. La critica della ragion pura postula e difende la distinzione tra l’io penso (coscienza trascendentale) e l’io empirico (io dell’esperienza). La tenacia con la quale Kant sottolinea la distinzione tra le due dimensione soggettive della conoscenza costituisce un riconoscimento dell’autonomia e del significato dell’esperienza costituisce un riconoscimento dell’autonomia e del significato dell’esperienza, come limite e origini dell’io trascendentale.

L’io penso non può conoscere un oggetto ma solo pensarlo perché ha bisogno dell’esperienza per generare una reale conoscenza. In questa direzione, la struttura trascendentale dell’io costituisce un limite per la conoscenza perché non è possibile per il soggetto fare esperienza. L’impostazione kantiana afferma l’importanza dell’esperienza come via necessaria per la conoscenza e il linguaggio e come limite per l’abuso di un processo razionale e stra...


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