riassunto canti Inferno di Dante per esame letteratura italiana Michele Mari PDF

Title riassunto canti Inferno di Dante per esame letteratura italiana Michele Mari
Author Alex Gigliotti
Course Letteratura italiana (corso avanzato)
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

Brevi sinossi e note sui canti dell'Inferno di Dante letti durante le lezioni del corso di Letteratura Italiana (corso avanzato)...


Description

CANTO I INFERNO Dante si ritrova in una selva oscura alle pendici di un colle (quello del Purgatorio). Prova ad ascendere ma si ritrova la via sbarrata da tre diverse bestie (lince, leone, lupa). Torna indietro spaventato nella selva, dove incontra Virgilio, che gli si offre come guida per un viaggio prima nell’Inferno e poi nel Purgatorio e pronuncia una profezia ASPETTI SALIENTI: -è prologo a TUTTA l’opera -il viaggio inizia nella primavera del 1300, a marzo, anno giubilare (in primavera fu anche creato il mondo secondo la Bibbia); questa datazione consente a Dante di produrre una serie di profezie ex-post (la Commedia è iniziata nel 1307 e tutte le profezie oscure/incerte infatti sono quelle riguardanti fatti successivi a quell’anno (come quella su Cangrande) -Dante è smarrito a causa del torpore della sua anima, che lo fa vivere nel peccato. La retta via è l’amore per Dio, la strada giusta da cui si devia peccando. -i tre animali sono in scala climatica simboli per la lussuria, la violenza e la cupidigia -c’è da subito grande ricorso alla figura retorica della preterizione -due cruces: chi è il Veltro? (un papa? Cangrande Della Scala [il nome ‘Can Grande’ richiamerebbe il cane]? l’Imperatore?) cosa intende con ‘da feltre a feltre’? (sono indicazioni geografiche? [si infila bene con teoria su Cangrande che era di Verona] intende ‘di umili origini’?’ 1. Tra Montefeltro e Feltre 2. di umili origini (feltro materiale povero) 3. I bussolotti con cui si eleggeva Imperatore Sacro Romano Impero erano rivestiti di feltro CANTO V INFERNO Dante incontra prima Minosse che smista i dannati (tanti avviluppamenti della coda quanto il numero del cerchio a cui sono condannati), poi arriva dove sono puniti i LUSSURIOSI. Qui incontra Paolo e Francesca e quest’ultima gli racconta la loro storia. Dante è mosso a pietà e infine sviene. ASPETTI SALIENTI: -le anime dei lussuriosi sono condannate a vagare per sempre sballottate inermi da una tempesta infernale (contrappasso per essersi lasciati trasportare dalle passioni in vita) -Dante condanna la letteratura d’evasione, la letteratura cortese, sta rampognando (anche) il se stesso giovane (in tutto il canto risuonano echi della poesia stilnovista, nelle parole di Francesca).

-Lussuria è un peccato di INCONTINENZA (coloro i quali non controllano i propri impulsi) -canto che getta cattiva luce su Gian Ciotto Malatesta, nemico di Dante in quanto i Malatesta erano alleati con la famiglia Neri di Firenze (ghibellini) -Francesca non mostra il minimo segno di pentimento e spersonalizza la colpa, accusando ‘amore’ (anafora 3 volte) -una serie di analogie con uccelli (storni, aironi, colombe) CANTO X INFERNO Dante arriva nel sesto cerchio all’interno della città di Dite, dove sono puniti eresiarchi ed epicurei. La loro pena consiste nell’essere sepolti all’interno di arche infuocate (contrappasso: sono riuniti tutti assieme, nonostante la volontà di separazione in vita e, soprattutto per gli epicurei, bruciano in eterno proprio loro che sostenevano mortalità dell’anima). Qui incontra prima Farinata degli Uberti, poi viene interrotto da Cavalcante Cavalcanti (padre di Guido, uno degli amici di Dante) che gli chiede notizie del figlio, infine riceve una scioccante profezia da Farinata. ASPETTI SALIENTI: -gli epicurei sono considerati tra gli incontinenti (vivono per la gioia dei sensi, per la ricerca del piacere) -Farinata degli Uberti, leader ghibellino di due generazioni antecedenti a Dante. Sconfisse due volte i guelfi, di cui una, disastrosa per i fiorentini, nella battaglia di Montaperti (nel 1258) (ma si oppose poi alla distruzione di Firenze, motivo per cui non è nel Cocito coi traditori). Caratterizzato come sdegnoso e fiero, Dante riserva all’avversario politico un ritratto rispettoso, accomunandosi a lui nel destino dell’esilio. -la profezia è una profezia ex-post (la Commedia è iniziata nel 1308 circa, Dante è in esilio dal 1302 e dal 1301 non mette piede a Firenze); sarà poi sciolta non da Beatrice, come detto qui da Farinata, ma da Cacciaguida, avo di Dante, nel paradiso. -sia Farinata che Cavalcante sono caratterizzati da una forte tendenza alla ricerca di risultati terreni (poiché neganti una vita dopo la vita) e ancora nel canto sono più preoccupati del momento attuale che della salvezza eterna. -la separazione tra Guido Cavalcanti e Dante è tuttora inspiegata; qui nella Commedia viene fatto dire a Dante che Guido aveva in sdegno Beatrice (doppio valore: aveva in sdegno la ricerca intellettuale e la Grazia rivelata la salvezza la religione, ma forse più prosaicamente era geloso di Beatrice); la frase potrebbe riferirsi anche a Virgilio, sia prosaicamente (preferiva Ovidio) sia in quanto Virgilio simbolo della ragione umana. -piccolo inserto in cui Dante rivela uno dei meccanismi dei dannati: possono vedere passato e futuro ma, come i presbiti, che più s’avvicina un oggetto peggio lo mettono a fuoco, così i dannati non riescono a vedere il tempo presente: è una sorta di contrappasso (essersi preoccupati tanto in vita soltanto del momento presente, senza pensare all’eterno) e un utile congegno narrativo per Dante autore per raccontare a noi e a loro i fatti e a Dante personaggio per trattare con i dannati (informazioni sul presente in cambio di altre informazioni) CANTO XIII INFERNO

Dante è nel settimo cerchio, quello dei suicidi (violenti contro se stessi); è una intricata selva fatta di alberi e cespugli nodosi e fitti e scuri, guardata dalle arpie e da cui provengono misteriosi lamenti. Qui, guidato da Virgilio, scopre che gli alberi contengono le anime dei sucidi, che possono parlare tramite rottura di rami e corteccia. Rompe un rametto di un albero in cui risiede l’anima di Pier delle Vigne, che racconta la sua storia di suicida (in cambio di una ‘riabilitazione’ terrena una volta che Dante fosse tornato tra i vivi) e come funzioni il processo di creazione della foresta; poi irrompono sulla scena due personaggi che corrono inseguiti dai cani da caccia, da cui saranno successivamente sbranati. Sono Ercolano Maconi (aretino) e Giacomo da Sant’Andrea (padovano), dannati in quanto scialacquatori. Infine, prende parola un cespuglio, sede dell’anima di un anonimo fiorentino morto suicida (forse un giudice, forse uno scialacquatore, forse un fiorentino che sta per tutta Firenze) ASPETTI SALIENTI: -essendo un canto che tratta di un retore, Dante sta molto attento retoricamente -gli uomini trasformati in alberi si rifà a un episodio dell’Eneide, in cui Enea incontra Polidoro (figlio di Priamo) trasformato in albero dopo essere stato trucidato dal suo ospite per impossessarsi dell’oro -anche il paesaggio e la presenza delle Arpie è un richiamo a Virgilio (quando le arpie insozzano mense troiane sulle isole) -Pier delle Vigne, dignitario di Federico II, uomo di corte caduto repentinamente e misteriosamente – come da topos letterario (lo stesso Ovidio) – in disgrazia presso il suo stesso signore -i due scialacquatori sono prede in una caccia selvaggia CANTO XXVI INFERNO Dopo un’invettiva contro Firenze (scaturita dall’aver incontrato soltanto ladroni fiorentini nella bolgia precedente), Dante arriva nell’ottava bolgia dell’ottavo cerchio, dove scontano la loro pena i consiglieri fraudolenti. Questi sono presentati come completamente avvolti da una fiamma che brucia. Dante chiede a Virgilio di poter parlare con una di loro (la fiamma doppia) e Virgilio lo accontenta. Sono Diomede e Ulisse. Quest’ultimo racconta la sua fine dopo essersi spinto oltre le colonne d’Ercole e come la sua nave si sia infine inabissata. ASPETTI SALIENTI: -è un canto retoricamente complesso (come per quello di Pier delle Vigne, avendo protagonista un personaggio celebre per le sue arti oratoriali) -per il contrappasso bisogna rifarsi a una para-etimologia del tempo, che collegava calliditas (furbizia) a calidus (caldo), per cui l’astuzia era rappresentata come una fiamma che bruciava all’interno degli uomini (qui completamente avvolti da questa fiamma) -vi è, ancor prima che sia presentato, un sentito commento di Dante alle parole di Ulisse, che aiutano a mettere in prospettiva la figura dell’eroe greco: l’ingegno, non guidato dalla ragione/virtù, porta a un uso improprio dell’ingegno.

-l’arrivo di Ulisse e Diomede è preceduto da due complesse analogie (il contadino e le lucciole; i profeti Elia ed Eliseo) -l’Ulisse qui è un Ulisse post-omerico, non quello dell’Odissea o classicista: è connotato come furbo e astuto ma con queste virtù viene anche la fama di ingannatore/frodatore. Inoltre, Dante si rifà alle leggende secondo cui Ulisse sarebbe ripartito dopo essere giunto a Itaca o addirittura non ci fosse mai arrivato, preferendo continuare il suo viaggio. -i suoi peccati qui sono presentati essere gli inganni del Cavallo di Troia e il furto del Palladio e l’aver scovato Achille travestito da donna facendo risuonare il rumore della armi. (da notare come, proprio assieme a Diomede, si racconti che abbia ingannato e ucciso Palamede, a cui portava rancore e di cui era geloso) -Ulisse potrebbe anche avere in sé dei tratti dell’ebreo errante: ripartito da Troia, accettata la teoria secondo cui si sarebbe diretto direttamente oltre le Colonne d’Ercole, non avrebbe mai più rimesso piede a terra, costretto a vagare in mare e respinto alle soglie del Purgatorio per non aver riconosciuto Cristo -la montagna presso cui Ulisse naufraga è la montagna del Purgatorio, qui presentata come ‘scura’, a differenza di quando si mostra a Dante illuminata successivamente (Ulisse non può accedervi, essendo un pagano privo della grazie divina e avendo preso una ‘scorciatoia’ per la sete di conoscenza: l’unico modo è l’umiliazione, la guida, il cammino, come fa Dante). Solo con la ragione umana non si può accedere a contemplare Dio e saziare la sete di conoscenza, serve la rivelazione. Tant’è che è dallo stesso monte che parte la raffica di vento che fa naufragare Ulisse. -vi è una dinamica per cui è Virgilio a parlare agli ‘alteri’ greci nella loro lingua, facendo una sorta di traduzione simultanea per Dante (che notoriamente non conosceva il greco [né aveva letto i poemi omerici], conosceva l’incipit dell’Odissea per averla letta, tradotta, nell’ars poetica di Orazio) -le colonne d’Ercole sono un monito per gli uomini, un limite posto da Dio. Superarle è un atto di ybris tanto quanto mangiare il ‘frutto proibito’. -la vera colpa di Ulisse potrebbe essere quindi quella di chi ha usato il proprio (solo) ingegno per cercare di andare oltre i limiti imposti da Dio e con questo stesso ingegno aver ingannato i propri compagni (Ulisse qui un personaggio in pieno titanismo) -la sete di Ulisse è quella del divino, a cui però non può giungere perché gli manca Dio, la Grazia etc CANTO XXXIII INFERNO Dante è nel Cocito, nella seconda zona, Antenora, quella dedicata ai traditori politici. Il canto riprende immediatamente da dove s’era interrotto nel precedente, con il conte pisano Ugolino della Gherardesca che inizia subito a parlare e raccontare la sua storia di prigioniero morto nella torre della Muda a Pisa, lì rinchiuso dall’arcivescovo Ruggieri. Sentita la storia, Dante si lancia in una invettiva contro Pisa, passa poi alla terza zona, la Tolomea (dedicata ai traditori degli ospiti) dove incontra il romagnolo Alberigo dei Manfredi, che gli racconta la sua storia e quella del dannato vicino, il genovese Branca Doria. Dante si lancia poi in una ulteriore invettiva contro i genovesi. ASPETTI SALIENTI: -conte Ugolino e arcivescovo Ruggieri erano nemici politici a Pisa. Quest’ultimo invitò in città a trattare il

conte Ugolino, ingannandolo e carcerandolo in una torre. -Pisa paragonata a Tebe (città tragica per eccellenza) e Dante richiama il mito secondo cui Tideo (padre di Diomede) rose coi denti le tempie di Menalippo durante l’assedio della città di Tebe (Sette contro Tebe). -secondo Auerbach in letteratura il realismo è dato dai particolari e nel caso di questo canto cita il dettaglio del conte che si pulisce la bocca dai capelli dell’arcivescovo. -come nel caso di Pier delle Vigne, Dante difende qui il dannato da alcune accuse (quelle più mondane [in questo caso, aver concesso dei castelli pisani ai nemici lucchesi genovesi fiorentini), condannandolo invece per peccati ben più spirituali (probabilmente il conte è in questo cerchio per i torti fatti a un nipote prima invitato a governare con lui e poi tradito) -vengono quindi qui accomunati nella pena i due protagonisti, odiatisi in vita e destinati a odiarsi nell’eternità della dannazione infernale: l’arcivescovo viene eternamente mangiato da colui che affamò, il conte costretto a condividere l’eternità con l’oggetto del suo odio e la causa dei suo mail (tutto nato comunque da odio e da partiti/fazioni, una delle cose peggio viste da Dante) -come per Francesca, le modalità della morte sono peggio della morte stessa -i figli e i nipoti di Ugolino, con intento probabilmente patetico, sono tutti chiamati per nome. -vi è qui una delle tante invenzioni di Dante che gli permette di infilare all’Inferno due anime non ancora morte: per alcuni tipi di peccato, il male fatto è sì grave che l’anima muore immediatamente cascando all’inferno e il corpo rimane un involucro governato dall’interno da un diavolo. -durante l’invettiva contro Pisa, si passa da un invocazione di lotta politica (i vicini ‘lenti’ a punirla) a una invocazione adynaton geografica fisica in cui si spera che le isole vicino alla foce dell’Arno si muovano a ingolfarlo così da far esondare il fiume e distruggendo la città (quasi l’immagine di una punizione biblica). -in fondo al canto, Dante non rispetta la promessa fatta (o forse sì, visto che alla fine scende fino al fondo del Cocito) all’anima di Alberigo e non gli pulisce le lacrime ghiacciate dagli occhi, sostenendo che è moralmente corretto fare una scortesia a una persona del genere (al di là infatti della totale assenza di pietà vista in altri contesti, sarebbe come andare contro il volere divino). -la magagna è il marciume del frutto causato dal verme, che sta al centro della mela come il Diavolo sta al centro della Terra...


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