Riassunto del libro \"I Nibelunghi. La leggenda, il mito.\" di Davide Bertagnolli PDF

Title Riassunto del libro \"I Nibelunghi. La leggenda, il mito.\" di Davide Bertagnolli
Author Anonymous User
Course Filologia germanica
Institution Università di Pisa
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Riassunto del libro sui Nibelunghi di Davide Bertagnolli...


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Riassunto “I Nibelunghi” di Davide Bertagnolli Introduzione: Nibelungenlied composto intorno al 1200 sulla vicenda di Sigfrido e l’annientamento dei Burgundi, trascritto fino agli inizi del sedicesimo secolo e poi riscoperto nel 1755 (diventando epos nazionale dei tedeschi e dando il via a molte rivisitazioni fino ai giorni nostri). La realtà storica nella quale è stato redatto è quella feudale e c’è commistione di elementi contrastanti come motivi eroici e fiabeschi da una parte (derivati da una trasmissione orale) e cortesi dall’altra (periodo in cui è stato trascritto). La Klage è una sorta di continuazione del poema nibelungico in cui si cerca di dare un senso alla tragedia finale.

Capitolo 1: Il poema consta di circa 2400 quartine suddivise in 39 âventiuren (termine che designa la prova ed è centrale nei romanzi cortesi). Nel poema nibelungico, però, il termine designa un’unità narrativa di lunghezza variabile, una sorta di capitolo. Racconto composto da due parti distinte: 1-19 prima parte, si svolge quasi tutta alla corte Burgunda di Worms e culmina con l’omicidio di Sigfrido 20-39 seconda parte, ha luogo in terra unna e termina con l’annientamento dei Burgundi

Capitolo 2: 2.1 I manoscritti 37 testimoni redatti tra prima metà del tredicesimo secolo agli inizi del sedicesimo prevalentemente nell’area linguistica alamanna orientale e austro-bavarese e in quella francone-renana (regioni che corrispondono ai centri fondamentali del poema Danubio da una parte e corte Burgunda dall’altra). Undici manoscritti che tramandano l’opera nell’interezza (A,B,C,D,J,a,b,d,h,k,n), gli altri sono frammenti. Nove tra gli undici completi riportano anche la Klage (k,n NO) continuazione che doveva essere concepita come parte integrante del poema. Tutti questi esempi testimoniamo il grande successo che ebbe il Nibelungenlied. Tre testimoni principali (prodotti nell’area linguistica tedesca meridionale): A redatto nell’ultimo quarto del tredicesimo secolo è composto da N. (2316 strofe) e K. Con aggiunta più tarda di alcune sentenze di argomento religioso. Testo organizzato su due colonne da 50 righe ciascuna, grafia non curata, nessun abbellimento, rinvenuto nel 1779 in Austria. B risale alla metà del tredicesimo secolo, è un esemplare di grande pregio, splendidamente miniato, composto da oltre 300 fogli. 2376 strofe di N., K., ma anche Parzival e altri poemi. C è il più antico, risale al secondo quarto del tredicesimo secolo, 120 fogli che tramandano su una sola colonna di 33 righe 2439 strofe di N. e K., riscoperto nel 1755 sempre nella biblioteca del conte Hohenems in Austria (dove verrà trovato anche A).

Il filologo Karl Lachmann, nella sua introduzione all’edizione critica del poema (1826), propose le sigle di cui abbiamo parlato prima per i manoscritti (in base ad un criterio qualitativo). A per lui era il migliore, quello più vicino all’originale, scelto come base per l’edizione. Dopo A era importante anche B, che presentava una versione del testo rivista e migliorata e poi il manoscritto C dove il testo era stato ulteriormente rielaborato. Le lettere maiuscole furono utilizzate per i codici in pergamena del tredicesimo e quattordicesimo secolo e le minuscole per i testimoni più recenti. Nelle loro edizioni, Zarncke e Holtzmann a metà Ottocento, sostennero la priorità del manoscritto C. Bartsch, negli anni Sessanta dell’Ottocento, riconobbe in B il manoscritto migliore e la precedenza di B venne confermata anche da Paul e Braune tra fine Ottocento e inizio Novecento. Ancora oggi, la maggior parte delle edizioni si basano sul manoscritto B e sull’edizione di Bartsch (che osservò che B tramandava una redazione del testo indipendente da C). Le discussioni sull’origine del testo non si sono mai esaurite: Brackert, nel 1963, affermò che non si poteva riscostruire l’originale e che le diverse versioni circolanti in forma orale fossero state messe per iscritto gradualmente. La critica oggi la pensa in questo modo tanto da aver abbandonato l’approccio ricostruttivo. Edizioni basate su scelte ecdotiche poco rispettose del testo manoscritto, modificato a tal punto da non corrispondere più a nessuna versione tramandata, sono la prova che gli sforzi volti alla ricostruzione di un originale siano stati vani. 2.2 La redazione C A e B sono molto simili tra loro e sono spesso considerati insieme per questo nôt-Fassung dall’ultimo verso del poema che termina con nôt. C è successivo (in senso di rielaborazione ideologica) ed è conosciuto come liet-fassung perché termina con la parola liet. Il rielaboratore della liet avrebbe cercato di porre rimedio alle contraddizioni della vicenda che invece permangono nella nôt, inserendo strofe chiarificatrici e uniformando il testo nella metrica. La versione tramandata di C presenta una sessantina di strofe in più rispetto a B e 120 in più ad A. C continua comunque a presentare la stessa vicenda dei primi due, suddivisa, come sempre, in due momenti ben distinti. Cambiano dettagli essenziali: in primo luogo è fondamentale notare lo sforzo del rielaboratore di rendere il testo conforme ai valori cristiani e feudali nella scena del matrimonio tra Crimilde e Attila, in C il rielaboratore inserisce una strofa per mitigare lo sdegno derivante da un matrimonio tra una cristiana e un pagano in cui alla regina viene confermato da Rüdiger che Attila si era già convertito alla fede cristiana ma che si era allontanato dalla religione e Crimilde avrebbe potuto aiutarlo a ritrovare Dio se avesse accettato di sposarlo e amarlo. Anche quando si racconta dei Burgundi che lasciano il regno per andare in terra unna, in C si aggiunge che la comitiva si porta un cappellano affinché possa celebrare la messa visto che la fede a quel tempo non era molto viva (questo giustifica il massacro finale che potrebbe avvenire per mancanza di fede e punizione divina). Alla fine della diciannovesima avventura, tra prima e seconda parte, il rielaboratore di C aggiunge 8 strofe in cui ricorda la fondazione dell’abbazia di Lorsch, voluta da Ute e si narra di come Crimilde doni molto oro per la salvezza dell’anima di Sigfrido. La fondazione dell’abbazia, i doni di Crimilde per la salvezza dell’anima e la sua decisione di ritirarsi dal mondo inseriscono queste strofe nel contesto religioso. È interessante notare che Lorsch si trova in Assia e fu davvero sede di un’importante abbazia fondata dal conte Cancor e poi diventata abbazia imperiale. Questo riferimento potrebbe essere un indizio del contatto tra il rielaboratore e l’abbazia e gli accenti cristiani più netti risulterebbero compatibili con la produzione in un centro monastico. Altra caratteristica fondamentale della redazione di C è la valutazione delle figure di Hagen e Crimilde diversamente da A e B, dove il giudizio della voce narrante sui personaggi cambia nettamente dalla prima alla seconda parte (questo conferma che le sezioni erano in origine due

storie diverse), in C il rielaboratore ha lavorato per offrire una valutazione dei personaggi più coerente possibile tra le due parti ed è intervenuto per alleggerire la posizione di Crimilde e aggravare quella di Hagen (c’è logica tra la prima e la seconda parte). Alla slealtà di Hagen si contrappone la fedeltà di Crimilde che in C viene umanizzata e spogliata del ruolo di feroce vendicatrice. La colpa del massacro finale è attribuita al diavolo. In ultima analisi, in C si nota anche l’aggiunta di strofe in cui l’accento è posto su particolari specifici dell’universo cortese (bellezza del corpo di Sigfrido, ricca armatura, ci si chiede come dar lustro ad una festa, la bellezza del castello di Brunilde o della reggia di Attila). Se da una parte il rielaboratore mira a rendere più chiari alcuni passaggi, dall’altra crea ulteriori paradossi contraddizione tra cappellano che deve contrastare la mancanza di fede in riva al reno e il fatto che si descriva che durante le feste la messa ricopriva un ruolo centrale. Stando alla tradizione manoscritta era dunque la C la versione preferita del testo e quella con più ampia diffusione per il tentativo di uniformazione logica e il taglio particolarmente cristiano. La redazione C è posizionata a cavallo tra dodicesimo e tredicesimo secolo e questo lo immaginiamo perché la storia viene citata già nel Parzival. Per cercare di mettere in luce qualche aspetto relativo alla ricezione dell’opera in quegli anni, vanno presi in considerazione i testi che si trovano nei manoscritti che tramandano il Nibelungenlied. Possiamo immaginare che questi testi fossero concepiti per essere tramandati unitariamente o che veicolassero un messaggio comune. Vedi presenza di Klage in nove manoscritti che tramandano l’intero Nibelungenlied. 2.3 Diu Klage Il lamento (Diu Klage) è un’opera di quasi 4500 versi brevi in rima baciata, tramandata da 14 manoscritti redatti tra il tredicesimo secolo e il sedicesimo. Due sono le redazioni principali (B e C) e due secondarie (J, versione abbreviata di B e D che mostra contaminazioni sia da B che da C). La Klage è trascritta sempre dopo il Nibelungenlied, le due opere sono legate e pensate, fin dall’inizio, per stare insieme questo si vede anche dalla resa sui fogli perché la K. Inizia subito dopo l’ultima strofa di N. Quest’opera è incentrata sul dolore dei sopravvissuti alla strage che chiude N.  comincia con un riassunto della seconda parte del poema, a partire dal matrimonio tra Crimilde e Attila e nella sezione centrale si piangono i personaggi caduti da entrambe le parti. Attila è inconsolabile per la perdita della moglie, del figlio e del fratello. Il nobile Rüdiger è l’eroe più compianto. Nella parte finale si racconta come la notizia della tragedia viene comunicata ai congiunti delle vittime, l’incarico è affidato ad un musico (Schwämmel). La rappresentazione del dolore dei sopravvissuti è molto fisica: c’è chi piange, chi urla, chi si strappa i capelli. Reazione del vescovo Pilgrim più composta, invita ad inquadrare quanto successo in ottica cristiana. Il destino dei Burgundi è una punizione di Dio per aver rubato il tesoro a Crimilde e, ancora prima, aver ucciso Sigfrido. È proprio l’assassinio ad essere considerato il colpevole principale della vicenda. Le parole del vescovo sono quindi centrali per capire il messaggio dell’opera: egli definisce le responsabilità e contestualizza tutto in chiave cristiana. La Klage non è solo una continuazione del Nibelungenlied ma anche un commento al poema che serve a chiarire alcuni aspetti rimasti in sospeso visto che N. si chiude in maniera brusca con la voce narrante che ammette che non sa cosa sia successo in seguito. L’autore della Klage cerca di proporre una chiave di lettura per quello che è accaduto massacro è parte del disegno divino e la morte è necessità umana. Il vero responsabile della tragedia è Hagen, personaggio dai tratti demoniaci. Crimilde, al contrario, è sollevata dalle proprie colpe (questo contrasto tra Hagen e Crimilde ci ricorda il racconto del manoscritto C, che la Klage derivi da questo? Non si sa. Si cita anche l’abbazia di Lorsch come in C).

La K., differentemente da N., lascia un segnale di speranza per il futuro, mostra che dopo la disfatta c’è la rinascita e che la vita va avanti (vedi figlio di Brunilde e Gunther che viene incoronato re dei Burgundi con una sontuosa festa). Chi ha scritto la Klage aveva, con tutta probabilità, materiale in più rispetto al redattore di C ci sono più personaggi e vi sono alcuni dettagli aggiuntivi. 2.4 Un’officina nibelungica a Passau? L’epilogo della Klage nel quale Pilgrim fa mettere per scritto il racconto di Schwämmel, lega l’opera alla città di Passau. Un certo meister Kuonrât trascrive in latino la storia che da quel momento in poi viene ripresa in tedesco (non è ovviamente una notizia con valore storico ma la messa per iscritto del racconto di un testimone oculare è un tòpos letterario diffuso nella letteratura medievale). Non solo questo, ma anche precisare che il tutto sia scritto in latino mira a conferire dignità storica e a certificare la veridicità di quanto narrato nel Nibelungenlied. È importante la localizzazione a Passau che compare spesso nei due poemi (N. e K.) e per questo si pensa che abbia avuto un ruolo nel processo di trascrizione, Passau è nominata più volte senza essere uno dei luoghi principali. L’anonimo poeta sembra conoscere bene la zona dalle descrizioni che ne fa: forse le opere furono commissionate lì? Negli anni in cui fu redatto il N. ricopriva il ruolo di vescovo nella città di Passau Wolfger von Erla (1191-1204). Il suo nome è spesso associato a quello del poeta Walther von der Vogelweide che godeva di grande considerazione. Il vescovo spendeva molti denari per lui, questo sottolinea la disponibilità a finanziare chi si occupava di letteratura attiva partecipazione del vescovo alla vita culturale del tempo. La critica pensa che ci fosse la presenza di una sorta di “officina nibelungica” all’inizio del tredicesimo secolo nei pressi di Passau dove, in poco tempo, vennero messe per iscritto le varie redazioni di N. e K. e che, probabilmente, il vescovo Erla ne fosse il committente. Il mecenate sarebbe stato poi onorato dall’anonimo poeta del N. mediante la figura del vescovo Pilgrim.

Capitolo 3: 3.1 Cos’è la materia nibelungica? Il Nibelungenlied fu messo per iscritto intorno al 1200 da un autore sconosciuto che si basò su storie che circolavano in forma orale già da secoli (racconti formati forse già tra quinto e ottavo secolo da fatti storici e personaggi realmente esistiti). Questi eventi, che erano avvenuti in momenti diversi, furono poi messi in relazione nel corso della trasmissione orale e vennero rielaborati e ampliati con elementi mitologici, leggendari e fiabeschi dando forma a diverse varianti (materia nibelungica). Lo schema di queste varianti è sempre lo stesso: eroe che uccide il drago giunge presso una corte straniera con un immenso tesoro, si innamora della sorella del re e aiuta quest’ultimo a conquistare una sposa recalcitrante, eroe muore ucciso a tradimento dopo una lite tra sua moglie e quella del re, la moglie dell’eroe si risposa con Attila e invita i fratelli a corte per ucciderli. Le due parti in cui si divide la vicenda derivano da almeno due nuclei leggendari differenti e un tempo indipendenti, uniti solo in un secondo momento. Intorno al 1220, Snorri Sturluson, compone l’Edda in prosa, un manuale di poetica per scaldi e nella sezione dell’opera intitolata Skáldskaparmál, Snorri riassume la leggenda di Sigurdr per spiegare il significato del costrutto metaforico “riscatto della lontra”. Intorno alla metà del tredicesimo secolo, un altro islandese rimasto anonimo raccoglie del Codex Regius vari carmi di argomento mitologico citati, in parte, già da Snorri, inclusa la storia di Sigurdr e lo scontro tra Unni e Burgundi raccolta nota come Edda poetica, messa per iscritto dopo l’Edda in prosa, comprende componimenti che circolavano già da secoli e che erano conosciuti dallo stesso

Snorri. I carmi che comprende sono eterogenei e propongono racconti non sempre coerenti tra loro perché formatisi in luoghi e tempi diversi. Nella seconda metà del tredicesimo secolo, un altro anonimo riprende i vari episodi narrati e li sistema in un racconto in prosa cercando di eliminare contraddizioni e di dare un filo logico Saga dei Volsunghi. Saga di Teoderico da Verona scritta in Norvegia alla fine del tredicesimo secolo ma basata su racconti di mercanti tedeschi, infatti si discosta dalla tradizione norrena. Incentrata sulla figura di Teoderico, trasposizione letteraria di Teoderico il Grande, re degli Ostrogoti. Una parte della narrazione è dedicata anche alle vicende di Sigfrido in una versione diversa sia dal N. che dalle versioni nordiche. Episodio di Nornagestr scritto intorno al 1300, ruota intorno alla vita dell’omonimo protagonista che si intreccia con quella di Sigurdr le cui vicende vengono narrate secondo la linea dell’Edda in prosa e della saga dei Volsunghi. A partire dal tredicesimo secolo, anche in area tedesca alcuni testi riprendono i personaggi della tradizione nibelungica Rosengarten zu Worms Crimilde possiede un giardino di rose sorvegliato da dodici guerrieri, tra cui Sigfrido. In terra tedesca la rielaborazione della materia nibelungica continua anche all’inizio dell’età moderna. Prima metà del sedicesimo secolo Canto di Sigfrido dalla pelle di corno testo anonimo incentrato sulle vicende di Sigfrido che si distacca dalla versione del N. e presenta corrispondenze con le versioni nordiche. Questo è anche la fonte principale della prima drammatizzazione della materia nibelungica, avvenuta nel 1557 di Hans Sachs. Testimonianze anche nelle ballate nordiche: Le ballate danesi (Folkeviser) dalla seconda metà del sedicesimo secolo fino a tutto il secolo successivo. Le ballate feroesi ciclo di ballate di argomento nibelungico chiamato Carmi di Sigurd, è stato tramandato da 9 redazioni diverse messe per iscritto tra diciottesimo e diciannovesimo secolo. 3.2 Le radici storiche La tragica fine dei Burgundi che forma la seconda parte del ciclo nibelungico, ha radici storiche che si collocano nel quinto secolo, nell’ambito delle grandi migrazioni germaniche (IV-VI) tribù che si spostarono verso sud e verso ovest attratte dalle ricchezze dell’Impero romano e pressate dagli Unni (dall’est, erano una popolazione nomade e guerriera di provenienza asiatica, formata da più etnie). Tra i gruppi germanici che migrarono nel corso del quinto secolo ci sono i Burgundi, forse di origine scandinava dal nome dell’isola danese di Bornholm, dal norreno burgundarholmr (isola dei Burgundi). Stanziati lungo il medio Reno nel 406, i Burgundi strinsero un patto (foedum) con l’Impero romano nel 413 gli erano garantiti vantaggi di tipo economico ed amministrativo e loro dovevano dare sostegno militare contro eventuali attacchi armati nella zona lungo il limes. Non si sa se fosse davvero Worms il centro di potere burgundo. Nel 435, per cause sconosciute, decisero di attaccare la provincia romana Belgica I e il generale Flavio Ezio li sconfisse ponendo fine al loro tentativo di espansione. L’anno successivo, un esercito di Unni alleato con Ezio annientò completamente le schiere burgunde nel corso di una sanguinosa battaglia e quelli rimasti furono mandati nel 443 nella Sapaudia, attuale Savoia dove svilupparono un nuovo regno che dal 461 ebbe come capitale l’attuale Lione e che continuò ad estendersi verso sud fino al 534, quando i Franchi li sconfissero e li inglobarono. Re Gundobad, uno dei sovrani del nuovo regno burgundo nella Sapaudia, fece redigere il testo delle Lex Burgundionum nel quale nomina i suoi predecessori. Molti di questi nomi si ritrovano nelle diverse versioni della leggenda nibelungica per esempio, Gislaharius e Gundaharius sarebbero, nel poema, Giselher e Gunther.

Attila, invece, non prese mai parte allo scontro del 437, anche se era già sovrano degli Unni insieme al fratello Bleda (Blödel nei N.). Nel 451 gli Unni di Attila furono sconfitti proprio da Ezio, il vecchio alleato romano nella battaglia dei Campi Catalaunici ed Attila morì poi nel 453 durante la prima notte di nozze, probabilmente, dice lo storico bizantino Giordane, per un’emorragia, una fine poco eroica per la figura dell’uomo che aveva terrorizzato mezza Europa per anni. Per questo, forse, iniziò a girare la voce che fosse stato ucciso dalla moglie Ildico, una germanica. Nella storiografia latina, il primo a riprendere questa teoria fu Conte Marcellino che diceva che la moglie lo avrebbe assassinato per vendicare l’omicidio di qualche parente (forse il padre) nell’ambito dello scontro del 437 ecco che tornerebbe il legame con la rielaborazione leggendaria dell’assassinio per vendetta, tanto più che nelle versioni nordiche Gudrún (Crimilde) uccide Atli (Attila). La leggendaria rielaborazione di nuclei e personaggi storici può portare anche alla rielaborazione fantasiosa della storia come nel caso di Paolo Diacono che nell’ottavo secolo sposta la data di disfatta dei Burgundi al 451 facendo di Attila il vincitore, ma in realtà nel 451 furono sconfitti gli Unni nei Campi Catalaunici. Teodorico da Verona è un altro dei personaggi basati su una figura storica in questo caso è Teoderico il Grande, re degli Ostrogoti e i fatti descritti nel N. sono molto diversi da quelli della sua vita reale (vedi la ...


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