davide ferrante il controllo sottile PDF

Title davide ferrante il controllo sottile
Author alessandra Stella
Course Sociologia dell'educazione e della famiglia
Institution Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
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IL CONTROLLO SOTTILE - DAVIDE FERRANTE INTRODUZIONE In questo libro si parte dal concetto di “controllo” inteso come qualsiasi possibilità di guida o di orientamento, propenso a direzionare le scelte per poi pilotare i comportamenti. Dobbiamo ricordare che la condizione fondamentale per l’esercizio di ogni forma di controllo sociale, poiché fondata sulla comunicazione, è il linguaggio. Questo complesso e ricco discorso è affrontato partendo dal contributo di grandi pensatori come NICOLA ABBAGNATO (filosofo salernitano), PAUL MICHEL FOCAUL (storico e filosofo francese) e MICHALIS LIANOS (professore universitario francese), per poi arrivare ad HEIDEGGER e KARL POPPER per analizzare le problematica dell’odierna società tecnocentrica (“tecnologia al centro”).Lo scopo è quello di analizzare i pesantissimi effetti di tutto ciò sull’educazione. CAPITOLO 1 - LA NECESSITA’ DI CONTROLLARE 1.1 I PRODROMI DEL CONTROLLO SOCIALE Il termine “prodromo”, utilizzato in medicina, indica i sintomi di una futura malattia. Applicandolo al discorso del controllo sociale, risulta necessario capire quali sono le avvisaglie che portano a una tale azione di potere e quindi analizzare le cause (e anche i suoi effetti) che portano a questa “malattia”. Bisogna capire come si pone l’uomo nei confronti dell’atto di controllare e di essere controllato. La sociologia, nel tentativo di comprendere come i rapporti sociali siano direzionati e regolati, ci offre un valido aiuto. i Prodromi (sintomi) da analizzare sono vari. (SINTOMI DEL CONTROLLO SOCIALE=COMUNICAZIONE/ATTEGGIAMENTI/VALORI). 1. COMUNICAZIONE: in primis bisogna considerare che i rapporti sociali non sono qualcosa di estraneo ed accidentale all’uomo, ma sono pienamente interni e contribuiscono alla formazione della persona. Come spiega Abbagnano, all’interno dei rapporti sociali l’individuo ha capacità di reazione e di scelta. Il controllo sociale deve basarsi sulla comunicazione, come già detto. Questa, quando non è fondato sulla libera risposta della persona, può far capire che c’è una possibile forma di controllo nell’aria. 2. ATTEGGIAMENTI: l’atteggiamento è una struttura filosofica che indica come le esperienze e le valutazioni passate determinino i comportamenti e le valutazioni future. Noi stessi siamo frutto delle nostre esperienze passate, Quando questi atteggiamenti si ripetono continuamente, essi si trasformano in ISTITUZIONI. Capiamo, quindi, che il controllo sociale si fonda sulla comunicazione sotto forma prima di atteggiamenti e poi di istituzioni. 3. VALORI: ogni atteggiamento è una struttura fondata su un valore. Il concetto di valore rappresenta quindi sia il punto di partenza dell’atteggiamento (ciò che lo rende possibile, che lo attiva), sia il suo punto d’arrivo (il suo fine, scopo). Il valore in effetti è ciò che rende l’atteggiamento razionale, quindi comunicabile e condivisibile. Esistono poi tanti tipi di valori e non tutti sono sullo stesso piano: esistono valori essenziali per la persona e altri (come la moda, l’etichetta sociale, la rispettabilità) collocati in secondo piano. 1.2 PRINCIPI DELLA VIGILANZA Altro concetto importante è quello di “norma”. Ogni atteggiamento, basandosi su un valore e tendendo a conservarlo e ripeterlo nel tempo, è normativo. Dice Abbagnano: “ Per la sua normatività strutturale, ogni atteggiamento può essere espresso come una norma o un insieme di norme che devono guidare la persona ogni volta che si presenta una situazione determinata”. La norma quindi guida le scelte degli individui nell’ambito di un ventaglio ampio di alternative. Partendo da queste riflessioni, il concetto di norma comincia a delinearsi tra quello di atteggiamento e quello di controllo. Del primo rappresenta la finalità, del secondo ne costituisce l’oggetto perché, essendo scaturita dal valore, essa rappresenta l’elemento su cui il controllo fa leva per pilotare il comportamento. Se consideriamo poi che un atteggiamento ricorrente si definisce istituzione, ecco che si spiega il perché sia indispensabile una forma di controllo. Il controllo in sé è necessario e positivo per la nostra società perché se non avessimo forme di controllo vivremmo in

totale anarchia, meno liberi e vigerebbe la legge “del più forte” e molti ne verrebbero schiacciati. Il controllo sociale, quindi, è nell’aria più di quanto si pensi ed è non meno sottile di una nociva polvere. Ora, considerando la ripetibilità di un atteggiamento (la sua istituzionabilità), si può tentare una classificazione dei fenomeni di controllo sociale. La ripetibilità può essere legata al passato o al presente. Se è legata al passato si parlerà di trasmissione di atteggiamenti determinati e quindi di “controllo di tradizione”; se è legata al presente si parlerà di “controllo di gruppo” in quanto tipica di un determinato gruppo sociale. Per Abbagnano: “Controlli di tradizione, controlli di gruppo e modalità di controllo si esprimono in forme diverse che non si escludono mai reciprocamente”. L’ ORIGINE DEL CONDIZIONAMENTO I controlli di tradizione costituiscono dei sistemi culturali, ognuno di essi è fatto da un insieme di atteggiamenti tra i quali alcuni sono dominanti e centrali. Tra i principali sistemi culturali tradizionali ci sono: la morale, la religione, l’educazione. Secondo Abbagnano, il problema fondamentale che si presenta in questi sistemi nasce dal conflitto tra tradizione e innovazione. “ la tradizione giunge alla persona singola mediata dal linguaggio , sotto l’aspetto di rapporti sociali che lo sollecitano ad assumere atteggiamenti particolari.” L’atteggiamento della persona non è determinato solo dai rapporti sociali, o almeno non dovrebbe esserlo. Richiede una scelta da parte della persona che può andare dall’accettazione al rifiuto. Ogni sistema tradizionale si trova a lottare contro la possibilità della persona di operare una scelta in tutto o in parte difforme dai dettami propposti dalla tradizione stessa. “partendo dalla volontà capricciosa o ribelle del bambino o dell’adolescente o dell’individuo socialmente inadatto, si giunge fino allo sforzo innovatore dell’artista, dello scienziato, del politico o del profeta religioso”. Il conflitto tra vecchio e nuovo è storia di tutti i tempi e abbraccia ogni sistema culturale. Al cospetto della tradizione, ogni novità può rappresentare errore o pericolo. La novità per avere credito deve farsi portabandiera occasionalmente di qualche obsoleto aspetto tradizionale che, possa essere riproposto sotto una veste nuova. Sulla base del conflitto tra tradizione e novità si possono distinguere tre tipi di atteggiamenti. 1. Atteggiamento tradizionalista il quale riconosce il massimo valore alla tradizione e pretende di assumerla come norma unica e immutabile. 2. Atteggiamento antitradizionalista che nega ogni valore alla tradizione ed è tenuto in vita da azioni violente operate dai portabandiera della tradizione stessa. 3. Atteggiamento critico per il quale la tradizione non è pregiudizialmente né vera né falsa, la mette alla prova tutte le volte che se ne offre l’occasione. La storia ci ha insegnato che ognuno di questi tipi di atteggiamenti ha dominato un particolare periodo o un particolare aspetto della cultura. Il primo -> cultura medioevale. Il secondo -> illuminismo settecentesco. Il terzo -> ha costituito in ogni tempo ciò che si chiama lo spirito scientifico. Inoltre, nessuno di essi è da considerarsi puro. Per abbagnano “ il primo, nello sforzo di conservare la tradizione, inconsapevolmente la modifica o l’adatta e finisce per eliminare da essa alcuni elementi e per includerne altri. Il secondo, nello sforzo di sottrarsi alla tradizione, finisce per modellarsi su di essa e per accettarne senza controllo la massima parte. Il terzo ha una portata limitata e parziale in quanto la sua efficacia è legata alla funzionalità degli strumenti di controllo di cui dispone o che possono essere adoperati o applicati”. FAMIGLIA E SOCIETA’ Controlli di gruppo. Un gruppo sociale è definito dalla ricorrenza degli atteggiamenti considerati nella dimensione temporale della contemporaneità. Il termine gruppo è generico e nessuna condizione di vicinanza o di coesistenza spaziale dovrebbe essere richiesta affinchè si possa parlare di gruppo. Ogni ricorrenza contemporanea di atteggiamenti può bastare per definire un gruppo e

circoscriverlo. Esempio: la famiglia, essa è resa possibile come gruppo, dall’insieme degli atteggiamenti a cui tutti i suoi membri partecipano. La ricorrenza di tali atteggiamenti produce l’ordine e la routine della vita familiare. ( divisione dei compiti tra i membri) In ogni gruppo più vasto la partecipazione comune a determinati atteggiamenti automatizza le aspettative di ogni membro del gruppo relative agli atteggiamenti di ognuno degli altri membri. E’ chiaro che in una prospettiva che ottemperi i valori etici di base, il gruppo, oltre a essere privo di confusione e conflitti, godrebbe anche di una convivenza civile e democratica. Abbagnano definisce il gruppo come “ l’organo che trasmette e fa valere gli atteggiamenti tradizionali, comunicandoli agli individui e sollecitando questi ultimi a conformarsi a essi.”. quindi il controllo di gruppo può essere organico, dovuto allo stesso funzionamento del gruppo oppure, organizzato dovuto a speciali agenti che il gruppo ha costituito al fine di garantire gli atteggiamenti che ritiene fondamentali. Il cosiddetto ambiente sociale è costituito proprio dal controllo organico, così gli atteggiamenti del gruppo definiscono le condizioni nelle quali l’individuo deve vivere fornendogli i modelli da seguire in tutte le circostanze della vita. Il controllo organico è quello che agisce nel modo più decisivo nella formazione dell’atteggiamento della persona e spesso condiziona anche l’efficacia del controllo organizzato. Per quest’ultimo c’è da dire che è esercitato da speciali agenti di controllo in base a codici di regole che definiscono atteggiamenti che il gruppo ritiene importanti. Il controllo organizzato suppone un’autorità responsabile per l’interpretazione e l’applicazione delle regole e anche per la formulazione di sanzioni, cioè di premi o di pene. Come detto quindi il controllo di gruppo organico è capace di direzionare anche una scelta come quella di un cibo o un tipo di divertimento. Ad ogni modo, i controlli organici e organizzati coprono gran parte del dominio delle scelte della persona, ma esistono aree di libertà che potrebbero non essere sottoposte al controllo stereotipato di un gruppo, come ad esempio coltivare un hobby e interessi vari. Inoltre, ogni persona individuale è contemporaneamente membro di gruppi diversi, spesso definiti da atteggiamenti dissimili e contrastanti. Trovare un ordine o un equilibrio fra questi atteggiamenti rappresenta l’aspetto fondamentale del problema della personalità. Il conflitto tra l’individuo e il gruppo è una possibilità presente all’interno del controllo di gruppo. L’individuo infatti può rifiutarsi di conformarsi al controllo e all’atteggiamento che gli è stato proposto o imposto. Accade spesso che la persistenza stessa del controllo, favorisca proprio il rifiuto e la ribellione del soggetto. Altre volte esso può nascere dalla scoperta da parte dell’individuo, di nuovi valori come di atteggiamenti che egli ritiene più validi. Inoltre si possono distinguere “ controllo democratico” cioè quello esercitato da un gruppo i cui atteggiamenti istituzionali siano aperti alle scelte individuali e condizionati dai membri del gruppo stesso. “ controllo autoritario” quello esercitato da un gruppo i cui atteggiamenti istituzionali non dipendano in nessun modo dalle scelte dei suoi membri. COME VIENE ESERCITATO IL CONTROLLO SOCIALE Per parlare delle modalità di controllo bisogna riferirsi alle tecniche del controllo stesso. Queste vanno da forme semplici a forme complesse. Forme semplici : una parola, un epiteto, uno slogan politico possono essere già considerate tecniche primitive di controllo sociale. Anche parole come libertà, democrazia, totalitarismo, possono fungere da primitivi strumenti di controllo se adoperate senza una definizione critica del loro significato. Il loro fine ultimo è legato alla diffusione di atteggiamenti positivi o negativi. Tali strumenti non hanno nessuna stabilità; si formano e si dissolvono con disarmante facilità a seconda della cosiddetta opinione pubblica. Ai controlli di tradizione si riferiscono la cerimonia, il rito, la leggenda, il mito e la moda. L’evento è inquadrabile in una lista comprendente quelli che segnano una certa data nei rapporti umani: nascita, morte, matrimonio.

La cerimonia tende a rinforzare il valore dell’evento e degli atteggiamenti che le sono connessi mediante la suggestione dei simboli. Quando a una cerimonia si attribuisce un valore religioso essa diventa rito. La leggenda è il racconto di un avvenimento vero o presunto, che esalta l’avvenimento stesso. Il mito invece non deve presupporre la tradizione, anzi spesso tende a formarla. Non si basa su un fatto o su una figura storia. Sorel , parla del mito dello sciopero generale per promuovere l’energia combattiva della classe operaia. A fare da contrasto interviene la moda che è stata anche inquadrata come un capriccio del costume. Permette che nella tradizione siano inseriti degli atteggiamenti che dovrebbero combattere a lungo per sopravvivere e conservarsi. Il fenomeno riguarda tutti i sistemi di cultura: linguaggio, filosofia, le scienze. ( si pensi all’illuminismo, al darwinismo, essi sono stati nel passato vere e proprie mode culturali alle quali altre sono seguite. ) La moda tende a rendere superficiale e a stereotipare in atteggiamenti facili ciò che dovrebbe essere oggetto di adeguate indagini e di continua problematizzazione. Un esempio è ciò che è accaduto intorno al movimento del 1968. Gli straordinari propositi ideologico-rivoluzionari che unirono studenti e operai, furono danneggiati proprio dalla considerazione modaiola del fenomeno da parte di una fetta dei partecipanti. I giovani affascinati più che altro dalla cultura pop-lisergica del fenomeno, visti marciare accanto a quelli realmente attaccati ai principi progressisti. Passiamo ad analizzare ora le tecniche relativa ai controlli di gruppo sulle autorità e le sanzioni. Questi strumenti di controllo accompagnano l’organizzazione degli agenti del gruppo, ma l’autorità non risiede nei funzionari stessi,bensì negli atteggiamenti istituzionalizzati che essi rappresentano. L’autorità di un monarca ad esempio passa da un individuo all’altro ogni volta che un nuovo successore sale alla carica: e lo stesso discorso vale per ogni altra forma o tipo di autorità. Ci sono elementi ineliminabili che caratterizzano l’autorità come ad esempio il timore, il rispetto e l’ammirazione. A seconda della mescolanza di questi aspetti il carattere dell’autorità assume varie sembianze. Autorità basata sul timore-> carattere assolutistico Sull’ammirazione-> carattere paternalistico Sul rispetto -> carattere liberale. Un’altra modalità di controllo è la sanzione, esse possono avere sia ricadute positive che negative. Quindi ricompense o pene. Poiché la sanzione tende a rafforzare le leggi del gruppo, tende ad agire come freno preventivo peri possibili e fisiologici atteggiamenti difformi. Non sempre però quest’azione risulta efficace. Il comportamento della persone dipende infatti dall’importanza che attribuisce al valore introdotto dalla sanzione, rispetto al valore che da all’atteggiamento da assumere. CONTROLLO E POTERE Esaminiamo le riflessioni di Foucault al fine di comprendere alcuni concetti come quelli appena trattati; partendo dal rapporto tra controllo e potere. L’analisi di Foucault inizia nel gennaio 1977 con il suo libro “ Microfisica del potere” nel quale evidenzia come nella concezione giuridico liberale il potere viene considerato come un bene trasferibile e alienabile attraverso un atto giuridico che comporta uno scambio contrattuale, e come per la concezione marxisista classica il potere è interpretato come risultato di un dominio di classe corrispondente a determinati rapporti di produzione. Posto che il potere riflette delle relazioni di forza e consiste nel suo esercizio, Foucault ci illumina sulla sua meccanica. Dal momento che ci si vuole liberare dagli schemi economicisti per analizzare il potere ci si trova di fronte a due ipotesi massicce : da una parte i meccanismi di potere sarebbero la repressione, Ipotesi del Reich, e dall’altra lo scontro bellicoso delle forze, ipotesi di Nietzsche. Fra queste, Foucault preferisce la seconda. Il potere non ha solo la funzione negativa di reprimere ma anche quella positiva di produrre. “ il potere infatti produce prima di reprimere, soprattutto perché ciò che reprime, le persone, sono già suoi prodotti”

Parafrasando Clausewitz il potere è la guerra, la guerra continuata con gli altri mezzi. (concetto molto attuale) Secondo F. quindi il potere non è solo impersonale e anonimo, ma anche onnipresente e onnicomprensivo poiché rappresenta una sorta di macchina diabolica che stringe tutti nei suo ingranaggi. Un’immagine che esprime bene tale identità è il Panopticon di Bentham, un utopico luogo di reclusione a forma di anello che grazie ad una torre al centro, consente di sorvegliare i prigionieri delle celle circostanti. Secondo il filosofo , il potere, onnipresente, abita ovunque, è dappertutto: non perché inglobi tutto, ma perché viene da ogni dove. “ con il potere non voglio dire il potere come insieme di istituzioni, ne un sistema generale di dominio esercitato da un elemento o da un gruppo su un altro. Il potere è il nome che si dà ad una situazione strategica complessa in una società dotata” Ora il ponte tra l’istituzione e il potere è rappresentato dal controllo. Il controllo aderisce alla facciata dell’atteggiamento come a quella del potere, non può che essere “sottile” per perdurare efficacemente. Il potere per F. è strettamente connesso con l’aspetto socio relazionale e si identifica con la molteplicità dei rapporti di forza in una determinata società. La novità di questa teoria di F. risulta evidente soprattutto se confrontata con la tradizionale dottrina marxista. L’atteggiamento nei confronti di Marx è duplice. F, si rapporta a lui come a un maestro considerandolo il classico per eccellenza, ma reputa lo stesso Marx superato sotto parecchi punti di vista. F, critica l’impostazione economicista e la subordinazione delle orme politiche a quella economiche. Sulle orme di Nietzche, F. difende il carattere strutturale del potere concepito come realtà fondante della vita associata. Esso si regge proprio per la sua forma più che per i rapporti di produzione che inevitabilmente crea. Anche l’attuale visione tecno centrica, sembra dare ragione a Foucault; la rete di potere tecnologica influenza i macro-meccanismi dello Stato. Quest’ultimo rigetterebbe nella società ciò che essa stessa ha partorito. Un’altra critica a Marx è che non sarebbe possibile pensare quello che può essere definito come l’umano reticolo politico-sociale, in termini di dualismo tra soggetti e oggetti di potere. Nella realtà microfisica del quotidiano, non sono possibili grandi separazioni. Il rigetto della teoria marxista del potere si accompagna così a una nuova concezione di plebe. F. denomina plebe non una specifica realtà sociologica, ma quell’elemento che sfugge alle relazioni di potere e che risulta presente in generale nel corpo sociale e in particolare nelle classi. La base per una lotta concreta contro il potere non risiede in una classe eletta, ma nell’elemento plebeo che si connette al corpo, presente in ogni individuo di qualsiasi gruppo, classe o corpo sociale. F. si avvicina a un neo-anarchismo post-marxista basato sull’idea di un decentrato e mai concluso processo di lotta contro gli aspetti del potere quotidiano. Dunque il binomio potere-autorità risulta essere indefinito e come tale più difficilmente contrastabile. Facendo un parallelismo attuale, non sarebbe bastato eliminare Berlusconi per far morire i valori che l’hanno accompagnato. Alcune riflessioni foucaultiane sono state aggiornate da Lianos, il quale giudica in nuovo controllo sociale fondato su una collaborazione ottenuta attraverso un consenso, cioè sulla generazione di un senso comune a coloro che controllano e a coloro che cono controllati. Per Lianos il potere straordinario di questo odierno controllo neutro e collaborativo ...


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