Controllo della respirazione PDF

Title Controllo della respirazione
Course Medicina e Chirurgia
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunto del necessario da sapere sul controllo nervoso della respirazione...


Description

LEZIONE 22/05/2019 SBOBINATORE: FEDERICALIUZZI

CONTROLLO DELLA RESPIRAZIONE CONTROLLO NERVOSO DELL’ATTIVITA’ RESPIRATORIA La ventilazione è indotta dall’attivazione ciclica dei muscoli respiratori. Nella respirazione tranquilla intervengono i muscoli inspiratori, l‘espirazione invece è un processo passivo dovuto al rilasciamento di questi muscoli. L’attivazione ritmica dei muscoli ispiratori dipende dalla presenza di un generatore di ritmo respiratorio formato di reti neuronali a livello bulbopontino che scarica in maniera ritmica e automatica sui motoneuroni che vanno ad innervare i muscoli respiratori. I centri superiori influenzano la scarica del centro bulbopontino: quando parliamo la respirazione si modifica perché l’apparato respiratorio è utilizzato per la fonazione e il normale ritmo respiratorio deve essere modulato, ciò accade anche durante masticazione e deglutizione. Le afferenze periferiche ai centri bulbo-pontini regolano ulteriormente il ritmo respiratorio e provengono da sensori come: i chemiocettori, che rilevano le pressioni parziali dei gas e il pH ematico; i recettori intrapolmonari e i recettori da stiramento che rilevano il grado di espansione del polmone; i meccanocettori toracici e muscolari che segnalano il grado di espansione toracopolmonare. La respirazione può anche essere modulata volontariamente da comandi provenienti dalla corteccia motoria che, tramite i fasci corticospinali, si portano ai muscoli respiratori. I centri coinvolti sono stati scoperti con la tecnica delle lesioni seriali, in cui si va a separare o distruggere quote sempre maggiori di tessuto nervoso fino a quando una funzione non risulta intaccata. Consente di individuare le strutture responsabili di una determinata funzione. • • •

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Una sezione a livello rostrale del ponte non porta alcun tipo di conseguenza a livello respiratorio. Una sezione a livello bulbospinale porta alla completa perdita del respiro, a dimostrazione che i centri respiratori hanno una localizzazione bulbopontina. Con una sezione a livello bulbopontino il ritmo si presenta irregolare sia nella profondità del respiro, che oscilla, sia nella frequenza. A livello del bulbo c’è il generatore del ritmo ma sono necessari segnali provenienti dal ponte affinché il ritmo sia regolare. La sezione mediopontina determina un respiro più profondo ma a bassa frequenza con un prolungamento della fase inspiratoria e l’allungamento della durata del ciclo respiratorio. La sezione dei nervi vaghi determina sempre un prolungamento della fase inspiratoria e, se associata alla sezione mediopontina, si determina apneusi: apnea dopo una prolungata inspirazione interrotta da brevi espirazioni, è quindi esasperato l’effetto del prolungamento della fase inspiratoria. Con una sezione del vago in coincidenza con una sezione soprapontina abbiamo ancora un prolungamento della fase inspiratoria e quindi aumento dell’ampiezza e riduzione della frequenza.

Queste evidenze ci mettono in luce che il vero e proprio generatore del ritmo respiratorio si trova a livello bulbare ma i centri pontini modulano la durata della fase inspiratoria e la frequenza. Riassumendo a livello bulbare si distinguono un gruppo respiratorio ventrale ed uno dorsale, mentre la rete nervosa pontina comprende un centro più caudale, il centro apneustico, formato dal nucleo magnocellulare ed uno più rostrale, il centro pneumotassico, formato da due nuclei: parabrachiale e Kolliker Fuse. Quando parliamo di ritmo nervoso della respirazione dobbiamo distinguere tre fasi del ciclo respiratorio: • •

Durante l’ispirazione il livello di contrazione del diaframma aumenta progressivamente (rampa inspiratoria). Durante l’espirazione possiamo distinguere due sottofasi: fase E1, in cui abbiamo un rilascio progressivo del diaframma, e fase E2 o fase di pausa, in cui il diaframma è già completamente rilasciato. Distinguiamo 2 momenti diversi: la post inspirazione (E1) che si accompagna al rilascio graduale dei muscoli inspiratori e poi una fase silente, in cui i muscoli inspiratori sono già completamente rilasciati (E2) ed è in questa fase che, in espirazione attiva, abbiamo la contrazione dei muscoli espiratori.

Il nervo frenico, che innerva il diaframma, aumenta la propria attività di scarica in maniera progressiva, a rampa, mentre l’attività decade in E1 ed è completamente silente in E2; viceversa, il nervo intercostale interno diventa attivo in fase E2. La fase espiratoria dura di più di quella inspiratoria. Posizionando degli elettrodi nei neuroni dei centri respiratori si può valutare la loro attività di scarica in relazione alle fasi del ciclo respiratorio, e sulla base di questo sono state individuate diverse classi di neuroni nei centri respiratori: •

gli inspiratori precoci la cui scarica è significativa all’inizio dell’inspirazione ma va a diminuire nel corso della fase inspiratoria;



i neuroni a rampa che scaricano in maniera crescente durante tutta la fase inspiratoria;

Questi due tipi sono i principali responsabili della generazione dell’impulso che è poi trasferito ai motoneuroni spinali dei muscoli inspiratori.

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gli inspiratori tardivi che scaricano alla fine dell’inspirazione; i post inspiratori che scaricano in fase E1; gli E2 che scaricano solo in espirazione attiva i pre-inspiratori che scaricano subito prima dell’inizio dell’inspirazione.

I neuroni bulbari possono anche essere divisi in due gruppi: i neuroni inspiratori veri e propri che eccitano i motoneuroni dei muscoli inspiratori (neuroni precoci e a rampa) e i neuroni interruttore (tardivi e postinspiratori) che inibiscono i neuroni inspiratori e contribuiscono a porre fine all’inspirazione. Bisogna considerare anche l’azione dei centri respiratori pontini: il centro apneustico eccita i neuroni inspiratori e nello stesso tempo inibisce i neuroni interruttore, mantenendoli silenti nella fase inspiratoria. Il centro apneustico è inibito a sua volta dal centro pneumotassico, che si trova in posizione più rostrale nel ponte, che viene eccitato dai neuroni a rampa. I neuroni inspiratori via via che si attivano con un meccanismo a feedback vanno a determinare la propria attività di scarica perché attivano il centro pneumotassico, viene meno il centro apneustico e la sua attività eccitatoria sui neuroni inspiratori stessi insieme all’inibizione dei neuroni interruttore, che sono quindi attivi e vanno ad inibire a loro volta i neuroni inspiratori. L’interruzione dell’inspirazione è dovuta anche ad un meccanismo dipendente dai recettori periferici di stiramento polmonare che via via si attivano con l’espansione polmonare e vanno con le afferenze ad attivare il centro pneumotassico. Questo ci spiega il prolungamento della fase inspiratoria che si osserva in seguito a sezione del nervo vago, perché le afferenze periferiche servono ad interrompere la fase inspiratoria così come avviene quando c’è una sezione medio pontina e quindi si elimina l’inibizione sul centro apneustico esercitata dal centro pneumotassico. CONTROLLO CHIMICO DELL’ATTIVITA’ RESPIRATORIA Ci sono due tipi di chemiocettori: quelli centrali che si trovano a livello del bulbo e quelli periferici che sono i glomi aortici e carotidei. I chemiocettori centrali sono sensibili soprattutto a variazioni di pH del liquido interstiziale e cerebrospinale che bagna le cellule. Gli effetti che si osservano in seguito ad un aumento della PCO2 sono più evidenti di quelli dovuti ad un abbassamento del pH: questo perché gli H+ ematici non possono attraversare la barriera ematoencefalica, ma quando aumenta la Pco2 ematica, questo gas diffonde attraverso la barriera ematoencefalica e si converte grazie all’anidrasi carbonica in acido carbonico che si scinde poi in H+ e bicarbonato. Lo stimolo che attiva i chemiocettori centrali è l’abbassamento del pH nel liquor ma questo è dovuto all’aumento della PCO2.

Questo vuol dire che l’acidosi metabolica, un abbassamento del pH che non sia dovuto a cause ventilatorie ma ad aumentata immissione nel sangue di metaboliti acidi, non attiva i chemiocettori centrali. L’ipercapnia, un aumento di PCO2 nel sangue, ha un potente effetto acuto sulla ventilazione, aumentandola, ma, se persiste per tempi lunghi, l’effetto diventa debole perché il rene risponde all’acidosi immettendo nel sangue ioni bicarbonato che attraversano la barriera con dei trasportatori e va ad innalzare il pH. L’intervento del rene richiede tempo e quindi dopo qualche giorno di adattamento l’effetto dell’ipercapnia sulla ventilazione viene meno. I chemiocettori periferici sono delle strutture di piccole dimensioni, hanno un consumo di O2 elevato ed un flusso ematico di 2l/min per 100g. Questo garantisce ai glomi aortici e carotidei di estrarre una quantità di O2 tale da soddisfare le loro esigenze metaboliche senza abbassare la PO2 del sangue, dovuto a eccesso di flusso rispetto al consumo di O2. Quando il sangue attraversa il capillare sistemico la PO2 si equilibra con quella interstiziale e da 100 mmhg passa 40 mmhg nel capillare venoso (il tessuto ha estratto ossigeno). Se però l’estrazione di ossigeno è minima rispetto al flusso, il liquido interstiziale all’estremità venosa del capillare, che bagna le cellule glomiche, avrà la pressione parziale del sangue arterioso, pur essendo il liquido interstiziale in equilibrio con il sangue venoso. Piuttosto che alla PO2, i chemiocettori periferici sono sensibili alla diminuzione del flusso molare di O2 al glomo. Infatti, una riduzione del flusso ematico al glomo, anche in presenza di una normale PO2, determina, come l’ipossia, un’attivazione del recettore. Il glomo è attivo anche a pressioni normali di ossigeno ma la sua attivazione è molto aumentata quando la PO2 scende sotto 60 mmhg. I canali del potassio e quelli del calcio voltaggio dipendenti sono implicati nella risposta dei chemiocettori periferici all’ipossia: l’ipossia determina la chiusura dei canali del potassio, diminuisce la fuoriuscita del potassio e la membrana iperpolarizzata si depolarizza. I canali del calco si aprono, l’aumento di calcio intracellulare porta al rilascio da parte di vescicole di neurotrasmettitori, che stimolano le fibre afferenti che partono dal chemiocettore alla conduzione del segnale al tronco encefalico. L’ipossia determina una maggiore formazione di radicali liberi dell’ossigeno lungo la catena respiratoria mitocondriale, questi causano la depolarizzazione della membrana agendo sui canali del potassio. Secondo un’altra ipotesi esiste un’emoproteina che lega il canale del potassio: quando O2 è legato il canale del potassio è aperto, quando rilascia O2 determina la chiusura del canale. I canali periferici sono sensibili a tutti e 3 i parametri che vengono monitorati quindi pCO2, PO2 e pH. Una caduta del pH arterioso attiva lo scambiatore Cl-/HCO3 e il bicarbonato esce la cellula, diminuisce il pH intracellulare, si attiva lo scambiatore Na+ /H+ per estrudere gli H+ in eccesso e introdurre sodio nella cellula, è inibito lo scambiatore Na+ /Ca2+, aumenta [Ca2+] i che determina il rilascio del neurotrasmettitore da parte delle vescicole. Quando la PCO2 aumenta, il gas entra nella cellula si idrata ad acido carbonico che si dissocia in bicarbonato e H+, avviene la caduta del pH intracellulare, si attiva lo scambiatore Na+ /H+, è inibito lo scambiatore Na+ /Ca2+e aumenta [Ca2+] i....


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