Riassunto Didattica della storia. Manuale per la formazione degli insegnanti - Panciera, Zannini PDF

Title Riassunto Didattica della storia. Manuale per la formazione degli insegnanti - Panciera, Zannini
Author Caterina Monterisi
Course Didattica della storia
Institution Università degli Studi di Milano
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DIDATTICA DELLA STORIA. Manuale per la formazione degli insegnanti (W. Panciera - A. Zannini)

CAPITOLO 1. LA DISCIPLINA STORICA 1. La storia come disciplina: significato, oggettività, finalità. Una parola con più significati. Alla parola storia sono associati due significati: 1. La storia coincide con l’intero passato: ciò significa per noi ri-conoscere e ri-trovare, ossia dare a noi stessi un’essenza all’interno dello scorrere delle generazioni, senza smarrire un filo di continuità. 2. La storia intesa come precisa disciplina di studio e di ricerca, perché ha propri strumenti di lavoro e metodi. Spesso si pensa che esista una storia “fissata una volta per tutte”. Ciò rende il passato qualcosa di inenarrabile e indefinibile e al contempo rende la storia solo un contenuto sintetico di sussidiari e manuali scolastici (ossia, gli unici strumenti che tutti sono obbligati a utilizzare). Questa visione semplicistica della storia genera: 1. Repulsione, perché solo pochi, compresi gli stessi insegnanti, sono spinti ad addentrarsi nella disciplina. 2. La tautologia, cioè la storia intesa come intera vita dell’umanità, tende ad attribuire allo storico di professione una sorta di “potere sapienziale”, portando all’errata concezione della storia come maestra di vita. Una disciplina in continuo divenire. Secondo Marc Bloch, la storia è “scienza degli uomini nel tempo” perché il materiale di studio è costituito dall’uomo. Il principio fondamentale di questa scienza è quella della dimensione temporale, ossia lo scorrere lineare del tempo. Ma allora dov’è la continuità della storia? Semplificando al massimo possiamo dire che la storia non è che l’insieme di quanto gli storici hanno scritto. Tutta la produzione storiografica è storia. Anche il manuale scolastico è opera di storia a carattere formativo e divulgativo. La storia è il frutto di una continua ricerca che porta a nuove ipotesi e ricostruzioni del passato. Infatti, il tempo continua a scorrere e dunque la storia deve continuamente aggiornarsi al recente, e in questo modo si può avere coscienza che i “fatti umani” non sono mai ordinabili e interpretabili in modo definitivo. La storia è, quindi, una disciplina in divenire. La storia, dice Bloch, formula ipotesi esattamente come le scienze esatte, solo che la verifica (una cosa impossibile in realtà perché il passato non può 1

essere “ripetuto”), spetta all’analisi critica delle fonti utilizzate. Lo storico ha quindi il dovere di operare con onestà per una ricostruzione basata su prove certe e sicure, fuori da pregiudizi. L’oggettività della storia, l’obiettività dello storico. La storia può essere oggettiva o è solo interpretazione e rielaborazione soggettiva? Ci sono pareri diversi, ma anche alcuni punti fermi su cui son d’accordo tutti: lo storico deve perseguire non tanto l’oggettività della storia, quanto una semplice e concreta obiettività intellettuale. Lo storico deve operare secondo l’onesta sottomissione alla verità, indagando gli elementi a sostegno delle proprie tesi e rifiutando schemi pregiudiziali in contraddizione con l’evidenza fornita dai documenti. Una volta aver ben chiari questi principi, è anche giusto che lo storico non escluda le sue idee ed emozioni: deve solo farne un uso il più possibile esplicito e riconoscibile. Quindi ci può/deve essere un’interpretazione dei documenti, a patto che la narrazione dei fatti sia tenuta distinta dalla loro valutazione. Le finalità della conoscenza storica. L’obiettivo della storia è la conservazione di una memoria consapevole. Tuttavia, essendo in una società libera, anche i risultati della ricerca storica possono essere falsificati. Non per questo non bisogna considerarla chiave di accesso alla comprensione del passato. Conoscere il proprio passato è una condizioni primarie per formare cittadini consapevoli. Quindi, lo studio della storia diventa quasi un impegno civico e morale. Il principale valore formativo della storia è il suo presentarsi come educazione alla problematicità: l’analisi critica dei fenomeni e la ricerca preparano il bambino, sin da piccolo, a diventare cittadino consapevole. La storia deve interessarsi a tutte le dimensioni dell’agire umano; perciò, prima di spiegare gli eventi del passato, lo storico deve inserirli in un contesto più ampio tra dimensioni diverse ma interagenti tra loro. La storia educa a comprendere prima di giudicare, a voler conoscere prima di ritenere di sapere, a informarsi e a studiare prima di parlare. La finalità della storia non è la formulazione di giudizi, ma la comprensione del lungo percorso compito dall’uomo nel tempo, al fine di rendere leggibile lo stesso presente. Lo storico e l’insegnante di storia, sono dei mediatori attivi tra il passato e il presente degli uomini. I “classici”: leggere la storia. Anche per la storia esistono dei “Classici”. Tuttavia, c’è una forte mancanza di abitudine alla lettura di opere storiche. Alcuni studenti, al termine della scuola superiore, riconoscono come storici solo alcuni grandi scrittori dell’antichità; altri non conoscono alcun autore o libro di storia; altri ancora vengono indotti a non leggere mai più alcun libro di storia, con l’esito di aggravare ancora di più la conoscenza storica della nostra società. 2

2. Profilo di storia della storiografia. La nascita della storia. La parola storia deriva dal verbo greco historein (osservare, indagare). La nascita del suo studio ebbe luogo nell’antica Grecia a metà del V secolo a.C., quando Erodoto di Alicarnasso raccontò le guerre persiane, nel tentativo di perpetuarne la memoria e di spiegarne cause ed effetti. Il discorso di Erodoto si basa su precisi riferimenti spazio-temporali (che saranno poi la base sicura e costante della disciplina fino a oggi). Il primo storico è però Tucidide di Atene, narratore della guerra del Peloponneso (si basò quasi solo su fonti orali). L’accuratezza del suo lavoro ha come scopo quello di stabilire la verità dei fatti. Con Polibio, il terzo grande storico greco, la storia assunse la pretesa di spiegare non solo il passato della Grecia ma dell’intero mondo conosciuto, quindi una “storia universale” del periodo 220-146 a.C. In età ellenistica nasceva la filologia (ossia, studio della storia dei testi), ma le condizioni materiali e tecniche non permisero un ulteriore sviluppo del senso critico. Gli storici latini, non proposero innovazioni rispetto ai modelli greci. Venne smarrita la pretesa di dare una spiegazione generale e razionale dei fenomeni della storia. La storia tra cristianesimo e medioevo. Rispetto alla visione greca e latina del senso della storia (interpretata spesso come regno del caso e come ciclo), il cristianesimo introduce una visione lineare. La visione della storia del cristianesimo viene detta teologica (dal greco telos, fine) perché contenuta e spiegata dai suoi fini . Quindi la religione cristiana non arrivò mai a negare il ruolo della storia, caso mai solo a spiegarne lo scopo e il senso ultimo. Nell’alto Medioevo vi è un ridursi della storia alla cronaca che, neI X-X, si ridusse quasi a solo cronologia. Nel XII e XIII secolo, la narrazione continuò a mancare di realismo e senso critico. Col tempo, nonostante la base non sia ancora critica, emerge lo sforzo di verosimiglianza e di attinenza alla reale evoluzione storica. La storiografia rinascimentale. La storiografia moderna nasce nel XV e XVI secolo all’interno dell’Umanesimo. Ma ben presto, vari fenomeni, come lo scontri tra Stati Nazionali e la rottura del mondo cristiano a causa della Riforma protestante, contribuirono a rafforzare un bisogno di storia come metodo di comprensione e analisi della realtà. Grandi e piccoli Stati ebbero così i propri storici che, oltre a presentare fatti politici e biografici di principi e dinastie regnanti, dovettero misurarsi anche con aspetti nuovi della realtà (questioni annonarie e fiscali). Un esempio è la “Storia d’Italia” di Francesco Guicciardini (che narra le drammatiche vicende delle guerre d’Italia). La sua storia spicca per libertà e onestà interpretativa e

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per la sua splendida prosa italiana. Quindi, ora, l’impostazione ormai generale è ancorata a principi di realismo e di rigore. La storiografia dell’illuminismo. La grande stagione dell’illuminismo conferì alla storia nuovo vigore, liberandola dal pesante vincolo costituito dagli interessi dinastici o dal suo utilizzo come strumento politico e di governo. Voltaire fu il primo a concepire la storia come capace di mirare all’analisi e alla comprensione di ogni aspetto importante della società (infatti lui parlò di civiltà non limitandosi solo a quella europea e senza conferire superiorità a quella di altri continenti). Ciò che interessa a Voltaire è andare oltre alla narrazione dei fatti, per attingere ai movimenti profondi delle scelte e delle azioni umane. Voltaire dice che “La storia deve cogliere lo spirito dei tempi e i costumi dei popoli”. Insomma, quella che oggi chiamiamo storia economica e sociale. La storiografia nel XIX secolo. Tutti gli storici del XIX secolo, fecero propri i principi della storiografia razionalista, ossia il lavoro dello storico è quello di ricostruire e interpretare i fatti, dandone sempre una spiegazione sul piano logico e materiale-concreto dei fenomeni. Il paese in cui la disciplina storica venne maggiormente pratica fu la Francia (soprattutto per l’urgenza di capire e tramandare i drammatici avvenimenti. Esempio: Tocqueville che nel suo studio sulle origini della rivoluzione francese fu in grado di cogliere il rapporto tra continuità e cambiamento. Altro esempio: Jules Michelet che rese protagonista il popolo. Michelet è considerato precursore della storia globale, perché i suoi interessi si allargano fino a comprendere la storia della mentalità, e avere una ricostruzione completa della dinamica sociale). Dopo il 1848, la storiografia enfatizza i principi di nazionalità dando posto all’eroismo romantico e al Volkgeist (spirito del popolo). Nacquero grandi storie nazionali animate sui piani:  culturale-politico: dall’idea di una storia come fondamento dell’identità di una nazione.  filosofico-scientifico: come strumento di comprensione della realtà umana e vita sociale (storicismo). Importante è anche il poeta tedesco Leopold von Ranke, il quale afferma che il compito dello storico è quello di spiegare come i fatti sono accaduti (grazie a fonti affidabili, immergendosi nell’epoca studiata, per una corretta ricostruzione del passato). Nella metà dell’800 abbiamo il materialismo storico di Karl Marx , la cui tesi è: le produzioni spirituali (arte,religione,filosofia) non solo altro che le conseguenze della struttura economica; la storia può essere letta come lotta tra le classi sociali in merito al possesso dei mezzi di produzione e ai rapporti tra capitale e lavoro. Lo storicismo marxista favorì la fioritura della storia economica. Così la storia ora si occupa dell’uomo e delle società, cioè delle “masse” per Weber.Così il tradizionale studio della “storia politica” viene messo in crisi.

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3. La “Nuova storia” e la storiografia del XX secolo. Un nuovo orizzonte epistemologico. Verso la fine del XIX la storia politica tradizionale andò in crisi, accusata di non essere capace di dare spiegazioni complessive ai fenomeni e sospettata di alimentare il nazionalismo. Inoltre, usando solo documenti prodotti dai vari Stati e classi dirigenti, finì per limitarsi a una visione solo “dall’alto” della storia degli uomini. Così iniziarono riflessioni volte a riconsiderare i metodi della ricerca storica. Per Durkheim, la storia deve basarsi solo sulla dimensione dell’avvenimento senza attenzione alle strutture sociali di fondo. La rivista “Annales”. Annales è una rivista francese fondata a Strasburgo nel 1929 da due storici Lucien Febvre e Marc Bloch. Il tipo di storia che i due fondatori avevano in mente era una storia in grado di dialogare a livello interdisciplinare. La rivista, partendo da studi di carattere economico e sociale, spostò poi la sua attenzione verso uno studio storico complessivo dei fenomeni: una “storia totale”. Secondo Pirenne (maestro cui Bloch e Febvre offrirono, ma invano, di dirigere la rivista), lo studio delle strutture portanti di una società, conduce a una migliore comprensione della storia a patto che esse siano confrontate con quelle di altre società, diverse nel tempo e nello spazio. La rivista “Annales” segnò quindi il tramonto definitivo del mondo tradizionale di concepire e fare storia. Tra il 1939 e il 1946, a causa della guerra, la rivista tacque, ma riprese sotto la direzione del solo Febvre dopo che Bloch morì per mano dei nazisti. Ora la rivista pone ancor più l’accento sulla storia totale e un suo più marcato dialogo con le altre discipline. Col tempo vennero approfonditi i legami con la psicologia, la storia della mentalità, l’antropologia … ponendo nuovi soggetti della storia: donne e giovani. Quindi i risultati raggiunti dalla storiografia francese del ‘900 sono notevoli: la storia si è posta nuove domande, ponendo maggiore attenzione verso i ceti inferiori, bisogni, cultura, aspettative e speranze delle masse rurali e contadine. In questo modo, la storia assume un carattere più analitico che narrativo. Altri percorsi storiografici del XX secolo. Sia la storia britannica che quella francese avevano un’idea comune: la storia come analisi dei problemi “dell’uomo nella società”; una storia sociale come sinonimo di storia totale. Cenni alla storiografia italiana. L’Italia si è certamente collocata in ritardo rispetto al rinnovamento storiografico Novecentesco. Due coppie di maestri contribuirono a tenere l’Italia lontana dalla storiografia francese e anglosassone: 1. Benedetto Croce (antifascista) e Giovanni Gentile (fascista) ebbero un modo di fare storia lontano dalla ricerca condotta sulle fonti, ma più vicino al suo significato politico e civile.

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2. Gaetano Salvemini (antifascista) e Gioacchino Volpe (fascista), invece, non s’allontanarono dalla tradizionale storia politica, con Volpe legato agli aspetti economico-giuridici e Salvemini a quelli sociali.

CAPITOLO 2: I FONDAMENTI DELLA DISCIPLINA. 1. Il tempo e lo spazio. Un tempo lineare. Saper ordinare semplici sequenze cronologiche, leggere l’orologio o il calendario, etc., sono abilità che devono essere acquisite anche dai più piccoli prima di iniziare il curricolo di storia. Questa educazione temporale, più legata allo stesso “tempo” che alla disciplina in sé, serve ai bambini per giungere al riconoscimento di un tempo condiviso (ossia, un tempo sociale e non soggettivo). Un fraintendimento diffuso nello studio della storia, è legato alla visione “ciclica” del tempo umano. In realtà, la storia si basa solo su una dimensione lineare e sequenziale. Continuità e cambiamento. In ogni istante della storia c’è una forte continuità tra i fenomeni e ciò che li ha preceduti. Se, per assurdo, tutto cambiasse continuamente, non si avrebbe alcun processo di civilizzazione; la storia non avrebbe senso. La continuità è tutto quello che consente a una società di continuare a riconoscersi come tale, però è fondamentale anche il cambiamento: ogni società è attraversata da un perenne stato d’instabilità (gli uomini cambiano, a causa del ciclo di vita e morte, etc.). Inerzia e transizione, rivoluzione e reazione. La durata del tempo storico è fatta, quindi, di continuità e di cambiamento. È molto importante notare come una determinata società possa presentare una forte continuità di alcuni campi e contemporaneamente mutamenti, anche molto rapidi, in altri; questo può creare degli squilibri, delle asimmetrie. Quando alcuni degli assetti strutturali di una società cambiano molto, siamo in presenza di una transizione e quando tale trasformazione avviene con particolare velocità, si parla di rivoluzione. Quindi, bisogna usare con moderazione il termine “rivoluzione” perché spesso viene utilizzato per definire qualsiasi tipo di cambiamento. Non va dimenticato che, all’interno di una fase rivoluzionaria, ci possono sempre esser elementi di continuità. Il termine reazione ha, invece, un carattere più politico: infatti, si indica con reazione ogni comportamento collettivo che tende a far regredire la società a uno stadio che pare già superato.

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I tempi della storia: la proposta di Braudel. Un’innovativa interpretazione della variabile-tempo è proposta da Ferdinand Braudel nel suo libro Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II. Nell’introduzione, Braudel, spiegava di aver diviso il libro in tre parti: 1. la storia “quasi” fuori dal tempo: una dimensione lentissima in cui emergono le continuità e le permanenze del rapporto tra una civiltà e l’ambiente in cui essa si sviluppa. 2. La storia lentamente ritmata: è la storia sociale, quella dei gruppi, la storia del commercio, etc. 3. La storia tradizionale: la storia in rapporto non all’uomo, ma all’individuo. Braudel non nega il fascino degli avvenimenti storici, politici e militari, ma ritiene comunque che questo loro fascino può essere fuorviante, perché spinge a sopravvalutare l’individualità, la singolarità e il ruolo giocato dal caso. Quindi, la spiegazione di un avvenimento richiede sempre un’interpretazione più ampia, una scala temporale più dilata. È tramontata l’idea che le trasformazioni storiche possano essere rappresentate su un piano unidirezionale, continuo, regolare. Il tempo storico è irregolare; quindi, si ha una concezione multilineare del tempo storico. Rimane per l’insegnante il problema di come trasmettere allo studente questa molteplicità della dimensione temporale, senza rendere il discorso complesso. In questo caso, servono pazienza da parte dell’insegnante e interesse negli studenti. Datazione, cronologia, periodizzazione. Dal punto di vista didattico, è noto come le cronologie siano una delle “spine nel fianco”: per molti studenti, studiare storia significa ancora oggi memorizzare solo un certo numero di date. L’insegnante dovrebbe individuare poche date fondamentali, frutto di una ragionata selezione. L’allievo dovrebbe costruirsi delle proprie e personali cronologie in base ai fenomeni che gli interessano e a ciò che è riuscito a interiorizzare. Periodizzare significa ritagliare sulla retta del tempo i segmenti corrispondenti alla durata di un fenomeno, significa attuare un’operazione di carattere interpretativo; quindi, nessuna periodizzazione è priva di rischi e ambiguità. L’operazione del periodizzare è fondamentale in didattica perché abitua il discente a considerare la storia come materia plastica, soggetta a continue precisazioni e aggiustamenti. Lo spazio e la storia. Fondamentale è anche il rapporto tra storia e geografia perché un problema sociale va sempre inserito nel suo quadro geografico. A maggior ragione, nella scuola, il loro rapporto dovrebbe essere maggiormente valorizzato, ma non è sempre così: la carenza di mappe mentali, di punti di riferimento sicuri nello spazio (che dovrebbero essere già acquisiti in 1° e 2° elementare) rende difficile per lo studente seguire le spiegazioni perché il disorientamento nello spazio porta a una confusione concettuale. 7

2. Le fonti e la loro interpretazione. Il ruolo delle testimonianze. In apparenza, uno dei vantaggi dello storico è quello di non aver potuto assistere di persona ai fenomeni ai quali è interessato. Tuttavia, sappiamo quanto i pregiudizi e le convinzioni dello spettatore giochino un ruolo determinante nella registrazione dei fatti (la memoria individuale, inoltre, è uno strumento imperfetto perché opera selezioni delle informazioni). Quindi, per lo storico, l’impossibilità di un’osservazione diretta dei fatti non costituisce un problema, anzi la distanza che lo separa gli permette di riflettere maggiormente sulle trappole della soggettività. Inoltre, lo storico ha un altro vantaggio: conosce con certezza. Sapere in anticipo chi ha vinto una guerra, come si è conclusa, etc., rende più redditizio il cercare di capire quali sono stati i processi. Sappiamo bene che nel presente, spesso, diamo importanza a fenomeni che poi si rivelano inutili, mentre magari ci sfuggono quelli che, pur piccoli, si rivelano poi fondamentali. Domande e ipotesi. La ricerca storica nasce sempre da domande riguardanti il passato, le quali nascono comunque dal presente. Lo storico si interessa a un dat...


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