Riassunto youtube content creators marinelli ando PDF

Title Riassunto youtube content creators marinelli ando
Author Lino Spinelli
Course Web series e produzioni multimediali
Institution Sapienza - Università di Roma
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Summary

Riassunto personale di YouTube Content Creators...


Description

YouTube Content Creators YouTube è la più diffusa piattaforma di online video aggregation e al suo esordio si presentava minimalista, con il claim “Broadcast yourself” che ancora riprendeva il modello di distribuzione dei contenuti consolidato, quello televisivo. Oggi ospita contenuti di diversa natura: video amatoriali, prodotti creativi e contenuti fandom, fruiti in quantità crescente dai giovani. Da sempre la piattaforma si è contraddistinta per la sperimentazione creativa di formati e linguaggi; sia gli UGC (User Generated Content) che i PGC (Professional Generated Content) condividono l’idea di uno spazio con barriere relativamente basse, adatte all’espressione artistica. Tutti possono aprire un canale, trovare visibilità e contare – in termini di reputazione; chiunque può mostrare il proprio privato e la potenzialità espressiva per metterli a disposizione degli altri, con gusti e sensibilità affini. La percezione che da utente si possa passare a protagonista è ancora fortemente radicata e difesa. La ricerca condotta dall’Osservatorio Focus in Media della Fondazione per la Sussidiarietà mostra come spesso gli utenti sovrappongano la loro natura di fan alla costruzione di uno spazio originale all’interno del sito (“se lo ha fatto lui, posso farlo anch’io”). Le figure creative che lo popolano sono quindi in primo luogo utenti, consumatori, ma possono diventare protagonisti grazie alla capacità di replicarne le logiche, anche senza una formazione specifica o legami professionali con il mondo dei media. La formazione degli ‘ordinary users’ è piuttosto informale e collaborativa, molto diversa da quella delle classiche carriere. I digital creators non si preparano ad accogliere un’opportunità, la creano loro stessi. Oggi tutta l’esperienza quotidiana di consumo andrebbe riletta in termini di produttività delle audience di significati, discorsi e testi; il consumo diventa cioè un ulteriore anello nella creazione del valore e non la dimensione finale di un processo gestito dalle industrie mediali. I contenuti, infatti, circolano senza distinzioni tra prodotti industriali, amatoriali o semiprofessionali. Molti di essi sono citazioni o rielaborazioni di contenuti mediali ufficiali, detti anche snippet (frammenti) e come tali si prestano ad essere riciclati, memorizzati, raccolti e condivisi; secondo una logica di mediazione infinita (Silverstone) forme e significati continuano a circolare grazie ad appropriazione e condivisione della audience. La creatività si esprime nella capacità dei creatori di muoversi all’interno di questo frame sperimentando e innovando, al punto da condurre al successo determinati prodotti (da cui le stesse industrie mediali prenderanno ispirazione). Naturalmente, le pratiche di riproduzione e riuso racchiudono complicazioni riguardanti copyright, diritti e policy, ma si cerca sempre più spesso un equilibrio; ad esempio, YouTube può costituire un trampolino di lancio verso i media mainstream, ma questi ultimi possono usare la piattaforma per promuovere i loro programmi. Le industrie possono

quindi scegliere di incentivare YouTube e la transmedialità dei contenuti, soprattutto dopo il passaggio della piattaforma a Google, definito ‘formalizzazione’ o ‘istituzionalizzazione’, che ha mostrato una natura commerciale e ad-friendly. La fase amatoriale rappresenta il primo momento di accesso a YouTube, i primi esperimenti da mettere da parte, quando si è raggiunta la competenza più ancora che la visibilità. Dell’idea di amatoriale sopravvive la natura provvisoria e non professionale del contenuto, cui si aggiunge una percezione di prossimità da parte dei fan. Il passo successivo nell’esperienza del creativo è la definizione di una nuova professionalità; dovrà occuparsi della gestazione delle idee, della realizzazione e della pubblicità sui social media. È autore, sceneggiatore, regista, montatore; gestisce location, casting, analisi del pubblico, strategie comunicative e il proprio selfbranding. L’accresciuta visibilità e la percezione di poterla rendere un mestiere implica un investimento economico sui mezzi, come telecamera e pc, spesso acquistate proprio con i primi ricavati da YouTube o, per gli youtubers più famosi, dopo le forme di product placement e branded content volute dalle aziende. In questo caso, però, i principali protagonisti della piattaforma sono comunque attenti alla trasparenza e alla coerenza nei confronti dei loro prodotti, perché temono di perdere il contatto con il pubblico e la loro credibilità, a causa dello snaturamento della sua vocazione originaria. Gli obiettivi commerciali, la monetizzazione delle views e i ratings rischiano di trasformare YouTube, perché cesserebbe di essere uno spazio aperto a tutti e di libera espressione e permetterebbe una marginalizzazione dei contenuti meno popolari (già perpetrata con i sistemi di raccomandazione automatica) e sperimentali, a favore di una maggiore omologazione. Anche il ruolo delle audience in questo senso cambia, perché esse diventano meno attive e piuttosto consumano solo una minima parte della library disponibile, favorendo contenuti già in evidenza. Il predominio di YouTube è attualmente minacciato da altri player: app che spingono alla condivisione di video come Instagram e Snapchat, aggregatori per specifici contenuti come Twitch e Vevo, social network come Facebook che tra l’altro mantengono una politica molto aggressiva, proponendo costantemente contenuti audiovisivi agli utenti (i quali ne consumano 100 milioni di ore al giorno). Facebook è un concorrente temibile anche perché i native videos (quelli uploadati direttamente i piattaforma) mostrano un livello di performance decisamente più elevato rispetto a quelli linkati su altri portali (30% di views in più). Per concludere, la ricerca dell’Osservatorio si concentra sul passaggio dalla amatorialità alla professionalizzazione delle forme e delle pratiche produttive. Nel periodo aprile-settembre 2016 si è mappato il fenomeno della produzione originale, semiprofessionale o a basso costo, autonoma o prodotta in accordo con industrie

tradizionali. Prima di tutto sono stati individuati generi particolarmente interessanti per spinta creativa e spendibilità sul mercato: gaming, vlogging, animazione, web serialità. In seguito, sono state fatte interviste qualitative a youtuber emergenti, ma seguiti e capaci (17 case study). Infine, una riflessione sulla circolazione dei contenuti e dei volti del web anche nei media tradizionali. Se i contenuti diventano ogni giorno di più un collage di formati e linguaggi differenti, racchiuderli in una categoria non è un’operazione semplice, soprattutto per una piattaforma caratterizzata da sperimentazione, rimedi azione, riuso e ibridazione tra UGC e PGC. Inoltre, guardare video su YouTube non restituisce l’immagine intera, perché essi si ridefiniscono quando vengono incorporati e discussi in ambienti off e on line. In ogni caso, esistono macro-generi, sempre con elevati livelli di sovrapposizione, che ottengono il numero più alto di visualizzazioni: video divertenti con gli animali, prank videos (eredi delle candid camera), how to e tutorial (di make up, faidate, cucina..), gaming, animazione grafica (cartoni animati e disegni), webserie, vlogging (vita quotidiana condivisa online), unboxing videos e haul (consigli per gli acquisti, scoperte di nuovi prodotti, recensioni, test), recensioni fandom-like su contenuti e celebrity, fitness e benessere. Da tali gruppi sono state escluse le categorie meno creative; i video con gli animali sono estremamente gettonati, il fitness ha scarsi livelli evolutivi in termini di formati, i tutorial e i prank videos sono già felicemente transitati alla tv. La webserie e l’animazione sono invece spalmabili nella tv, nel cinema, nella pubblicità; il vlogging si sovrappone ad alcuni generi televisivi e il gaming è passato da contenuto nerd a intrattenimento di massa. Gli animation channels sono dedicati ai contenuti di animazione e permettono ai disegnatori di sperimentare, essere visibili e confrontarsi con gli altri; il pubblico è molto variegato, perché include adulti e bambini, e le cartoon webserie sono particolarmente interessanti e apprezzate. Questi prodotti sono nati principalmente come rielaborazioni di cartoni già famosi, in una logica di fan fiction, o come contenuti originali, di nicchia, sperimentali, spesso accompagnati ai tutorials. Gestire un cartone animato dal concept alla produzione è un lavoro faticoso, impegnativo e spesso costoso, ma su YouTube questo processo è notevolmente accelerato e favorevole sia ai principianti che ai disegnatori affermati nei media tradizionali, i quali possono qui creare nuove opere senza censure o pressioni dei network. Non esistono standard riguardo durata o messa in onda delle webserie, in particolare nella fase di lancio del prodotto, ma esistono comunque tendenze comuni: le animazioni 2D, accurate e divertenti, vicine alle produzioni tele-cinematografiche; le short animations, che raccontano in modo piacevole e accattivante anche fatti quotidiani o riflessioni serie; i nonsense, semplici e ilari con la voce del disegnatore che

accompagna la visione (ad esempio, Scottecs); gli stopmotion video, sketch su supereroi o personaggi dei videogiochi in Lego, plastilina o disegni 2D, di solito quelli che raggiungono un pubblico più vasto; gli alternative ending cartoon, che sfruttano in modo creativo l’immaginario comune; gli how to draws videos and animation tutorials, per insegnare tecniche di disegno. I linguaggi degli youtuber spaziano dal politicamente corretto (per i contenuti destinati ai bambini) al disinvolto (per audience più ampi), maggiormente colorito e irriverente, comunque coerente rispetto all’animazione proposta. Il linguaggio assume toni più neutri per i contenuti intergenerazionali. Alcune figure italiane che appartengono a questa categoria, accumunate da disegni semplici ma immediatamente comprensibili e utili alla storia, sono Marcello Ascani, che tratta anche temi sentimentali ed emotivi, e Sio, l’ideatore di Scottecs, il quale commenta nuove tecnologie e teorie pseudo-scientifiche, e attualmente si occupa anche di un mensile cartaceo. RichardHTT e Fraffrog forniscono disegni più impegnativi, spesso uniti a colonne sonore, animazioni digitali e riprese reali. Boban Pesov, invece, è un illustratore puro più che un animatore e tende a commentare il time-lapse delle sue creazioni in maniera cruda e a volte poco adatta al pubblico della piattaforma. Ogni animazione può richiede dalle due settimane ai due mesi, oltre al lavoro di pre-produzione, per questo incontra maggiori difficoltà, rispetto ad un gaming, nella creazione costante nel tempo e nella routinizzazione. D’altra parte, YouTube tende a premiare nel ranking quei video che riescono a mantenere gli utenti sullo stesso canale, avvantaggiando di fatto gli youtubers che producono più video; ciò ha evidenti ricadute in termini di investimenti pubblicitari. Per ovviare questo problema, molti utenti hanno cominciato ad ampliare i loro video inserendo vlog come ‘behind the scene’ o ‘work in progress’, oppure hanno usufruito del sostegno dei fan rilasciando in cambio extra e anticipazioni, ottenendo sostentamento ed engagement. Altre soluzioni possono essere la vendita dei prodotti finali e il branded content, ovvero la produzione di contenuti su commissione di brand. Il gaming comprende i contenuti audiovisivi informativi e di intrattenimento con cui un videogiocatore o un esperto presentano videogiochi, sessioni di gioco, recensioni, tutorial, hype per il lancio, parodie e racconti seriali costruiti intorno a questo universo narrativo. Sebbene inizialmente rivolto agli appassionati di settore (il 95% dei giocatori segue video di questo tipo), il genere oggi si è imposto come forma di intrattenimento più ampia. D’altronde, anche le console più recenti portano alla condivisione, grazie allo sviluppo delle funzioni ‘share’. I video games danno la possibilità di sentirsi contemporaneamente protagonista e osservatore, quindi hanno una natura fortemente rimediata. Secondo la classificazione proposta da Google,

esistono due grandi tipologie di contenuti: annunci, demo e lanci veicolati dal brand, come forma di comunicazione ed engagement, e il lavoro dei gamers, che comprende video divertenti, how to do, gameplay e review, comunque molto ibridati tra di loro. Ad esempio, una sessione di gioco live può essere seria o divertente, rasentando la parodia, oppure trasformarsi per certi versi in una recensione. Di qualsiasi genere si tratti, il video prodotto è in ogni caso un forte amplificatore del brand e dei touchpoint con esso, come se il videogiocatore ne facesse da testimonial. Inoltre, le caratteristiche stesse di molti giochi si prestano alla serialità; se infatti molti youtuber rendono alcune rubriche un appuntamento fisso, seriale, in altrettanti casi sono le strutture narrative del videogioco a prestarsi allo storytelling (ad esempio, ‘Life is Strange’ permette di attivare percorsi – e storie – diverse in base alle scelte del giocatore). Per quanto riguarda i linguaggi, i video branded preferiscono termini televisivi o cinematografici, mentre i gamers possono concedersi demenzialità, ironia o comunque uno stile colloquiale; ciò non vale per le recensioni di esperti, che utilizzano un linguaggio strettamente tecnico. I canali gaming sono spesso considerati qualitativamente poveri e scarsamente creativi dagli altri youtubers, tuttavia i personaggi di spicco in questa categoria sono capaci di rendersi riconoscibili e apprezzabili per l’abilità e la simpatia, nonché il carisma e i tratti volutamente caricaturali. Molti video fanno leva sul sostegno economico delle case produttrici dei videogames o sui network di distribuzione; la presenza del brand, inserita nelle riprese indipendentemente dalla volontà della casa madre, si sposa molto bene con forme di partnership o sponsorizzazione. Le webserie sono al confine tra struttura narrativa formalizzata, di origine televisiva e seriale, e user generated content. Per quanto risulti difficile darne una definizione precisa, sappiamo che le webserie devono sempre avere un plot narrativo e attori che lo interpretano; inoltre, sono prodotti funzionali che vengono distribuiti sulle piattaforme online. La webserie italiana è molto vicina alla sitcom, con cui condivide brevità degli episodi, ambientazione, tipologia e ricorsività dei personaggi. In base anche alle logiche della rete, gli episodi possono essere anche molto brevi (da 2 a 20 minuti), ma ciò non implica una minore difficoltà nel realizzarli. Le riprese si svolgono negli stessi luoghi, spesso interni, per far fronte al limitatissimo budget, e per lo stesso motivo gli attori possono essere 4-5 o anche uno solo che ricopre più ruoli. Tuttavia, a differenza della tradizionale sitcom, la webserie, che va incontro a una maggiore sperimentazione e democraticità, utilizza spesso tematiche taboo (omosessualità) o generi poco esplorati (horror, sci-fi). I costi bassi avvicinano la webserie al documentario, perché come quest’ultimo sfrutta mezzi semiprofessionali, leggeri e mobili, e dunque è consapevolmente mosso e impreciso in

alcuni passaggi. L’umiltà di produzione viene comunque ripagata dall’attenzione del pubblico, anzi infastidito da tecniche e mezzi professionali (come accaduto per il film dei The Pills, molto seguiti sul web ma poco apprezzati al cinema). Gli episodi vengono mandati in onda con una certa cadenza (uno a settimana/uno al mese) ma non seguono regole fisse, così come la durata della singola puntata, che non deve rispettare restrizioni, pubblicità o esigenze di palinsesto. Il prodotto può essere anche sospeso dopo pochi episodi, a causa ad esempio dell’insostenibilità economica. Come detto prima, i generi della webserie possono variare, e includere comedy, drama, horror, fantascienza, teendrama, temi LGBT, etc. Nel panorama italiano, le voci che più si distinguono nella categoria sono Cane Secco, con contenuti ironici e parodie, e The Jackal, che dopo serie divertenti sono arrivati a collaborare con la TV (Sanremo, David di Donatello) e attualmente producono contenuti per brand importanti. Oltre ai già citati The Pills, ci sono Michael Righini e i Nirkiop. Le webserie, al di là di quelle prodotte da emittenti televisive, hanno un problema di budget costante, proprio perché richiedono maggiori spese rispetto alle altre categorie analizzate. Le soluzioni possibili sono quindi il branded content, l’auto-finanziamento da parte degli autori e il contributo dei fan; non mancano poi collaborazioni tra gli utenti per garantire views e quindi introiti. I vlogging sono i blog creati in forma audiovisiva invece che scritta; sono di natura individuale e solitamente si concentrano su temi personali, fornendo spazi di discussione, informazione e intrattenimento, sotto forma di diario personale. Il vlogging trova i suoi antenati nella cultura della webcam e del confessionale, tipico di alcuni reality; è la forma migliore del “Broadcast yourself”. Molti vlogger cominciano a pubblicare video per caso o per curiosità, semplicemente presentandosi o chiacchierando di fronte alla telecamera; altri cercano forme di celebrità diverse e utilizzano il vlog per sperimentare. Col tempo i video diventano più complessi e qualitativamente migliori, con rubriche interne, attrezzature professionali o tecniche di montaggio. Dal momento che parlano della loro vita e delle azioni quotidiani, i vlogger utilizzano spesso un linguaggio colloquiale, con slang e parolacce, senza copione o scalette. Nel vlog sono rintracciabili tre componenti, il diario, l’identitià e il narcisismo. Esistono diversi generi: il vlogging puro nasce come forma avanzata del diario personale, quindi è una confidenza riflessiva e discorsiva, spesso stimolata da necessità di confronto o incertezze adolescenziali; lo star vlogging è l’evoluzione del precedente in termini di performance espressive, perché ha acquisito una dimensione di format e presenta routine, challenge e interviste da parte dei fan; gli how to sono i tutorial in cui i vloggers offrono consigli e istruzioni, ad esempio per make up, moda e cucina; la performance artistica è un video in cui l’attore/il cantante

sperimenta le proprie capacità per prepararsi alle esperienze professionali, ad esempio intonando cover o rispondendo alle audience. Il pubblico è solitamente la Gen Z, cioè i nati 1996-2010, per cui è frequente l’uso del gergo e anche delle cadenze dialettali come tratto caratterizzante dei vlogger. La post produzione, salvo alcuni casi di montaggio, è veramente limitata; i video sono brevi, intorno agli 8 minuti, e le inquadrature sono fisse o a mano (selfie). I protagonisti italiani in questa categoria sono soprattutto donne; ad esempio, Greta Menchi, fresca della giuria sanremese, Sofia Viscardi, Alice Venturi (adesso in tv nel programma ‘Detto Fatto’), Cleotoms, sono tutte poco conosciute rispetto alle colleghe internazionali, ma si prestano meglio alla presenza nei media tradizionali, nei programmi di intrattenimento e negli eventi live, in virtù del loro fortissimo ascendente sulle più giovani. Le loro audience sono fortemente coinvolte e fidelizzate, grazie a commenti, apprezzamenti e consigli (spesso ricambiati) che il pubblico scambia con i vloggers; i fan tendono anche a seguire queste nuove celebrità sugli altri social e a dedicarli pagine e gruppi ufficiali. Un vlogger può ricorrere all’auto-finanziamento, all’inserimento dei commercials nei suoi video, a product placement e branded content, nonché agli abbonamenti che le audience possono effettuare, dietro piccolo pagamento, al suo canale. Gli youtubers sono collegati da un unico filo conduttore, che va al di là delle motivazioni personali, delle passioni e delle aspettative: l’accessibilità della piattaforma, percepita come uno spazio aperto, ibrido, multiforme, praticabile da chiunque. YouTube è una palestra ad elevata potenzialità, dove mettersi alla prova e cominciare un percorso di apprendimento continuo e formazione sul campo; è uno spazio condiviso e fondamentale risulta il confronto con gli altri, youtubers e fan. La pubblicazione del primo video lascia emergere 3 microtendenze (non mutuamente esclusive): c’è chi inizia per caso, perché viene ispirato o spinto dagli altri e dunque pensa di poterci prova...


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