Scuola, società, politica, democrazia: dalla riforma Gentile ai decreti delegati PDF

Title Scuola, società, politica, democrazia: dalla riforma Gentile ai decreti delegati
Author GLORIA PARRETTI
Course Storia dell'educazione
Institution Università degli Studi di Firenze
Pages 19
File Size 352.8 KB
File Type PDF
Total Downloads 94
Total Views 133

Summary

Ottimo riassunto del libro Scuola, società, politica, democrazia: dalla riforma Gentile ai decreti delegati di Francesco Susi. Tot pag 19...


Description

CAP. 1 DALL’UNITA’ AL FASCISMO DOPO L’UNITA’L’Italia dopo l’Unità era un paese essenzialmente agricolo (70% della popolazione), lo sviluppo industriale era debole e ristretto a piccole aree del Nord. Mancavano le strade, era un paese arretrato, caratterizzato da un’estrema povertà, soprattutto nel Mezzogiorno; milioni di italiani emigrarono fino a metà ‘900. Il livello di istruzione era bassissimo: quasi l’80% della popolazione era analfabeta. I governanti della Destra storica ignorarono la realtà, non adottarono politiche per diffondere l’istruzione a causa della mancanza di risorse finanziarie ma anche della forte resistenza alle innovazioni e il non voler alterare gli equilibri presenti: i ruoli sociali erano accettati come oggettivi. LEGGE CASATI (1859): definita anche la “Magna Cartha” è una legge “fondativa” (si occupa di tutti gli aspetti della scuola: amministrativi, funzioni di tutto il personale, dai dirigenti agli studenti, ecc.) composta da 380 articoli, pensata da Gabrio Casati –ministro della Pubblica istruzione del Regno di Sardegna- per il Piemonte e la Lombardia prima dell’Unità. Venne redatta in soli quattro mesi, recuperando vecchi progetti di legge, e promulgata in forma di decreto legge nel 1859 per essere poi estesa a tutto il Regno d’Italia nel 1861, andando a sostituire i differenti sistemi scolastici degli Stati preunitari (dunque non è vero che la scuola in Italia nasce con la legge Casati). L’istruzione divenne dunque prerogativa non più della Chiesa ma dello Stato, aprendo il conflitto tra le due istituzioni. Prevedeva: ELEMENTARI Quattro anni divisi in due bienni, di cui solo il primo obbligatorio (6-8 anni). -grado inferiore-> religione, lettura, scrittura, aritmetica, italiano. -grado superiore-> composizione, calligrafia, geografia, storia, fisica, scienze + maschi: geometria e disegno; femmine: lavori domestici. ISTRUZIONE CLASSICA Scuola propedeutica all’università (vi erano cinque facoltà: lettere e filosofia- giurisprudenza -matematica, scienze e fisica- medicina- teologia), destinata ai ceti superiori, preparava alle professioni. Si potevano distinguere tre categorie, sia di ginnasi che di licei, in base al numero di abitanti della zona. -Ginnasio (5 anni)-> italiano, latino, greco, aritmetica, geografia, storia. -Liceo (3 anni)-> filosofia, matematica, fisica, chimica, letteratura italiana, latina, greca, storia, storia naturale. Ginnasi e licei non erano abbinati: in alcune località potevano esservi anche ginnasi “isolati” ovvero senza grado successivo. ISTRUZIONE TECNICA Rivolta alla piccola borghesia, destinata a coloro che non aspiravano all’università ma ad impieghi minori di carattere contabile, organizzativo o amministrativo. Non si svolgevano attività pratiche di laboratorio o officina, differenziandosi dall’istruzione professionale. Negli anni ci furono varie modifiche che portarono ad accrescere i contenuti pratici. Si potevano sempre distinguere tre categorie di scuole e istituti sulla base del numero degli abitanti. -Scuola tecnica (3 anni)-> italiano, francese, aritmetica e contabilità, algebra, geometria, disegno e calligrafia, geografia, storia, storia naturale, fisica, chimica, doveri e diritti dei cittadini. -Istituto tecnico (3 anni)-> 1. Commercio e ragioneria, 2. Agrimensura per geometri, 3. Agronomia, 4. Industria, 4. Fisico-matematica.

SCUOLA NORMALE “che detta la norma”, destinata alla formazione dei futuri maestri. Prima vi erano dei corsi trimestrali o semestrali per insegnanti chiamati “corsi di metodo”, da cui erano escluse le ragazze. La legge Casati introduce invece una prima scuola vera e propria per la formazione degli insegnanti. Le scuole normali erano divise in maschili e femminili e, a differenza delle altre scuole, non era previsto un corso inferiore, bastava avere 16 anni per gli uomini e 15 per le donne, perché si riteneva maturassero prima. Duravano 3 anni ma al secondo anno si rilasciava un patentino per insegnare già al grado inferiore delle elementari. -> italiano, letteratura italiana, geografia, storia, aritmetica, contabilità, geometria, storia naturale, fisica, chimica, igiene, disegno, calligrafia, pedagogia + maschi: agricoltura e diritti e doveri dei cittadini; femmine: lavori femminili. -MODIFICHE: 1. Psicologia e tirocinio: negli anni ’80 verranno introdotte la psicologia e il tirocinio al 2° e 3° anno, grazie al Positivismo che dava importanza alla pratica. 2. Scuola complementare: nel 1896, Gianturco istituì la scuola complementare femminile come scuola propedeutica alle scuole normali: chi aveva frequentato la scuola complementare poteva accedere alle normali senza esame d’accesso, mentre chi vi accedeva dopo la scuola tecnica o dopo il ginnasio (unica strada per gli uomini) doveva sostenere un esame di ammissione. La stessa legge abolì anche la distinzione tra patente di grado inferiore e superiore.  CLASSISMO: sistema scolastico fortemente classista e inegualitario, piramidale e gerarchico, in accordo con un regime di governo fondato su una rappresentanza estremamente ristretta e un sistema elettorale che ammetteva al voto solo una piccolissima parte della popolazione. La scuola si adattava alla società, pietrificandola: ogni gruppo sociale ha la propria scuola senza possibilità di emancipazione e mobilitazione sociale.  FORMAZIONE TECNICA VS UMANISTICA: rigida distinzione fra istruzione tecnico-professionale, per le classi medio-inferiori, e umanistica per i figli delle classi dirigenti. In ogni caso l’istruzione secondaria, sia tecnica che classica, era riservata a una minoranza della popolazione, il resto si limitava alla scuola elementare e spesso solo alle prime classi. I “presidi” erano a capo dei liceiginnasi, unici esonerati dall’insegnamento, mentre i “direttori” a capo delle scuole tecniche e normali. Dovevano mantenersi separati.  OBBLIGO: solo con l’illuminismo e con la rivoluzione francese l’istruzione inizia ad essere intesa come un’espressione dell’uguaglianza dei diritti di ciascuno e sono questi ideali che lentamente ispireranno le leggi sull’obbligo scolastico anche in Italia. La legge Casati prevede un obbligo di istruzione limitatissimo, solo il primo biennio delle elementari, affidato ai Comuni del tutto inadeguati a sostenerlo economicamente, e non erano precisate –dunque non applicate- le sanzioni per chi non lo rispettava. Inoltre, era un obbligo non scolastico, i ceti più alti ad esempio non mandavano i propri figli alle elementari ma li istruivano privatamente.  COMUNI: la classe dirigente piemontese aveva deciso che, a seconda della portata, della ricaduta, dell’efficacia dell’istruzione, si ripartivano le spese tra tre istituzioni: Comuni, Province e Stato. Secondo loro l’istruzione elementare aveva un’efficacia che non andava oltre il Comune e dunque le spese erano affidate a loro, l’istruzione tecnica e ginnasiale si riteneva avesse una portata più ampia e dunque era affidata alle Province, mentre il liceo (esisteva solo il classico) era imputato allo Stato perché era ritenuto scuola di formazione della classe dirigente, della cui efficacia beneficiava l’intero Stato. L’attribuzione della scuola elementare alla potestà dei Comuni fu il punto di debolezza

della legge Casati, lo Stato doveva solo intervenire a sostegno di quelli che non ne erano in grado. Di fatto, però, le finanze erano insufficienti e i finanziamenti erano inferiori a quelli necessari.  MAESTRI: o Formazione professionale: maestri privi di una formazione professionale, eletti dai comuni, in base alla legge dovevano avere una patente di idoneità all’insegnamento (ottenuta tramite concorso a cui potevano accedere gli abilitati delle scuole normali con un minimo di 18 anni per gli uomini e 16 per le donne) e un attestato di moralità rilasciato dal sindaco. Data la carenza di insegnanti, tuttavia, si prevedeva che si potesse insegnare anche: 1) frequentando un anno e ottenendo un “patentino” per le prime classi elementari, 2) svolgendo un anno di tirocinio, senza frequentare le scuole, e superando l’esame finale, 3) superando l’esame e ottenendo la licenza senza aver frequentato le scuole né effettuato tirocinio, 4) addirittura dando l’incarico a persone reputate ‘sufficientemente abili’ senza patente. Queste eccezioni in realtà divennero la prassi poiché in pochi potevano permettersi di frequentare la scuola normale. o Stipendi: stipendi miseri dei maestri, a carico dei Comuni, dunque costretti ad avere un secondo lavoro. o Donne: i Comuni, soprattutto quelli più poveri, preferivano assumere donne come maestre per diversi motivi: 1. più controllabili politicamente e socialmente: non avevano diritti, non potevano votare, non potevano esercitare una politica né passiva né attiva; 2. più convenienti economicamente: avevano uno stipendio meno della metà rispetto a quello degli uomini e potevano insegnare sia ai maschi che alle femmine (i maestri solo ai maschi) [E’ stata una grossa trasformazione rispetto all’800 quando la donna non era ritenuta adatta al ragionamento, dunque all’insegnamento, e il maestro era, inoltre, solitamente un religioso: l’istruzione infatti non era legata a un vantaggio lavorativo, non si studiava per ‘trovare lavoro’ ma per ‘imparare la via della virtù’, dunque si trattava di un senso educativo spirituale ed era giusto che ne occupasse un uomo di chiesa. Già a fine ‘800 le donne cominciarono ad essere numericamente di più perché era l’unica carriera che potevano intraprendere]. Le maestre furono spesso vittime di pregiudizi, con conseguenze anche drammatiche (casi di suicidio). LEGGE COPPINO (1877): alla caduta della Destra storica, che aveva trascurato l’analfabetismo delle classi popolari (solo gli ultimi due articoli della legge Casati riguardavano l’istruzione elementare), la Sinistra compì un notevole passo avanti con la Legge Coppino.  OBBLIGO A 9 ANNI: innalzamento dell’obbligo scolastico fino ai 9 anni di età, andando a pesare per i più poveri. Di fatto venne a legittimare un qualcosa che prima era eccezionale (solo in alcuni Comuni).  SANZIONI: introduzione di sanzioni per gli inadempienti all’obbligo scolastico, da cui era esente chi presentava un reddito nullo: vennero creati dei registri dove ogni Comune doveva inserire i nominativi degli alunni in obbligo e dovevano vigilare affinché l’obbligo non fosse evaso; era stato stabilito che i genitori erano i responsabili dell’obbligo dei figli e in caso contrario erano passibili di ammende; se l’atteggiamento era recidivo si poteva giungere fino al ritiro del porto d’armi, molto importante all’epoca. In realtà i Comuni non furono poi così attenti perché mancavano le scuole e l’evasione era considerata scontata, i genitori erano come giustificati.





FINANZIAMENTI: finanziamenti statali per ampliare e migliorare i locali ma per poter partecipare alla suddivisione dei fondi predisposti dallo Stato occorreva che i Comuni disponessero di almeno di un terzo della cifra prevista come spesa e molti non ce la facevano. DIRITTI E DOVERI: la legge non indica l’insegnamento della religione, non la nomina, e inserisce una nuova materia: i Diritti e Doveri del cittadino. Dunque venne a delinearsi una situazione abbastanza contraddittoria perché nel triennio obbligatorio non è prevista, ma nel biennio successivo, disciplinato dalla legge Casati, sì. Si determinò quindi un grande caos, soprattutto nel periodo giolittiano nel momento in cui si formano i blocchi popolari da una parte e cattolici/liberali dall’altra  la scuola viene a risentire di contraddizioni che sono prevalentemente politiche.

Tuttavia le difficoltà continuavano: 1. a livello popolare la scuola non era ben vista, portava via i figli dai campi e non ne vedevano un’opportunità poiché non offriva possibilità di mobilità sociale, non vi erano i requisiti necessari a capire l’importanza dell’istruzione, 2. la Chiesa la vedeva come un qualcosa che ‘scristianizzava’ i giovani, 3. permaneva il pregiudizio tra le classi dirigenti che l’istruzione del popolo avrebbe portato alla ribellione, al disordine e alla delinquenza dato che avrebbe reso i ceti più umili coscienti della propria condizione. Si continuò dunque a non cogliere il nesso tra la questione sociale (arretratezza del paese) e istruzione. ISTITUTO DI MAGISTERO = istituiti a Roma e Firenze da De Sanctis nel 1878, erano istituiti parauniversitari quadriennali a cui accedevano solo le donne normaliste (licenziate dalla scuola normale) per conseguire un titolo utile ad insegnare nelle scuole normali femminili e nelle scuole complementari. Non erano corsi universitari ma di livello universitario ed erano a numero chiuso. Nel 1882 vi fu una nuova legge elettorale che riconosceva il diritto di voto a chi possedeva la licenza elementare indipendentemente dal reddito: l’istruzione diventava così un requisito per esercitare i diritti politici. Nel 1886 una legge vietava il lavoro minorile di bambini al di sotto dei 9 anni nelle industrie e nelle miniere, lasciando tuttavia fuori il lavoro familiare e commerciale  c’è sempre una correlazione tra tutela del lavoro minorile e obbligo scolastico (seguiva la legge Coppino). ETA’ GIOLITTIANA (1901-1914)L’età giolittiana coincise con mutamenti positivi: - SVILUPPO DEL PAESE: la valorizzazione di nuove risorse e l’applicazione delle più recenti scoperte scientifiche portarono alla trasformazione industriale e allo sviluppo del paese, con conseguente aumento delle esportazioni. - MIGLIORAMENTO LAVORATORI: la classe dirigente cercava di ottenere una più larga adesione per cui operò per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori (legislazione sociale, incremento delle opere pubbliche, riconoscimento dei diritti politici del movimento operaio -> 1892 nascita partito socialista, dunque conquista di migliori salari). - LAICIZZAZIONE: l’età giolittiana si caratterizzò anche per la richiesta di una maggiore laicità nelle istituzioni e nella vita pubblica del paese, causando forti tensioni poiché Giolitti cercava invece di rafforzare i rapporti con i cattolici. La mozione Bissolati (1908) richiedeva la completa laicità della scuola elementare, con l’abolizione della religione alle elementari, ma fu respinta, causando comunque un vasto dibattito sulla questione. Queste trasformazioni determinarono un aumento della domanda di istruzione e una nuova attenzione all’istruzione elementare: nel 1901 nacque l’Unione magistrale nazionale (UMN) grazie a Luigi Credaro (ministro della Pubblica Istruzione), organizzazione di maestri capace di esercitare una pressione sufficiente

sui governi per ottenere concreti provvedimenti per il miglioramento della scuola. Riuscirono a mediare tra le divisioni politiche interne focalizzandosi su alcuni punti fermi comuni (aumento degli stipendi -> rivendicazione non accolta, rapporto tra scuola pubblica e privata, libertà d’insegnamento, metodi, stato giuridico degli insegnanti, ecc.) e contribuirono a riforme ritenute ormai urgenti anche dalle classi dirigenti per la modernizzazione del paese. I punti richiesti resero subito l’UMN molto popolare tra i maestri e vi aderirono anche molti preti e suore pur non essendo una associazione cattolica. [Nel 1906 nacque la nuova fondazione Nicolò-Tommaseo. Molte maestre non volevano aderire perché erano consapevoli che avrebbero indebolito l’Unione Magistrale Nazionale che aveva difeso il loro interesse. Fu così che venne addirittura permesso avere doppia tessera. In questo modo la Chiesa inizialmente non costrinse a scegliere ma gradualmente, invece di pagarne due, i maestri finirono con l’aderire solo alla nuova fondazione]. Alla costituzione dell’ UMN fece seguito un’analoga iniziativa da parte degli insegnanti di scuola secondaria che diedero vita nel 1902 alla Federazione nazionale insegnanti scuola media (FNISM). Al centro dei dibattiti vi furono problemi salariali, normativi e problematiche più generali tra cui la questione dell’unificazione dei vari percorsi scolastici che erano invece separati (biennio popolare, ginnasio, scuola tecnica e scuola complementare), per dar modo agli studenti di scegliere il proprio percorso di studi più tardi e quindi con maggiore maturità. Si trattava dunque dell’istituzione di una scuola media unica. Ad opporsi vi fu invece Gaetano Salvemini, socialista, che sosteneva che una scuola media sarebbe stata generica, non formativa sul piano professionale. Il suo progetto consisteva in una scuola di alta qualità con il fine di formare la nuova classe dirigente, una scuola invece aperta a tutti e non selettiva sarebbe stata dannosa. Ogni categoria doveva avere la propria scuola, differenziando i percorsi in base all’appartenenza sociale. Così non ci fu nessuna riforma. Nel 1906 gli insegnanti secondari ottennero lo stato giuridico. LEGGE NASI (1903): sullo stato giuridico dei maestri elementari:  Uguale stipendio per maestre e maestri.  Stabilità del posto di lavoro: garantiva dai licenziamenti immotivati e dai soprusi, inoltre, in caso di malattia l’insegnante non perdeva il posto di lavoro.  Diritto alla pensione: venivano dettate nuove norme per la costituzione del monte pensioni. LEGGE ORLANDO (1904): prolungò l’obbligo scolastico fino a 12 anni, per cui venne istituito un corso popolare biennale per chi non proseguiva verso gli studi secondari; istituì scuole serali e festive per combattere l’analfabetismo; assistenza per i comuni più poveri; miglioramento dei salari dei maestri. E’ la prima legge che prevede dunque una differenziazione dei percorsi già all’interno dell’obbligo. LEGGE DANEO-CREDARO (1911): si affermò il principio della scuola elementare come servizio pubblico statale, avocando (=chiamare a sé) le scuole allo Stato e sollevando i Comuni dalla spesa: 1) tutti i Comuni con meno di 20000 abitanti devono far trasferire le scuole allo Stato, 2) i Comuni con meno di 20000 ma che hanno la possibilità di far valutare le loro capacità, su richiesta, possono mantenere le loro scuole, 3) anche i Comuni che hanno più di 20000 abitanti possono richiedere di avocare le scuole allo Stato se avevano scarse possibilità finanziarie. Dunque la scuola elementare era concepita come un servizio che lo Stato deve garantire a tutti, trasformando il maestro in dipendente statale. Erano gli stessi maestri a chiederlo perché il “datore di lavoro” era più affidabile e vi era meno controllo diretto sui maestri rispetto ai Comuni. All’origine della legge vi era l’inchiesta Corradini sulla persistenza dell’analfabetismo in Italia. Luigi Credaro fece anche altre cose importanti, a cui non viene data solitamente molta importanza. In realtà sottolineano il concetto che lui ha della scuola e della formazione in generale:









SCUOLE PEDAGOGICHE (1905-1906): corsi universitari biennali istituiti con due per l’insegnamento nelle scuole tecniche e complementari. Comprendevano anche discipline professionalizzanti (diversamente da Gentile). L’ingresso universitario degli insegnanti avverrà tuttavia solo a fine ‘900, prima tali corsi non erano molto considerati. GINNASI MAGISTRALI: pensò di trasformare tutti i ginnasi isolati (quelli cioè che non avevano nello stesso luogo i licei dove gli studenti potevano proseguire) in ginnasi magistrali e, per conseguire la licenza utile all’insegnamento occorrevano 3 anni di ginnasio inferiore + 2 anni di ginnasio superiore, dunque con 5 anni al posto di 6 si poteva ottenere la licenza per poter insegnare. Se gli studenti avevano un buon rendimento (una media di 7/10) potevano anche fare solo un anno di ginnasio superiore. LICEI MODERNI: servivano licei più orientati sulle lingue straniere, sul disegno, più “utili” possiamo dire e con basi culturali più attuali. Prevedeva dunque che venisse insegnata una lingua straniera e che nella filosofia dovessero integrarsi elementi di economia e di diritto, con la raccomandazione che l’apprendimento venisse più da un lavoro comune tra docenti e studenti (relazioni, discussioni, esercitazioni comuni, ecc.) che non dallo studio dei manuali. Dunque una didattica non fondata su una lezione ma su un coinvolgimento della ricerca, della discussione degli studenti. Il ginnasio liceo moderno si avvicinava all’istituto tecnico ma aveva comunque una base culturale più forte perché doveva aprire le porte all’università. Era di quegli anni il contrasto tra cl...


Similar Free PDFs