Secondo parziale - il fabbisogno finanziario, struttura del reddito, struttura del capitale, struttura PDF

Title Secondo parziale - il fabbisogno finanziario, struttura del reddito, struttura del capitale, struttura
Author Erica Verzella
Course Economia aziendale
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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SECONDO PARZIALE – ECONOMIA AZIENDALEIL FABBISOGNO FINANZIARIOCi riferiamo alla gestione finanziaria, in cui ci sono operazioni volte a dare adeguata copertura al fabbisogno finanziario aziendale, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo. Questo problema sorge già al momento dell’istituzion...


Description

SECONDO PARZIALE – ECONOMIA AZIENDALE IL FABBISOGNO FINANZIARIO Ci riferiamo alla gestione finanziaria, in cui ci sono operazioni volte a dare adeguata copertura al fabbisogno finanziario aziendale, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo. Questo problema sorge già al momento dell’istituzione dell’azienda e dipende da: • Le dimensioni aziendali • Il tipo di azienda • La discrasia temporale Questo problema persiste durante la vita aziendale e le sue caratteristiche variano. Si può studiare (contemporaneamente) sono 2 profili fondamentali 1. Profilo quantitativo Ci si occupa di definire il fabbisogno finanziario ed identificarlo (quanto è) nella sua identità. Si devono trovare le risorse che lo possono soddisfare. Le entrate possono essere di origine interna o di origine esterna. Le entrate di origine interna derivano dallo svolgimento della propria attività e si chiamano endogenerate Ef. Le entrate endogenerate derivano dal conseguimento dei ricavi ed hanno 2 componenti: le risorse rigenerate Rr che sono quelle investite nell’acquisto di fattori produttivi che hanno generato realizzi attraverso le vendite; le risorse autogenerate Ra che rappresentano il maggior valore realizzato rispetto alle risorse rigenerate. I ricavi sono dati da Rr + Ra. Quelle di origine esterna derivano dal capitale acquisito con il vincolo delle proprietà Cp, e dal capitale acquisito da terzi con prestiti Ct. ‫ ־‬Si può parlare di fabbisogno finanziario lordo Fl nell’intervallo temporale T0-Tn , dato dalla sommatoria delle uscite monetarie che l’azienda dovrà affrontare, legate agli investimenti da fare nel periodo temporale. ‫ ־‬Il fabbisogno netto esterno, Fne= Fl - ∑Ef (=Rr+Ra), esprime l’ammontare di risorse finanziarie che l’azienda deve raccogliere da fonti esterne (proprietà e/o prestito) per far fronte alle uscite monetarie. ‫ ־‬Il fabbisogno netto globale, Fng= Fl – Rr, esprime l’insieme delle risorse finanziarie che l’azienda deve reperire sia di origine esterna che tramite il flusso di autorigenerazione delle risorse. Se l’utile viene interamente distribuito Fng=Fne.

2. Profilo qualitativo L’analisi del fabbisogno si propone di realizzare la migliore combinazione tra fonti di finanziamento (esterne e Ra) per la copertura del fabbisogno finanziario. Assumono importanza i tempi di realizzazione degli investimenti, cioè il tempo che impiegano a tornare in forma liquida monetaria.

Possono avere breve tempo di realizzo e generare fabbisogno variabile, o un lungo ciclo di realizzo e generare fabbisogno durevole. Il fabbisogno durevole può essere coperto da fonti finanziarie rigide, mentre quello variabile da fonti finanziarie elastiche (facilmente espandibili e comprimibili). In una visione statica, che guarda la natura degli investimenti, ci sono 2 classi di impieghi: 1.

2.

Attivo circolante: formato da tutti gli impieghi che per loro natura hanno tempi di realizzazione brevi Attivo immobilizzato: formato da impieghi che per loro natura richiedono tempi di realizzazione medi-lunghi

Si deve affiancare una visione dinamica, che guarda la funzione che l’operazione d’investimento svolge.

(punti di minima)

Ogni azienda ha il suo fabbisogno finanziario. Bisogna osservare le modalità di svolgimento del processo di produzione e le relative variazioni monetarie. Tenendo conto di questi fattori si possono distinguere 4 macrocategorie: 1) Marcatamente ciclo stagionale L’attività è concentrata in un solo periodo dell’anno poiché fortemente legata alla stagionalità delle materie prime. (aziende di prodotti agricoli o aziende turistiche)

2) Prevalentemente ciclo stagionale L’attività è condizionata da fenomeni di stagionalità, con ricorrenza infrannuale e di rilevanza tale da non creare eccessive differente le punte di massima espansione del fabbisogno e quelle di minima. (industria dell’abbigliamento, aziende dolciarie)

3) Prevalentemente ciclo produttivo Il caso di aziende che risentono solo marginalmente di fenomeni di stagionalità, mentre al contrario il processo produttivo si mostra maggiormente uniforme. (settore automobili)

4) Marcatamente ciclo produttivo Il caso di aziende che non risentono dei fenomeni di stagionalità. I fenomeni di discontinuità possono derivare dall’andamento leggermente discontinuo della domanda. (aziende siderurgiche, chimiche)

STRUTTURA DEL REDDITO È necessario conoscere il reddito prodotto con riferimento ad un dato periodo temporale, ovvero bisogna dividere la vita dell’azienda in esercizi, interrompendo la continuità della gestione. Si considerano solo le operazioni concluse, mentre quelle in svolgimento vengono sospese e rinviate ai prossimi esercizi. •

Primo periodo



Logica di determinazione

Utilizziamo questa rappresentazione temporale per richiamare concettualmente la metodologia di determinazione del reddito. Nel determinare il reddito la prima cosa che osserviamo è cosa è accaduto nell’intervallo di tempo. Sappiamo che la determinazione del reddito è data dal confronto tra i flussi dei costi e i flussi dei ricavi. La prima componente (1) indica che osserviamo costi sostenuti e ricavi conseguiti, secondo un principio di competenza finanziaria. Poi si applica un principio di competenza economica, (2) indica le operazioni riguardanti il primo periodo che però non hanno avuto una manifestazione economica in esso. Queste operazioni non concluse, non concorrono a determinare il reddito di questo periodo e quindi le dobbiamo sospendere e rinviare agli esercizi futuri, facendo delle rettifiche nella struttura del reddito. Poi si deve considerare che ci sono delle operazioni di competenza dell’esercizio e concluse, ma che in futuro potrebbero dar vita ad ulteriori costi o ricavi (3). In questo caso si devono anticipare dei costi che si potrebbero verificare, chiamati costi presunti futuri. Questa terza componente l’aggiungiamo secondo un principio di competenza economica e di prudenza.

*1: rettifichiamo i ricavi non di competenza ed individuiamo le rimanenze finali passive

*1 *2

*2: rettifica dei costi non di competenza= rimanenze finali attive

Utile

(perdita)



Periodo intermedio



Principio di competenza economica

La necessità di riferire il reddito ad un periodo intermedio impone l’accoglimento del principio di competenza economica. I ricavi sono di competenza economica del periodo in cui si conclude l’operazione di vendita, ovvero con il passaggio materiale del bene. I costi sono di competenza economica del periodo in cui si manifesta la competenza economica dei correlati ricavi. Si aggiunge il collegamento (4) con i costi e ricavi che non erano di competenza economica degli esercizi precedenti.

RFP → RIA RFA → RIP

Quando misuriamo il reddito del periodo intermedio sappiamo che esso è determinato da valori sia oggettivi che soggettivi. I valori oggettivi sono i costi sostenuti per l’acquisizione di fattori produttivi nel periodo e che sono stati misurati nel periodo con le uscite monetarie; i ricavi riguardanti operazioni che si sono svolte e concluse nel periodo. I valori soggettivi sono quelli frutto di stime e congetture, e sono valori relativi alle operazioni ancora in corso. I costi e i ricavi stimati riguardano i costi per l’acquisto di fattori produttivi, perlopiù a fecondità semplice, o ereditati dall’esercizio precedente o da rinviare all’esercizio successivo; i ricavi provenienti dal passato e quelli da rinviare al futuro, che riguardano operazioni non ancora concluse. La stima di questi valori non può essere immediatamente verificata perché collegata ad eventi futuri. I costi congetturati sono relativi ad investimenti in fattori produttivi a fecondità ripetuta e concorrono alla formazione del reddito con i loro prezzi d’uso, attraverso la ripartizione in più esercizi del loro costo. Mediante queste congetture si inserisce un grado di soggettività ben superiore rispetto alle stime, e questo valore che diamo non lo potremo mai verificare.

STRUTTURA DEL CAPITALE

Nel determinare il reddito d’esercizio contestualmente stiamo determinando anche il capitale netto di funzionamento attraverso la struttura del capitale.

RFP e RFA sono i costi che vengono sospesi facendoli transitare nella struttura del capitale

CPF vengono rappresentati dai debiti presunti di funzionamento

L’insieme di fattori specifici e generici della produzione, a disposizione dell’azienda in qualunque istante della sua vita per lo svolgimento della gestione, rappresenta il capitale lordo aziendale. Se sottraiamo il totale dei debiti al capitale lordo, otteniamo il capitale netto aziendale. Quando si valutano gli elementi che compongono il capitale, dobbiamo considerare il vincolo di complementarità, che lega questi componenti. Significa che il valore del capitale non è dato dalla semplice somma dei singoli elementi, non è un semplice aggregato di valori, ma un sistema di valori, e quindi la valutazione del singolo elemento del sistema dipende dal suo possibile inserimento nel sistema produttivo. Il capitale iniziale, detto di costituzione, è rappresentato sia da risorse finanziarie che da beni strumentali messi a disposizione dell’azienda. Il capitale finale, detto di liquidazione, è composto da beni di natura monetaria (denaro, debiti, crediti) e da beni di natura economica (fattori produttivi), che però, quando l’organizzazione sarà dissolta e non saranno più collegati dal vincolo di complementarità, perché non saranno più inseriti in una combinazione produttiva, verranno ceduti sul mercato a prezzi di realizzo (quello che il mercato offre). Teoricamente potremmo desumere il reddito totale confrontando il capitale finale con quello iniziale. Tuttavia non ci sarebbe di nessuna utilità, in quanto dobbiamo determinare il reddito con 2 finalità: 1. Come strumento di controllo di gestione per valutare quale livello di economicità è stato raggiunto 2. Per valutare quanta parte di risorse autogenerate dalla gestione può essere utilizzata per remunerare il capitale di rischio, dopo aver effettuato i prelievi fiscali secondo le disposizioni vigenti. Queste 2 finalità possono essere soddisfatte solo misurando il reddito prodotto nel periodo intermedio, in modo da apportare eventuali modifiche alle politiche gestionali e poter redistribuire il reddito periodicamente come remunerazione del capitale di rischio.



Collegamenti tra struttura del reddito e del capitale

Quando parliamo di capitale ci riferiamo ad informazioni di istanti della vita aziendale, e parliamo di stock. Gli stock rappresentano i valori dei macchinari o dei prodotti che sono presenti in magazzino in una certa data. Sono stock finanziari la quantità di denaro in cassa e la somma dei debiti e dei crediti ad una certa data. Quando ci riferiamo al reddito facciamo riferimento ad intervalli temporali e osserviamo la dinamica e le variazioni, ovvero i flussi. I flussi rappresentano i flussi economici, i costi d’acquisto dei fattori e i ricavi di vendita dei prodotti. Sono flussi finanziari le entrate e le uscite di denaro e le variazioni dei debiti e dei crediti. Il capitale economico rappresenta la proiezione ed attualizzazione di tutto il flusso reddituale futuro, ed è determinato per orientare il prezzo di cessione/acquisizione di un’impresa. Il capitale netto di funzionamento, determinato in funzione del reddito che si prospetta in forza dei soli investimenti già effettuati, è il risultato di un modello di determinazione ispirato al principio di prudenza.

STRUTTURA FINANZIARIA

La gestione finanziaria si divide nell’area delle decisioni d’investimento, che dipendono dalle politiche aziendali e che trovano copertura nell’area delle scelte di finanziamento, che devono essere valutate considerando gli effetti che possono provocare sull’economicità aziendale. Con riferimento alle scelte d’investimento, ci sono 2 problematiche fondamentali: 1. 2.

Carattere generale: il conseguimento dell’equilibrio finanziario Carattere analitico: l’adeguatezza della struttura finanziaria aziendale.

Per verificare l’adeguatezza della struttura finanziaria si devono tenere in mente sia il profilo quantitativo, che verifica che il fabbisogno finanziario trovi giusta copertura, sia il profilo qualitativo, con il quale vediamo la correlazione tra gli elementi che esprimono il fabbisogno finanziario (scelta d’investimento) e gli elementi che esprimono le modalità di copertura del fabbisogno finanziario (scelta delle fonti di finanziamento). Nell’analisi dobbiamo riclassificare gli elementi del passivo, dell’attivo e nel netto della struttura del capitale secondo un criterio finanziario. Li= liquidità immediata Ld= liquidità differite, crediti realizzabili nel breve periodo – funzionamento D= disponibilità, risorse finanziarie con un mediobreve periodo di realizzo Ac= attivo corrente, capitale circolante lordo Ai= attivo immobilizzato, impieghi con grado di liquidità di medio-lungo periodo: immobilizzazioni tecniche, economiche o finanziarie. Db= debiti a breve, esigibili nel breve termine Dc= debiti consolidati, esigibili nel medio-lungo Ci= capitale investito, esprime il totale del fabbisogno finanziario a cui dare copertura con le fonti di finanziamento ▪

Il criterio finanziario Definito anche criterio della liquidità/esigibilità, pone l’attenzione sulla durata degli investimenti e dei finanziamenti. Specificatamente, il criterio finanziario implica la riclassificazione degli elementi dell’attivo in funzione del loro grado di conversione in denaro. Per le fonti di finanziamento il criterio finanziario implica la riclassificazione delle passività e del capitale netto in funzione del loro grado di esigibilità, ossia di estinzione. Le attività, le passività e il netto vengono riespressi in ordine decrescente, prima quelle che scadono nell’immediato e poi quelle a lungo termine. Il tempo di riferimento è l’anno, 12 mesi.



I margini

L’analisi dell’adeguatezza si fa mettendo in relazione classi d’impiego con classi di fonti. Si può fare sia con il calcolo numerico che con gli indicatori. Il calcolo dei margini permette di venire a conoscenza di importanti informazioni utili a poter esprimere una valutazione, un giudizio sull’adeguatezza della struttura finanziaria aziendale. ‫ ־‬Il capitale circolante netto CCL – Db = CCN Esprime la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni finanziari di breve termine (Db) attraverso le entrate generate dagli impieghi che compongono il CCL. Il CCN ha dei limiti, in quanto nel suo calcolo abbiamo considerato le disponibilità, che però impiegano medio periodo per tornare in forma liquida monetaria. Per un’analisi più precisa si calcola un ulteriore margine che non considera le disponibilità. ‫ ־‬Il margine di tesoreria (Li + Ld) – Db = Mt Esprime la capacità dell’azienda di far fronte alle scadenze dei debiti a breve ricorrendo alle sole liquidità, senza dover smobilizzare le disponibilità. Se il margine di tesoreria è negativo ci saranno delle tensioni di liquidità, in quanto l’azienda non avrà la capacità di far fronte ai debiti a breve con le sole liquidità. ‫ ־‬Il margine di struttura Cn – Ai = Ms Esprime la capacità dell’azienda di dare copertura alla componente durevole del fabbisogno finanziario aziendale con i soli mezzi proprio (capitale di proprietà). ‫ ־‬Il fondo di rotazione (Cn + Dc) – Ai = Fr Esprime la capacità dell’azienda di dare copertura alla componente durevole del fabbisogno finanziario attraverso il ricorso alle fonti consolidate (Cn + Dc). Si calcola sempre, ma a maggior ragione in caso di margine di struttura negativo. Indicatori di struttura finanziaria Il valore trovato va confrontato con dei benchmark per poterli interpretare Indici per ▪ Rapporto (o grado) di indebitamento – Leverage: Ci / Cn l’analisi di ▪ Indice di copertura delle immobilizzazioni: (Cn + Dc) / Ai struttura ▪ Indice di autonomia aziendale: Cn / Ci •

Indici per l’analisi di liquidità

▪ Rapporto corrente: CCL / Db ▪ Prova acida: (Li + Ld) / Db



Visione dinamica

L’EQUILIBRIO MONETARIO

Si occupa del cash flow, ovvero dei flussi di cassa e ci porta alla gestione di tesoreria. Si osservano i flussi di denaro in entrata e in uscita, e bisogna vedere come si generano e da quali operazioni, se di gestione operativa o da operazioni di extra-gestione, quelle che non vengono svolte sistematicamente. L’analisi consente di fare determinate riflessioni su come intervenire se i flussi sono insufficienti o ridondanti. L’analisi finanziaria dei flussi di liquidità ha l’obiettivo di verificare le condizioni di equilibrio di tesoreria, ossia garantire la giusta liquidità per far fronte ai pagamenti di breve termine. L’instabilità dei mercati ha comportato un maggiore interesse da parte delle aziende a focalizzarsi più sull’andamento dei flussi di cassa che del capitale circolante netto, sia perché i flussi di cassa sono caratterizzati da oggettività, sia perché l’analisi dei flussi di cassa esprime la capacità interna di generare risorse monetarie necessarie per la sopravvivenza e per lo sviluppo dell’azienda. Quando si parla di liquidità in senso stretto si fa riferimento al denaro, ai valori di cassa, al denaro depositato nei conti correnti (sia bancari che postali), mentre in senso un po’ più ampio sono ricompresi anche gli investimenti finanziari o i titoli finanziari con scadenza ravvicinata (non oltre 3 mesi).



Gestione di tesoreria

È necessario assicurare all’azienda una continuità della gestione di tesoreria che le consenta di far fronte con continuità ai pagamenti. L’obiettivo, da una parte, è quello di prevenire la carenza di liquidità ed evitare l’eccedenza di disponibilità monetarie. Si raggiunge l’equilibrio monetario quando vi è coordinazione tra entrate ed uscite di denaro, evitando un’eccessiva onerosità dovuta all’acquisizione di moneta. Dall’altro lato si deve cercare di investire le eccedenze di risorse monetarie in modo da avere un rendimento adeguato. I flussi di denaro trovano origine da operazioni di gestione caratteristica, e in questo caso si parlerà di flussi di cassa di gestione operativa, oppure si generano da operazioni di extragestione. In condizioni di equilibrio monetario i flussi di cassa devono correlarsi al fine di minimizzare le giacenze monetarie.

Nella gestione di tesoreria si possono verificare diverse situazioni.





Inflow/outflow operativo Dalla vendita di prodotti finiti o servizi otteniamo ricavi, e quindi, con pagamento in contanti, un flusso di entrata di denaro. Un altro flusso in entrata c’è alla scadenza dei crediti di funzionamento. I flussi in uscita ci sono quando si acquistano fattori produttivi in contanti e alla scadenza dei debiti di funzionamento.



Inflow/outflow extra-gestione Le prime operazioni che alimentano i flussi monetari in entrata sono il conferimento di capitale proprio, solitamente attraverso il conferimento di risorse generiche (denaro); il sorgere dei debiti di finanziamento; l’estinzione dei crediti di finanziamento con il rientro dei capitali prestati maggiorati dai proventi finanziari; il disinvestimento, quando si vende qualsiasi proprietà. I flussi in uscita generati da operazioni di extra-gestione sono la restituzione del capitale di proprietà o la ridistribuzione degli utili; l’accensione dei crediti di finanziamento; l’estinzione dei debiti di finanziamento maggiorati dagli interessi passivi; l’utilizzo di risorse finanziare eccedenti per fare nuovi investimenti.

Come funzionano i flussi

Dai flussi di cassa di inflow operativo riusciamo a far fronte all’outflow operativo. Con i flussi di cassa extra-gestione copriamo l’outflow extra-gestione. Nel caso in cui i flussi in entrata derivanti da operazioni di gestione operativa sono inferiori alle uscite correnti, dovremo necessariamente fare ricorso alle ec...


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