Simona Vinci. Dei bambini non si sa niente PDF

Title Simona Vinci. Dei bambini non si sa niente
Course Letteratura italiana contemporanea
Institution Università di Bologna
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Riassunto del libro e della biografia di Simona Vinci...


Description

Simona Vinci (Biografia) Simona Vinci è nata a Milano nel 1970 e vive a Bologna. Il suo primo romanzo, Dei bambini non si sa niente (Einaudi Stile libero, 2009 e 2018) ha riscosso un grande successo. Caso letterario dell'anno, è stato tradotto in numerosi altri paesi, tra i quali gli Stati Uniti. Sempre per Einaudi sono usciti la raccolta di racconti In tutti i sensi come l'amore («Stile libero», 1999). ! Lo stile libero: Gli ideatori di questa nuova realtà editoriale, sono stati"Severino Cesari"e"Paolo Repetti, entrambi brillanti specialisti di questo settore. Questi hanno conferito a “Stile libero” un assetto da laboratorio, da vero cantiere aperto, dove poter sperimentare e scoprire forme e generi letterari inusuali. È grazie a queste caratteristiche che in "Stile libero" si fondono perfettamente innovazione di forme e contenuti e tradizione editoriale di casa"Einaudi.! "La casa madre "decide di puntare su nuovi fronti, inesplorati e d'avanguardia, ma che allo stesso tempo non si distacchino eccessivamente dai propri standard. Ciò permette di definire “Stile libero” una collana capace di sperimentare, di intraprendere cammini inusuali, ma al tempo stesso, di inserire in catalogo elementi validi e degni del nome torinese. !

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Un punto di forza della collana è l'interesse per la cultura giovanile. La casa editrice Einaudi, a metà degli anni novanta infatti, aveva commissionato un'indagine di mercato per stabilire quali erano i propri punti di forza e in quale campo potesse ancora migliorare. Tale ricerca ha mostrato l'assenza, all'interno del segmento dei lettori einaudiani, delle nuove generazioni e "Stile libero" si è dimostrata ben presto la risposta adeguata per sopperire a questa carenza. L'interesse per la cultura giovanile è un aspetto che si è rivelato vantaggioso su più fronti. Infatti "Stile libero" ha anche dato grandi possibilità e visibilità a scrittori giovani.!

(Lo stile) L’esibizione della violenza, del sesso, di ogni forma di esperienza estrema; violazioni di ogni intimità: e si è diffusa, seguendo modelli cinematografici, fumettisti, hard di tutti i tipi, con una stucchevole retorica della trasgressione e dei comportamenti criminali (collegata alla recitazione di un’estrema immaturità, alla curiosità per un universo infantile lacerato e disgregato). Vera è propria moda è stata sul finire degni anni Novanta quella del pulp (termine ricavato dal film del 1

1994 di Quentin Tarantino Pulp Fiction). Questo è stato il caso di Simona Vinci, lanciata sull’onda della moda pulp è poi passata, a una narrativa ben fatta. ! Dei Bambini non si sa niente (1997, Einaudi)! Anche qua i personaggi si tendono a chiudersi. Sono personaggi di cui effettivamente non si sa niente." Alla fine ci ritroviamo esclusi dal loro mondo. Estraneità che provocano, è anche l'estraneità che ci esclude. Il lettore stesso che viene escluso. ! "! Ian McEwan è il modello di Simona Vinci.: La dimenticanza, la capacità di dimentica è il ingrediente che sostiene il mito di innocenza. Il mito di innocenza: l'innocenza è una sorta di fantasma che viene richiamata ogni volta che si vuole cancellare la storia; l'innocenza sottintende anche operazione di riscrittura della storia. ! È un romanzo molto difficile da leggere, un romanzo particolarmente crudo. Dove vengono rappresentati alcune scende molto scabrose. ! Il romanzo di Simona Vinci parte dall'idea proprio che resti qualcosa di irrisolto. ! La soglia dell'adolescenza qua diventa la soglia d'infanzia. ! Ultimo punto del percorso dell'età dell'uomo e in questa" area dei bambini, l'area infantile. ! È l'esplorazione di un mondo di quale noi non abbiamo le coordinate. ! L'inquadrare: sono dentro una cornice narrative che ha suo sviluppo. È un romanzo in quale la struttura è abbastanza semplice da capire; il romanzo che ci porta verso un compimento. ! I luoghi reali e lo scenario possibile sono qualche modo in relazione. ! La soglia rituale dell'adolescenza qui stavolta la soglia ancora più misteriosa, ancora con più distacco. Un mondo ancora più chiuso e ancora più difficile da esplorare. ! Il paesaggio: cornice spaziale, cornice molto colorata, ci sono alcuni colori molto netti: giallo, arancione, verde, bianco; il colore uno degli elementi narrativi più presenti di questo romanzo. Qui siamo al confine del mondo abitato e periferia vuota. ! Il libro inizia dal negativo: non c'è più qualcosa, qualcosa è scomparso, non viene nessuno, non arriva nessuno. Sembra quasi la fine di un romanzo, invece è l'inizio. ! Nel romanzo si tratta di un gruppo di ragazzini, bambini che hanno attraversato la soglia" dall'infanzia al adolescenza. ! I luoghi di cui si tratta sono luoghi reali.! Gli aspetti fondamentali:! Il rapporto del romanzo con la realtà. ! Il rapporto tra il romanzo, la realtà e l'etica. ! In che cosa queste letture ci trasformano? Ci fanno diventare migliori o peggiori? E come queste letture influiscono sulla costruzione del nostro sé, della nostra personalità?" Del nostro rapporto con il mondo?! Costruzione del mondo possibile e rappresentazione della realtà?! 2

Vinci tratta il paesaggio come vero e proprio personaggio. Il colore qua racconta qualcosa. Il paesaggio è reale: ma il suo diventare paesaggio ai nostri occhi passa attraverso la nostra esperienza. ! Il rapporto con la nostra esperienza. Avviene in qualsiasi linguaggio, e questa esperienza è qualcosa che passa attraverso il nostro soggettivo modo di costruire l'esperienza. ! Il compito del lettore e dare una lettura abbastanza riconoscibile tra letteratura e storia ma anche vedere nelle opere quali sono" tratti pertinenti" che la mettono in relazioni con la storia e anche con la etica, e quindi con la nostra visione del mondo contemporanea. Quindi ci sono romanzi, come quello di Vinci, nonostante che abbiano alcuni difetti, ci pongono di fronte alla rappresentazione di noi stessi in questa storia pure immaginaria. ! Abbiamo di fronte un scrittore, con la sua morale, e questa morale non coincide con morale del suo pubblico. Le considerazioni etiche, che entrano nel nostro giudizio ci lasciano da soli. Nonostante siano l'opere di fiction questi romanzi ci richiamano a riflettere sulla nostra solitudine del lettore. La solitudine è legata al fatto che questi valori etici e morali che noi usiamo per giudicare l'opera sono in continuo divenire e sono arbitrari. !

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Da un lato il tempo nel romanzo c'è tempo posteriore, ha qualcosa che è successo, tempo di risulta, rispetto all'avvenimento che successo tempo prima. Dall'altro lato: il tempo pieno di colori, di ricordi, pieni di luoghi. Un tempo passato che continua a pesare su paesaggio, colori di campagna." Quindi siamo all'inizio di un racconto che avviene dopo di un particolare avvenimento. Ci sono dei flash, piccole fotografie che tendono a esplorare la campagna attorno, tendono quindi a dare una percezione sensoriale di questo paesaggio. Questi parti estrarranno sempre più in interazione con le altre. ! Il libro di Simona Vinci ha sollevati grandi problemi. La potenzialità di un'opera d'arte, ul suo modo di insegnarci la vita, farci diventare persone diverse, non passasse attraverso dei comandamenti, ma attraverso emozioni, il proprio carattere emozionale. Questo suo sollecitare delle emozioni può entrare in contatto con la sfera etica. L'impatto morale della letteratura, quando è buona, raggiunge sconvolgendoli, gli strati più profondi della personalità. La letteratura non esige dai suoi fruitori comprensione, bensì identificazione. In virtù di questo fenomeno di immedesimazione la questione morale non resta al solo livello cognitivo, ma entra a far parte della personalità stessa del lettore. ! Diversi tipi di collegamento emozionale tra il lettore e l'opera d'arte:! 1. Emozioni verso i personaggi. Condividere emozioni di un personaggio per identificazione." O ci si identifica o ci si estranea. ! 2. Emozioni provati nei confronti all'autore implicito. L'autore implicito, unità nei confronti del quale il lettore prova certa reazione tende ad entrare in un rapporto dialettico. Non è l'autore, ma è un qualcosa che noi identifichiamo come l'autore. L'opera è totalità in sé. Condividendo questo suo senso della vita e suoi emozioni attraverso l'empatia. Oppure la reazione di ripulsa, critica o rifiuto. ! 3. Emozioni verso le possibilità di ciascuno. Emozioni che coinvolgono la nostra stessa vita, esperienza. ! 3

Tutte queste risposte emozioni sono costruite nell'opera stessa. C'entra come l'opera riesce a costruire, dare un sintassi a queste emozioni. ! Il romanzo ci comporta riflettere sulle nostre stesse possibilità e fallimenti. L'azione di processo di presa di coscienza. L'espressione di possibilità. Il romanzo è lo spazio potenziale." Noi come lettori possiamo fare l'indagine sull'essere umano. L'opera narrativa come l'ottica, microscopio con la quale" esaminiamo la nostra stessa realtà. Molto spesso abbiamo visto che il romanzo si trasforma in un'ottica, e questa ottica è laterale, nascosta, il guardare attraverso il buco della serratura, il guardare ciò che non si dovrebbe guardare. Specialmente i personaggi infantili e adolescenziali. ! Davanti a un campo di granoturco, in uno di quei pomeriggi di caldo e di luce di fine estate una bambina canta una melodia senza parole, come fosse un mantra. Nello spiazzo dei giochi non c’è più nessuno, la scuola sta per riaprire e in due mesi sono successe cose che hanno cambiato la sua vita e quella degli amichetti con cui ha condiviso le vacanze. Martina ha appena dieci anni e un dolore dentro che non sa spiegare. Tutto ha avuto inizio quando insieme alla sua compagna di classe Greta e al coetaneo Matteo ha fatto gruppo con due ragazzini più grandi: Luca e Mirko, rispettivamente di dodici e quindici anni. Martina si è anche presa una cotta per Mirko, il capo banda, che ogni giorno conduce i suoi adepti in un luogo segreto, un capannone abbandonato. Lì i bambini, lontano dagli sguardi degli adulti, scoprono gradualmente il sesso. Si tratta di sensazioni che hanno a che vedere da un lato con l’innocenza di una vaga presa di coscienza sul corpo, dall’altro con l’illusione di sentirsi grandi. Mirko però li spinge oltre, scaraventandoli in un gioco che si fa di volta in volta più pericoloso, al punto da sfociare in tragedia…! Il romanzo parte in modo lento, poi c’и una brusca accelerata e si passa a pagine intense, forti, in cui tutto и descritto nei minimi particolari ed и come se le scene si svolgessero in presa diretta, davanti ai nostri occhi. Per il taglio duro e scabroso della storia viene in mente Il giardino di cemento di Ian McEwan. Lo stile di Simona Vinci и plastico, lento e preciso, si ha la netta sensazione della sua bravura a orchestrare frasi ben fatte. Non mancano momenti descrittivi, quasi lirici, che perт non si amalgamano con il resto della storia: sм, spezzano la tensione ma sembrano messi lм apposta come "spot" letterari."! iMirko, cioè di colui che fa "accadere" la storia si viene a sapere ben poco. Del tutto assenti i genitori, fratelli o sorelle maggiori: nessuno controlla, nessuno pone loro domande, c’и una totale incomunicabilitа tra adulti e bambini. Ecco perchй alla fine si ha la sensazione che manchi qualcosa d’importante, di decisivo che avrebbe dato al romanzo maggiore complessitа narrativa."! Chiudo, allora, questo breve commento con un paradosso: "Dei bambini non si sa niente" и un romanzo molto realistico, eppure eccessivamente astratto.! Alla fine dell’anno scolastico, nel tempo breve e infinito di un’estate, tra i campi gialli e verdi di Granarolo dell’Emilia, lontano dallo sguardo degli adulti, un gruppo di bambini si esercita in giochi proibiti sempre piú estremi. Buono e cattivo, gioia 4

dolore e schifo, e anche l’orrore, ci sono, semplicemente. Attraverso il punto di vista di Martina, Matteo, Luca e Mirko,! Ciò che ci aspetta è la storia di una deviazione. Di qualcosa che profuma di innocenza perduta e che vira, a poco a poco, nell’odore persistente dell’incoscienza. Un odore che non si definisce. Che tuttavia assomiglia all’afrore della tragedia, alla quale non sappiamo dare altro nome. La tragedia che i bambini stessi, autori e vittime, non sanno riconoscere come tale, alla quale arrivano pieni del loro candore e della disarmante semplicità con cui guardano alla vita. Lasciandosela vivere addosso. Senza farsi domande. Senza stupore, né limiti. Perché la moralità è un concetto inesistente e sconosciuto per dei bambini, a cui niente appare vietato o cattivo, poiché vissuto con naturalezza e curiosità.! In questo romanzo assistiamo al fallimento del ruolo del genitore come guida. Una inadeguatezza che diventa cecità. E una cecità che si legittima con la difficoltà di guardarsi dentro, di mettersi in gioco e in discussione. E di questi bambini, questi figli che crescono troppo in fretta senza lasciarci il tempo di crescere anche noi con loro, non sappiamo più nulla. Cosa pensano, di cosa hanno paura, cosa li rende felici. Un romanzo in un certo senso profetico, che in epoca non sospetta evidenzia le difficoltà del ruolo genitoriale in una società in cui il concetto di tabù diventa sempre più indefinito e la solitudine dei bambini e degli adolescenti è sempre più dilagante.!

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"Ambiente di periferia, sul confine fra città e campagna, in un mare di granturco, in un paese emiliano che si chiama Granarolo.! Una lettura che vi terrà svegli e che prenderà il vostro stomaco in una morsa. Che vi aprirà gli occhi in modo doloroso e indimenticabile. I bambini a un certo punto, inspiegabilmente e senza preavviso, cessano di essere bambini e diventano altro. I bambini, ad un certo punto, obbediscono ad una voce estranea, ipnotizzante. Un richiamo troppo forte, troppo opprimente. Non sentono e non vedono altro che la propria voglia di crescere e di sperimentare.! Per quanto sia un libro molto forte e crudo in alcuni passaggi, ho trovato il racconto coerente con il titolo: dei bambini non si sa niente. A volte i bambini prendono parte a situazioni più grandi di loro che sfuggono poi dal loro controllo. !

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Ci sono due aspetti con cui dobbiamo fare i conti: il primo è che i bambini sperimentano molto presto la sessualità attraverso il contatto reciproco. Si guardano, si scrutano, poi si toccano. È normale e naturale, anche se noi l’abbiamo rimosso. Il secondo punto, invece da non sottovalutare, è che lo spirito d’emulazione, quando non controllato e guidato da persone che ne conoscano il 5

limite e le conseguenze, può sortire in situazioni senza ritorno. Il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza (quello “oscuro”, non edulcorato da visioni"à la"Mulino Bianco) è quasi un tabù per parecchi genitori e il problema sta proprio qui, nell’incapacità di accompagnare i figli nella crescita, fornendogli gli strumenti adeguati per diventare adulti. La Vinci descrive in questo senso uno spaccato della nostra società abitata da soli bambini (quelli veri e quelli che dovrebbero fare la parte dei genitori). Non si tratta semplicisticamente di una deriva di valori, ma della scomparsa dei ruoli e peggio di quella consapevolezza indispensabile per fare andare il mondo nel verso giusto."!

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È trascorso un secolo da quando Freud traumatizzò i contemporanei con le sue lucide rivelazioni sulla sessualità infantile. Ma - come testimoniano alcune reazioni all'opera prima di Simona Vinci - l'argomento suscita ancora resistenze e scandalo. Ma la polemica parte da un equivoco, perché ciò di cui il libro ci parla non è la sessualità e neppure la violenza, ma la solitudine dei bambini, che si trovano a vivere non solo (come aveva profetizzato Mitscherlich negli anni sessanta) in una società senza padri, ma in una società senza adulti.! Da allora si sono ormai avvicendate due generazioni, che dalla repressione ottusa del passato sono approdate - scambiandola per libertà - alla latitanza normativa e protettiva verso i figli, segnando una mutazione psicologica profonda, forse irreversibile. Così bambini precoci, senza costrizioni e senza conflitti, divengono eterni adolescenti, inadeguati a loro volta a svolgere le funzioni genitoriali; la difesa precipua della nostra epoca è quella regressiva dell'indifferenziazione (tra i sessi, le età, i ruoli...), in un clima di povertà di affetti e passioni che non consente di sciogliere i nodi evolutivi.! È questo il mondo di Martina, Greta e Matteo, dieci anni, che vanno a scuola, giocano in cortile alla guerra nucleare, tornano a casa puntuali per l'ora di cena in famiglie normali. ("Martina mangia senza fiatare. Non parlano molto neanche i suoi, sembrano stanchi").! Nella loro vita i "grandi" non sono il papà e la mamma, ma altri ragazzini con quattro o cinque anni in più, che "sanno le cose" e sono i detentori dei "segreti" e delle "regole". Tra di loro, nei reciproci corpi cercano il confronto, il senso del limite, in giochi proibiti senza consapevolezza, ma anche senza innocenza. I gesti della sessualità hanno ben poco a che fare con l'eros; sono piuttosto l'espressione del bisogno primitivo del contatto tra "gattini fratelli". Anche nel momento incontrollato ed estremo del delitto, sembrano mettere in scena una sorta di "rito di passaggio" autarchico e fallimentare, segnato dall'impossibilità di evolvere dal livello sensoriale al livello simbolico per costituire di senso le esperienze, compresa quella della violenza e della morte.! La giovane autrice è maestra nel coniugare la tenerezza con l'orrore; tuttavia la parte finale del libro, dove si consuma una tragedia assurda e continuamente annunciata, è quella che mi ha meno interessata. Ho trovato invece notevole la 6

capacità di Simona Vinci di raccontare la quotidianità, la banalità dei giorni, con uno stile scarnificato e acutissimo (il "primo piano" delle unghiette di Greta, "colorate di rosso scuro, scheggiato", mi sembra molto più efficace delle scene "pulp").! I suoi personaggi sono rappresentanti fedeli delle giovani generazioni, il cui mondo interno si articola secondo un registro più di sensazioni che di emozioni. Così la sua scrittura trascorre continuamente dalla descrizione degli stati d'animo a quella del paesaggio, in una equivalenza di impressioni e di immagini ("La notte era piena di buchi...").! Le cose inanimate - stoviglie, scarpe, giocattoli - vengono in soccorso per illustrare la condizione interiore che non si sa né riconoscere, né dire. Ci sono pochissime lacrime in questo libro, poco sangue, e invece tanti odori - di piedi, di erba, di cibo - e sudore che gronda quasi da ogni pagina, a esprimere l'eccitazione come la paura, l'ansia come la disperazione. Certo la fatica di Simona Vinci - fin dal titolo non ha niente di ingenuo, né di semplice. È anzi intenzionale e consapevole sia nello sviluppo narrativo che nello stile. Forse è questo che le ha inimicato la simpatia di molti lettori, non necessariamente ipocriti o bigotti. Indubbiamente è sgradevole, ma mai volgare; costruito, ma sincero. Una delle bambine, dopo "la prima volta", torna a casa "con la sensazione (...) di aver perso qualcosa, di aver dimenticato qualcosa e di non poterci fare assolutamente niente. Tutta quella campagna intorno e quella cosa dimenticata, o persa". Anche noi - Simona Vinci ce lo ricorda - abbiamo perduto qualcosa: l'infanzia come luogo idealizzato di proiezione delle nostre parti incontaminate, serene e innocenti; e anche la speranza di poter elaborare secondo l'antica catarsi le infinite tragedie del nostro mondo moderno, perché troppe volte manca - a grandi e piccoli - il presupposto essenziale dell'assunzione della colpa.!

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