Il disegno dei bambini PDF

Title Il disegno dei bambini
Author Aurora Renni
Course Psicologia dello sviluppo i
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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IL DISEGNO DEI BAMBINI 1) LO SVILUPPO DEL DISEGNO Alla fine dell’ottocento nacquero i primi studi sul disegno dei bambini, che diedero vita a grandi raccolte pittoriche. Successivamente si è sentita la necessità di mettere ordine ed individuare delle fasi di sviluppo. I principali autori che si sono occupati di questo sono Luquet, Lowenfeld, Kellog e Case. In generale lo sviluppo del disegno infantile può essere diviso in quattro ampi periodi: 18 mesi-3 anni; 3-6 anni; 6-11 anni; dagli 11 in poi. È una divisione convenzionale, utile a tracciare un abbozzo generale dello sviluppo. 18 mesi – 3 anni L’attività pittorica dà modo al bambino di vivere un’esperienza cinestetica attiva. (cinestetica= sensibilità propriocettiva). Inizialmente i movimenti sono ampi e vigorosi, ma poco orientati e generano linee casuali lungo direzioni diverse. Dai 6 mesi, grazie a un migliore coordinamento visuomotorio, esercita un maggiore controllo: scarabocchio controllato. Questo progresso aumenta l’interesse per l’attività pittorica e quindi ad un perfezionamento della motricità. Kellog ritiene che ci siano 20 tipi-base di scarabocchio, definisce questo lo stadio dei modelli: gli scarabocchi inizialmente casuali, sono la base di seguenti modelli di organizzazione. Intorno ai tre anni questi disegni diventano diagrammi, cioè forme costituite da più linee che si intersecano o da una linea chiusa (stadio delle forme). Alcune forme hanno particolare importanza perché preparano il bambino al passaggio alla rappresentazione pittorica: radiali (croci), mandala (cerchi contenenti croci), soli. 3 – 6 anni Il bambino non riconosce nel proprio disegno la rappresentazione di un oggetto reale. Solo attorno ai 3 anni comprende che c’è un nesso tra il disegno e l’oggetto. Luquet parla di atto di nascita dell’intento rappresentativo. Kellog invece parla di stadio del disegno focalizzandosi sul metodo di dsìisegnare anziché sul rapporto con la realtà. Ritiene che i bambini uniscano più diagrammi perché è un’azione facile. Successivamente il bambino mostrerà interesse nel rappresentare qualcosa, senza però dedicare molta attenzione alla resa pittorica. Si determina quindi un conflitto tra intenzione e l’interpretazione. Questo stadio è chiamato da Luquet realismo mancato. Per Lowenfeld è lo stato preschematico e per Kellog lo stadio pittorico. In questo periodo il bambino inizia a rappresentare delle scene con diversi elementi, che però non sono ben coordinati. Case fa notare che in questo periodo i bambini hanno due capacita, che però non riescono ad utilizzare contemporaneamente: rappresentare la forma di oggetti familiari e collocarli nel foglio tenendo conto delle relazioni spaziali. 6 – 11 anni L’affinarsi delle abilità oculomotorie e il grande progresso cognitivo rendono il bambino un disegnatore sempre più competente. Errori comuni in questo periodo sono trasparenze, disegni a raggi x, ribaltamenti. Luquet sostiene che essendo la fase del realismo intellettuale, questi errori vengono compiuti perché il bambino disegna seguendo un modello concettuale delle cose come sono in sé e per sé. Questa concezione non è però condivisa da tutti.

Lowenfeld definisce il disegno di questo periodo come schematico. Lo schema è il concetto a cui è pervenuto il fanciullo e che si continua a ripetere finché non interviene qualcosa a farlo cambiare. Questi schemi possiedono aspetti molto individuali. Una proprietà generale è la canonicità: riuscire con poco. I bambini durante gli anni delle elementari fanno disegni abbastanza organizzati dal punto di vista spaziale. Si è arrivati al controllo della disposizione spaziale, delle distanze, delle dimensioni e della struttura dei loro componenti. Secondo Case queste capacità definiscono il livello 2, cioè il livello uniassiale, dove il bambino è in grado sia di concepire l’oggetto come composto da più elementi che di immaginarlo in un contesto. La maggior parte degli studiosi sono concordi sul definire gli 8-9 anni come il momento della conquista della capacità di collegare due assi di riferimento e giustapporli. Compare la profondità e la conseguente organizzazione del piano. Dopo gli 11 anni Nel periodo preadolescenziale, si assiste ad una diversificazione dell’atteggiamento artistico. I ragazzi possono avere mentalità visiva o non visiva. Coloro che hanno mentalità visiva mostrano interesse nel rappresentare gli stimoli visivi che analizzano. Coloro che non hanno mentalità visiva percepiscono il disegno in funzione delle esperienze soggettive. In entrambi casi subentra una scelta personale nello stile da adottare. Queste due modalità non sono mutualmente esclusive e possono coesistere. Lo sviluppo pittorico termina con l’adolescenza e con il periodo della decisione. Il soggetto valuta le sue capacità artistiche rispetto agli standard del mondo adulto. La consapevolezza dei propri limiti porta spesso ad abbandonare il disegno come mezzo comunicativo e a sostituirlo con l’espressione verbale. TEORIE STADIALI A CONFRONTO I diversi autori hanno sia punti in comune che non. Le differenti fasi individuate rispecchiano il diverso modo degli autori di porre attenzione ai fenomeni evolutivi, e questo a sua volta deriva dalle teorie di riferimento o dagli interessi prevalenti. Secondo Piaget il disegno ha funzione imitativa di scene reali così come il bambino le conosce. Durante lo stadio del pensiero preoperatorio mancano ancora le nozioni di quantità e misura. Con il pensiero operatorio concreto, il bambino utilizza relazioni spaziali euclidee e proiettive. L corrispondenza tra disegno e sviluppo intellettivo stabilita da Piaget costituisce la base teorica per l’uso del disegno come strumento di valutazione dell’intelligenza. p.19 tabella con i vari stadi dei diversi autori. LIMITI DELLE TEORIE STADIALI Le critiche mosse sono diverse. Una suddivisione evolutiva in stadi penalizza l’idea di continuità dello sviluppo umano; la sequenza evolutiva individuata non sempre viene rispettata fedelmente; il livello dello sviluppo delle abilità pittoriche non sembra strettamente collegato all’età cronologica. LO SVILUPPO DELLA FIGURA UMANA Tra i 3 e i 4 anni il bambino scopre di poter rappresentare la figura umana. In genere il primo schema pittorico è quello dell’ ‘’omino testone’’(stecchino). Questo tipo di rappresentazione costituisce una fase di durata variabile. I bambini disegnano la figura umana così perché hanno capacità di progettazione insufficienti a realizzare una rappresentazione migliore, anche se le loro conoscenze sullo schema corporeo sono giuste. È come se l’effetto primacy e recency si rispecchiasse anche nel disegno, portando ad una rappresentazione abbastanza corretta di testa e gambe, tralasciando però ciò che c’è in mezzo.

Secondo Cox ci sono due tipi di omino testone. La forma classica, in cui il cerchio rappresenta la fusione di testa e tronco, e la forma di transizione in cui il tronco è distinto dalla testa ma fuso con le gambe. Tra i 4 e i 5 anni compaiono figure umane dette convenzionali, in quanto composte da almeno 6 pezzi. le figure sono rappresentate dall’assemblaggio di elementi geometrici: è la cosiddetta figura a blocchi. Dai 6 agli 11 anni i bambini si avvicinano sempre più alla realtà. Intorno ai 7 anni i bambini cominciano ad abbandonare lo schema a blocchi. Tra i 9 e i 10 anni quasi tutti sono capaci di disegnare una figura tramite una linea continua. La maggior parte dei preadolescenti, nonostante l’acquisizione delle capacità, non è in grado di rappresentare una figura realistica. LO SVILUPPO DELL’USO DEL COLORE Tra i 18 mesi e i 3 anni i colori non hanno una grossa rilevanza. L’unico requisito è che ci sia un contrasto netto tra foglio e matita. In questo periodo avere a disposizione più colori potrebbe distrarre il bambino dall’atto di disegnare. Dai 4 ai 7 anni la scelta dei colori è guidata da preferenze personali. Tra i 7 e i 9 anni il bambino scopre il legame tra i colori e gli oggetti e ne tiene conto. Infine, nella preadolescenza il colore non è più usato rigidamente ma in modo da rendere le sfumature esistenti in natura. I FERRI DEL MESTIERE Anche gli strumenti utilizzati per disegnare cambiano nel corso dello sviluppo. Questo cambiamento è in buona parte influenzato dall’adulto. Quanto più il bambino è piccolo, tanto più la scelta degli strumenti da usare dovrebbe essere limitata per non spostare l’attenzione dal disegno all’elaborazione del materiale. Il foglio più adatto ai più piccoli è quello bianco e liscio. Le penne a sfera sono solitamente i primi strumenti utilizzati poiché comuni e lasciano un segno molto facilmente. Gli acquerelli consentono di sperimentare la gamma di colori, ma sono adatti alla preadolescenza, come anche carboncini e i gessetti. I colori a tempera possono essere usati anche dai più piccoli, ma sono ideali soprattutto per la tarda fanciullezza. Le matite sono adatte dai 7-8 anni. I pennarelli a punta grossa sono molto adatti per i più piccoli perché permettono di tracciare linee marcate ma possono ostacolare le prime raffigurazioni. I pennarelli a punta fina e i pastelli a cera sono delicati da usare. 2) DISEGNARE: COME E PERCHE’ Disegnare richiede molte funzioni cognitive e motorie tra cui un bagaglio minimo di abilità tecniche. Per disegnare occorre avere quella che Piaget chiamò funzione simbolica e quindi il possesso di equivalenti pittorici degli oggetti. Se l’intento è rappresentare una categoria si metterà in atto un processo ideativo. Sono necessarie anche delle abilità di pianificazione tra cui la pianificazione della dimensione e la conoscenza degli artifici prospettici. Un modo complementare di vedere queste abilità è quello di considerare a quali vincoli obbediscono. I limiti delle prime fasi dello sviluppo possono essere considerati un effetto dei vincoli specifici (esecutivi o cognitivi) legati all’esecuzione, anziché di caratteristiche generali della mente. Considerando l’attività come un processo di problem solving si sposta l’attenzione dal disegno come prodotto finito al disegno come processo.

Gli equivalenti pittorici sono segni grafici che rappresentano la realtà. Non c’è una corrispondenza univoca tra un oggetto e il suo equivalente. Un equivalente pittorico può rappresentare più oggetti e un oggetto può essere rappresentato da equivalenti diversi. L’individuazione e l’uso degli equivalenti pittorici risente dello sviluppo. La figura canonica è una rappresentazione schematica di un oggetto, che lo rende facilmente riconoscibile, in quanto ne esprime le caratteristiche più salienti. Queste figure sono efficaci e semplici da realizzare. Prospettiva del modello interno (Piaget e Luquet): i bambini disegnano quello che sanno, il disegno procede di pari passo con lo sviluppo. Prospettiva cognitivista: gli schemi semplici usati all’inizio sono dovuti a difficoltà nella pianificazione e nell’esecuzione. Una visione moderna è data da un intermedio tra le due posizioni. LA PIANIFICAZIONE DELL’ESECUZIONE Le prime produzioni pittoriche rivelano una ricerca di ordine e di coerenza che sono in contrasto con il comportamento impulsivo, irrazionale e disordinato dei bambini di età prescolare. L’esecuzione non è casuale ma viene pianificata. È importante la sequenza di rappresentazione degli elementi; l’ordine rappresenta un vincolo pittorico. Nell’analisi clinica è molto importante il vincolo delle dimensioni e proporzioni. Ad esempio bambini ancora insicuri nel controllo oculo motorio aumentano degli elementi se intendono rappresentarvi dei dettagli dentro. Sulla pianificazione incide la capienza della memoria di lavoro, che si sviluppa con l’età. LA RAPPRESENTAZIONE DELLO SPAZIO John Willats individua diverse fasi. Il sistema di denotazione è la capacità di individuare i segni che rappresentano un oggetto. Il sistema pittorico , che si sviluppa successivamente, è la capacità di riprodurre le relazioni spaziali. Sottolinea anche diversi tipi di proiezioni. Con la proiezione ortogonale si rappresentano solo le superfici frontali degli oggetti. Con la proiezione obliqua orizzontale e verticale si danno info sulla profondità. Con la proiezione obliqua parallela i raggi sono paralleli ed intersecano ad angolo obliquo il piano; con la proiezione prospettica i raggi convergono verso un punto di fuga. LA FLESSIBILITA’ RAPPRESENTATIVA Le variazioni agli schemi canonici vengono introdotte quando il disegnatore si accorge che la figura canonica è generica e non gli consente di fornire informazioni sullo specifico oggetto rappresentato. Questo accade spontaneamente tra gli 8 e 9 anni. Può accadere anche intorno ai 4-5 anni tramite delle richieste specifiche. La possibilità di spingere il bambino al di fuori dello schema canonico smentisce le spiegazioni degli studiosi dell’approccio stadiale e sostiene l’approccio cognitivista. È molto importante l’orientamento della figura. Marr distingue tra figure canoniche orientate sull’oggetto (che sono cioè rappresentate tramite caratteristiche generali e rappresentative) e rappresentazioni orientate sull’osservatore (cioè che riproducono l’oggetto come appare se lo si guarda da un punto di vista specifico). LA VARIABILITA’ PITTORICA

Variabilità interindividuale  bambini appartenenti allo stesso periodo evolutivo possono produrre rappresentazioni pittoriche qualitativamente diverse. Variabilità intraindividuale  un singolo bambino non disegna sempre e solo secondo le prestazioni tipiche previste per il suo livello di sviluppo. Il disegno è visto da Braswell e Rosengren come un sistema dinamico in cui vi è una continua interazione tra fattori intrapsichici e fattori contestuali. Quindi il disegno va valutato osservando le variabilità che sono dovute alle caratteristiche del compito proposto, ai vincoli che esso pone, alla motivazione, ecc. PERCHE’ SI DISEGNA Possibili motivazioni: passare il tempo, sperimentare e perfezionare abilità, controllare metodo e risultato, scaricare un surplus di energia fisica o emotiva. La soddisfazione di comunicare e il piacere visivo sono altre motivazioni importanti. Motivazione intrinseca = il bambino disegna per il proprio piacere, per esprimersi, per comunicare. Motivazione estrinseca = disegna per ottenere qualcosa che prescinde dal compito stesso. Chi esamina un disegno deve quindi tener conto delle circostanze. GIOCO E DISEGNO Il disegno per alcuni aspetti può essere considerato un gioco, in cui ci sono momenti di soddisfazione e momenti di sconforto. Somiglianze tra disegno e gioco: sono attività piacevoli, consentono di esercitare le funzioni simboliche, consentono di utilizzare gli schemi mentali. Differenze: nel gioco il procedimento è più importante del risultato, nel disegno l’attenzione è concentrata sul prodotto finale; il gioco presenta meno vincoli fissi rispetto al disegno; il gioco è un’attività meno letterale del disegno (assenza di scopo pratico e prevalenza fantasia). 3) I TEST GRAFICI E LE ABILITA’ COGNITIVE I TEST GRAFICI Le aree indagate dai test neuropsicologici sono molto ampie e comprendono funzioni percettive, motorie, spaziali, linguistiche, attentive mnemoniche, concettuali e di risoluzione di problemi. Sono tutte funzioni coinvolte direttamente nel processo pittorico. Le attività di disegno, insieme a quelle di assemblaggio, fanno parte delle tecniche produttive o costruttive che comprendono disegno su copia e disegno libero. Il disegno libero richiede maggiore attivazione dell’immagine mentale. La compromissione di ciascuna di queste abilità può essere specifica e selettiva. A volte uno stesso test può essere utilizzato in modi differenti che consentono di discriminare le singole funzioni e di effettuare una diagnosi più scura tra i vari disturbi. I reattivi psicodiagnostici (test) sono dei veicoli attraverso i quali un individuo comunica qualcosa di sé a un professionista affinché questo lo aiuti a conoscersi meglio. Competenze professionali necessarie I test devono essere scelti sulla base di alcune variabili, somministrati seguendo scrupolosamente le regole prestabilite, valutati e interpretati secondo criteri rigorosi alla luce di un quadro di riferimento teorico, i risultati devono essere comunicati in modo appropriato.

Lo psicologo con laurea triennale può somministrare il test sotto il controllo dello psicologo con laurea quinquennale, che possiede tutte le capacità suddette. Anche i medici con specializzazioni neurologiche o psichiatriche possono usare i test. Gli educatori e gli assistenti sociali invece non dovrebbero. Il contesto somministrativo Il setting influisce sulla prestazione del soggetto, soprattutto se si tratta di un bambino. Il luogo deve essere tranquillo e comodo, il bambino deve essere informato sui motivi della consultazione e sulle modalità dello svolgimento. Alla somministrazione dovrebbe assistere solo l’analista. I familiari non possono essere presenti. La mancata neutralità del setting potrebbe rendere il test non attendibile. TEST GRAFICI DI ABILITA’ GENERALE O DI INTELLIGENZA Nel Novecento, con le teorie stadiali, alcuni studiosi hanno tentato di stabilire un modo oggettivo di lettura del disegno infantile. La stretta corrispondenza tra sviluppo cognitivo e pittorico permetteva di valutare il disegno sia in termini qualitativi che quantitativi. Test della figura umana Goodenough-Harris. L’attività intellettuale che sta a monte di un disegno consiste nella capacità di elaborare e manipolare concetti. Questa abilità si sviluppa lungo un continuum evolutivo che parte dalla scoperta delle somiglianze e differenze tra gli oggetti, poi impara a classificarli e infine arriva ad assegnarli a categorie generali. La studiosa ha selezionato una serie di indici. Il test è stato revisionato sulla base delle teorie fattoriali dell’intelligenza, che considerano l’intelligenza come formata da più componenti. Il TFU viene usato per misurare il potenziale intellettivo di bambini con disabilità o come screening cognitivo per bambini in età prescolare. Prevede l’esecuzione di 2 disegni. Vengono forniti due fogli (per disegnare un uomo e una donna), una matita e un cronometro. Non è consentito l’uso della gomma. Può essere somministrato sia singolarmente che collettivamente. Viene richiesto un disegno intero e accurato, prima dell’uomo poi della donna. Il sistema di codifica è basato su 73 indici per la figura maschile e 71 per quella femminile. Per ciascun elemento presente si assegna un punto. Il punteggio ottenuto rappresenta un indicatore della maturità intellettiva del soggetto. Per quanto riguarda la codifica, spesso la minuziosità degli indici non è accompagnata da descrizioni altrettanto accurate; inoltre alcuni indici non sono più applicabili al giorno d’oggi. Sistema di codifica di Koppitz Codifica del TFU. Sistema per valutare lo sviluppo cognitivo del bambino e il suo adattamento emotivo. Ha costruito due scale indipendenti. La scala che misura lo sviluppo cognitivo è composta da 30 item evolutivi; si tratta di elementi pittorici la cui presenza è strettamente legata all’età mentale del bambino e che non dipendono dalle abilità pittoriche. La scala che misura l’adattamento affettivo è composta da 30 indicatori emotivi che valutano le ansie, le preoccupazioni e gli atteggiamenti e che non sono influenzati dallo sviluppo cognitivo. Ci sono però ancora dubbi sulla validità di questo strumento. Sistema di codifica quantitativo di Naglieri

La codifica si basa sulla valutazione di 14 criteri (testa, naso occhi, ecc); ciascun criterio è diviso in item specifici per un totale di 64 item. I punteggi grezzi possono essere convertiti in punteggi standardizzati che indicano il livello di maturità cognitiva. TEST GRAFICI DI ABILITA’ SPECIFICHE Test di Bender ispirato dalla teoria dei principi organizzatori della mente sostenuta dalla gestalt. È un compito visuocostruttivo utile per valutare le caratteristiche dell’abilità percettivo-motoria. Consiste nella riproduzione su copia di 9 figure geometriche. La valutazione avviene distinguendo i fattori relativi allo sviluppo percettivo-motorio da quelli emotivi e relazionali; non è un procedimento sempllice. Test dello sviluppo visuo-motorio Di Beery. Ispirato al concetto di intelligenza senso motoria di Piaget, egli sostiene che anche i livelli di pensiero più elevati necessitano di un’interazione tra input sensoriali e azioni motorie. Individua una serie di forme geometriche la cui copi...


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