Il silenzio dei vivi PDF

Title Il silenzio dei vivi
Course Letteratura inglese 1
Institution Università degli Studi di Firenze
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"il silenzio dei vivi" di elisa springer

Il libro si apre con Elisa che ricorda la sua vita, la sua casa e tutte le persone a lei care che non ha più rivisto alla fine della guerra. Elisa è nata a Vienna e il suo tormento iniziò in seguito alla votazione nel 1938 dell' Anschluss (annessione con espropriazione totale dei patrimoni degli ebrei. Espulsione dalle scuole). In questo modo veniva approvata la legge che poneva fine all'indipendenza della' Austria, ma che la rendeva parte della Grande Germania. Uno dei i primi a risentire di questo cambiamento fu il padre di Elisa, Richard Springer, che venne catturato dalle SS e portato prima a Dachau e poi a Buchenwald da dove non fece più ritorno. La madre ed Elisa vennero cacciate dalla loro casa, ma trovarono una sistemazione temporanea. Nel 1939 la situazione precipitò sempre di più e le persecuzioni incominciarono ad interessare anche le donne e tutti gli ebrei. Una zia di Elisa che viveva a Londra, era riuscita ad ottenere il permesso di soggiorno solo per la madre ed Elisa avrebbe dovuto raggiungerla in un secondo momento. La madre di Elisa, si rifiutò di lasciare la propria figlia sola e così decise di rimanere per trovarle una via di scampo. Da lì a poco, riuscirono a conoscere un ebreo italiano che consentì a sposare Elisa per farle prendere una nuova cittadinanza. I tempi si prolungarono perchè i nazisti avevano capito i retroscena di questi matrimoni e così cercarono di ostacolarli. Nel frattempo il permesso di soggiorno per la madre era scaduto ed inoltre, con il matrimonio,Elisa doveva lasciare presto l'Austria. La madre tentò di scappare in Ungheria, ma venne catturata e grazie alle conoscenze dello zio Richard, che nel frattempo le ospitava, venne relegata nel ghetto di Budapest; così Elisa si trovò sola con la speranza che un giorno avrebbe potuto rivedere sua madre. Elisa decise di trovare riparo in Italia, dove decise di fermarsi a Milano a lavorare come traduttrice. Ma le persecuzioni arrivarono anche lì ed Elisa venne arrestata nel giugno del 1944 e rinchiusa in carcere prima a San Vittore, poi a Como, infine di nuovo a San Vittore, da dove fu portata, con un treno che partiva da Verona il 2 agosto 1944, ad Auschwitz- Birkenau. Dopo un lungo e disumano viaggio, la fecero scendere insieme agli altri ebrei in un campo di betulle in piena notte dove vi erano gli ufficiali che li dividevano in due file; a chi veniva spedito nella fila di destra gli rimanevano soltanto poche ore di vita. C'erano un ufficiale medico SS, Joseph Mengele e uno scrivano ucraino, un certo Bogdan. Quando fu la volta di Herta (una sua amica conosciuta durante la sua prima detenzione) con i suoi bambini, Elisa notò che l'SS in camice bianco non alzò nemmeno gli occhi su di lei. Con il frustino la spinse nella fila dove c'erano in maggioranza vecchi, donne gravide, ammalati, invalidi e bambini. In quel momento senza pensare chiese in buon tedesco di poter seguire l'amica. D'improvviso, con uno scatto di rabbia, Bogdan prese Elisa per un braccio, la riportò nella colonna di sinistra e le disse: " Resta dove sei, domani mi ringrazierai". Mengele non fece caso al fatto e proseguì imperterrito il suo lavoro. Terminata la selezione, Herta e i suoi figli e tutti i deportati della colonna di destra furono condotti all'interno del cortile di quel fabbricato in mattoni rossi con un grosso camino che fumava in

continuazione. In meno di due ore sarebbero stati fumo e cenere. Fortunatamente nella sua fila c'era anche l'amica Hedy. Gli uomini e le donne rimasti sul posto vennero spinti invece in due baracche diverse, destinate alla disinfezione e alle docce. Subito Elisa si vide costretta a spogliarsi nuda davanti ai soldati SS armati e alle sorveglianti: come tutte le donne, venne depilata, in ogni parte. Asciugate con enormi ventole che producevano aria calda, subito dopo, ricevettero divise e abiti consunti, senza biancheria e con zoccoli disuguali. All' ingresso vennero registrate e marchiate del numero di matricola sull' avambraccio sinistro. Per Elisa Springer, A24020. Auschwitz era diviso in due parti: c'era Auschwitz 1, formato solo da lager e Auschwitz Birkenau, il vero e proprio campo di sterminio, a cui era annesso il campo femminile. Elisa fu costretta a vivere in una baracca costruita in legno senza finestre e con due entrate. In mezzo una stufa mai funzionante nemmeno quando la temperatura esterna scendeva a più di venticinque gradi sotto zero. Alle pareti erano appoggiati dei tavolacci a castello su tre piani separati. Fu costretta a dormire su quei tavolacci in dodici che impedivano ogni tipo di movimento. Al risveglio le veniva dato un surrogato di caffè che usava per sciacquarsi. Poi c'era l'appello: dovano metterti in fila fuori e gli ufficiali le contavano. Non era concesso guardare in faccia i tedeschi, ma si doveva guardare dritto senza muoversi mai. L'appello durava secondo il tempo atmosferico: se la giornata era bella, magari tre ore potevano bastare, se il tempo era brutto, tante volte durava anche dieci o dodici ore. Un giorno Elisa, soltanto per aver sorretto una compagna che stava per svenire l'ufficiale l'ha bruciata con un ferro rovente sulla coscia destra. Questa era soltanto una delle punizioni, poi si usava anche strappare le unghie dei piedi con gli stivali e tante altre cose. Il mangiare consisteva in un po' di minestra di rape dal sapore strano che bruciava terribilmente. Dopo la liberazione Elisa scoprì che nella minestra c'era del bromuro per farle stare calme ed altri medicamenti per renderle sterili (esperimenti che facevano sui prigionieri). Nel pomeriggio c'era un nuovo appello e dopo si rientrava nella baracca dove ti portavano della margarina con un pezzettino di carne. Questa alimentazione così carente sarà causa di molte malattie tra cui il tifo, la scabbia, la febbre gialla, la dissenteria. Ogni quindici giorni c'erano delle selezioni che portavano ai camini crematori. Nella baracca di Elisa non si lavorava mai perché erano destinate ad un altro campo. Poi, verso la fine di ottobre, Elisa venne trasferita e il suo convoglio doveva andare a Buchenwald, invece, durante il viaggio, il convoglio è stato diviso: una parte è andata a finire a Buchenwald incontro alla morte mentre il reparto dove stava Elisa a Hedy andò a finire a Bergen Belsen. La vita a Bergen Belsen era pressoché identica a quella di Auschwitz, anche se inizialmente sembrava migliore in quanto on funzionavano ancora i crematori. Ma con l'arrivo del comandante J.Kramer, iniziarono ad essere attivate anche lì le camere a gas e i forni. Da Bergen Belsen è stata trasferita a Raghun. Vicino a questo campo si sentivano in lontananza dei bombardamenti, segno che le truppe alleate stavano arrivando. Il 17 marzo del 1945 dovette affrontare un altro spostamento con destinazione ignota. Dopo quattro giorni di viaggio arrivarono nel lager di Theresienstadt, in Cecoslovacchia dove nel giro di pochi giorni i deportati aumentavano enormemente. Il Reich stava

per attuare la Soluzione finale. In questo campo elisa si ammalò di tifo petecchiale e rimase in coma per circa un mese. Al suo risveglio l'amica Hedy le disse che era il 9 Maggio del 1945 e che Terezin è stato liberato dalle truppe russe. Elisa venne messa in quarantena in un lazzaretto, poi ritornò in l'Austria da una sua zia, poi andò in Italia nell'Agosto del '45 dove fu aiutata e dove rincominciò a vivere....


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