Storia della filosofia 1 - Riassunto Reale Antiseri e appunti presi a lezione PDF

Title Storia della filosofia 1 - Riassunto Reale Antiseri e appunti presi a lezione
Author Filippo Zago
Course Storia della filosofia I
Institution Università degli Studi di Perugia
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La FilosofiaL’origine della filosofia è comunemente indicata come una creazione dei greci. Nasce e si sviluppa, tra il VII e VI secolo A. nelle coste dell’Asia Minore (l’attuale Turchia) una regione particolarmente ricca per scambi economici e commerciali. Si tratta certamente di un luogo di incontr...


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La Filosofia L’origine della filosofia è comunemente indicata come una creazione dei greci. Nasce e si sviluppa, tra il VII e VI secolo A.C. nelle coste dell’Asia Minore (l’attuale Turchia) una regione particolarmente ricca per scambi economici e commerciali. Si tratta certamente di un luogo di incontri tra culture particolarmente significativo e quindi la filosofia nasce come espressione di spazio relazionale.

L’inizio del con-filosofare Dall’VII e IX secolo a.C. la cultura greca dall’essere trasmessa oralmente attraverso la memorizzazione e ripetizione continua dei versi poetici, inizia ad interessarsi di ‘con-filosofare’, un dialogo amicale, fatto di domande e risposte, con l’obiettivo di raggiungere la conoscenza assieme. In parallelo, si è rafforzata la diffusione della scrittura, senza la quale la nuova cultura non avrebbe potuto definitivamente imporsi e svilupparsi, perché non memorizzabile, in quanto l’uomo comincia a ragionare non più solo per immagini e per miti, ma per concetti razionali.

La filosofia e i poeti (la religione) Prima dei filosofi gli educatori della società greca erano i poeti. Omero ed Esiodo attribuivano tutto ciò che accade all’azione ed intervento degli dèi. Quindi in un certo senso, nella Teogonia di Esiodo, dato che molti dèi coincidono con parti dell’universo e fenomeni del cosmo, diventa anche Cosmogonia, ossia una spiegazione mitica e poetica sull’origine dell’universo. Per questo si può affermare che la religione pubblica dei greci era una forma di naturalismo – tutto ciò che succede nella realtà e che esiste, è generato da un’azione divina! Nelle sue opere Omero non si limita a narrare una serie di eventi, ma rappresenta la realtà nella sua interezza (gioie e dolori, guerra e pace, bene e male). Tuttavia, non tutti condividevano tale visione, per questo si diffusero le religioni dei misteri, come l’Orfismo. L’Orfismo e Pindaro L’Orfismo deriva il nome dal poeta Orfeo, che attraverso il suo canto alla moglie defunta (Euridice), introdusse un nuovo modo di concepire la realtà. Se con Omero, vediamo l’uomo definito da limiti, come un essere mortale soggetto all’azione divina, con l’Orfismo invece l’uomo è concepito come un essere immortale caratterizzato da un’anima e da un corpo. L’anima è quell’aspetto divino caduto in un corpo a causa della colpa originaria, che non muore assieme al corpo ma si rincarna come una forma di espiazione. Per tale ragione, questi cercavano di allontanarsi il più possibile dalla dimensione del corpo attraverso rituali purificatori. Con l’Orfismo vediamo emergere per la prima volta il DUALISMO tra anima e corpo che sono DUE REALTA’ SEPARATE. Solo coloro che seguono i riti e le pratiche dell’orfismo riusciranno a porre fine al ciclo della reincarnazione e ricevere un premio nell’aldilà. Nelle opere di Pindaro (autore spesse volte citato da Platone) si incomincia infatti a parlare della presenza nell’uomo di qualcosa di «divino» e non mortale, che proviene dagli Dei e alberga nel corpo stesso. Il nuovo schema di credenza consiste dunque in una concezione dualistica dell’uomo, che contrappone l’anima immortale al corpo mortale e considera la prima come il vero uomo, o, meglio, come ciò che nell’uomo veramente conta e vale. Pindaro scrisse anche che il valore dell’uomo non si basava su una virtù morale, ma sulla capacità e forza mostrata nel vincere. Una capacità non acquisita ma innata, interiore, predestinata. Questo mito finisce con gli dei che lasciano Euridice tornare sulla terra, a patto che lui salendo sulla terra non si volti per guardarla. Lui guidato dalla tentazione, non riesce a resistere e sua moglie viene risucchiata negli inferi. I greci in generale avevano il desiderio di non sparire, l’anima vuole vivere eternamente in una dimensione di pace, per questo nasce l’esigenza della salvezza anche nella Grecia arcaica.

La filosofia e il mito – Dal mito al logos Il mito dal greco “racconto” è la narrazione di avvenimenti del mondo divino e umano, un racconto leggendario che costituisce la più antica forma di interpretazione della realtà, cercando di identificare il tutto della vita, l’identità dell’uomo e le sue virtù. I miti parlano di una relazionalità:

 

orizzontale: i miti come intermediari in quanto rappresentano le gioie e i dolori dell’uomo di ogni epoca) verticale: i miti sarebbero gli intermediari tra l’uomo e la sua origine trascendente.

La filosofia vuole allontanarsi dal pensiero mitico, in quanto non è una argomentazione solida e capace da sé soltanto di auto-fondarsi. Centrale diventa il pensare. Quindi si ha un passaggio da mito al logos. Tuttavia, Aristotele precisa: l'atteggiamento di chi ama il mito ed elabora miti e in un certo senso analogo a quello del filosofo, perché tutte e due, mitologo e filosofo, hanno a che fare con la meraviglia e col tentativo di dare risposta a ciò che suscita lo stupore.

Che cos’è la filosofia? Il termine Filosofia indica “amore per il sapere” - originariamente attribuito a Pitagora. L’espressione suggerisce da subito una apertura di carattere religioso. Pitagora presupponeva che solo gli Dei siano in grado di possedere in maniera certa e totale la Saggezza (Sophia). Questo indica che l’uomo può soltanto desiderare (amare) di avvicinarsi ad essa, ma senza mai possederla pienamente. La filosofia non è un’attività puramente intellettuale ma in quanto tendenza è per sua essenza pratica e riguarda la morale.

La filosofia in Platone Per Platone la filosofia è ‘filosofare insieme, giungere alla verità attraverso un “pensare insieme” fatto di ‘dialettica’. Platone ha sempre considerato la dialettica come la tecnica propria della filosofia. Un continuo ragionare, ricercare e mettere in discussione ogni cosa, in cui l’osservazione e l’esperienza non bastano per definire una verità. In Platone (maestro di Aristotele) non c’è una definizione precisa di Filosofia:  Simposio → La filosofia si qualifica come ricerca di ponti (metaxy), ed intermediari per ‘dar senso’ e colmare la distanza tra la sua miseria e la trascendenza divina.  Gorgia → La filosofia insegna a ragionare ricercando un argomento stabile e unico  Teeteto → La filosofia inizia la ricerca sull’Essere, su che cosa l’uomo è, qual è la sua natura (la sua essenza, indagine metafisica) studiando il fine e lo scopo del suo esistere. La filosofia greca è stata la prima ed unica forma di cultura che ha esplicitamente tematizzato l’“essere”, inaugurando un’“ontologia”, cioè ‘discorso sull’essere’.  Lettera VII → “La conoscenza dei principi primi e dell’essere non è immediata come le altre conoscenze, ma dopo molte discussioni fatte e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende da una scintilla, nasce nell'anima, la conoscenza. “Queste cose si imparano necessariamente insieme, dopo molto tempo, sfregandosi le une con le altre, venendo messe a prova in discussioni fatte senza invidia, risplende improvvisamente la conoscenza di ciascuna cosa”

La filosofia in Aristotele – la filosofia come essenza dell’uomo “Tutti gli uomini per natura tendono al sapere.” L’uomo non può non pensare, e sebbene il filosofare non abbia alcuna utilità pratica, scaturisce dalla naturale propensione dell’uomo nel capire e conoscere, per “sfuggire l’ignoranza”. Inoltre, la filosofia nasce dalla meraviglia (Teeteto di Platone –e la Metafisica di Aristotele ci dicono la stessa cosa), non nasce dà un bisogno, ma dalla curiosità. La curiosità non è guidata da un bisogno, ma vuole CONOSCERE in maniera DISINTERESSATA e CONTEMPLATIVA pur sapendo di non poter raggiungere tutto il sapere che desidera. “gli uomini hanno cominciato a filosofare per la meraviglia. Dapprincipio si meravigliavano delle stranezze più evidenti e in un secondo momento, a poco a poco, , arrivarono all’origine dell’universo.” Per cui ecco il significato di filosofia per Aristotele - ricerca necessaria dell’uomo che non può non filosofare! gli uomini non esercitano la filosofia per scelta personale o per decisione soggettiva, ma a motivo del fatto che per natura “pensano”, cioè in virtù della loro stessa essenza!! “Far filosofia” è pertanto un’attività 0 costitutiva del soggetto umano, propria della sua identità e tale che lo contraddistingue dagli altri viventi perché dotato di logos – pensiero e parola – capire e relazionarsi.

L’oggetto della filosofia La filosofia è la più divina tra tutte le scienze, o perché dio la possiede (la conoscenza) al massimo grado, o perché essa stessa si occupa delle cose divine (cioè conoscere il principio di tutto). Tutte le altre scienze, pertanto, saranno più necessarie di questa, ma nessuna superiore! La filosofia è la scienza più istruttiva, perché manifesta la causa di ogni cosa e il fine per cui è stata fatta.

 La physis Il termine physis significa ‘natura’. I primi filosofi sono detti “filosofi della physis” (o “fisiologi”) cioè i Presocratici, perché la loro ricerca filosofica aveva come oggetto di ricerca non una porzione di realtà, ma TUTTA LA REALTA’, riconoscendo la realtà fisica come il Tutto. In seguito, Aristotele in Metafisica I 3 afferma che i primi filosofi, coloro che ‘per primi teologizzarono’ non hanno investigato tutta la realtà, bensì solo una porzione di essa – quella propriamente “fisica”. In latino la parola natura deriva dal verbo nascere! Per cui in filosofia, quando si parla di physis, si intende realtà prima, originaria, la totalità dell’esistente. Ciò presuppone la convinzione che, per quanto diversi tra loro, qualcosa che li rende sotto certi aspetti identici, accomunati dall’appartenere alla totalità della natura: questo fattore uguale viene chiamato, appunto, “principio” (archè).



L’archè Ecco, quindi, che l’oggetto centrale della filosofia è il principio di tutte le cose, l’archè, la causa prima

ciò da cui tutto deriva e ciò in cui tutto si risolve. La filosofia cerca i principi primi (direbbe Platone), le cause prime (direbbe Aristotele) che sono all’origine di tutto l’essere. L’uomo greco è consapevole dei suoi limiti e prova dolore per l’impossibilità di ‘tenere insieme’ l’uno (universale) e molti (particolare). Se pensiamo all’immagine del fiume, l’archè può essere inteso come: o il “ciò da cui” tutte le cose si generano, nascono o scaturiscono (la causa, la sorgente); o il “ciò di cui”, ovvero l’elemento e la sostanza di cui ogni cosa è caratterizzata o il “ciò a cui” (lo scopo o il fine, la destinazione necessaria) tutto si risolve. Il principio è, dunque, ciò che di più universale esiste nella realtà fisica.

Il metodo della filosofia La filosofia vuole spiegare razionalmente la totalità della physis. In altri termini, spiegare la physis attraverso il logos. Non basta alla filosofia accertare dati di fatto: la filosofia vuole trovarne le «ragioni», la «causa», il «principio». È questo che permette alla filosofia di essere definita una scienza (episteme), perché vuole conoscere il perché le cose sono in quel modo.

Lo scopo della filosofia Aristotele ha spiegato meglio di tutti che la filosofia ha un carattere puramente «teoretico», ossia «contemplativo»: essa mira semplicemente a ricercare la verità per sé stessa. La filosofia non si ricerca per nessun vantaggio, essa è amore di sapere per se medesimo, disinteressato amore del vero. A ragione Aristotele la chiamerà «divina», perché, oltre che portarci a conoscere Dio, la filosofia ha gli stessi caratteri che deve avere la scienza posseduta da Dio: la disinteressata e libera contemplazione della verità. Dopo che gli uomini hanno a loro disposizione tutti i mezzi indispensabili alla vita che procurano benessere e agiatezza, gli uomini incominciarono a filosofare ….

I periodi della filosofia antica La filosofia greca parte dal VI secolo a.C. e giunge fino al 529 d.C., anno in cui, per volere dell’imperatore Giustiniano, furono chiuse le scuole pagane ancora in vita, distrutte le loro biblioteche e dispersi i loro seguaci. In questo arco di tempo si possono distinguere diversi periodi, momenti o fasi.

1. Il periodo naturalistico, caratterizzato dal problema della physis, ossia dal problema cosmo2. 3. 4. 5.

ontologico – i presocratici (Ionici, Pitagorici, Eleati, Pluralisti). Il periodo umanistico, che coincide con i Sofisti, e soprattutto Socrate, che per la prima volta tenta di determinare filosoficamente l’essenza dell’uomo. Il momento delle grandi sintesi di Platone e di Aristotele, caratterizzato soprattutto dalla «scoperta del soprasensibile». Il periodo delle «Scuole ellenistiche», con la nascita e lo sviluppo di tre grandi sistemi: lo Stoicismo, l’Epicureismo e lo Scetticismo. Il periodo religioso, che si svolge ormai quasi per intero in epoca cristiana, rappresentato da un primo incontro tra la rivelazione contenuta nei testi biblici e la cultura ellenica ad Alessandria.

IL PERIODO NATURALISTICO È caratterizzato dai filosofi dell’inizio (i presocratici) che si sono occupati delle cause prime della realtà. Per loro la ‘physis’ era la natura, e la natura era il tutto e l’uomo era parte di questo tutto. Per tale ragione i sofisti e Socrate non sono i primi a parlare dell’uomo. Già i poeti, i miti e le religioni si erano focalizzati sull’uomo, sulle sue virtù, sui suoi limiti, sulla sua necessità trascendentale e necessità di salvezza!!! “È dunque, diciamo di sapere una cosa, quando conosciamo la prima causa … coloro, che prima di noi hanno filosofato parlano di principii e cause unicamente materiali.” Metafisica, Aristotele

TALETE Secondo Aristotele, Talete fu il primo che affermò l’esistenza di un principio unico causa di tutte le cose. “Talete, iniziatore di tale filosofia, sostiene che la causa prima è l’acqua. Lo desume dall’osservazione che l’alimento di ogni cosa è umido e perfino il caldo nasce dall’umidità e sopravvive per mezzo di essa. Persino Omero ed Esiodo – “i primi che teologizzarono” parlarono di Oceano come ciò da cui tutto si genera”. Se l’acqua è in ogni vita, significa che l’acqua è l’origine della vita, la sostanza di tutte le cose, la physis, la realtà prima. L’acqua era un concetto fisico per esprimere la dimensione divina. Solo con Platone vedremo chiaramente espressa la suddivisione di categorie materiali e spirituali. I presocratici non fanno questa distinzione. Talete afferma che “il mondo fosse pieno di Dei” che sono la cosa più antica perché ingenerata. Ecco quindi, che la dimensione teologica, benché di carattere naturalistico, è chiara in Talete. Infine, se il principio-acqua è ciò da cui tutto deriva lì dove c’è acqua, c’è vita; allora tutte le cose che esistono, cioè che ‘partecipano alla vita’, sono caratterizzati da un essere comune, esse sono vive, cioè hanno un’anima.

ANASSIMANDRO Il secondo filosofo, anche lui vissuto a Mileto e probabilmente discepolo di Talete, si chiama Anassimandro. E’ il primo filosofo di cui con certezza sappiamo che ha scritto un’opera “Sulla natura” considerata come il primo scritto filosofico dei Greci dell’Occidente. Del trattato ci è pervenuto solo un frammento. “Principio degli esseri è l’infinito [...] da dove, infatti, gli esseri hanno l’origine e la distruzione.” Anassimandro, fu il primo a introdurre il termine «arché» per designare il «principio» della realtà. Ma, contrariamente a Talete, egli ritenne che tale «principio» non fosse l’acqua, bensì l’« ápeiron», l’infinito perché solo ciò che non ha né inizio né fine può essere principio delle altre cose. È chiaro perché l’«infinito» di Anassimandro, così come l’«acqua» di Talete, rappresentano «il Divino», costituiti da caratteri che Omero e la tradizione attribuirono agli Dei: l’immortalità, il reggere e governare tutto. Poiché è principio, tutti gli esseri hanno origine da esso. Il loro esistere, quindi, coincide con il distaccarsi da esso, così come la loro «distruzione» non può che essere il ritorno all’infinito da cui hanno origine, un ritorno che avviene «secondo necessità». Anassimandro non aveva un’idea pacificante della realtà. la realtà è costituita da un conflitto eterno tra contrari che si oppongono tra loro: luce e tenebra, caldo e freddo, secco e umido, a causa di una colpa originaria. I contrari tendono a sopraffarsi l’un l’altro. Si tratta di un’espiazione imposta dall’«ordine del tempo», che impedisce a un contrario di prevalere definitamente sull’altro. Il mondo nasce quindi da scissione e contrapposizione tra contrari (influenza orfismo).

ANASSIMENE Anassimene corregge la teoria del maestro Anassimandro nel senso che il principio primo è, sì, infinito in grandezza e quantità, ma non è indeterminato: esso è «aria». Infatti, Anassimene considerò che l’essere vivente vive finché ha respiro, cioè inspira ed espira aria, e muore quando esala l’ultimo respiro. Come l’aria è essenziale alla vita dell’uomo e dei viventi, così lo deve essere altresì per tutte le cose e il cosmo intero. L’aria è invisibile, infinita e incorporea, caratteristiche facilmente riconducibili al ‘divino’. Infine, l’aria è concepita da Anassimene come naturalmente dotata di movimento causando la «condensazione» e la «rarefazione» degli elementi. La rarefazione dell’aria dà origine al fuoco, la condensazione dà origine all’acqua e poi alla terra.

ERACLITO Eraclito nacque a Efeso e visse fra il VI e V secolo. Visse una vita solitaria, mal sopportando la compagnia degli uomini considerati una massa di ignoranti che si lasciano attrarre dalle cose futili. Non ebbe maestri diretti e si vantò di aver scoperto da sé la sua sapienza. La sua opera – intitolata anch’essa Sulla Natura – di difficile interpretazione (per questo fu chiamato Eraclito «l’Oscuro»). I Milesi si erano soffermati sul problema del «principio» delle cose, senza porre adeguata attenzione su come la realtà funzionasse dopo essere nata. Egli portò al centro del problema filosofico il tema del divenire. Mediante l’osservazione egli rilevò la perenne mobilità di tutte le cose: Panta-rei, tutto scorre, nulla permane, tutto si trasforma. “A chi discende nello stesso fiume sopraggiungono acque sempre nuove.” Secondo Eraclito il divenire della natura non è caotico ma ordinato secondo leggi dei contrari. La realtà è fatta di opposti che vivono in relazione, sebbene diverse non sono separate, fanno parte di un TUTTUNO. Proprio in questo, allora, consiste Dio o il Divino. Eraclito dice espressamente che il Dio è giorno-notte, è inverno-estate, è guerra-pace, è sazietà-fame. E ciò significa, appunto, che Dio è l’«armonia dei contrari», l’«unità degli opposti». Allora, l’elemento fondamentale da cui tutto deriva e a cui tutto finisce è il fuoco. Il fuoco, in effetti, è perennemente mobile, esso è unità di contrari: è bisogno delle cose, e in tal senso fa essere le cose; ma è anche sazietà delle cose, e in tal senso distrugge e fa morire le cose. A diifferenza dei Milesi, Eraclito attribuisce al principio primo divino un’intelligenza (logos) che governa, ordina e fa nascere tutte le cose in armonia. Inoltre, Eraclito ha una visione orfica dell’anima (psyché), che va oltre il mondo fisico e si estende all’infinito: Se la felicità consistesse nei piaceri del corpo, dovremmo considerare felici i buoi quando trovano foraggio da mangiare.

I PITAGORICI Con i Pitagorici passiamo dalla Ionia all’Italia meridionale. Sebbene Pitagora fosse il creatore e maestro, la Scuola pitagorica era come una setta o ordine religioso alla ricerca di un «bene comune», le scoperte di uno sono le scoperte di tutti e fu questo a comportare l’anonimia dei singoli discepoli. La Scuola in Italia non aveva come obiettivo principale la ricerca scientifica, essa era un mezzo di purificazione per raggiungere un fine superiore. Di Pitagora non è rimasto nulla di scritto. I Pitagorici indicarono una nuova concezione del principio: il numero. I Pitagorici furono i primi a scoprire che i vari fenomeni del cosmo, l’anno, le stagioni, i giorni accadono secondo precise leggi numeriche. Ecco, quindi, che il numero diventa il principio di ogni cosa, ciò di cui ogni cosa è costituita, per cui non è un frutto di astrazione, ma è un «ente reale», anzi l’ente più reale. Il numero è l’archè delle cose nel senso che ogni cosa che esiste presenta una sua misurabilità. E poiché ogni cosa è riducibile a un...


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