Riassunto hegel la filosofia della storia PDF

Title Riassunto hegel la filosofia della storia
Course ANTROPOLOGIA DEL PLURALISMO RELIGIOSO/ANTROPOLOGIA DELLA MEDIAZIONE CULTURALE
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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riassunto sul pensiero di hegel ovvero il compito della filosofia nel prendere atto della realtà...


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HEGEL: LEZIONI SULLA FILOSOFIA DELLA STORIA

Il compito della filosofia: Hegel rintraccia il compito della filosofia nel semplice prendere atto della realtà, non di determinarla o di guidarla, al termine di tale processo. Hegel paragona in questo senso la filosofia alla nottola di Minerva, che inizia il suo volo al calar della sera, per cui i fatti devono prima verificarsi e poi essere indagati dal filosofo che altrimenti sarebbe un visionario. La filosofia della storia: essa è un ’ attività concettuale e non empirica, per cui non riguarda la materia ma il pensiero. Tuttavia esso non si può isolare dalle sensazioni poiché tutto ciò che è umano comporta l’uso del pensiero. Esso è anche la caratteristica che distingue l’uomo dall’animale, il quale non può compiere una riflessione e pensare se stesso, a differenza dell’uomo che è natura e spirito, meccanismo ed autocomprensione di quel meccanismo. Il pensiero deve essere poi subordinato al dato: gli avvenimenti devono prima verificarsi e soltanto al loro seguito essere osservati dal filosofo. Sembra allora che tra storia e filosofia vi sia contraddizione. La filosofia è ritenuta un’ astrazione per antonomasia, ma perché vi sia una filosofia della storia occorre prima che si verifichino gli avvenimenti. La filosofia è per Hegel ragione, ovvero conformità a legge, e non pura astrazione. La ragione governa il mondo, che quindi sarà razionale e dunque avrà una sua storia razionale. A questo punto è chiaro che anche il fine di tale disciplina debba essere razionale: è necessario tagliare fuori tutto ciò che è accidentale e legato a circostanze esteriori, meglio ancora “occorre lasciare agli storici quelle costruzioni a aprioristiche che loro condannano a noi filosofi”. La storia della filosofia: la filosofia è sistema, ovvero una totalità di qualcosa che sia vero che comincia da ciò che è più semplice, sviluppandosi in direzione di ciò che è più difficile. La filosofia è esposizione dello sviluppo del pensiero; la storia della filosofia è l’esposizione di come tale sviluppo si sia svolto nel corso del tempo. La stessa filosofia poi è un processo storico e si identifica quindi con la storia della filosofia. Storia della filosofia e filosofia della storia: lo scopo della storia della filosofia è quello di gettare luce sulla filosofia della storia, che ha per oggetto la filosofia stessa. I due mondi sono collegati: la storia della filosofia studia gli avvenimenti che si susseguono, la filosofia della storia li pensa e li ordina.

La storia per Hegel: la storia che Hegel descrive è unitaria, progressiva ed universale. Unitaria poiché ad agire è un solo spirito, che è lo spirito del mondo, che poi si incarna nei vari popoli, ma resta un principio unitario. I popoli si differenziano tra di loro per mezzo dell’idea che si forgiano di se stessi, in base al livello di comprensione di che cosa sia lo spirito. Infine, lo spirito di un popolo può peririe, esistono regni storici fioriti e poi decaduti, lo spirito universale non perisce mai. La storia è progressiva perché il progresso è il suo fine: la storia consta di un avanzamento verso il meglio, di un progresso, che risiede secondo Hegel nell’ampliamento della libertà, grazie alla quale lo spirito perviene all’autocoscienza, ovvero alla capacità di pensare se stesso e di abbandonare la condizione di coscienza infelice, infelice perché non sa di non dover cercare il suo oggetto fuori di sé perché essa stessa è tutta la realtà. La storia è infine universale, universale non perché abbracci tutti gli accaduti, ma perché universali sono i valori che rintraccia in alcuni accaduti che più di altri hanno contribuito ad alimentare un progresso valido per tutta l’umanità; non è quindi una somma di avvenimenti o popoli, ma una sintesi. Storia pre-storia ed umanità: dopo il tentativo di debiblicizzare la storia, per cui questa non nasce più con la creazione di Adamo ed Eva si afferma la convinzione che ex oriente lux: la civiltà nasce in oriente, che ne diventa la culla. Ad hegel tutto il percorso svoltosi prima di fatto non interessa e lo chiama con l’espressione di pre -storia, di fatto quando l’umanità nasce per Hegel essa non vive come tale, ma in sostanza come il regno animale e questo non può entrare a far parte della filosofia della storia. La storia quindi per Hegel non si sviluppa in concomitanza alla nascita dell’umanità, ma solo posteriormente. Lo stato per Hegel: occorre allora chiedersi quale sia l’elemento che renda veramente umani gli uomini. Herder risponderà che si tratta della posizione eretta, alcuni diranno il linguaggio. Hegel rintraccia invece un criterio diverso, un criterio riguardante tutta l’umanità, perché la nascita della storia a sua volta deve poter riguardare tutta l’umanità. Tale criterio è lo stato. Qui il filosofo si rifà ad Aristotele, per il quale l’individuo era subordinato alla storia e non esisteva storia romana senza stato romano. Lo stato tuttavia in Hegel non va divinizzato, è un elemento importante, ma non è l’unico e soprattutto non è lo scopo del progresso storico. Il binomio libertà-stato: lo stato è la sede di realizzazione della libertà. La libertà è il fine della storia, che diventa allora la successione di forme statali. Tra le due nozioni è presente un importante parallelismo: il progredire quantitativo della libertà collima con il progredire qualitativo delle forme statali.

i quattro mondi: All’idea di progresso della libertà si accompagna in Hegel l’idea che vi siano popoli ed individui portatori di tale progresso. A progredire è lo spirito del mondo: la civiltà. I popoli che Hegel chiama a scandire tale progresso sono quattro mondi: gli orientali, i greci, i romani ed i germanici. Mondo deriva da kosmos ed indica un orizzonte ordinato e coerente. Il termine germanico designa il mondo moderno( Europa moderna), l’attribuito scelto è germanico e non teutonico poiché tale termine rimanda ad un significato folcloristico, non è tedesco, poiché così si intenderebbe la Prussia, uno dei maggiori stati tedeschi. L’attribuito germanico deriva da Tacito, che lo conia per indicare l’avvicinamento all’impero romano di popolazioni straniere; Hegel lo usa per indicare la contaminazione, cioè gli eredi che derivano dalla mescolanza della base greco-latina e di quella germanica. la liberta’ nei quattro mondi: Gli orientali non sanno ancora che l’uomo è libero in sé, e non sapendolo non sono liberi; sanno soltanto che uno solo è libero cioè l’imperatore, ma una libertà di questo tipo è solamente arbitrio. La coscienza della libertà sorge con la società greca, ma i greci come i romani sapevano soltanto che alcuni uomini( gli aristocratici) sono liberi e non che l’uomo è libero in quanto tale. Solo i germanici sono giunti alla coscienza, per mezzo del cristianesimo, che l’uomo è libero in quanto uomo. Vecchio e nuovo mondo: L’apparizione di questi regni segue un ordine che non è solo temporale, bensì anche spaziale: Hegel vede il mondo suddiviso in Vecchio e Nuovo mondo, nuovo nella misura in cui l’America (e l’ Australia) è stata da poco scoperta. Il vecchio mondo ha il carattere peculiare di essere unito dal Mar Mediterraneo, che facilita la comunicazione, e corrisponderebbe a quello orientale, che prenderebbe avvio dalla Cina, il nuovo mondo a quello occidentale. L’America per Hegel è soltanto un appendice della più civile Europa, importante per le conseguenze della sua scoperta, ma di fatto ancora priva di iniziativa nella storia, per cui non può essere inserita nella filosofia della storia: per Hegel l’America è il paese del futuro. Hegel vede inoltre questo paese profondamente diviso tra nord e sud per aspetti politici e religiosi: il sud America è una terra cattolica e politicamente conquistata; il nord è protestante e colonizzata anche se Hegel non nega che pervenuti all’unità questi stati non potranno avere un ruolo. Un altro continente che risulta escluso dal corso della storia è l’Africa, il motivo sarebbe rintracciato nella condizione climatica: Hegel era convinto che i climi estremi impedissero agli uomini di sottrarsi alla prepotenza della natura e di prendere coscienza della propria libertà. Un motivo più ovvio è dato dalla non conoscenza dell’Africa, che ai tempi si limitava soltanto alle zone costiere. Qui vi sono comunque due eccezioni: l’Egitto( per l’introduzione della nozione di immortalità dell’anima) e l’Islam( per lo

sviluppo di una religione che poi crea una civiltà laddove non esisteva nessuna civiltà). L’Asia è per sua definizione la culla della civiltà, il primo grande regno della storia mondiale a cui appartengono la Cina e l’India, ancora esistenti, e l’antico impero persiano tramontato. Le prime due per l’autore sussistono immutabili, poiché la storia della libertà vi avrebbe preso posto solo in premesse, per poi svilupparsi altrove… L’oriente infine resta un regno teocratico, una monarchia in cui l’individuo non conta ancora nulla: la libertà è solo di uno. Due pinti di vista nella filosofia della storia: vi è il punto di vista di coloro che agiscono in direzione dello sviluppo storico, ovvero gli individui. Sembra che tali individui vengano mossi solo dalle proprie passioni ed ambizioni, in realtà si tratta di un astuzia della ragione che fa compiere loro l’obbiettivo che si era prefissa e che al termine li lascia quasi sempre soccombere. Tali individui agiscono quindi in modo non consapevole di ciò che nascondono e che scaturirà dalle loro azioni. Essi compiono il lavoro del negativo, quel lavoro di distruzione della realtà presente e di una nuova riconfigurazione di essa. Tale punto di vista è chiamato spirito di per sé. Dall’altra parte vi è il filosofo che contempla il percorso svoltosi prima di lui dagli individui e che cerca di attribuire un senso a tale cammino; tale punto di vista si dice spirito in sé. Quando nasce la filosofia?: la filosofia per Hegel nasce con i greci, presupposto necessario è il tempo libero del cittadino greco che può così dedicarsi all’autogoverno, e al logos. Prima di questi infatti la filosofia non esisteva come ricerca della verità. Hegel ha tuttavia dubbi che essa inizi con Talete, per questo introduce il pensiero orientale, in particolare per tre ragioni: delle nuove letture fatte sull’oriente; per l’esistenza di alcune religioni che contenevano dei principi universali( lo zoroastrismo) e dei principi filosofici: il sistema del samkia, ovvero una sintesi di filosofia atomistica che studia le interazioni tra piccoli corpi e le loro qualità; e la morale di Confucio che trasmetteva insegnamenti sull’arte del governo e quella familiare con delle massime, ad esempio “la virtù del sovrano è come il vento, quella del popolo è come l’erba, l’erba si piega al passar del vento”. Infine introduce la filosofia orientale nella filosofia proprio perché essa ricopre un ruolo nella filosofia della storia: qui la Cina è la prima figura dello spirito; stando invece alla storia della filosofia il pensiero orientale viene riconosciuto come qualcosa di concettuale, ma resta sempre un vestibolo o un introduzione alla vera filosofia. Il fine della storia come la fine della storia?: Hegel sostiene che il progresso storico non può essere infinito, perché ciò significherebbe che la storia manca di uno scopo, di un obbiettivo da realizzare, mentre questo esiste ed è il compimento della libertà. Questo fine deve essere

quindi attuabile. Quando la storia è arrivata alla sua realizzazione per Hegel: il fine coincide con la fine. Tuttavia si tratta di un interpretazione forviata questa della teoria del filosofo, il quale da sempre asserisce che vi sia nell’uomo un impulso alla perfettibilità e che non è escluso che possano nascere ulteriori progressi. Per smentire infine la teoria basti pensare alla definizione che Hegel dà dell’America come paese del futuro. Le fonti dell’oriente di Hegel: La conoscenza di Hegel dell’oriente è minima, le fonti utilizzate sono per lo più diari di viaggio o scritti antichi, si tratta quindi di una conoscenza interpretativa e in qualche modo forviata. Hegel conosce abbastanza bene l’India, su cui erano stati fatti nuovi studi, in particolare legge le opere dei fratelli Schelgel; la Cina è meno conosciuta invece e sembrava più arretrata visto che le fonti a disposizione erano antichissime. Infine, nella trattazione della Persia Hegel è aiutato dall’opera letteraria “divano occidentale-orientale” di Goethe. La cina: Le fonti che Hegel utilizza principalmente per narrare la storia della Cina sono dei libri antichissimi chiamati dagli stessi cinesi King. La Cina entra nella filosofia della storia e le dà avvio per la creazione dello stato. Si tratta di uno stato complesso, come diceva Montesquieu, garante dei diritti dei cittadini: la legge è uguale per tutti in Cina. La peculiarità di questa uguaglianza è la negatività: in Cina tutti sono uguali, uguali come sudditi di fronte all’imperatore. Il problema dello stato cinese sta nel suo essere retto da un unico principio: l’obbedienza, che garantendo un potere unico e concentrato, per l’epoca costituiva comunque un dato innovatore a fronte del precedente governo di padri anziani. La Cina è infatti uno stato patriarcale, ma a governare vi è uno solo, non ci sono più soggetti che si scontrano, ma un terzo che riassume in se tutto il potere. La stessa storia, per Hegel, sarebbe quel processo in cui ciò che appare naturalmente diviso può divenire unito dal punto di vista umano, esempio tangibile ne è il mare. La Cina, inoltre essendo una società patriarcale si configura anche come stato patriarcale: il rapporto che intercorre tra sudditi e principe sarebbe lo stesso che intercorrerebbe tra membri della famiglia e pater. Tale principio era già chiaramente espresso da Confucio, la cui morale mostra come al potere sia dovuta obbedienza. Dando inizio alla filosofia della storia occorre poi notare come la Cina ne resti fuori: per Hegel la Cina è un popolo senza storia di fatto: pur avendo forme di unificazione che avrebbero portato alla nascita dello stato, e con esso della storia, qui la storia non si sviluppa e la Cina sembra versare in una specie di stasi: i suoi principi restano sempre quelli di partenza. La percezione di questa condizione non è però univoca: per Hegel si tratta sicuramente di un punto nevralgico, per altri di una virtù, quella della stabilità. La

religione in Cina non ha un vero e proprio ruolo: si tratta di una religione etico-politica che consiste nell’adorazione del cielo: seconda la cosmogonia proprio da questo elemento avrebbe avuto origine la famiglia imperiale. E’ chiaro quindi che essa venga percepita come funzionale al mantenimento dell’ordine e del potere e non come una vera fede, possibile soltanto dove gli individui abbiano trovato una dimensione interiore. Infine, in Cina il potere dell’imperatore risultava talmente preponderante che qualora si verificassero delle deviazioni alle leggi imperiali si fornivano pene severe, la stessa pena di morte era abbastanza abituale; pene così severe da rendere vacuo qualsiasi tentativo di assoggettamento al potere per mezzo del timore degli dei. I Cinesi presentano anche delle filosofie, che sono per lo più naturalistiche e che non hanno nessun contatto con le discipline che toccano più da vicino lo stato. La conclusione filosofica è che la vita cinese è regolata dal potere dell’imperatore e dal punto di vista della coscienza individuale non esiste nessuna libertà: in Cina non c’è spazio per nessuna riflessione morale, le uniche possibilità sono l’obbedienza od il suo opposto. L’india: L’India è affine alla Cina dal punto div ista geografico, due altopiani e due grandi fiumi, quali: Gange e Indo; ed è affine per la caratteristica di entrare a far parte della filosofia della storia per poi restarne ai margini del suo corso. Rispetto alla Cina presenta due peculiarità: l’India è il “paese della fantasia”; l’impero non è unitario ma diviso in tanti regni; in quest’ultima caratteristica Hegel ha visto un parallelismo con l’anarchia feudale del Medioevo europea. In Cina non compare l’idea di popolo, la cultura cinese si esplica solo nei suoi gradi superiori; in India vi sono popoli con le proprie usanze, le stesse caste lo sono, ma si tratti qui di sistemi sociali e non politico-statali come in Cina; la stessa religione non viene imposta con le leggi, è una consuetudine e che come tale va rispettata. L’India entra a far parte della storia per due ragioni principali: il concetto di società, per cui si intende un organizzazione della vita umana basata sul lavoro; il concetto di religione. La società indiana è dominata dalla fantasia, policromia che deriva dalla divisione in caste: gruppi chiusi a cui si appartiene per nascita, e modificabili solo con la reincarnazione. Le tre caste principali descritte da Hegel sono: quella dei superiori o brahamini, quella intermedia dei guerrieri, quella dei lavoratori, ed infine quella della classe più infima i cui esponenti sono definiti anche intoccabili( chi svolge un lavoro degradante, chi è servo, chi non lavora…). Il sistema della caste in India non dispone di un valore soltanto sociale: esse sono anche la base dello schema diritti-doveri degli individui, che non sono possessori di questi ultimi in quanto individui, bensì in quanto appartenenti ad una determinata casta. L’articolazione sociale è tuttavia grottesca, si tratta per lo più di una caricatura della società: le caste sono gruppi

immobili a cui si appartiene naturalmente, non sono frutto di un autorganizzazione degli uomini. L’india per Hegel inventa la religione ideando la rappresentazione: raffigurare ad immagini le divinità. Le divinità indiane sono chimeriche, ma al contempo ben descritte e particolareggiate: esse denotano la grande capacità degli indiani di dar forma a delle immagini di un mondo puramente mentale. Le divinità più importanti sono: Brahman l’essere supremo non raffigurabile che rappresenta il tutto( è panteistico); Brahma l’essere supremo a cui gli uomini devono tendere per raggiungere una dimensione di perfezione( non è a caso che la radice culturale sia la stessa della casta dei brahamini); krisna, visnu e siva. Mentre i brahamini sono di natura divina già per nascita, le altre caste possono partecipare alla rinascita, sottoponendosi ad un gran numero di rinunce e prendono il nome di yogi. Il Brahman è la radice di ogni natura determinata, la sostanza semplice che si riversa in diverse pluralità, noi potremo dire che sia Dio; per gli stessi indiani non è semplice da definire, è Dio creatore del cielo e della terra, non è raffigurabile ed è vietato rivolgergli sacrifici o preghiere perché significherebbe adorare se stessi. Tuttavia, l’India è ancora un mondo immerso nella natura, non esiste una coscienza individuale e gli uomini non sono liberi. L’importanza della religione è per Hegel evidente, ma la rappresentazione non è tuttavia formata da una mente libera; inoltre la società delle caste è immobile ed è essa a determinare il comportamento degli uomini e non il contrario. La Persia: La Persia presenta una realtà eterogenea, si tratta di un brulicare di popoli diversi le cui storie si intrecciano. Diversamente dalla Cina e dall’India la Persia non resta chiusa in sé, non è isolata, anzi costituirà il preludio per il passaggio in Europa. Essa anche il primo regno definito storico, ovvero facente parte del passato ormai, nato e decaduto. In sostanza la Persia entra a far parte della filosofia della storia per la nozione di impero; esso si estendeva dall’Egitto all’Afghanistan, includendo parte dell’India; il centro dell’impero era di fatto la stessa Persia, che tuttavia non può essere paragonata né ad un odierna capitale, né ad un centro politico: il dominio si manifestava nella sola riscossione dei tributi, i popoli restavano per lo più nella loro autonomia culturale-politica-religiosa. Questa è la caratteristica dell’impero persiano in cui Hegel intravede un progresso: si tenta di costruire un unità tra i popoli senza grandi sconvolgimenti. Rilevanti all’interno della varia realtà persiana sono: il popolo zend; assiri-medi e babilonesi; fenici; ebrei; egiziani, ognuno di questi

popoli

rappresenta

per

Hegel

un

innovazione.

Il popolo zend, ossia la parte più antica dei popoli persiani che non hanno prodotto ...


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