Locke - Riassunto Storia della filosofia PDF

Title Locke - Riassunto Storia della filosofia
Course Storia della filosofia
Institution Università degli Studi di Ferrara
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Il file contiene un riassunto del Manuale e gli appunti presi durante le lezioni....


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JOHN LOCKE Biografia Nacque il 29 agosto 1632 a Wrington e condusse la sua vita nel periodo caratterizzato dalla prima e dalla seconda rivoluzione inglese. Nacque, infatti, nel periodo della Guerra Civile inglese, assistette alla decapitazione di Carlo I nel 1649 e visse la dittatura di Cromwell. Morì il 28 ottobre 1704, subito dopo la Glorious Revolutions (Bill of Rights, 1689) e alla nomina di Guglielmo III d'Orange a re d'Inghilterra. Le sue opere più importanti furono: • Epistole sulla tolleranza, 1689; • Due trattati sul governo, 1690; • Saggio sull'intelletto umano, 1690. Empirismo L'empirismo fu una tradizione tipicamente inglese iniziata con Bacone e proseguita con Hobbes, che si sviluppa fra il '600 e il '700 e che si accomuna in parte con l'illuminismo. Locke viene indicato come uno dei maggiori esponenti di questa corrente filosofica moderna, secondo cui tutta la nostra conoscenza deriva dai sensi. L'empirismo fece da punto di incontro fra il cartesianesimo e la rivoluzione scientifica. Ciò che differenzia l'empirismo dal razionalismo di Cartesio è la teoria della ragione come insime di poteri limitati dall'esperienza. L'esperienza, infatti, è sia fonte e origine del processo conoscitivo sia criterio di verità. Dunque, non esistono idee innate ma la conoscenza derivava esclusivamente dall'esperienza. L'empirismo assume un orientamento antirazionalista per cui la ragione non è unica, nè infallibile, nè onnipotente (al contrario di quanto aveva affermato Cartesio). Infatti: • l'unità della ragione non è garantita, ma va guadagnata tramite disciplina; • l'infallibilità della ragione è resa impossibile da limiti quantitativi e qualitativi delle idee, dalla presenza di falsi principi e dall'imperfezione del linguaggio; • l'onnipotenza va esclusa perchè le idee innate non esistono, la ragione non produce nulla da sé. La ragione, tuttavia, è l'unica guida efficace di cui l'uomo dispone e comprende in sé il sapere probabile e non il sapere certo. "Saggio sull'intelletto umano" In una "Epistola al lettore" utilizzata come premessa al Saggio, Locke racconta che in una riunione di cinque o sei amici si discuteva di argomenti che non avevano a che fare con l'intelletto o su come funziona esso, senza riuscire, però, a trovare una soluzione a quei dubbi. A Locke, dunque, venne il sospetto di aver sbagliato procedimento. Prima di fare ricerche di quel genere, era necessario esaminare le capacità e facoltà dell'uomo e quali oggetti l'intelletto fosse in grado o meno di considerare e conoscere. Si ha una prima delimitazione del campo d'applicazione dell'intelletto, ovvero un riconoscimento dei limiti dell'uomo. Questi limiti hanno a che fare con l'esperienza, la quale fornisce alla ragione il materiale che essa utilizza, ovvero le "idee semplici". La ragione può combinare e ordinare queste idee, formando le "idee complesse"; anche questo procedimento è controllato dall'esperienza. L'esperienza, infatti, fa sì che la ragione impedisca all'uomo di avventurarsi in problemi che sono al di là delle sue capacità.

Critica dell'innatismo Locke afferma che l'oggetto della nostra conoscenza è l'idea e le idee derivano esclusivamente dall'esperienza. Al contrario, Cartesio aveva affermato l'esistenza nella mente umana di idee innate, ovvero di contenuti mentali universali (es: l'idea di Dio, di numero, ecc.). Per sfatare le tesi di Cartesio, Locke utilizza un'argomentazione empirica: • le idee, per esistere, devono essere pensate; • i bambini, gli idioti, i "selvaggi" non conoscono queste idee, non le percepiscono distintamente nel proprio spirito, ovvero non le pensano. Dunque, le idee innate non esistono. Analogamente non ci sono principi innati, nè speculativi (non contraddizione, nè pratici (regole morali). Se non esistono delle idee innate, vuol dire che l'anima non pensa da sempre, ma apprende a pensare; l'esercizio della ragione è qualcosa che si impara, si esercita e si struttura. Idee semplici e idee complesse Una prima distionzione di idee è: • idee di sensazione, se derivano dalla realtà esterna e provengono dai sensi (giallo, caldo, duro, amaro, ecc. ovvero tutte le qualità che si attribuiscono alle cose); • idee di riflessione, se derivano dalla realtà interna (percezione, pensiero, dubbio, ragionamento, conoscenza, ecc. ovvero tutte le idee che si riferiscono a operazioni del nostro spirito). L'esperienza fornisce soltanto le idee semplici: le idee complesse sono prodotte dal nostro spirito mediante la unione di varie idee semplici. Quando l'intelletto è provvisto di idee semplici, grazie alla sensazione e alla riflessione, esso è in grado di riproporle, paragonarle, riunirle in modo vari. Questa capacità dell'intelletto costituisce la conoscenza. L'intelletto, però, non può inventare o creare un'idea semplice nuova; questo è il limite insuperabile dell'intelletto umano. Lo spirito è come una tabula rasa, che riceve passivamente le idee semplici. Idee semplici e qualità Le idee semplici si distinguono in: • primarie, ovvero oggettive, che appartengono realmente all'oggetto e sono inseparabili da esso (es: solidità, estensione, figura, movimento, quiete e numero); • secondarie, ovvero soggettive, che non esistono nell'oggetto ma sono prodotte in noi dalla combinazione delle idee primarie (es: colori, suoni, sapori, odori, ecc.). Attività dello spirito Se nel ricevere le idee semplici lo spirito è passivo, esso diventa attivo nel momento in cui deve elaborare tali idee. In questo processo lo spirito può: • combinare le diverse idee semplici per creare delle idee complesse; • porre insieme due idee (semplici o complesse) contemporaneamente, formando idee di relazioni; • separare un'idea dalle altre, astrarre, per creare idee generali. Idee complesse Le idee complesse si suddividono in idee di tipo: • modi ⟶ non sussitono per sè ma solo come manifestazione di una sostanza, come una qualità di qualcosa (es: triangolo, gratitudine, delitto, (qualità, accidenti, ecc.)); • sostanze ⟶ considerate sussistenti per se stesse (es: uomo, pecora, piombo, ecc.); • relazioni ⟶ derivanti dal confronto di un'idea con un'altra (es: identico, diverso, maggiore, causa, ecc.).

Critica all'idea di sostanza L'idea di sostanza non ha ragione d'essere: non è un'idea semplice (poichè non è frutto nè della percezione nè della riflessione, ovvero non si trova l'idea di sostanza sensibilmente fuori fuori di noi) e non è un'idea complessa (poichè non è frutto dell'unione di diverse idee). Dunque, la sostanza è qualcosa che dovrebbe sostenere un certo numero di idee semplici che si presentano constantemente insieme. Es: oro ⟶ è giallo, malleabile, ha un certo peso specifico, si scioglie nel mercurio. La sostanza oro, senza le qualità che ha, non è più una sostanza. Si ipotizza un substratum ("sostrato") in cui sono unite tutte queste qualità. Noi percepiamo soltanto idee semplici; ma non sapendo immaginare "in quale maniera queste idee semplici possano sussistere da sole, ci abituiamo a supporre che ci sia qualche substratum, in cui sussistono e dal quale risultano". Tuttavia noi non possediamo alcuna nozione chiara e verificabile di tale substratum. Dunque, l'idea a cui diamo il nome generale di sostanza è il "sostegno supposto ma sconosciuto di quelle qualità che scopriamo esistenti". Ciò vale sia per la sostanza corporea (substrato sconociuto delle qualità sensibili) sia per la sostanza spirituale (substrato sconosciuto delle operazioni dello spirito). È necessario NON confondere le idee di tipo sostanza con la sostanza (idea di sostanza). Idee di relazione Le idee di relazione principali sono: causa ed effetto, identità e diversità. L'idea di identità (qualcosa è identica a se stessa) è applicata alla coscienza come ciò che accompagna il senso interno facendo sì che le diverse percezioni o riflessioni siano riferibili a un unico io, fondamento della persona. L'uomo non solo percepisce ma percepisce di percepire e ogni sua percezione si accompagna alla consapevolezza che è il suo io a percepire. Ed è grazie a questa consapevolezza che le varie sensazioni e percezioni costituiscono il suo io. L'uomo, dunque, conosce il suo io secondo il modello cartesiano: l'identità non è una conoscenza innata, ma è frutto della percezione del senso interno. Le idee generali e il linguaggio Un'attività dello spirito è la capacità di astrazione, ovvero la separazione delle idee semplici, per ottenere le idee generali. L'astrazione serve per fornire le basi del nostro linguaggio. Le idee generali non indicano alcuna realtà ma sono segni di un insieme di cose particolari, tra le quali è possibile riconoscere una certa somiglianza. Es: non c'è una realtà universale di "uomo": il nome e l'idea generale "uomo" sono segni di quegli esseri ai quali, dati i loro comuni caratteri, noi riferiamo il termine "uomo". Una volta formatasi l'idea generale di "uomo", il nostro intelletto riconosce come appartententi alla specie "uomo" tutti gli individui somiglianti. Le idee così formate contribuiscono a formare i termini del linguaggio: i segni convenzionali. Per la maggior parte dei pensatori precedenti il linguaggio era arbitrario solo nel senso che il significante (il nome) era considerato un segno convenzionale al quale corrispondeva un concetto uguale per tutti (arbitrarietà del significante). Locke introduce l'arbitrarietà del sigificato, cioè dello "schema di mediazione" tra i nomi e le cose, affermando che anche le idee generali sono segni convenzionali per descrivere un determinato oggetto o soggetto. Es: chi non conosce la parola ghiaccio lo può comunque descrivere con le sue qualità (acqua indurita). Dunque, non esistono concetti universali nella realtà ma esistono solo cose particolari (non esiste il concetto di uomo in sè ma esistono i singoli uomini); per descrivere le cose particolari si parla solo tramite termini generali. La pretesa dell'immutabilità delle essenze non è altro che la permanenza di un'idea generale

nello spirito. La dottrina della conoscenza si riduce così a semiotica (dottrina dei segni). Saggio sull'intelletto umano 17. Le idee complesse « Sensazione e riflessione (facoltà dell'anima di guardarsi con il senso interno) sono azioni in cui la mente agisce in modo passivo; la mente non può creare idee semplici e non può creare idee complesse che non siano composte da idee semplici. Gli atti in cui la mente esercita il suo potere sulle idee semplici sono: • combinare varie idee semplici in una composta, creando le idee complesse; • porre insieme due idee, semplici o complesse che siano, paragonandole fra loro, creando idee di relazione; • separarle da tutte le altre idee che le accompagnano nella loro esistenza reale (astrazione), creando le idee generali. La mente prende coscienza del fatto che alcune idee semplici vanno costantemente insieme, e presumendo che queste appartengono ad una stessa cosa, sono chiamate con un solo nome. Inavvertitamente, quindi, siamo portati a pensarle come un'idea semplice e non come ad un'unione di più idee, abituandoci a supporre un sostrato sul quale si appoggiano queste idee, che perciò chiamiamo sostanza. Questa sostanza, però, in realtà non esiste. 28. Le sostanze particolari quando pensiamo a quell'idea che, in realtà, è un insieme di idee che sono sempre insieme noi non possiamo concepire che quelle idee esistano da sole; supponiamo, dunque, che siano sostenute da un comune soggetto. A quel sostegno noi diamo il nome di sostanza, anche se non abbiamo un'idea chiara di cosa sia quel sostegno. 29. Corpi e spiriti Lo stesso accade per le operazioni della mente, cioè pensare, ragionare, temere, ecc., giudicando che non sussistono da sè e intendendo che non sono nè appartenenti nè prodotte da esso, siamo portati a considerarle come azioni di un'altra sostanza che chiamiamo spirito. La sostanza corporea è substrato sconociuto delle qualità sensibili mentre la sostanza spirituale è substrato sconosciuto delle operazioni dello spirito. Quindi, l'idea di una sostanza materiale è altrettanto remote dell'idea di una sostanza spirituale.»

La conoscenza L'esperienza fornisce il materiale della conoscenza ma non è la conoscenza stessa; essa ha sempre a che fare con le idee ma non si riduece alle idee. La conoscenza consiste nella percezione di un accordo o di un disaccordo delle idee tra di loro. Come tale, la conoscenza può essere: • intuitiva ⟶ quando l'accordo o il disaccordo di due idee è immediatamente evidente, senza che sia necessario l'intervento di altre idee (es: bianco/nero). Questa conoscenza è la più chiara e la più certa ed è, quindi, fondamento della certezza e dell'evidenza di ogni altra conoscenza; • dimostrativa ⟶ quando l'accordo o il disaccordo di due idee non è percepito immediatamente ma viene reso evidente mediante l'uso di idee intermedie, chiamate "prove", che sono passaggi immediatamente evidenti. La conoscenza dimostrativa, dunque, consiste in una catena di conoscenze intuitive. Questa conoscenza è meno sicura di quella intuitiva perchè l'errore è possibile, soprattutto il lunghe dimostrazioni. Esiste, poi, la conoscenza delle cose al di fuori delle idee. Locke è consapevole dell'incongruenza con la sua dottrina, secondo cui lo spirito ha a che fare solo con le idee e la conoscenza consiste nella percezione di accordo e disaccordo fra le idee. Allora, com'è possibile giungere a conoscere una realtà diversa dalle idee? La consocenza è reale solo se c'è conformità tra idee e cose. Ciò si afferma perchè: • le idee semplici sono il prodotto dell'influenza delle cose sui nostri sensi; • le idee complesse (tranne quelle di sostanza) sono costruzioni dello spirito e, quindi, non valgono come immagini delle cose; • le idee di sostanza per essere vere devono corrispondere al loro modello esterno. Ci sono, poi, tre ordini di realtà: io, Dio e le cose; e ci sono tre modi diversi di giungere alla

certezza di queste tre realtà: • conosciamo l'io tramite l'esperienza della sua intuizione e autopercezione, tramite il modello cartesiano (io penso, dubito, ragiono e con ciò intuiscono la mia esistenza); • conosciamo Dio attraverso la dimostrazione tramite la prova causale, per cui il nulla non può produrre nulla. Se qualcosa esiste è necessario che sia stato prodotto da qualcos'altro e, al principio della catena che non può essere infinita, deve esserci un essere eterno, potente e intelligente che ha prodotto tutto, ovvero Dio; • conosciamo le cose esterne attraverso la percezione in atto, ovvero la sensazione attuale. Il fatto che noi riceviamo attualmente l'idea dall'esterno ci fa conoscere qualcosa che esiste in questo momento fuori di noi che produce l'idea. Nel momento in cui riceviamo la sensazione, siamo certi che esiste la cosa che ha prodotto quella sensazione in noi e questa certezza, per Locke, basta a garantire la realtà delle cose esterne. Dunque, la fiducia nelle nostre facoltà è indispensabile visto che conosciamo anch'esse solo adoperandole. Ci sono ulteriori ragioni a favore dell'esistenza delle cose esterne: - le cose vengono a mancarci quando ci manca l'organo di senso adeguato ⟶ le sensazioni sono prodotte da cause esterne che colpisocno i nostri sensi; - le idee sono prodotte dal nostro spirito senza che noi possiamo evitarlo ⟶ non sono prodotte da noi ma da una causa esterna; - molte idee sono prodotte in noi con piacere o dolore, ma quando sono ricordate non sono più accompagnate da piacere o dolore ⟶ solo l'oggetto esterno può produrre piacere o dolore quando colpisce i nostri sensi; - i sensi si offrono testimonianza reciproca (tatto e vista confermano l'esistenza di una cosa) ⟶ si rafforza la certezza dell'esistenza delle cose. La conoscenza probabile Quando l'oggetto non è più testimoniato dai sensi, la certezza della sua esistenza sparisce ed è sostituita dalla probabilità. La conoscenza probabile è frutto della nostra facoltà di giudizio, dell'esperienza passata e della testimonianza di altri uomini (a volte, anche dell'analogia). In questo caso, l'accordo fra le idee non è percepito ma presunto e si manifesta mediante prove la cui connessione non è immutabile, ma appare sufficiente ad accogliere lo spirito ed accettarle. La ragione e la fede La consocenza certa e la conoscenza probabile costituiscono la ragione. Essa è limitata dalla mancanza di materiale empirico e dalla mancanza di prove. Eppure, è la sola guida di cui siamo forniti per la nostra vita. Dalla ragione si distingue la fede, che è fondata soltanto sulla rivelazione. La ragione, però, rimane criterio della fede, perchè solo essa può decidere dell'attendibilità e del valore della rivelazione. Limitatezza della ragione e l'errore L'errore è intrinseco al funzionamento della ragione stessa. Non dipende da un intervento della volontà (come affermava Cartesio) ma è dovuto a: • mancanza di prove, che spesso non siamo in grado di reperire; • mancanza della capacità di usare le prove; • mancanza della volontà di vedere le prove; • errata misura delle probabilità per: - assunzione di principi dubbi o falsi; - idee istillate fin dall'infanzia (pregiudizi); - passioni dominanti - autorità della tradizione delle conoscenze (se una cosa è stata affermata da più

persone e tramandata nel tempo, non è necessario che quella cosa sia vera)....


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