Storia della popular music (dal 1800 al 1960) PDF

Title Storia della popular music (dal 1800 al 1960)
Author Carmine Esposito
Course Musica
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Appunti delle lezioni di storia della popular music per l'esame a scelta di Musica...


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STORIA DELLA MUSICA 27 aprile Le discipline che si occupano dello studio della musica pop si chiamano Popular music studies. Triangolo assiomatico di Philip Tagg: è un triangolo dove ai tre vertici ci sono i tre generi che siamo abituati a dividere tra loro, ma senza uno dei quali gli altri due non avrebbero senso. Sono.  La musica classica (o eurocolta): che è la musica dei compositori bianchi, per lo più tedeschi o italiani. Gli studi che si occupano di musica classica si chiamano musicologia.  La musica di tradizione orale (o popolare, o folk) : musica di tradizione orale e popolare non scritta. Si differenziano perché sono orali e non scritte, non sono di un’élite e appartengono al popolo. Gli studi che si occupano di musica folk si chiamano etnomusicologia.  La popular music è una musica di intrattenimento. A differenza della musica di tradizione orale si sviluppa tra i ceti abbienti urbani, e a differenza della musica classica non è così colta. Di popular music si occupano i popular music studies. Definizione di popular music (secondo wikipedia): la musica popolare è la musica che piace a una grossa massa di persone e che è distribuita, tramite l’industria musicale, a tante persone. Comunque tutti questi concetti (musica pop diversa da musica classica) nasce nell’ottocento. La stampa di massa delle partiture permette lo sviluppo di una musica di massa. All’interno di questo contesto, la musica delle élite urbane si specializza in quella che noi oggi chiamiamo musica classica. Ma comunque ciò è dovuto allo sviluppo dell’industria musicale, in quanto anche l’idea del compositore (che guadagna grazie al fatto che le sue opere sono sfruttate) non può esistere senza le società di collecting che sono un frutto tipico della mentalità capitalistica ottocentesca, e che crea l’idea del diritto d’autore; infatti, la convenzione di Berna del 1886 sul diritto d’autore è lo stesso documento riconosciuto oggi dalle società di collecting. 29 aprile In America, nell’800, si sviluppa la “stampa di massa”, la cosiddetta Penny press. Si sviluppa, cioè l’idea di una stampa non rivolta solo alle élite culturali. Questo tipo di stampa presenta degli intrattenimenti per queste masse non acculturatissime: sono presenti romanzi d’appendice e i primi esempi di fumetto. Non può mancare la musica, infatti si sviluppa il concetto di “proprietà intellettuale”. Nel 1825 si ha il primo brevetto americano del pianoforte (prima bisognava importarlo dall’Europa), quindi tutte le famiglie abbienti ne hanno in casa uno economico verticale ed è presente in tutti i luoghi di associazione per intrattenimento. All’inizio dell’800 sono ascoltati vari generi musicali, come arie d’opera semplificate per pianoforte e voce (le famose italian melodies) o gli inni religiosi americani. Ci sono due filoni principali di musica negli USA: sono le parlor ballads (in Italia sono le romanze da salotto) e il minstrel show (minstrel sta per “menestrello”). Le parlor ballads sono ballate armonicamente molto semplici e che non richiedono particolari capacità vocali, stampate per poter essere suonate insieme per intrattenersi. Hanno la tipica forma canzone come la intendiamo adesso. Stephen Foster vive tra il 1826 e il 1864. È il padre della musica americana, il primo “autore” che si afferma negli stati uniti, grazie alla sua spiccata capacità di scrivere melodie. Il secondo filone, quello del minstrel show, è uno spettacolo che ha alcune canzoni, alcuni balli e alcuni sketch di battute. È rappresentato in giro per gli USA da attori itineranti bianchi che si tingono la faccia di nero imitando i vezzi degli afroamericani. IL cakewalk è una delle basi musicali del minstrel show. Questo genere è difatti la prima musica afroamericana che arriva ai bianchi, infatti è uno dei precursori del jazz. Ma il minstrel show porta in giro una banalizzazione della musica afroamericana ed è rivolta esclusivamente ai bianchi. La tipica formazione musicale minstrel ha banjo, tamburello, violino e altre percussioni. Ci sono tipicamente due personaggi nel minstrel show: Jim Crow (le leggi per la segregazione raziale negli stati uniti si chiamano proprio leggi Jim Crow), che è il tipico nero stupido della campagna americana, e Zip Coon, che è il nero “inurbato”, cioè la presa in giro dello schiavo liberato che, arrivato nelle

grandi città del nord degli USA, è diventato un dandy, che si veste da hipster ed è acculturato (coon è un termine molto razzista per indicare un nero). Foster scrive tantissime canzoni per i minstrel shows, come le coon songs e le ethyopian songs. Più in là, molti interpreti minstral sono addirittura neri, e si tingono comunque la faccia di neri. Nel prendere in giro la sincope afroamericana, ci si rese conto che le canzoni del mistral piacciono anche ai bianchi, e diventano parte della cultura americana a tutti gli effetti. Il minstral è però la prima musica che si crea sul continente americano, è la prima musica vera americana, nata in America. Ma gli anni di Foster sono considerati come la “falsa primavera” della musica pop, negli anni ’60 dell’800 l’America s’imbarca nella guerra di secessione. Negli anni ’90 si sviluppa quella che si chiama Tin Pan Alley, che è la zona di New York (nei pressi di Brodway) dove si assembrano tutti gli editori musicali e proliferano gli autori. Questa situazione influenzamolto la canzone americana: ora, con Tin Pan Alley si indicano: un tipo di canzone americana che si cristallizza in quel periodo (il modello che sarà anche poi di Brodway); un periodo storico legato (più nello specifico quello che va dagli anni ’80 dell’800 agli anni successivi alla grande depressione); un modello di industria musicale. Questo modello funziona sulla base delle edizioni musicali: l’editore ha sotto contratto uno o più autori, che producono canzoni a ritmo continuo, e l’editore si occupa della sua promozione. Gli editori guadagnano su: la vendita degli spartiti; sull’esibizione delle canzoni in giro. Funzionava in questo modo: un impresario di un teatro andava in giro tra gli editori di Tin Pan Alley a chiedere quali canzoni nuove ci fossero, ad esempio, per la prossima stagione. Il songplugger gliela suonava e canticchiava al pianoforte. L’impresario decideva se comprarla o no. Se la esibiva con la sua orchestra e il brano piaceva, accadeva che più persone decidevano di acquistare quello spartito e che la canzone venisse suonata anche successivamente, implicando un guadagno per l’editore e l’autore. Per questo, il songplugger aveva anche il compito di andare in giro per i locali ad applaudire la canzone che aveva venduto, per influenzare il pubblico. Irving Berlin scrive migliaia di canzoni che saranno poi pubblicate (ad esempio What I’ll do). 4 maggio Il primo repertorio interamente stampato, distribuito e suonato è quello della canzone napoletana, insieme ad alcune arie d’opera. Già alla fine del ‘700 abbiamo musicisti di mandolino in tutto il mondo, amatori di musica napoletana in dialetto napoletano. Nei repertori dei minstrel shows ci sono le canzoni italiane e napoletane, così come presenti tra gli spartiti di chi ha il pianoforte a casa. Vengono creati i Cafè Chantal, dove vengono suonate queste canzoni per intrattenere i clienti. Il modello del Cafè Chantal è importato sul modello dei locali di intrattenimento parigino. Diventano poi luoghi d’intrattenimento per la borghesia urbana dove non solo vengono cantate canzoni (da chanteuse deriva l’appellativo sciantosa) ma si esibiscono anche ballerine e artisti di cabaret. In questa parte della storia della popular music hanno particolarmente importanza le città in cui si incontrano tante persone di diverse etnie, quindi le città di porto dove arrivano le merci via nave. È il caso di Lisbona (in questi anni si sviluppa il fado), di New York, di New Orleans, di Atene, di Napoli. Alcune caratteristiche in comune tra queste grandi città è che i generi che vi si sviluppano nascono dalla contaminazione tra vari tipi di culture. Napoli può essere ascrivibile a città con questo profilo. A Napoli, molti generi, ad esempio le tarantelle o le tarante, contaminano la musica della città con le loro sonorità e i loro strumenti. La scala araba influenza fortemente la musica napoletana e la sua scala musicale (la sesta napoletana). Allo stesso tempo da secoli c’è storicamente pratica di musica colta, già da molti secoli. Molti compositori di musica classica e di opera prendono spunto talvolta dalla musica popolare, così come il popolo canta volentieri arie di musica classica. Nel 1806 si trasferisce a Napoli da Parigi la famiglia Cottrau, che domina la produzione musicale di spartiti musicali a Napoli per decenni. I Cottrau cominciano a raccogliere melodie popolari, le ripuliscono (addolcendole), normalizzano le note adattandole al sistema occidentale e stampano gli spartiti a beneficio della borghesia. Queste raccolte si chiamano Passatempi musicali. Napoli, inoltre, in quel periodo è una delle tappe del Grand Tour, ovvero il viaggio che i nobili europei fanno per visitare l’Italia. La stampa Passatempi musicali diventa quindi un souvenir da portare a casa e suonare. Comunque negli anni ’20 dell ‘800, la musica si diffonde con gli spartiti. Vengono venduti sia sottoforma di raccolte, sia di “fogli volant” (in inglese broad sheet, in napoletano copielle). Nel 1839 alla

festa di Piedigrotta viene indetto il primo concorso di canzoni, che viene vinto dalla canzone Je te voglio bene assaje. In giro di pochi anni fa il giro del continente (due anni dopo si trovano gli spartiti a Londra). Vengono stampate 180.000 copielle di questa canzone. C’è un arresto dello sviluppo dell’industria musicale napoletana intorno agli anni ’60 per le guerre per l’unità d’Italia, per poi riprendere nel 1872 con la ripresa del Festival di Piedigrotta. Nel 1880 viene stampata Funiculì funiculà. È un brano scritto per celebrare la costruzione della funicolare, diventando istantaneamente un grande successo vendendo più di un milione di copie nei primi anni. Luigi Denza, l’autore delle musiche, addirittura insegna alla Royal Academy di Londra. Uno degli autori più noti è Salvatore Di Giacomo, un poeta che ha scritto anche tante canzoni napoletane. Nel 1898 viene pubblicata la canzone italiana più famosa nel mondo: O sole mio. Molti musicisti (come Di Capua) si vestono da “napoletani” e suonano chitarra e mandolino in giro per il mondo. Molti si fingono napoletani anche se non lo sono. Enrico Caruso ne incide una versione, nel 1916, che diventa lo standard di O sole mio. La cellula ritmica di O sole mio è quella dell’ habanera. Era una controdanza francese che importata a Cuba acquisisce elementi africani. Nell’800 è chiamato habanera. Arriva in Europa nella seconda metà dell’800; nel 1957 Sebastiàn Yradier compone il grande successo La paloma. Nel 1875 è presente questa cellula ritmica in un’aria della Carmen di Georges Bizet, L’amour est un oiseau rebelle. 6 maggio Si fanno esperimenti circa la registrazione del suono attraverso tutto il 1800, siccome è in questo secolo che si sviluppa tantissimo la medicina, e di conseguenza si comincia a studiare l’orecchio umano. Il fonografo viene inventato nel 1877 da Thomas Edison e brevettato nel 1878. Il suo principio di funzionamento è incredibilmente semplice, la tecnologia usata era disponibile già decenni prima, ma non fu sperimentata perché non era ancora chiaro il funzionamento dell’orecchio; infatti, il fonografo è una ricreazione meccanica dell’orecchio umano, e il suo funzionamento è basato su come l’orecchio “ascolta”. Il primo a costruire una macchina del genere fu Éduard-Léon Scott de Martnville , che inventa nel 1857 il fonoautografo, una ricreazione dell’orecchio. Il fonoautografo non registra il suono, ma lo registra in maniera grafica. Uno degli sviluppi del fonoautografo era l’orecchio fonoautografo di A. Graham Bell. Funzionava come un fonoautografo ma con un vero orecchio umano staccato a un cadavere [libro consigliato: The Audible Past – J. Sterne]. L’evoluzione del fonografo si chiama grafofono. La differenza è la modalità di incisione: non più in verticale ma in orizzontale. Un ulteriore step per l’evoluzione della musica registrata è il grammofono, inventato da Emile Berliner nel 1887. Il grammofono funziona allo stesso modo ma non incide un cilindro, bensì un disco. Il grammofono venduto commercialmente, inoltre, non può registrare, ma solo riprodurre. Quindi ciò che si vuole riprodurre bisogna acquistarlo, e – per questo motivo – proprio la diffusione del grammofono permette di dirottare l’industria musicale anche verso i suoni registrati. Il grammofono sostituisce il fonografo anche perché con quest’ultimo non si è in grado di copiare in maniera efficiente, in quanto un cilindro non può essere copiato e c’è bisogno di più fonografi che registrano contemporaneamente per avere più copie. Il disco, invece, è copiabile in quanto piatto, con cui è possibile, attraverso una matrice, effettuare delle copie stendendovi sopra uno stato di gommalacca che viene pressata acquisendone i solchi. Le prime compagnie che stampano cilindri e poi dischi sono quelle che poi saranno molto importanti anche nel ‘900, come ad esempio la Columbia. Per quanto riguarda la qualità della registrazione, il fonografo ha dei limiti fisiologici, infatti non riesce a catturare le frequenze basse, e ciò seleziona il repertorio e quindi la musica che può essere fruita. Un altro limite è legato alla durata: siccome la registrazione è limitata a pochi minuti, si diffondono grazie al fonografo solo arie d’opera (e non le opere intere), e questo spinge la musica pop, fatta di brevi canzoni. Il fonografo, inoltre, privilegia le voci tenorili per frequenze registrate, quindi artisti come Enrico Caruso sono favoreggiati dal fatto che il nuovo strumento rende particolarmente bene il range in cui si muove la voce tenorile. [manca registrazione] un’altra categoria di musica che rende bene su fonografo è quella suonata dalle bande d’ottoni, infatti sono presenti tante registrazioni di John Philip Sousa e della sua banda. Il disco a 78 giri resta il formato standard dalla fine dell’ottocento agli anni ’50. Un’altra invenzione che impatta sui mass media e sul mondo della musica è la radio. Inventata da Guglielmo Marconi. Nel 1901 riesce a trasmettere attraverso l’oceano Atlantico la lettera S con un telegrafo in alfabeto Morse. Ma l’idea che stravolge le comunicazioni nel ‘900 è quella del broadcasting, ovvero la ricezione a tanti (e non una comunicazione uno a uno). [manca data] da quel momento in poi tante corporation cominciano a trasmettere notizie e popular music. Per la radio i paesi possono scegliere tra due modelli: la

privatizzazione, ossia qualunque privato può trasmettere utilizzando le frequenze radio, e la nazionalizzazione, ossia solo lo stato può utilizzare le frequenze radio per trasmettere. Vengono scelte rispettivamente le prime dagli Stat Unit (negli anni ’20 si contano già più di 200 network) e le seconde dagli stati Europei. Negli Stati Uniti comincia a targettizzarsi la proposta, in quanto riescono a stare in piedi grazie alle pubblicità, ed è negli interessi dei proprietari delle radio rendere affiliati alcuni settori commerciali, che sono quelli a cui arriva il segnale radio. Nasce la RCA, che poi produrrà anche dischi, e anche la Columbia fonda il suo network: la CBS. La targettizzazione fa sviluppare i diversi generi musicali negli Stati Uniti. In Europa, negli anni ’20 si differenziano le prime radio di stato. La prima è la BBC, fondata nel 1922. La radio nazionale si mantiene tramite gli abbonamenti (canone), pagati da coloro che acquistano un apparecchio radiofonico e che vogliono ricevere i programmi radio trasmessi dal network di stato. In Italia, con l’ URI, poi EIAR e poi RAI. Lo sviluppo della radio in Italia è strettamente legato al fascismo. In Europa le radio si liberalizzano intorno agli anni ’70. 11 maggio In radio, all’inizio, non si mandavano in onda i dischi per questioni sindacali, ma i musicisti suonavano dal vivo davanti a un microfono che trasmetteva in diretta. La storia della radio italiana è strettamente legata al fascismo. Uno dei momenti grazie al quale nasce la musica pop italiana è quando la musica napoletana inizia a utilizzare la lingua italiana. Nell’800 esiste già la musica pop italiana, ma non esiste un repertorio italiano condiviso se non quello della musica napoletana. C’erano già delle canzoni in italiano, come Santa Lucia del 1848, che però è scritta da un napoletano e rappresenta più un’eccezione. Il punto di svolta è rappresentato dalla prima guerra mondiale: è il primo momento storico di “livellamento” (anche dal punto di vista della lingua italiana) in cui persone di diversissima estrazione sociale e proveniente da tutta Italia, e ognuno porta il suo repertorio regionale. La prima canzone a diventare una hit è una canzone legata alla guerra, La leggenda del Piave, che è scritta comunque da un napoletano (E. A. Mario) ma è una canzone profondamente patriottica e scritta in lingua italiana, condivisa da tutta la nazione e che rappresenta tutta l’Italia. Per poter creare un repertorio nazionale, c’è bisogno di un “ente”, un “medium” che permetta di far ascoltare a tutta la nazione la stessa cosa. Ciò avviene grazie all’ Eiar (la radio italiana) e, successivamente, al cinema sonoro. Dal 1924 si hanno le prime trasmissioni nazionali, tra il ’27 e il ’28 viene fondata l’Eiar, negli anni ’30 si moltiplicano gli associati. Vengono create, dal regime fascista, le radio collettive (ad esempio la radio dei braccianti, quella degli operai, ecc.). Nel caso fascista, la radio viene implementata soprattutto a scopo di propaganda, ma oltre a questa viene trasmessa anche la musica leggera, che viene chiamata così per intendere musica che non è musica classica. La musica leggera è rappresentata da canzoni come La leggenda del Piave, tantissima musica da ballo e tutto un repertorio di canzoni che sono intese in tutta Italia come repertorio della musica popular italiana. Il messaggio di queste canzoni è abbastanza leggero, in quanto il regime, nella selezione, opera una censura. Passano solo canzoni con un connotato significato politico o dall’atmosfera nostalgica e malinconica. Tutt’ora, la canzone Sanremese soffre di questo retaggio tematico “nostalgico/malinconico”. Nel periodo fascista della canzone italiana esistono due donne: la mamma e l’amante crudele. Per quanto riguarda la lingua, viene utilizzato un italiano aulico, preso in prestito dalla poesia. Questo perché non esiste un repertorio di canzone italiana cantata in italiano. Sono usate tecniche come l’apocope (per evitare la difficolta di cantare l’italiano che ha tante parole piane), i troncamenti e le inversioni, che, insieme all’utilizzo di termini aulici, consegnano alla canzone italiana un sapore patinato e fittizio. [manca parte cinema a metà lezione]. Tra le molte politiche nazionalistiche del periodo fascista c’è anche il tentativo di avere un tipo di canzone italiana che canta degli ideali fascisti, quindi è un periodo di grandi censure ai danni della musica straniera. Il fascismo predica, come espressione del popolo italiano, la necessità di una musica italiana, ma si contraddice creando canzoni utilizzando tango e jazz in larga misura. Per propaganda, le danze di origine negroide non sono adatte alla “purezza” del popolo italiano, ma se si va a guardare ciò che realmente avviene, lo stato avalla questo tipo di musiche. Semmai, la censura viene fatta dal punto di vista dell’importazione. Il ministro Pavolini scrive – in via privata – proprio che tutto sommato vanno bene anche jazz e musiche straniere perché la gente per sorbirsi la propaganda deve anche restare ad ascoltare la radio.

Il Festval di Sanremo (1951) rappresenta una continuazione dell’idea di purezza di musica italiana sostenuta dal regime fascista. Questo fino al 1958, con la vittoria di Volare. Infatti, il ventennio fascista applicato alla musica può chiamarsi, più che altro, trentennio. Sono presenti continuità per quanto riguarda tipi di vocalità, gli stessi autori, gli stessi generi musicali, gli stessi temi, gli stessi musicisti e anche la stessa ideologia. Questo perché la DC si accaparra l’Eiar, che sarà chiamata Rai, e la DC lascia lo stesso personale alla guida della Rai e rappresenta un punto di continuità con la politica di intrattenimento f...


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