Storia dell\'arte moderna PDF

Title Storia dell\'arte moderna
Author Valentina Liò
Course Storia dell'arte moderna
Institution Università degli Studi di Palermo
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STORIA DELL'ARTE MODERNA

RAFFAELLO SANZIO

STENDARDO DELLA TRINITA' (1499) Pinacoteca comunale, Città di Castello Si tratta di una delle primissime opere attribuite all'artista, nonché dell'unico dipinto di Raffaello rimasto a Città di Castello. Lo stendardo, in cattivo stato di conservazione, era originariamente dipinto su entrambe le facce, che oggi sono separate ed esposte a fianco: da un lato vi sono raffigurati la Trinità con i santi Rocco e Sebastiano e dall'altro lato la Creazione di Eva.

CROCIFISSIONE (1502-1503) National Gallery, Londra Cristo è sulla croce, in alto a sinistrasi trova il sola, mentre in alto a destra la luna; sotto i due astri si trovano due angeli vestiti con colori opposti, i quali stanno raccogliendo attraverso dei vasi, il sangue che sgorga dalle ferite nelle mani e nel costato. Ai piedi della scena si vedono quattro santi, da sinistra Maria, San Girolamo, la Maddalena e San Giovanni apostolo. Sole e luna sovrastanti, rimandano alla tradizione iconografica medievale e alludono all'alfa e l'omega, ovvero l'inizio e la fine legata all'Incarnazione divina. Il legame tra figure e paesaggio è più saldo perchè dispone i santi alla base del Crocifisso in due gruppi "a cuneo", che evidenziano la scansione dello spazio in profondità.

SPOSALIZIO DELLA VERGINE (1504) Pinacoteca di Brera, Milano Lo sposalizio di Maria e Giuseppe avviene in primo piano, con al centro un sacerdote che, tenendo le mani di entrambi, officia la funzione. Come da iconografia tradizionale, dal lato di Maria, in questo caso la sinistra, si trova un gruppo di donne, da quello di Giuseppe di uomini. La disposizione dei personaggi in primo piano non è allineata e con pose rigidamente bilanciate e simmetriche, ma più naturale, con una maggiore varietà delle pose e dei raggruppamenti. Grazie al punto di vista rialzato si legge meglio la loro disposizione nel grande riquadro del lastrone al suolo, con una forma che crea un emiciclo e bilancia la forma convessa dell'architettura di sfondo. Il semicerchio alla base delle figure è il primo di una serie che attraversa la tavola, attraverso la cupola e la sagoma stessa del dipinto. La stesura cromatica dimostra un uso più corposo del colore, con un migliore resa della plasticità e della calda atmosfera, grazie a una gamma di sfumature più ampia di quella dei pittori quattrocenteschi. Nell'opera è assente il pathos, per lasciare il posto a un'impostazione classica: le figure sono legate da una vaga e poetica malinconia in cui nessuna espressione è più caricata di altre. Lo sfondo è occupato da una piazza lastricata a grandi riquadri, al termine della quale si trova un edificio a pianta centrale, al culmine di una gradinata, sul cui portale convergono tutte le linee prospettiche del dipinto. Alcuni gruppetti di figure, senza un particolare significato, popolano la piazza per dare un tocco quotidiano e per scandire la profondità spaziale.

SCUOLA DI ATENE (1509-1511) Musei Vaticani, Città del Vaticano L'affresco, inquadrato da un arco dipinto, rappresenta i più celebri filosofi e matematici dell'antichità intenti nel dialogare tra loro, all'interno di un immaginario edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva. Le figure sono disposte sostanzialmente a libro, cioè su due piani definiti da una larga scalinata che taglia l'intera scena. Un primo e più numeroso gruppo è disposto ai lati di una coppia centrale di figure che conversano, identificate in Platone e Aristotele. Un secondo gruppo autonomo, in cui sono stati individuati i pensatori interessati alla conoscenza della natura e dei fenomeni celesti, è disposto in primo piano sulla sinistra, mentre di un terzo, anch'esso indipendente, ristretto e disposto simmetricamente al secondo, è di difficile l'identificazione dell'ambito intellettuale, nonostante gli sforzi degli studiosi. Tutta la stanza è inoltre improntata a complessi temi iconografici di carattere teologico e filosofico a cui contribuirono senza dubbio i personaggi del circolo neoplatonico che animava la corte papale e mira ad affermare le categorie del Vero, del Bene, e del Bello. La solenne architettura dello sfondo, priva di copertura e che lascia intravedere un cielo limpido, ha proporzioni che richiamano l'architettura tardoantica, con le volte cassettonate e l'innesto di un tamburo di una cupola. Nei pilastroni sono collocate due statue, entrambe riprese da modelli classici: Apollo con la lira a sinistra e Minerva a destra, con l'elmo, la lancia e lo scudo con la testa di Medusa. L'identificazione delle divinità è chiarita dai bassorilievi sottostanti. Sotto Apollo si trovano una Lotta di ignudi (simboleggiante la violenza della guerra) e un Tritone che rapisce una nereide (le brame sensuali), che raffigurano impulsi negativi dell'animo umano dai quali si può elevarsi con la guida della ragione, rappresentata dal dio [1]. Sotto Minerva si vedono invece figure di più difficile interpretazione, tra cui una donna seduta vicino a uno spicchio della ruota dello zodiaco, e una lotta tra un uomo e un bovino, forse allusioni all'intelligenza e alla vittoria della bestialità governata dalla dea. Nei medaglioni sotto l'imposta della cupola si vedono due bassorilievi con un uomo nell'atto di alzare gli occhi da un libro e una donna con le braccia su un globo terrestre: i loro gesti sono da mettere in relazione con quelli di Platone e Aristotele al centro.

DISPUTA DEL SACRAMENTO (1509) Musei Vaticani, Città del Vaticano Sono raffigurate la Chiesa militante, nella parte inferiore, e la Chiesa trionfante, in quella superiore. La Chiesa trionfante è rappresentata dalla Trinità con Gesù al centro di una grande aureola luminosa con serafini e cherubini, affiancato da Maria e san Giovanni Battista. Sotto di lui quattro angioletti mostrano le Sacre Scritture vicino alla colomba dello Spirito Santo. Attorno a Gesù corrono gli scranni dei santi e dei profeti, mentre in alto una cupola di raggi dorati, in cui si intravede uno sciame di testine angeliche a monocromo, circonda l'apparizione dell'Eterno, con il globo in mano e con l'aureola quadrata, mentre fa un gesto di benedizione. Ai lati completano la rappresentazione celeste due gruppi di tre angeli ciascuno. Nella parte inferiore è rappresentata la Chiesa militante, un vero e proprio concilio in cui figurano teologi, dottori della Chiesa e pontefici, ma anche filantropi, letterati e semplici fedeli anonimi. Dietro i personaggi di destra si trova un enorme blocco marmoreo, che forse allude alla "pietra angolare".Per mantenere la simmetria, sull'architrave della porta che si apre a destra Raffaello immaginò un parapetto con un bassorilievo scolpito, che corrisponde sull'altro lato a una balaustra. Sullo sfondo si stende un dolce paesaggio collinare, in cui si vede, a sinistra, la costruzione di una basilica.

CACCIATA DI ELIODORO DAL TEMPIO (1511-1512) Musei Vaticani, Città del Vaticano La scena simboleggia la protezione offerta da Dio alla chiesa rispetto ai suoi nemici. La preghiera del sacerdote Onia, al centro della composizione, evoca un messo divino a cavallo, seguito da due aiutanti a piedi, che travolge il profanatore nell'angolo destro della scena Eliodoro e i suoi seguaci sono schiacciati al bordo del campo visivo. La scena ha luogo in un grandioso edificio classico, con lo scorcio di una navata dai soffitti dorati, aperta sullo sfondo del cielo. Al centro, il sacerdote Onia in preghiera di fronte al candelabro acceso. La composizione oppone una zona centrale pressoché vuota e immota, dominata da masse d'ombra profonda e bagliori luminosi, ai due nuclei drammatici laterali, dove le figure si accalcano. L'azione si svolge prevalentemente a destra, dove il cavallo travolge Eliodoro steso a terra. Il moto dei personaggi è legato da un ritmo rapido, ma perfettamente scandito, come se ciascuno si muovesse lungo un tracciato prescritto, una coreografia. LIBERAZIONE DI SAN PIETRO (1513-1514) Musei Vaticani, Città del Vaticano La scena è stata resa da Raffaello fortemente unitaria nonostante l'articolarsi della parete in tre zone, a causa dell'apertura della finestra, che Raffaello riempì con tre momenti del racconto. Al centro, al di là di una grata tra oscure e massicce cortine murarie, avviene l'apparizione radiosa dell'angelo nel carcere, dove Pietro giace ancora profondamente immerso nel sonno e avvinto dalle catene; l'apparizione luminosa dell'angelo e le sbarre in controluce generano un sorprendente effetto di profondità spaziale. L'emanazione luminosa arriva a toccare tutti gli elementi della scena, comprese le mura carcerarie, dove permangono bagliori rossicci. A destra l'angelo conduce l'apostolo fuori dal carcere, in un'atmosfera tra sogno e realtà, evocata anche dalle guardie miracolosamente cadute nel sonno; a sinistra altri soldati scoprono la fuga, mentre si agitano al chiarore della luna e dei bagliori delle fiaccole, che accendono le loro armature di riflessi. Sono presenti ben quattro tipi diversi di luce: la luna, che si riflette nelle armature dei soldati; la fiaccola, con il suo riverbero fluttuante; la luce divina infine c'è la luce della finestra sottostante che si somma alla luce dell'angelo. L'apertura alla base del dipinto infatti non è disegnata, bensì è una finestra reale.

INCONTRO DI LEONE MAGNO CON ATTILA (1513-1514) Musei Vaticani, Città del Vaticano La scena narra l'incontro, semileggendario, avvenuto nei pressi del Mincio nel 452, tra Attila re degli Unni e Papa Leone I che avrebbe distolto il bellicoso capo barbaro dall'invadere l'Italia. Raffaello ambientò la scena nei pressi di Roma, con evidenti richiami alla situazione politica contemporanea. Sullo sfondo a sinistra si riconosce infatti una città murata, una basilica, un acquedotto e il Colosseo. I due gruppi contrapposti sono quanto di più diverso. Il gruppo degli Unni si slancia estremamente dinamico e furente, bloccato però dalla sfolgorante apparizione degli apostoli armati di spada in cielo. A sinistra invece il papa col suo corteo procede ordinato e pacato nella sua infallibilità. Una tale differenziazione è rispecchiata anche nel paesaggio, placido a sinistra, sconvolto dal fuoco e dalla rovina a destra. RITRATTO DI MADDALENA STROZZI (1506) Galleria Palatina, Firenze Il ritratto raffigura la donna seduta a un balcone che rivela, oltre il parapetto, un magnifico panorama, che nel progetto originario era invece un interno. Il taglio è estremamente monumentale e il personaggio, ritratto col busto di tre quarti verso sinistra e la testa girata verso lo spettatore, è caratterizzato da una sciolta naturalezza. L'opera, nell'impostazione generale, è palesemente ispirata alla Gioconda ma sicuramente manca di ogni evocazione allusiva o misteriosa tipica della ritrattistica di Leonardo da Vinci, prediligendo la rappresentazione fedele delle caratteristiche umane: infatti la figura si impone come presenza fisica, col viso pieno, con lo sguardo rivolto all'esterno, ben consapevole del prestigio del suo rango sociale. Raffigurata in sontuose vesti, indossa preziosi gioielli che attestano le sue virtù. La collana portata con fierezza è un gioiello in cui incastonate tre pietre differenti, ognuna con un suo preciso significato: lo smeraldo indica la castità, il rubino indica la forza, lo zaffiro indica la purezza; la grossa perla della collana, a forma di goccia, è infine simbolo di fedeltà matrimoniale. Il vestito è tipico della moda dell'epoca, con ampie maniche estraibili, di colore azzurro e con damascature visibili in controluce. Il paesaggio collinare ha dolci

colline che sfumano in lontananza, punteggiate da segni della presenza umana e da alberelli fronzuti. i colori, sia nella figura che nello sfondo, sono esemplari.

RITRATTO DI AGNOLO DONI (1506) Galleria Palatina, Firenze Il soggetto è ritratto a mezza figura, seduto su un balcone che rivela, oltre il parapetto, un magnifico panorama naturale. Il taglio è estremamente monumentale e il personaggio, ritratto col busto di tre quarti verso destra e lo sguardo rivolto verso lo spettatore, è caratterizzato da una sciolta naturalezza. La sua condizione di ricco borghese è infatti testimoniata, oltre che dalla ricercatezza dell'abito dagli anelli alle mani, dallo sguardo sicuro e diretto. La berretta scura e i capelli lunghi, di colore castano, incorniciano il volto, in cui il dato fisico è trattato con estrema fedeltà e cura. Il segno minuto del pennello si manifesta ad esempio nei sottilissimi capelli crespi. Le maniche rosse della veste, ampie e di pesante stoffa, escono da una casacca scura, tenuta in vita da una cintura, mentre ai polsi e al collo sporge la camicia bianca. I dettagli tuttavia non rubano mai la scena al fulcro del dipinto, che è il volto del protagonista e il suo stato d'animo, grazie anche alle impercettibili linee di forza e al gioco di contrasti tra chiaro e scuro, che esaltano il viso. Le colline ad esempio degradano da sinistra verso destra, assecondando la linea di forza che va dal collo di Agnolo Doni all'avambraccio sinistro. Due nuvolette in cielo bilanciano ad arte gli angoli vuoti del dipinto. I colori, sia nella figura che nello sfondo, sono esemplari.

DAMA COL LIOCORNO (1505-1506) Galleria Borghese, Roma

Il ritratto mostra una donna a mezza figura, seduta davanti a una sorta di terrazza con colonne, della quale si intravede il parapetto che taglia a metà un paesaggio lacustre sullo sfondo. Si tratta di una ragazza seduta, col busto ruotato di tre quarti verso sinistra e il viso che guarda frontalmente verso l'osservatore. L'abbigliamento è quello di una giovane nobildonna, con un vestito scollato dalle grandi maniche estraibili allacciate. L'abbigliamento è quello di una giovane nobildonna, con un vestito scollato dalle grandi maniche estraibili allacciate. In braccio tiene un piccolo liocorno, simbolo di purezza verginale poiché, nella mitologia, essi erano addomesticabili solo dalle vergini.

LA BELLA GIARDINIERA (1507) Museo del Louvre, Parigi Immersa in un ampio paesaggio lacustre dall'orizzonte particolarmente alto, punteggiato da alberelli e da segni della presenza umana, si trova la Madonna seduta su una roccia, con appoggiato alle gambe Gesù Bambino, San Giovannino si trova inginocchiato a destra, mentre dirige uno sguardo intenso a Gesù. La composizione è a forma piramidale. Raffaello mette in atto una rappresentazione affettuosa, con l'abbraccio tra madre e figlio e le carezze di quest'ultimo sul ginocchio di lei, mentre il Battista si genuflette con rispettosa devozione. Le pose delle figure sono attentamente studiate a "contrapposto". Maria è ruotata verso sinistra e fa per abbracciare con naturalezza il figlio, il quale si allunga per prendere il libro che essa ha in grembo. Gesù mostra un elegante classicismo.

MADONNA DI FOLIGNO (1511-1512) Pinacoteca Vaticana, Musei Vaticani, Città del Vaticano

La Madonna col Bambino, vestita in abiti con i due tradizionali colori rosso come madre e azzurro come regina, appare seduta sulle nubi e circondata da un disco aureolare, a sua volta attorniato da una corona azzurra di serafini che prendono forma dalle nuvole. Ai piedi di Maria si stende un paesaggio naturale dal quale emerge una cittadina sovrastata da un arco luminoso, entro cui è inserita una palla infuocata che sembra cadere sulle case. In basso, da sinistra, sono raffigurati a coppie san Giovanni Battista con san Francesco d'Assisi che impugnano entrambi una croce, e in una inconsueta veste azzurra san Girolamo , riconoscibile dal leone mansueto, che presenta a Maria il committente inginocchiato ritratto di profilo. Sigismondo indossa un sontuoso mantello di colore porpora foderato di pelliccia d'ermellino identificabile come dogalina da cui fuoriescono le maniche nere dell'abito sottostante. Al centro si vede un angioletto che rivolge uno sguardo trasognato verso l'apparizione celeste; regge in mano una tabella biansata all'antica priva di iscrizioni.

MADONNA DEL CARDELLINO (1506) Galleria degli Uffizi, Firenze

Immersi in un ampio paesaggio fluviale dall'orizzonte contornato da alberelli e da un ponte a sinistra, si trovano la Madonna seduta su una roccia, che regge tra le gambe Gesù Bambino, mentre san Giovannino, abbracciato dalla Vergine, è a sinistra. I due fanciulli giocano con un cardellino, che simboleggia la Passione di Cristo. Raffaello mette in atto una rappresentazione dell'affettuosità, dove è ormai sfumata anche la tradizionale malinconia della Vergine, che premonisce il destino tragico del figlio. In questo caso poi lo schema a piramide è particolarmente semplificato, con l'effetto di amplificare la massa volumetrica del gruppo, anche grazie al chiaroscuro più intenso. Maria ha le gambe e il busto ruotate verso destra, mentre con la testa e lo sguardo osserva in basso a sinistra, verso il fulcro dell'azione tra i due fanciulli. Il suo busto emerge sul paesaggio, quasi a dominarlo con la grandezza delle sue delicate forme. Alla massa azzurra del manto si contrappone quella rossa della veste: il rosso rappresentava la Passione di Cristo e il blu la Chiesa, per cui nella Madonna vi era sottintesa l'unione della Madre Chiesa con il sacrificio di suo Figlio. Nella sinistra tiene un libro in mano , in cui legge le profezie sul destino del figlio, e il suo atteggiamento richiama quindi l'interruzione della lettura per rivolgere teneramente il suo sguardo verso i bambini. Gesù poggia il piedino su quello della Madonna, riparandosi tra le sue ginocchia. Raffaello raggiunse un equilibrio formale e un ideale di bellezza che certifica la raggiunta maturità stilistica.

MADONNA SISTINA (1513-1514) Dresda

Una tenda verde scostata rivela una stupefacente Epifania mariana, tra i santi Sisto papa e Barbara. Maria infatti, a tutta figura, appare discendente da un letto di nubi e, col Bambino in braccio, mentre guarda direttamente verso lo spettatore. Il moto, più che dalla disposizione delle membra, è suggerito dalla caduta delle pieghe della veste, mosse come da un venticello. Anche i due santi accentuano, coi loro gesti, il momento teatrale indicando e guardando verso l'esterno, come se fosse presente un'invisibile folla di fedeli. In basso, il bordo inferiore è trattato come un vero parapetto, dove san Sisto ha appoggiato il triregno e, al centro, si affacciano due squisiti angioletti pensosi, tra le realizzazioni più popolari di Raffaello o e della cultura figurativa del Rinascimento in generale. Non ha precedenti il rapporto così diretto e teatrale tra la divinità e il fedele, che diviene a pieno diritto un elemento fondamentale della rappresentazione, alla cui presenza alludono in maniera esplicita i santi. Maria diventa quindi l'intercessora, con i santi che fanno da mediatori, attraverso una catena di sguardi circolare. Non si tratta quindi di una visione del divino da parte dei devoti, ma del divino che appare e va verso i devoti[1]. Il Bambino è come offerto alla devozione, prefigurando anche il suo sacrificio per la salvezza dell'umanità . Il taglio moderno è sottolineato dalla veste semplice, priva di ornamenti, di Maria, che incede scalza, ma circondata dalla luce. L'umanizzazione della divinità è riscattata dalla bellezza sovrannaturale di rara perfezione e dai sentimenti adulatori che circondano la sua apparizione. I colori dominanti sono intonati a una tavolozza fredda, ravvivata qua e là da zone di giallo e di rosso

MADONNA DEL BALDACCHINO (1506-1508) Galleria Palatina, Firenze

Si tratta di una sacra conversazione organizzata attorno al fulcro del trono della Vergine coperto da baldacchino retto da angeli, con un fondale architettonico composto da un'abside semicircolare, grandioso ma tagliato ai margini, in modo da amplificarne la monumentalità. Da sinistra si vedono i santi Pietro, Damiano di Chiaravalle, Giacomo Maggiore e Agostino. Due angioletti si trovano alla base del trono e leggono l'iscrizione su un cartiglio. Lo schema è simmetrico, raggruppato attorno all'alto trono, ma ogni staticità appare annullata dall'intenso movimento circolare di gesti e sguardi, esasperato poi negli angeli in turbolento volo, accuratamente scorciati. Sant'Agostino ad esempio allunga un braccio verso sinistra invitando lo spettatore a percorrer...


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