Storia Economica- Storia Industria Italiana-2A Parte“Triangolo industriale” PDF

Title Storia Economica- Storia Industria Italiana-2A Parte“Triangolo industriale”
Course Storia economica
Institution Università degli Studi del Molise
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Storia Economica- Storia Industria Italiana-2A Parte“Triangolo industriale”...


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“Triangolo industriale” IL motore del processo di industrializzazione del dall’inizio del Novecento al “miracolo economico” , lascia spazio alle regione della NEC. Le regioni del Sud mostrano un andamento meno omogeneo, ma il peso del livello occupazionali del Sud è certamente sottostimato (più lavoro “sommerso”). Industrie leggere: inizio ‘900 2/3 dell’occupazione manifatturiera; 1951 50% Esistenza di 2 modelli distinti (periodo 1996-2001) 1. Allargamento base occupazionale e forte mutamento strutturale [industria pesante] 2. Base occupazionale si contrae sensibilmente (crescita terziario) e specializzazione settoriale immutata (a differenza dei principali paesi industrializzati) [industria leggera] ¾ La dimensione delle imprese manifatturiere italiane Due fasi: 1. fino al 1981: crescita costante dovuta all’aumento del peso delle grandi unità ed alla riduzione della classe inferiore. 2. dopo il 1981: la dimensione media complessiva si riduce in modo consistente

(soprattutto nei settori dell’industria pesante) a causa del calo marcato della classe superiore compensato parzialmente dallo spostamento della classe inferiore

SpA: generalmente considerata l’organizzazione l’or ganizzazione economica caratteristica del capitalismo Pa randi SpA andiamo a riprender e Parrlando delle g grandi riprendere le considerazioni di due g randi storici: grandi •

Chandler : esse sono le componenti nece necessarie ssarie per per permettere mettere ai paesi di incre incrementare mentare i pr propri opri tassi di crescita.



Galbraith: esse sono considerate come la fase finale de dell capitalismo, destina destinatta ad esaurirsi nella proprie proprietà tà stata statale. le. Le Spa sono il mezz mezzo o per lo sviluppo di un paese(Chandler). Le gr grandi andi imprese sono le fasi finali del capitalismo, c che he vanno ad esaurir esaurirsi si nella proprietà statale. L L’Italia ’Italia è il paese con la quota

ma maggiore ggiore di piccole e medie impres imprese, e, su questo ar argomento gomento ci sono div diver er erse se teorie: 1)le PMI caratterizzano le ffasi asi iniziali dei nuo nuovi vi re regimi, gimi, quando i loro tr tratti atti sono ancora indefiniti e molte im-prese simili competono → for forme me tempor temporanee anee destina destinatte a cedere il passo alla gr grande ande impre impresa sa fino alla suc-cessiva rottura di re regime gime tecnologico . 2)La presenza delle PMI deriva dalle loro ca capacità pacità di costr costruire uire nicchie di mercato o tecnologic tecnologiche he che ne assi-curano l sopr sopra avviv vvivenza enza anche in assen assenza za di crescita dimensionale. 3)Pres 3)Presenza enza di caratterist caratteristic ic iche he proprie delle tecnologie più o meno contrad contraddistinte distinte da economie di scala. 4)P 4)Per er ermanenza manenza della piccola impresa do dovuta vuta alle capacità sociali di costr costruire uire sistemi locali di produzione com-binando in maniera flessibile le tecnologie → moder moderni ni distr distretti etti industriali italiani . 5)L 5)L’ar ’ar ’articolazione ticolazione delle fa fasi si del cic cicll o produttiv produttivo o attor ttorno no ad impr imprese ese di dif diffferente

dimensione ha per perm messo alle PMI di svilu sviluppare ppare la crescente varietà e qualità di beni inter intermedi medi colle collega ga gati ti all’a all’attività ttività di R&S delle gr grandi andi imprese. Per tutto il No Nov vecento, la dimensione delle imprese italiane è pr pre evalentemente piccola. Per erchè chè picc piccole?lP ole?lP ole?lPer er erchè chè la spec specializzazione ializzazione produttiva è detta dettata ta da risor risorse se na natturali scar scarse se e ab abbondanza bondanza lav lavor or oro o → orientamento v ver er erso so settori le leg ggeri:“Industria Natu Naturale”(quell’industria rale”(quell’industria che anda andava va a centr centrare are le sue produzioni nei settori le leggeri, ggeri, le legati gati all’ag all’agricoltura ricoltura e all’ar all’artigiana tigiana tigianato to ar arttistico,e tu tutte tte quelle c che he gr grazie azie a un basso costo e all’abbondanza di lav lavoro oro risulta risultavano vano competitiv competitive e nei mer mercati cati inter internazionali(tessile) nazionali(tessile) )

Il dec declino lino e l’ascesa della piccola impresa DIPENDE D DALLA ALLA successione di re regimi gimi tecnologici. C’è sta stata ta una crescita fino al 1971 ,gr ,grazie azie af affer fer fermazione mazione delle

tecnologie e alla II riv riv.. industriale,elettricità, c chimica himica e sider siderur ur urgia, gia, basa basatte sulle econo economie mie di scala. Il dec declino lino è caratterizza caratterizzato to dall’introduzione delle tecnologie ICT nell’a nell’attività ttività manif manifat at atturiera. turiera.

La piccola dimensione delle imprese italiane DIPENDE NON tanto dal vantag vantaggio gio comparato del pae paese se nel commercio inter internazionale, nazionale, MA D DALLA ALLA SVEL SVELTEZZA TEZZA E INTELLIGENZA DI CAPIRE E SFR SFRUTT UTT UTTARE ARE le NUO NUOVE VE tecnologie per of offrire frire nuo nuovi vi pr prodotti. odotti. Ne Negli gli anni Cinquanta e Sessanta, la piccola impresa è inef inefficiente ficiente e residuale a causa dell’ar dell’arrretr etra atezza economica o alle ffa asi di espansione cic ciclica. lica. La sua or organizzazione ganizzazione è il risulta risultato to di due proc processi: essi: •

decentramento pr produttiv oduttiv oduttivo o della g gran ran rande de impresa , vale a dire l’ester l’esternalizzazione nalizzazione di fasi produttiv produttive e ad altr altre e imprese autonome di più modesta dimensione per aumentare la flessibilità della produzione;



La ristr ristruttura uttura utturazione zione o ovvero vvero la chiusu chiusura ra di impianti da par partte delle gr grandi andi imprese spinse molti lav lavor or ora atori a dare vita a nuo nuov ve imprese basate su sulle lle competenz competenze e maturate e non sfr sfruttate. uttate.

Anni ’80 è presente una gr grande ande varietà di imprese che vengono coor coordinate dinate ed accumuna accumunate te dal “sistema locale di produzione” (cioè l’ag l’agglomer glomer glomerazione azione di piccole imprese specializza specializzate te in ffasi asi di produzione di beni omogenei in aree geog geografiche rafiche ben delinea delineate) te) e dal“distretto industriale” (combinazione di vari fa fattori: ttori: specializzazione produttiva, cor cordinamento dinamento di ffase ase e caratteristic caratteristiche he sociali civili e culturali ch che e andava andavano no a spie spiegare gare l’ef l’efficienza ficienza e la competitività ) Qua Quattro ttro rrequisiti equisiti per definire un Distre Distretto: tto: •

− Sistema di valori comuni di etica del la lav voro;



− Presenza di una g gran ran varietà di for forme me di la lavoro, voro, da quello salaria salariatto al la lavoro voro a domicilio (dal par partttime al lav lavor or oro o nero);



− Presenza di impr imprenditori enditori “puri” (ar (arricchisce ricchisce la sua conoscenza del distretto come entità produttiva, inf infor or ormandosi mandosi sul mercato mondiale e por portando tando inno innovazioni vazioni nel distretto in cui oper opera) a) la cui motivazione di par partenza tenza è l’impresa come “pr “progetto ogetto di vita” ;



−P Possibilità ossibilità di scompor scomporre re il pr processo ocesso di produzione in fasi spazia spaziali li e temporali pr precise. ecise.

“La Storiografia” Divisione in due fasi: • Primi 2/3 del Novecento: industrializzazione paesi leader e ritardo latecomers con processi imitativi o fattori sostitutivi. Attenzione a struttura settoriale e performance comparata. • Ultima parte del Novecento: analisi aspetti microeconomici, attori, strategie e formule organizzative adottate • Fine Novecento: dibattito economico su mercato, impresa ed imprenditore ¾

Storiografia dell’impresa italiana: approccio macroeconomico L’impresa è stata quasi sempre considerata un attore omogeneo con obiettivi precisi → la grande impresa coincide con l’intera classe sociale dei capitalisti (storiografia marxista) Fattori di analisi: capitale finanziario, capitalismo monopolistico, arretratezza. Due filoni: • Sviluppo in età giolittiana grazie al primato universale del capitale finanziario, collegato strettamente al carattere monopolistico della grande impresa italiana (Ilva, Ansaldo, Fiat, Breda) • Lettura “riformista”: capitale finanziario considerato come rendita parassitaria, non forma finale del capitalismo → “Tare d’origine”: persistenza della rendita agraria tradizionale e del peso della speculazione nei settori più moderni. Valutazione controversa del potere monopolistico (diversità di fonti, periodi, metodi di misurazione): 1. Rossi-Toniolo: elevato potere di mercato (con funzione di produzione prezzi al di sopra dei costi marginali del 40150% fino al 1938) 2. Boni-Gros Pietro-Giannetti-Federico: livello modesto di concentrazione (censimenti industriali, Notizie statistiche) 3. Kuznets: teoria dello sviluppo economico (anni 60-70 crescita legata alla realizzazione di massicci investimenti in

impianti) 4. Romeo: oligopolio frutto necessario di un mercato limitato dall’arretratezza. 5. Bonelli: le strozzature della bilancia dei pagamenti ostacolano la crescita del mercato interno piuttosto che strategie di contenimento della produzione. 6. Ciocca-Filosa-Rey: Nel secondo dopoguerra la mancanza di adeguate politiche di sostegno della domanda effettiva ha ostacolato l’attivazione del circolo virtuoso specializzazione-economie di scala. 7. Amatori e Colli: Limitatezza del mercato alla base del potere monopolistico, ma anche causa di debolezza (mercato piccolo capace di sostenere solo poche imprese della taglia minima efficiente; intreccio di relazioni tra Banche, Stato ed imprese con apice negli anni Trenta: salvataggi bancari e fondazione IRI nel 1933) 8. Vasta: inefficienza di un sistema istituzionale poco orientato all’istruzione tecnica che impiega risorse limitate in ricerca scientifica e teconologia 9. Gerschenkron: banche fondamentali per decollo industriale in età giolittiana sostenendo settori moderni come siderurgia e meccanica pesante. 10. Fohlin: le banche miste non finanziavano in maniera privilegiata le imprese con elevato potenziale di crescita quanto quelle già consolidate. Fondamentale il ruolo dello Stato per gli

effetti sul trend della crescita: intervento diretto tramite commesse pubbliche, tariffe e politica industriale, proprietà pubblica tra gli anni ’30 e ’90. 1. Bonelli: “capitalismo statale” 2. Amatori: “capitalismo politico” 3. Gualerni: “Stato industriale” 4. Zamagni: “Stato non letargico” • Fase liberale ed interventista: sostegno ferrovie con concessioni e forniture militari per la Terni • Anni Trenta: consorzi obbligatori e fusioni • Secondo dopoguerra: diffusione impresa pubblica; prima con “americanizzazione” del sistema industriale (ENI, Finsider, ENEL); poi con la politica dei “campioni nazionali” (FIAT, ENI, Montedison) Condivisa centralità ruolo dello Stato, ma controversi i giudizi sui suoi effetti, spesso i successi sono stati determinati dalle capacità imprenditoriali dei singoli manager (Mattei, Sinigaglia) ¾ Storiografia dell’impresa: approccio microeconomico Attenzione al singolo caso dalla metà degli anni ’70 → nuovo “regime tecnologico” meno legato alla grande dimensione. → la piccola impresa non è più considerata come residuale o subordinata alla grande impresa, ma se ne sottolinea la capacità dinamica ed adattativa, specialmente se organizzata in forma distrettuale. Essa è considerata come: Letteratura di

orientamento economico: sorpresa degli anni ’70 sviluppo dell’area NEC (Nord-Est-Centro), si avvale della presenza di valori condivisi che minimizzano le tensioni sul mercato del lavoro garantendo il controllo sociale → ricorso al lavoro “atipico” De Cecco: origine dovuta al crollo del sistema a cambi fissi (Bretton Woods) e alle crisi petrolifere con conseguente aumento dei costi energetici. → circolo vizioso con svalutazione della Lira, inflazione, maggiore competitività nei confronti dei concorrenti Ricerca storica: carattere “dualistico” delle imprese italiane → I) capacità della componente “manchesteriana” di mantenersi competitiva senza promozioni dall’alto (ruolo dinamico di lungo periodo della piccola impresa nei settori tradizionali) → II) Altra componente: Statalista o oligopolistica, sopravvissuta solo grazie ai salvataggi dello Stato e della domanda pubblica. Con la piccola impresa si forma una nuova borghesia industriale capace di estenderla sua attività dai settori tradizionali a quelli più dinamici. La Banca ha avuto un peso minore rispetto allo sviluppo della grande impresa nelle PMI, le cui limitate attività di investimento sono di solito soddisfatte ricorrendo all’autofinanziamento. → Nel lungo periodo, però, le esigenze di

credito delle imprese minori sono state sostenute da una rete di banche locali (simile alla “geografia dei frattali”) → Familiy business: forma di allocazione finanziaria che non distingue tra finanza della famiglia e finanza d’impresa, commistione considerata una delle cause principali della permanenza della piccola impresa. Secondo alcuni autori lo Stato ha intrapreso politiche pubbliche insufficienti, se non inesistenti verso le PMI; questa teoria è però messa in discussione dal fatto che proprio la legislazione del lavoro (preferenza per il “sommerso”) e di politiche fiscali (scarso rischio di incorrere in sanzioni) potrebbe aver sostenuto di fatto la diffusione e la persistenza di microimprenditorialità; altri fattori determinanti sono poi l’elevata offerta di lavoro e la scarsa dotazione di risorse dell’Italia. ¾ Declino Industriale • Scomparsa o forte ridimensionamento di alcuni settori avanzati → sono venuti meno gli effetti di spillover intersettoriali → circolo vizioso. [possibile causa: privatizzazione imprese oligopolistiche che avevano seguito la frontiera tecnologica] • Altra tesi: si sottolinea la capacità “creativa” dell’industria italiana di ritagliarsi nicchie di mercato in un numero crescente di beni “leggeri” • Altri studi: visione intermedia,

mette in luce le difficoltà della fase attuale della crescita economica nazionale → è eccessivo parlare di “declino”, meglio parlare di “problema di crescita” → aspetti positivi: maggiore accumulazione di capitali; innalzamento scolarità forza lavoro; aumento del grado di apertura; miglioramento efficienza sistema finanziario. → Processo più ampio di crisi che investe l’intera Europa. Capitolo 2 “La Struttura Industriale” Caratteristiche strutturali del sistema delle imprese italiane ¾ L’industria nell’economia italiana Il settore industriale in Italia nel 1881 raccoglieva poco più di 1/5 della popolazione attiva, oggi circa 1/3. Il settore primario, fino al 1951 raccoglieva il 44%. Il terziario è divenuto quello con il maggior numero di addetti dal 1981 (47%), rappresenta attualmente l’asse portante del sistema economico italiano (come avviene in tutti gli altri paesi avanzati). L’Italia segue il cammino tipico di un paese latecomer. Il peso dell’industria manifatturiera calca l’andamento relativo al settore secondario nel suo complesso, rappresentandone circa i ¾ degli occupati industriali. Dagli anni ’90 si è verificato uno spostamento del baricentro industriale del paese: l’area del “triangolo industriale”, motore del processo di industrializzazione del

dall’inizio del Novecento al “miracolo economico” , lascia spazio alle regione della NEC. Le regioni del Sud mostrano un andamento meno omogeneo, ma il peso del livello occupazionali del Sud è certamente sottostimato (più lavoro “sommerso”). Industrie leggere: inizio ‘900 2/3 dell’occupazione manifatturiera; 1951 50% Esistenza di 2 modelli distinti (periodo 1996-2001) 1. Allargamento base occupazionale e forte mutamento strutturale [industria pesante] 2. Base occupazionale si contrae sensibilmente (crescita terziario) e specializzazione settoriale immutata (a differenza dei principali paesi industrializzati) [industria leggera] ¾ La dimensione delle imprese manifatturiere italiane Due fasi: 1. fino al 1981: crescita costante dovuta all’aumento del peso delle grandi unità ed alla riduzione della classe inferiore. 2. dopo il 1981: la dimensione media complessiva si riduce in modo consistente (soprattutto nei settori dell’industria pesante) a causa del calo marcato della classe superiore compensato parzialmente dallo spostamento della classe inferiore...


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