Teoria Critica Urbana PDF

Title Teoria Critica Urbana
Author Brunella Bandini
Course Scienze della comunicazione
Institution Università di Bologna
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Summary

TEORIA CRITICA URBANA Si fa di solito riferimento ai lavori degli studiosi di sx. o radicali attivi quali Lefebvre, Marcuse, Harvey, Castells altri autori che si sono ispirati a questi. La teoria critica urbana rifiuta le divisioni disciplinari tradizionali e i paradigmi statuali, tecnocratici e gui...


Description

TEORIA CRITICA URBANA Si fa di solito riferimento ai lavori degli studiosi di sx. o radicali attivi quali Lefebvre, Marcuse, Harvey, Castells + altri autori che si sono ispirati a questi. La teoria critica urbana rifiuta le divisioni disciplinari tradizionali e i paradigmi statuali, tecnocratici e guidati o orientati dall’idea di mercato  si differenzia in modo essenziale da quella che si potrebbe definire “teoria urbana convenzionale”. La TCU  enfatizza il carattere politicamente e ideologicamente mediato, socialmente contestato e quindi malleabile dello spazio urbano – ovvero, la sua continua ricostruzione come il luogo, il mezzo e il risultato di relazioni di potere e sociali storicamente contingenti. Inoltre, pensa che le altre forme di urbanizzazione, + egualitarie e + democratiche, siano possibili, anche se queste possibilità sono attualmente soppresse dagli assetti istituzionali, dalle pratiche e dalle ideologie dominanti.  implica la critica dell’ideologia e la critica del potere, dell’ineguaglianza, dell’ingiustizia e dello sfruttamento, al contempo all’interno e tra le città. Le nozioni di critica non sono solo termini descrittivi  derivano da correnti della filosofia politica illuminista e post-illuminista (Hegel, Marx).  lo sguardo della teoria critica si è evoluto in particolare nel corso degli ultimi 2 secoli dello sviluppo capitalista. Scuola di Francoforte  punto di riferimento cruciale per il lavoro degli urbanisti critici contemporanei. CRITICA E TEORIA CRITICA Idea moderna della critica deriva dall’Illuminismo  sviluppata dai lavori di Kant, Hegel e sx hegeliana. MA  tale idea ha assunto un significato diverso nel lavoro di Marx, con lo sviluppo della nozione di critica dell’economia politica  implicava da una parte, una forma di disvelamento dei miti, dei processi di reificazione e delle antinomie, storicamente specifiche, che pervadono le forme borghesi del sapere. Importante è che per Marx, il fatto che la critica dell’economia politica sia da intendersi NON SOLO come critica delle idee e dei discorsi sul capitalismo, ma come una critica del capitalismo tout court, e come un contributo allo sforzo di trascenderlo.  compito centrale della critica = rivelare le contraddizioni presenti all’interno di quell’insieme sociale storicamente specifico formato dal capitalismo. Approccio alla critica ha diverse funzioni: - Esporre le forme di potere, esclusione, ingiustizia, ineguaglianza che caratterizzano le formazioni sociali capitaliste. - Per Marx la critica dell’economia politica ha come scopo quello di illuminare il panorama delle lotte socio-politiche esistenti ed emergenti  critica mette in relazione i discorsi ideologici della sfera politica con gli antagonismi di classe sottostanti e le forze sociali presenti all’interno della società borghese.  Marx ha pensato la critica come un mezzo per esplorare, sia in teoria sia in pratica, la possibilità di creare alternative al capitalismo. La critica dell’economia politica serve quindi a dimostrare come le contraddizioni del capitalismo allo stesso tempo indeboliscono il sistema e tendono verso altre forme di organizzazione delle forze sociali e delle relazioni società/natura. Dentro la teoria critica della Scuola di Francoforte il concetto di critica è stato esplorato in modo sistematico come 1 problema metodologico, teorico e politico. Termine “teoria critica”  introdotto da Max Horkheimer mentre scriveva in esilio a NY nel 1937 (concetto poi sviluppato da altri autori). Ma nella concezione della Scuola di F., la teoria critica rappresentava una rottura decisiva rispetto alle forme ortodosse del marxismo che erano prevalse durante la 2° Internazionale, con la sua ontologia del lavoro e la sua invocazione della lotta di classe proletaria come base privilegiata per la trasformazione sociale in condizioni capitaliste.

Marcuse  teoria critica  critica immanente alla società capitalista nella sua forma corrente: si preoccupa delle alternative storiche che assillano la società costituita come tendenze e forse sovversive  relazione diretta tra il progetto di Marcuse e gli aspetti centrali della critica originale di Marx dell’economia politica. Elementi chiave per una teoria critica: 4 proposizioni Scrittori Horkheimer, Adorno, Marcuse e Habermas  concezione centrale di fondo che si può riassumere in 4 proposizioni: 1) Teoria critica è teoria 2) Teoria critica è riflessiva 3) Teoria critica implica una critica della ragione strumentale 4) Teoria critica si concentra sulla disgiunzione tra l’attuale e il possibile Il pieno significato di ognuna si dà SOLO in relazione alle altre. Teoria critica è teoria Scuola di F.  teoria critica è astratta (riflessioni filosofiche ed epistemologiche)  ma è anche possibile che si sviluppi a partire da ricerche concrete, ovvero a partire da una base di evidenza empirica, organizzate sia attraverso metodi critici sia tradizionali. Essa non si intende come una formula atta a un cambiamento sociale specifico  NON è una mappa strategica per una trasformazione politica; e non è una serie di linee guida x i movimenti sociali  è pensata per condizionare la prospettiva strategica degli attori sociali e politici progressisti, radicali o rivoluzionari. La concezione di teoria critica della Scuola di F. si concentra su un momento di astrazione che è analiticamente precedente alla famosa domanda leninista del: “Che fare?” Teoria critica è riflessiva Teoria intesa come resa possibile da, e orientata a, condizioni e contesti storici precisi. Essa rifiuta ogni punto di vista che dice di essere capace di mettersi al di fuori delle coordinate spaziotemporali della storia e specifiche a un dato contesto. Tutte le scienze sociali sono immerse nella dialettica del cambiamento sociale e storico; sono intrinsecamente contestuali. Quella di Francoforte si concentra sulla questione di come forme di sapere, soggettività e consapevolezza antagoniste, possano emergere all’interno di una formazione storico-sociale data. Critica emerge precisamente da 1 società in conflitto con se stessa  il suo modo di sviluppo è contraddittorio. Comprendere quali sono le caratteristiche del capitalismo moderno che rendono possibile la loro, e le altre, forme di consapevolezza critica. Teoria critica implica la critica della ragione strumentale Teorici critici della Scuola di F. hanno sviluppato una critica della ragione strumentale  implicazioni per vari ambiti dell’org. industriale, tecnologia e amministrazione  MA  ambito scienze sociali soprattutto.  rifiuto dei modelli strumentali di sapere scientifico sociale  quelli volti a rendere gli assetti istituzionali esistenti + efficienti ed efficaci per manipolare e dominare il mondo fisico e sociale  supportare le forme di potere esistenti. La teoria critica DEVE rendere esplicite le sue preferenze pratico-politiche e normative, piuttosto che sposare una visione ristretta e tecnocratica. Il regno della pratica influenza a priori il lavoro dei teorici, anche quando questo rimane astratto. La teoria critica enfatizza la disgiunzione tra l’attuale e il possibile Il compito della teoria critica è quello di analizzare le forme di dominazione associate con il capitalismo moderno e di individuare le possibilità di emancipazione che sono implicite, ed egualmente soppresse, dal sistema stesso.

La divisione tra teoria e pratica è un artefatto creato non dalla confusione teorica o dall’inadeguatezza epistemologica, ma dalla formazione sociale alienata e contraddittoria in cui la teoria critica è inserita.  non c’è teoria che possa oltrepassare questa divisione che per definizione non può essere risolta a livello teorico; questo è possibile solo in pratica. La teoria critica e il problema dell’urbanizzazione Poiché il campo degli studi critici urbani continua a evolvere e a diversificarsi all’inizio del XX secolo, la sua natura critica deve essere investigata con attenzione e attraverso un dibattito sistematico. Che cosa c’è di critico nella teoria critica urbana?  perché il processo di urb. capitalista continua la sua corsa in avanti e prosegue nel suo impulso di distruzione creatrice su scala mondiale, i significati e le modalità della critica non possono rimanere gli stessi; questi devono, al contrario, essere reinventati in relazione alle geografie economico-politiche ineguali in continua evoluzione e in relazione ai diversi conflitti che questo processo provoca. Nelle condizioni geografiche e storiche attuali, tuttavia, il processo di urbanizzazione si struttura sempre + su scala mondiale  l’urbanizzazione non si riferisce + SOLO all’espansione delle grandi città del capitalismo industriale e all’estendersi di centri di produzione metropolitani, alle configurazioni di reticoli di insediamenti suburbani e di infrastrutture regionale tipiche del capitalismo fordista-keynesiano. MA  Tale processo si sviluppa oggi sempre + attraverso lo sviluppo diseguale di un tessuto urbano composto da diversi tipi di strutture d’investimento, di spazi di insediamento, di matrici di uso del suolo e di reti d’infrastrutture, attraverso l’intera economia mondiale. Urbanizzazione si manifesta ancora nella continua e massiva espansione delle città, delle regioncittà e delle mega-regioni-città  implica al contempo la trasformazione socio-spaziale di insediamenti e agglomerati diversi – densi, che sono sempre + legati ai maggiori centri urbani, attraverso reti di infrastrutture inter-urbane e inter-metropolitane sempre + dense. INTENSIFICAZIONE ED ESTENSIONE DEI PROCESSI DI URBANIZZAZIONE SU TUTTE LE SCALE SPAZIALI E ATTRAVERSO L’INTERA SUPERFICIE DELLO SPAZIO PLANETARIO. L’urbano non può + essere visto come un sito distinto e relativamente chiuso in sé; esso è invece una condizione generalizzata, planetaria nella e attraverso la quale l’accumulazione di capitale, la regolazione della vita politco-economica, la riproduzione delle relazioni sociali quotidiane e la contestazione del futuro della terra e dell’umanità sono al contempo organizzate e determinate attraverso le lotte.

IL RESCALING URBANO SPAZI DI RISTRUTTURAZIONE Lefebvre  anni 70  esplosione generalizzata degli spazi  ridefinizione delle geografie stabilite dal capitalismo e dai poteri statali. ESPLOSIONE = indicare la radicale destabilizzazione non solo delle pratiche, delle istituzioni e delle ideologie ma anche degli spazi nei quali e attraverso i quali esse si sono costituite e operano.  molteplicità di esplosioni di ogni sorta che proliferavano in seno all’universo capitalista e relative ai centri storici, le città, le metropoli, le conurbazioni, le regioni etc. Dinamica di implosione-esplosione  trasforma le geografie urbane acquisite contestualmente alla crescente generalizzazione dei processi di urbanizzazione all’interno degli spazi locali, regionali, nazionali e globali. Capitalismo  ha sempre prodotto e trasformato lo spazio, che non si presenta mai come dato, fisso o statico.  la nozione di Lefebvre di esplosione/implosione così come diversi studi recenti sui processi di ristrutturazione urbano-regionale sembrano orientarsi verso la stessa problematica teorica e politica.

Soja  ristrutturare significa produrre 1 rottura all’interno di trend secolari  nuova configurazione della vita sociale, economica e politica.  rimanda alla crisi e a un conflitto competitivo tra il nuovo e il vecchio, tra l’ordine ereditato e progettato. La ristrutturazione implica flussi e transizioni, posizioni difensive e offensive, un complesso mix di continuità e cambiamento. Dimensione spaziale = ruolo fondamentale La decifrazione del paesaggio in continua mutazione del capitalismo appare come un compito intellettuale e politico sempre + urgente. Molta della ricerca + teoricamente impegnata sviluppatasi a partire dagli anni 80 nell’ambito degli studi urbani e regionali, si è concentrata non tanto sulla problematica dello spazio sociale in sé quanto su specifiche dimensioni e dinamiche dei processi contemporanei di ristrutturazione spaziale. L’attenzione si è rivolta ai processi di agglomerazione, localizzazione, decentralizzazione etc. e + di recente, alla produzione di scale geografiche e ai connessi processi di rescaling (concettualizzare gli spazi in continuo rivolgimento). Questione della scala  interesse nei cfr della dimensione scalare dei processi di ristrutturazione nel capitalismo sia del passato sia contemporaneo. La costituzione scalare dell’attuale capitalismo, anziché essere concepita come un carattere dato della vita sociale è ora considerata come un’arena prodotta, conflittuale e malleabile, come un effetto di relazioni politicoeconomiche. LO SPAZIO, LA SCALA E LA QUESTIONE URBANA Anni 70  dibattiti frequenti sulla questione urbana. I teorici urbani sono stati costretti a introdurre alcune assunzioni riguardanti la distintività della scala urbana di organizzazione socio-spaziale. Castells  distingue tra 2 differenti dimensioni dell’urbano: scalare (riguarda la materialità dei processi organizzati a scala urbana intesa in opposizione alle scale sovra urbane) e funzionale ( riguarda non solo la localizzazione geografica o la portata territoriale del processo sociale, ma il loro ruolo funzionale o contenuto sociale). Tentativo di definire la scala geografica a partire dalla funzione sociale. C. evidenzia come solo il consumo collettivo possa essere considerato funzionalmente specifico della scala urbana. La questione urbana ha continuato a esercitare una forte influenza nella concettualizzazione della scala geografica nell’ambito degli studi urbani  esemplificata nella critica di Peter Saunders  respinge l’idea secondo la quale tutti i processi sociali localizzati in città debbano essere considerati per forza funzionalmente specifici di quella scala geografica.  vedere nell’organizzazione spaziale urbana un mero effetto contingente, privandolo delle basi concettuali idonee per confrontarsi con la questione urbana. L’alternativa pensata da S.  affidare alla sociologia urbana l’analisi delle dinamiche di consumo, conserva il termine urbano solo come convenzione, rendendo il carattere urbano della sociologia urbana del tutto accidentale, come una sorta di scelta casuale di una scala geografica. Le posizioni dei 2 autori alla fine vedono entrambe la scala urbana come il centro gravitazionale empiricamente auto evidente della questione urbana. Entrambi danno per scontato che in relazione alla questione urbana, le scale geografiche sovra urbane vadano considerate parametri esterni  i nessi fra le scale urbane e sovra urbane tendono oggi a essere considerati parte integrante della questione urbana. L’esigenza primaria è stata quella di delineare i processi sociali legati intrinsecamente, ma non esclusivamente, alla scala urbana.  le città sono state analizzate come siti geografici multidimensionali in cui, per ex, la produzione industriale, il mercato del lavoro, gli aspetti infrastrutturali etc. sono considerati in modo congiunto. Al centro della questione urbana  ruolo della scala urbana intesa come materializzazione geografica sfaccettata delle relazioni sociali capitaliste. Le analisi multidimensionali della spazialità urbana sono poi sfociate in + ampie prospettive di ricerca riguardanti la produzione di spazio e le configurazioni spaziali in regime capitalista  allaccio ad Harvey.  continua a vedere nella scala urbana la base geografica fondamentale

del processo di accumulazione, elaborando una periodizzazione dello sviluppo capitalista incentrata su una successione di forme di urbanizzazione. Le analisi sulla spazialità urbana sono esposte al rischio di perdere la coerenza del proprio oggetto, nel momento in cui tendono a scivolare nel + ampio contesto di problematiche sovra urbane. LA QUESTIONE URBANA È UNA QUESTIONE DI SCALA? Anni 90  questione urbana non ha cessato di suscitare un intenso dibattito anche se il suo significato è stato ridefinito a partire dalle discussioni sui processi di ristrutturazione urbani e regionali. Le ricerche contemporanee si misurano con le notevoli trasformazioni intervenute nell’organizzazione istituzionale e geografica non solo della scala urbana ma anche nelle gerarchie scalari e nelle reti interscalari in cui le città sono inserite.  gli analisti sono stati costretti a riconcettualizzare la questione urbana in relazione diretta a una pluralità di processi sovra urbani di rescaling. La scala urbana opera come un nodo localizzato all’interno dei circuiti globali dell’accumulazione di capitale mentre la scala globale si costituisce attraverso le reti su cui insistono città e cittàregioni. Altri autori  evidenziano i cambiamenti intervenuti nelle relazioni, verticali e orizzontali, fra le città, come attestato ad esempio dal consolidamento di nuove gerarchie urbane globali, dall’accelerazione dei flussi informazionali, finanziari e migratori tra le città etc. La scala urbana  deve essere vista non solo in termini di un’arena locale dell’accumulazione capitalista globale ma come una coordinata strategica di regolazione operante all’interno della presente ristrutturazione della spazialità dello Stato. 3 punti in cui le tradizioni di ricerca si concordano: 1) Destabilizzazione delle coordinate scalari nazionali  il quadro nazionale di accumulazione, regolazione statale, urbanizzazione prevalente del vecchio mondo capitalista è stato destabilizzato a partire dalla metà anni 70. 2) Proliferazione delle strategie per riorganizzare le configurazioni scalari ereditate dal passato: crisi del fordismo nord-atlantico  pluralità di strategie politico-sociali volte a riorganizzare le configurazioni interscalari.  strategie di rescaling  mezzo per spostare o risolvere le criticità e/o stabilire una nuova base geog. x lo sviluppo capitalista. 3) Relativizzazione delle scale  nuove configurazioni interscalari in cui la scala nazionale dell’organizzazione politico-economica viene in modo significativo ricostruita. La problematica della scala geografica  al centro della questione urbana che a partire dagli anni 90 si è riarticolata intorno alla problematica della questione della scala. OTTO PROPOSIZIONI SUL RESCALING 1. Epistemologia critico-realista della scala L’intelligibilità delle categorie scalari è ritenuta derivare da un precedente stato delle cose, ossia la differenziazione interna di specifici processi sociali nei variegati ma interconnessi livelli scalari che strutturano le percezioni e le rappresentazioni nella conoscenza ordinaria. Il lessico della scala geografica emerge come 1 astrazione reale delle strutture delle strategie e delle trasformazioni del mondo sociale. 2. Le scale derivano dalla differenziazione verticale e dalla ridifferenziazione delle relazioni sociali La differenziazione su base scalare delle relazioni sociali è basata sull’ordinazione verticale delle formazioni sociali, in quello verticale le relazioni sociali sono articolate gerarchicamente tra i piani. 3. Le scale esistono in quanto i processi sociali sono scalati Le scale g. possono essere considerate come dimensioni socialmente costruite e intrinsecamente plastiche e malleabili, di specifici processi sociali quali la produzione capitalista, la riproduzione sociale, la regolazione statale, il conflitto sociale etc.  scaling  differenziazione scalare;

rescaling  ridifferenziazione scalare le scale costituiscono gli esiti stabilizzati provvisoriamente dei processi di scaling e rescaling e possono essere colte SOLO attraverso l’analisi di questi ultimi. 4. Le scale possono essere colte sono in termini relazionali Da tenere conto i legami verso l’alto, basso, trasversali etc. con le altre scale geografiche  situate nella configurazione interscalare in cui quella stessa scala è inserita.  il significato scalare di termini come globale, nazionale, regionale etc  cambia in relazione alla specificità storica delle morfologie scalari associate ai processi sociali e alle forme istituzionali. 5. Le forme di organizzazione interscalare corrispondono più alla forma del mosaico che a quella della piramide Architettura scalare del capitalismo  mosaico di gerarchie scalari sovrapposte, intrecciate, innestate e mai del tutto coincidenti, le cui unità difficilmente appaiono coestensive e isomorfiche. 6. Le configurazioni interscalari si trovano inserite in geografie polimorfiche Processi scaling e rescaling  a contatto con a...


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