Tesi - il giardino dei Finzi Contini- Analisi critica del testo e del periodo storico corrispondente, le leggi razziali e le condizioni degli ebrei. PDF

Title Tesi - il giardino dei Finzi Contini- Analisi critica del testo e del periodo storico corrispondente, le leggi razziali e le condizioni degli ebrei.
Author Maurizio Potenza
Course Scienze della comunicazione
Institution Università degli Studi di Teramo
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Summary

visione dell’uomo e del mondo, contesto storico politico e letterario

...


Description

Facoltà di Scienze della Comunicazione Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione.

Tesi in “ IDEE E LINGUAGGI DELLA POLITICA ” Titolo IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI di Giorgio Bassani - Lettura Politica -

Maurizio POTENZA Matr. 71267

A.A. 2014/2015

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Indice

Introduzione

Pag. 3

La questione ebraica

’’

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La posizione socio politica dei Finzi Contini

’’

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L’avvento delle leggi razziali

’’

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Dialoghi politici

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9

Conclusioni

’’

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Introduzione La “questione” degli ebrei in Italia durante il fascismo, nonostante le innumerevoli pagine scritte nel corso dei decenni trascorsi, può ancora essere indagata ed analizzata con modalità e prospettive diverse. E’ quanto emerge dalla lettura del romanzo di Giorgio Bassani “Il giardino dei Finzi Contini”, che permette di guardare gli avvenimenti attraverso la lente non comune del ceto aristocratico, in un intreccio complesso di rapporti socio politici e umani con numerose ed imprevedibili variabili. Nel romanzo, di chiara impronta neorealistica, l’autore non indica esplicitamente se stesso come protagonista, ma le analogie delle proprie vicende personali con quanto raccontato nell’opera lasciano al lettore la possibilità di immaginarlo. Fu lo stesso autore, in un’intervista rilasciata alcuni anni prima della sua morte al Resto del Carlino, ad ammettere che la famiglia ferrarese al centro del suo romanzo era veramente esistita, si trattava della famiglia Finzi Magrini1. I fatti raccontati accadono in un arco temporale che va dal 1929 alla fine del 1943, ma il fulcro della storia si concentra nel biennio 1938/1939 quando le leggi razziali pongono grandi restrizioni agli ebrei. Il tema della razza, variamente studiato e discusso, trova nel corso del 1938 la sua formulazione in principi di ordine giuridico, ovvero in leggi antisemite: docenti e studenti di origine ebrea sono esclusi da tutte le scuole del regno, agli ebrei è preclusa la partecipazione in ogni contesto pubblico e soprattutto politico, i cittadini ebrei immigrati in Italia dopo il 1919 sono invitati a lasciare il territorio italiano. Da quel momento, le disposizioni contro gli ebrei si faranno sempre più restrittive fino a che, nel 1943, la gestione del problema ebraico passerà nelle mani degli occupanti tedeschi. La storia (d’amore) tra Micòl Finzi Contini e la voce narrante de “Il Giardino dei Finzi Contini” è il nucleo intorno al quale si sviluppa la vicenda dell’intero romanzo. Micòl e Alberto Finzi Contini sono i figli del professor Ermanno, facoltoso ebreo ferrarese, con nobili origini, che aveva rifiutato ogni legame con il fascismo e viveva in una sorta d’isolamento in una villa circondata da un grande parco; anche il protagonista, coetaneo dei figli del professor Ermanno, è ebreo. La sua famiglia, che invece aveva aderito al fascismo, appartiene alla media borghesia di Ferrara. I ragazzi si conoscono fin da bambini per via dell’appartenenza allo stesso credo religioso e della http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/06/13/r2-la-vera-storia-dei1 finzi-contini.html 3

frequentazione della medesima sinagoga, ma conducono una vita nettamente separata a causa dell’atteggiamento eccentrico del professor Ermanno che decide di farli preparare a casa da precettori, per poi farli presentare gli esami da privati. Quando ormai i protagonisti sono studenti universitari e prossimi alla laurea, a seguito dell’attuazione delle leggi razziali che causano l’espulsione di tutti gli ebrei dall’esclusivo circolo tennis ferrarese, i Finzi-Contini decidono di aprire la loro villa ad alcuni giovani amici. Da questi incontri nascerà il rapporto affettivo che legherà il protagonista a Micòl, rapporto che creerà un’illusione nel cuore del giovane. Tuttavia, dopo essere stato sentimentalmente rifiutato, il nostro continua a coltivare le amicizie nate in quel contesto con il fratello di Micòl e con l’amico milanese di questo, l’ingegner Giampiero Malnate. Soprattutto con il secondo, di fede politica “comunista”, intrattiene appassionati dialoghi su temi di arte e politica. Solo un affettuoso dialogo con il padre induce il protagonista a superare la delusione d’amore e a dare una svolta radicale alla sua vita; si allontana da Malnate, ritorna agli affetti familiari e incoraggiato dal padre, persegue nella sua vera passione: quella di scrittore. La guerra coinvolge drammaticamente tutti: Giampiero Malnate, che alla fine del ‘39 era tornato a Milano, morirà nel ’41 sul fronte russo; Alberto Finzi-Contini morirà di malattia nel ’42; gli altri componenti della famiglia saranno internati in un campo di concentramento tedesco da cui non faranno più ritorno.

La questione ebraica La complessità di quest’argomento va ben di là della firma del 1938 apposta dal Re Vittorio Emanuele III per proclamare le leggi razziali in Italia. Fino all’avvento della R.S.I. (“Repubblica di Salò”) nessun ebreo Italiano morirà a causa delle leggi in questione. I Savoia si rivelarono, per cultura e tradizione, amici degli Ebrei 2. Molti infatti, sin dal XV Secolo, trovarono rifugio presso la Monarchia Sabauda che consentì loro di costruire sinagoghe e prosperare, sino a giungere, nell’Italia unita, ai più alti vertici istituzionali e a conseguire lo stato nobiliare. Vincenzo Artom di Sant’Agnese, ebreo e medico di corte, è barone, come dai baroni Artom, ma del ramo di Treviso, discende anche Josette, la madre del professor Ermanno Finzi Contini3. 2 Guido Valabrega, “Gli ebrei in Italia durante il Fascismo”, marzo 1962. 3 Giorgio Bassani, “ Il giardino dei Finzi Contini” edizioni Einaudi 1962 pag. 20 4

Re Carlo Alberto fu tra i primi Sovrani d’Europa a dare ai suoi sudditi ebrei la piena uguaglianza di diritti e questa non sarà mai revocata nel Regno d’Italia, fino alla promulgazione delle leggi razziali4. Nel 1938 il Re, fedele alla linea politica della propria dinastia, sperando in un ripensamento dei parlamentari, si oppose per due volte, secondo i limiti costituzionali dell’epoca, alla volontà del partito fascista. La terza volta firmò, ma allo stesso tempo mise in atto quella che oggi noi chiamiamo “disubbidienza civile”: rifiutò di licenziare dal suo incarico il medico di corte. Anche il principe Umberto di Savoia disubbidì al Regio Decreto, rifiutando di licenziare il suo aiutante di campo, Salvadori, anch’egli ebreo. Alla luce dei fatti, appare politicamente anomalo che tra i fondatori del partito Fascista ci furono molti ebrei, come quelli che in piazza Sansepolcro a Milano, il 23 marzo 1919, contribuirono alla nascita dei Fasci di Combattimento: è difficile capire se questo dipese dalla miopia politica degli ebrei o dalla volubilità di Mussolini. Gli ebrei infatti furono finanziatori del partito fascista, nonostante il suo programma fosse di stampo repubblicano, ed ebbero parte attiva nelle squadre di Italo Balbo; figurano persino nel “martirologio ufficiale della rivoluzione fascista”. Furono, infine, protagonisti numerosi della “marcia su Roma”. Emerge quindi che gli ebrei, pur costituendo una minoranza, erano molto ben integrati a livello socio-politico, tanto che gli si affidarono posti e ruoli importanti: Dante Almansi fu vice capo della polizia fascista, Guido Jung fu eletto deputato e tra gli anni 1932- 1935 fu nominato Ministro delle Finanze e così per molti altri5. Addirittura, dopo l’avvento di Hitler al potere, nel 1933, i profughi ebrei dalla Germania furono accolti in Italia, in particolare, il Ministero degli Esteri diede il permesso, a tutti gli ebrei che lo desiderassero, di venire a stabilirsi in Italia, a condizione che non si trattasse di persone che avessero partecipato ad attività antifasciste. Il fascismo, come nuovo partito e nuova ideologia, fino al 1938, troverà quindi l´opposizione di pochi ebrei.

La posizione socio politica dei Finzi Contini Da quanto racconta nell’opera Giorgio Bassani, “ … Josette Artom … oltre che stravedere per casa Savoia …. oltre che ammiratrice fanatica della Germania ….. non 4 Gina Formiggini, nel saggio “Stella d’Italia Stella di David” del 1970 5 Renzo De Felice, “Storia degli ebrei italiani” 1993

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si era mai curata di dissimulare la propria avversione all’ambiente ebraico ferrarese, per lei troppo ristretto – come diceva – : nonché … il proprio fondamentale antisemitismo”6. Vale la pena riflettere per un attimo su questo aspetto che Bassani giudica perfino grottesco, come probabilmente è: per vanità, pur di godere della posizione sociale ottenuta, ostentando il proprio status, alcuni ebrei giungono a disconoscere uno dei principi cardini della comunità ebraica ossia che “ ..in qualunque parte della terra, sotto qualunque cielo la Storia li abbia dispersi, sono e saranno sempre ebrei, vale a dire parenti stretti”7. Non molto diversa appare la questione quando si analizza l’atteggiamento di Ermanno Finzi Contini. Nel 1933, in occasione del “Decennale“, Mussolini decide di offrire un’altra possibilità ai dissidenti del regime: prendere la tessera del partito. Il novanta per cento degli ebrei di Ferrara aderisce al Fascio, lui, il professor Ermanno, invece, rifiuta la tessera. Agli occhi della comunità israelita questo atteggiamento appare insensato giacché proprio lui, Ermanno Finzi Contini, grande proprietario terriero e quindi, in teoria, da un punto di vista politico, necessariamente e fisiologicamente vicino al fascio, decide di restarne fuori, decide di porsi in discontinuità con i suoi “simili”. Viene da chiedersi se questa scelta non fosse consapevolmente suggerita da un credo politico di orientamento monarchico, se nella colta mente dei Finzi Contini, l’anima socialista del partito fascista non li facesse temere per il loro status di nobili e se quindi, pur di tutelarsi, non fossero disposti a distinguersi dal resto della comunità restando fuori da ogni schieramento. La prova di questa ipotesi potrebbe essere fornita dal gesto che il professore compie nei riguardi dell’avvocato Geremia Tabet quando questi gli offre la tessera del partito e lui garbatamente la rifiuta, ma “…. gli ha fatto scivolare in tasca cinque carte da mille … da devolversi a favore delle Colonie Marine e Montane dell’Opera Nazionale Balilla…”8 , quasi a voler significare che pur senza la tessera non avrebbe fatto mancare il suo sostegno al partito. Ma Ermanno Finzi Contini fa di più, negli stessi giorni chiede formalmente al Consiglio della Comunità di essere autorizzato a “restaurare a proprie spese, per uso della famiglia e di eventuali interessati, l’antica piccola sinagoga spagnola di via Mazzini, da almeno tre secoli sottratta al culto e adibita a magazzino di sgombero”9. È lecito supporre che quest’azione possa essere 6 G.Bassani, op.cit pag. 25 7 G.Bassani, op.cit pag. 26 8 G.Bassani, op.cit pag. 28 9 G.Bassani, op.cit pag. 29

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stata decisa per distaccarsi dalla sua stessa comunità, essendo ormai il rappresentante di una minoranza politica e non volendo interagire in alcun modo con chi, magari sulla scia del momento, preferisce stare sul carro del vincitore, tale infatti appariva in quegli anni il partito fascista. In realtà l’atteggiamento sociale dei Finzi Contini, caratterizzato da una particolare forma di isolazionismo, come se volessero differenziarsi dal resto della società, appare difficile da decodificare.

Potremmo semplicemente e

sbrigativamente definirli “Snob” per via delle loro scelte: non mandare i figli nelle scuole pubbliche, nonostante ciò fosse ritenuto dal regime un atteggiamento “disfattistico”10; vivere isolati nella loro regale dimora; concedere ai due figli di frequentare, come unico luogo di incontro sociale, l’esclusivo circolo tennis della città; addirittura di fruire di una sinagoga di famiglia per le celebrazioni rituali, quasi come se volessero prendere le distanze da tutti. L’ipotesi che appare più convincente, invece, è che fossero dei monarchici, ben consapevoli e preoccupati di come la dittatura stesse riducendo il potere della corona e che pertanto preferissero, date le circostanze, non intavolare discorsi politici con alcuno, per non rischiare di essere apertamente denunciati come antifascisti, optando perciò per un discreto riserbo. Tuttavia non esitavano, quando erano riuniti per pregare, ad assumere atteggiamenti di superiorità e ad ostentare la loro condizione sociale che fortunatamente bambini e ragazzi, per indole, ignoravano continuando a “riconoscersi” e, seppur limitatamente, ad interagire. A ben vedere, la comunità israelitica usa identificare i propri componenti con connotati che differenziano i vari membri, per rito, per origini geografiche e persino per censo 11. Nondimeno i ragazzi, nonostante fossero cresciuti in un ambiente che, seppur comune, offrisse poche occasioni di incontro, mantengono per lunghi anni nel loro animo quel sentimento di amicizia che nel momento opportuno riaffiora e permette loro di offrirsi vicendevolmente compagnia e conforto.

L’avvento delle leggi razziali Il fascismo manifesta una politica razziale solo verso la fine del 1938 ; fino ad allora il suo comportamento era stato ambiguo: il regime da istruzioni affinché la stampa tratti argomenti antisemiti, ma nello stesso tempo persuade gli ebrei della non 10 G.Bassani, op.cit pag. 32 11 G.Bassani, op.cit pag. 37-44

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esistenza dell’antisemitismo in Italia. Le sue idee cambiano con il mutare della politica estera, addirittura accade che i consoli italiani esortino gli ebrei italiani all’estero a non rinunciare alla cittadinanza italiana e ciò al fine di rafforzare la posizione del Paese nella Società delle Nazioni. Purtroppo, l’atteggiamento antisemita diviene ufficiale con la pubblicazione del “Manifesto della razza” il 5 agosto 1938 seguita dal varo, il 5 settembre 1938, del R.D.L. n. 1390 - Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola-; da quel momento è un susseguirsi di norme razziali volte a discriminare la popolazione ebrea. I giovani ferraresi del nostro romanzo vengono colti nel loro torpore estivo quasi di sorpresa da quanto stava accadendo e che li riguardava da molto vicino, tant’è che Alberto Finzi Contini telefona al nostro protagonista per chiedere conferma delle “dimissioni in blocco dal circolo tennis di tutti gli ebrei iscritti 12“. Ma se la cosa lascia sorpreso Alberto, viene nettamente sottovalutata dal padre del nostro protagonista, quasi considerata inverosimile. Nel dialogo politico che i due intraprendono, l’anziano continua a mostrarsi fiducioso, in cuor suo probabilmente incredulo, e ripete al figlio che Mussolini è meglio di Hitler . Quando il giovane gli fa osservare che già nel 1931 Leonida Trotskij in un saggio sosteneva che “Il capitalismo, in fase di espansione imperialistica, non può che mostrarsi intollerante nei confronti di tutte le minoranze nazionali, e degli ebrei, in particolare, che sono la minoranza per antonomasia” 13lui non pensa che a elogiare gli ebrei polacchi e russi per le loro grandi doti linguistiche e ribatte evidenziando come a Ferrara nessuna delle “misure pratiche”14imposte dal regime, eccezion fatta per la faccenda del circolo tennis, fosse stata attuata. Secondo lui il figlio è troppo pessimista. Uno spaccato, questo, che mostra ancora una volta come gli ebrei fin’anche dopo la promulgazione delle leggi razziali non pensano di poter essere veramente traditi dal fascismo a cui loro tanto hanno dato. In tale circostanza, la famiglia Finzi Contini esce timidamente dall’isolamento in cui si era rifugiata: dopo un’assenza di cinque anni ritorna a frequentare la vecchia sinagoga, quindi consente ai figli di ricevere in casa i propri amici. Diversamente dalla moltitudine, il professor Ermanno probabilmente ha già capito la portata degli eventi e ritiene ormai inutile l’atteggiamento precauzionale fino allora tenuto. Infatti da li a poco anche a Ferrara saranno applicate rigorosamente le leggi razziali. A questo punto che senso ha ormai 12 G.Bassani, op.cit pag. 67 13 G.Bassani, op.cit pag. 71 14 G.Bassani, op.cit pag. 70

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continuare a sperare nella tutela degli ebrei da parte dei Savoia? A nulla serve neppure il fatto di essere nobili: la discriminante vera è l’essere ebreo, tanto vale allora stare con i propri simili malgrado in molti siano ancora increduli su quello che sta accadendo.

Dialoghi politici Gli incontri nella villa dei Finzi Contini, giunta la cattiva stagione, si spostano dall’esterno allo studio privato di Alberto; gli astanti ora sono solo in tre: Alberto Finzi Contini, l’ingegnere milanese Giampiero Malnate ed il nostro protagonista. Lasciate da parte le racchette da tennis , i discorsi fra i tre riguardano soprattutto temi politici. Alberto preferiva restare ad ascoltare, mentre i due ospiti dibattevano accanitamente: il milanese era comunista, mentre l’altro, benché critico verso il fascio ed estimatore di alcune teorie trozkiste, non condivideva affatto il credo comunista. Era trascorso poco tempo dalla firma del “Patto di Monaco” e questo rappresentava l’argomento principale per i tre giovani che si dimostravano concordi e ben consapevoli di cosa fosse accaduto, della “forza diplomatica” dimostrata da Hitler e Mussolini che agivano in tandem e dei pericoli che ciò rappresentava, ma nei loro giovani cuori c’era la fiducia nei sistemi parlamentari di Francia ed Inghilterra, nella capacità di cambiare i loro rappresentanti politici con altri più giovani, più vigorosi e capaci di “puntare i piedi”15. Nonostante l’evidente gravità delle vicende, non cessavano di essere ottimisti. Tranne che per questo punto in comune, non appena l’argomento si spostava sulla guerra civile spagnola o sulle questioni dell’U.R.S.S., emergevano i rispettivi orientamenti: comunista quello del milanese, democratico filoccidentale e “destrorso” l’altro. L’ingegnere non mancava di sottolineare il fatto che le democrazie conservatrici di Francia e Inghilterra , nonostante tutto quello che stava accadendo, si fidavano maggiormente di Hitler e Mussolini che di Stalin, più per principio che non per una questione oggettiva. Nello stesso tempo definiva i suoi due interlocutori, malgrado il loro diniego, “allievi di Benedetto Croce" che sognavano un ritorno, il prima possibile, ad un’Italia Giolittiana e liberale16, e poi di rimando accusava proprio Giolitti e Croce di essere la causa dell’ascesa di Mussolini, per non averlo fatto “cadere” già nel 1924 in seguito al delitto Matteotti. Giampiero Malnate sosteneva che, per il timore dell’ascesa al potere delle classi popolari, i liberali erano disposti a tutto, anche a tenersi Mussolini. 15 G.Bassani, op.cit pag. 159 16 G.Bassani, op.cit pag. 161

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Mentre il fascismo aveva martirizzato uomini come Giovanni Amendola e Pietro Gobetti, aveva costretto a morire in esilio Filippo Turati e in carcere Antonio Gramsci, facendo scomparire ogni possibilità di riscatto sociale17 per gli operai ed i contadini, loro, giovani benestanti, non sapevano neppure chi fossero costoro. Orgogliosamente ricordava l’amicizia del padre con i coniugi Turati, conosciuti nel 1898 durante i mesi trascorsi insieme in carcere e raccontava degli esponenti della borghesia ferrarese incontrati in qualche riunione clandestina organizzata da contadini e operai a cui lui aveva partecipato. Non esitava ad additare i Finzi Contini come “latifondisti aristocratici nostalgici del feudalesimo medievale”18e non si asteneva di etichettare tutti gli ebrei come sostenitori del fascismo, almeno fino a prima del 1938: “quanti erano stati prima del ‘38, in Italia, gli israeliti antifascisti? Ben pochi …” 19. Ed ora rimproverava loro anche di sentirsi come “l’unica minoranza perseguitata, senza rendersi conto che ce n’erano parecchie altre, di minoranze, a soffrire, come gli operai dello stabilimento dove lui lavorava”, “oliati più volte solo per il fatto di essere socialisti o comunisti”20. Dal canto suo, il nostro protagonista, stizzito per queste affermazioni esposte con aria di sufficienza, ci tiene ad evidenziare che Giampiero stava tenendo un atteggiam...


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