Tesina Maturita - Riassunto Genetica e miglioramento genetico PDF

Title Tesina Maturita - Riassunto Genetica e miglioramento genetico
Course Genetica e miglioramento genetico
Institution Università degli Studi di Torino
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Trasmissione dell'informazione...


Description

TESINA MATURITA’ TRASMISSIONE DELL’INFORMAZIONE

SCOPERTA: Il DNA venne isolato per la prima volta dal medico tedesco Friederich Miescher nel 1869. La sostanza isolata era bianca,zuccherina,leggermente acida contenente fosforo e, poiché era stata trovata soltanto nei nuclei delle cellule, venne chiamata acido nucleico. Il 28 Febbraio 1953, James Watson e Francis Crick, riuscirono a costruire per la prima volta nella storia un modello di DNA. CHE COS’è IL DNA? L'acido desossiribonucleico o deossiribonucleico (in sigla DNA, dall'inglese DeoxyriboNucleic Acid) è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo ed il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi. LA STRUTTURA Ogni molecola di DNA, è formata da elementI semplici, che vengono chiamati nucleotidi. Ogni nucleotide è composto da una base azotata, da uno zucchero a 5 atomi di carbonio chiamato desossiribosio e da un gruppo fosfato. Vi sono due tipi di base azotate: le purine (che presentano una struttura a due anelli), e le pirimidine (con un solo anello). Nel DNA vi sono due tipi di purine, l’adenina(A) e la guanina(G) e due tipi di pirimidine, la citosina(C) e la timina(T). COME SI DUPLICA La duplicazione del DNA avviene con un meccanismo definito semiconservativo, in quanto ogni filamento costituisce lo stampo per un filamento complementare ad esso e quindi uguale all’altro filamento. In tal modo da una molecola di DNA si formano due nuove molecole, uguali tra loro ed uguali alla doppia elica di partenza.

LE FUNZIONI La funzione più importante del DNA è quella di contenere le informazioni necessarie per far funzionare l’organismo. Questi dati possono essere trasmessi da una cellula all’altra e da un organismo all’altro. Non dobbiamo, infatti, dimenticare che

all’interno di questa molecola sono presenti le istruzioni fondamentali, che servono a sintetizzare delle proteine importanti per costruire i tessuti e gli organi e per poter mettere in atto tutti quei processi biologici e chimici che garantiscono la sopravvivenza dell’organismo. Tutte queste informazioni formano insieme il codice genetico, che è costituito da basi azotate disposte a tre a tre.

La funzione più rilevante del DNA è quindi quella di trasmettere le caratteristiche ereditarie da un individuo all’altro.

TRASFORMAZIONE DEL DNA il DNA potrebbe essere usato per archiviare dati di qualsiasi tipo. Tutto quello che dobbiamo fare è trasformare questi dati in lunghe serie di A, C, G e T, e sintetizzare le corrispondenti molecole di DNA. Il motivo del crescente interesse della comunità scientifica risiede nell’elevatissima densità di informazione che il DNA sarebbe in grado di raggiungere, se potessimo utilizzarlo come sistema di archiviazione. Proprio quest’anno, un gruppo di ricerca dell’Università di Washington ha battuto il record di dati memorizzati in un archivio genetico: 200 Megabyte, salvati in 13 milioni di frammenti di DNA. Però si tratta di una procedura molto costosa. Non tanto in fase di lettura: i costi per sequenziare molecole di DNA (e leggerne quindi il contenuto) sono ormai molto bassi. Il grosso limite sta nella fase di scrittura: aggiungere al nostro archivio genetico un singolo nucleotide (cioè una sola lettera di DNA) costa al momento quasi 10 centesimi di dollaro. C’è poi un altro importante aspetto che deve essere tenuto in considerazione: qual è il sistema di codifica migliore per convertire i nostri dati nel linguaggio del DNA? Dobbiamo sfruttare al meglio le quattro lettere che la biologia ci mette a disposizione, cercando di racchiudere il maggior numero di informazioni possibili nella minore quantità di DNA. Ipotizzando di dover convertire un semplice file di testo, ad esempio, potremo pensare di associare a ciascuna lettera dell’alfabeto una particolare tripletta di nucleotidi, proprio come fa il codice genetico. In totale, avremmo a disposizione 64 differenti triplette, più che sufficienti a codificare le lettere dell’alfabeto inglese, i numeri, gli spazi e i segni di

punteggiatura. Potremmo anche adottare un codice ancora più sintetico, sfruttando solo 3 dei quattro nucleotidi disponibili: in questo caso riusciremmo a codificare le lettere e gli spazi. Perderemmo la punteggiatura, ma l’Ulisse di Joyce dimostra che in fondo potremmo anche farne a meno. Il vero problema di questo sistema di codifica è che consente di memorizzare solo file di testo.

Codice binario Dunque corre partire dal codice binario in cui questi dati sono scritti, e convertire quest’ultimo in sequenze di DNA. Questa volta le 4 lettere a nostra disposizione sono più che sufficienti per tradurre i nostri dati, che ora sono diventati una lunghissima serie di 0 e 1. Siamo in una situazione fortunata, perché l’alfabeto di destinazione (quello del DNA) possiede più valori di quanti ne contenga l’alfabeto di partenza (quello del codice binario); questa abbondanza ci offre più opzioni per la nostra codifica, ma anche in questo caso la scelta da compiere è delicata. Ad esempio, possiamo cercare di compattare il più possibile l’informazione, associando a ciascuna lettera del DNA una coppia di bit (A = 00, C = 01, G = 10, T = 11): in questo modo riusciamo a dimezzare la lunghezza delle nostre sequenze, e possiamo quindi codificare più dati nello stesso segmento di DNA. Sembra decisamente la soluzione migliore, e in effetti lo sarebbe davvero se il DNA fosse semplicemente una lunga serie di lettere stampate sulle pagine di un libro. Purtroppo, non è questo il caso per leggere una sequenza di DNA è necessario sequenziarlo, e le macchine progettate per questo compito (i sequenziatori) non riescono a leggere facilmente i tratti di DNA molto ripetitivi. Questo significa che la sequenza CCCCCCCC (che nel nostro esempio codifica la stringa 0101010101010101) potrebbe essere letta per errore con una C in più o con una C in meno, rendendo di fatto illeggibile l’informazione originaria. quindi forse potremmo rinunciare alla compattezza estrema per salvaguardare l’integrità dei dati. Per fare questo, basterebbe ragionare per singoli bit, associando lo 0 a due diversi nucleotidi (ad es. A e T), e l’1 agli altri due. In questo modo, abbiamo un codice ridondante che ci consente una certa flessibilità: in presenza di lunghe serie di 0, ad esempio, potremmo alternare a piacere le A e le T, così che il risultato finale (ad es. TATTAAAT) possa essere letto con più facilità dai sequenziatori. Ecco perché alcuni ricercatori hanno pensato di implementare, anche per le memorie “genetiche”, delle tecniche di correzione degli errori sviluppate in altri ambiti, come il codice di Reed-Solomon usato nei CD e nei DVD.

Abbiamo risolto tutti i nostri problemi? Purtroppo no. I sistemi di archiviazione tradizionali hanno una caratteristica fondamentale, che al nostro DNA non può mancare: è la capacità di accedere ai dati in modo diretto. Se voglio ascoltare l’ultima canzone del greatest hits, non devo necessariamente sorbirmi anche tutti i pezzi precedenti, ma posso accedere direttamente al brano che mi interessa. Questo, almeno, con i classici CD. E con il DNA? Anche per questo abbiamo una soluzione. L’ha proposta un paio di anni fa un gruppo di ricerca dell’Università dell’Illinois, guidato dalla prof.ssa Olgica Milenkovic, e consiste nella sintesi di particolari coppie di sequenze da aggiungere ai lati di un segmento di DNA di interesse, ad esempio quello che contiene la nostra canzone preferita. Siccome ogni segmento di DNA è associato a una coppia di sequenze differente, è possibile sfruttarle come indirizzi molecolari e accedere in modo selettivo solo a questo o a quel pezzo di DNA. Per farlo, basta amplificare il segmento che ci interessa con una comune reazione di PCR: l’importante è usare i primer corretti, quelli corrispondenti agli indirizzi molecolari che stiamo cercando.

ESPERIMENTO (PROVA) Dina Zielinski ed Erlich hanno scelto sei file da codificare, o scrivere, nel dna: un sistema operativo, un film francese, una gift card di Amazon da 50 dollari, un virus informatico, una targa Pioneer e le informazioni di uno studio del 1948. Come sono state memorizzate tale informazioni? Il processo, com’è facile immaginare, è piuttosto complesso. Per prima cosa i ricercatori hanno compresso i file e li hanno suddivisi in pacchetti binari più piccoli. Servendosi di un algoritmo, hanno poi confezionato in modo casuale tali pacchetti in una serie di cosiddette goccioline, e successivamente associato gli uno e gli zero delle informazioni binarie contenute in ciascuna goccia alle quattro basi nucleotidiche del dna (A, G, C e T). In seguito, è stato aggiunto un codice a barre per ogni gocciolina per aiutare il futuro riassemblaggio dei file. In totale, è stato generato un elenco digitale di 72mila filamenti di dna, che è stato inviato in un file di testo a una startup di San Francisco, la Twist Bioscience, specializzata nel trasformare i dati digitali in dati biologici. Due settimane dopo, i due ricercatori hanno ricevuto una fiala con dentro un granello di molecole di dna: per recuperare i file, si sono serviti di una moderna tecnologia di sequenziamento per leggere i filamenti di dna e poi di un software per tradurre il codice genetico di nuovo in codice binario, recuperando così i propri file senza alcun errore.

I ricercatori hanno così dimostrato come la loro strategia di codifica è stata in grado di memorizzare e salvare, senza alcun errore, 215 petabyte di dati su un singolo grammo di dna....


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