Testo e parafrasi di \"La sera fiesolana\", \"La pioggia nel pineto\", Gabriele D\'annunzio PDF

Title Testo e parafrasi di \"La sera fiesolana\", \"La pioggia nel pineto\", Gabriele D\'annunzio
Author Noemi Mosca
Course Letteratura italiana
Institution Università del Salento
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Summary

Testo originale e parafrasi articolata delle poesie "La sera fiesolana", "La pioggia nel pineto", indiscussi capolavori di D'annunzio, estremamente consigliato per la preparazione di un esame di letteratura italiana, un lavoro già fatto e disponibile per studenti che non hanno il tempo di fare la ...


Description

GABRIELE D’ANNUNZIO Alcyone: La sera fiesolana Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscìo che fan le foglie del gelso ne la man di chi le coglie silenzioso e ancor s’attarda a l’opra lenta su l’alta scala che s’annera contro il fusto che s’inargenta con le sue rame spoglie mentre la Luna è prossima a le soglie cerule e par che innanzi a sé distenda un velo ove il nostro sogno si giace e par che la campagna già si senta da lei sommersa nel notturno gelo e da lei beva la sperata pace senza vederla. Laudata sii pel tuo viso di perla, o Sera, e pe’ tuoi grandi umidi occhi ove si tace l’acqua del cielo! Dolci le mie parole ne la sera ti sien come la pioggia che bruiva tepida e fuggitiva, commiato lacrimoso de la primavera, su i gelsi e su gli olmi e su le viti e su i pini dai novelli rosei diti che giocano con l’aura che si perde, e su ’l grano che non è biondo ancóra e non è verde, e su ’l fieno che già patì la falce e trascolora, e su gli olivi, su i fratelli olivi che fan di santità pallidi i clivi e sorridenti. Laudata sii per le tue vesti aulenti, o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce il fien che odora! Io ti dirò verso quali reami d’amor ci chiami il fiume, le cui fonti eterne a l’ombra de gli antichi rami parlano nel mistero sacro dei monti; e ti dirò per qual segreto le colline su i limpidi orizzonti s’incùrvino come labbra che un divieto chiuda, e perché la volontà di dire le faccia belle oltre ogni uman desire e nel silenzio lor sempre novelle consolatrici, sì che pare che ogni sera l’anima le possa amare

Durante questa sera le mie parole ti diano freschezza come il fruscio che fanno le foglie del gelso nella mano di chi le coglie in silenzio e nonostante l’ora tarda continua lentamente il suo lavoro sull’alta scala che diventa scura appoggiata al fusto dell’albero che diventa color argento con i suoi rami spogli mentre la luna è prossima a spuntare nel cielo azzurro e sembra che stenda davanti a sé un chiarore dove il nostro sogno d’amore si abbandona e sembra che la campagna si senta già invasa dal gelo notturno sotto la sua luce e grazie a lei trovi il riposo sperato anche senza vederla.

O Sera, tu sii lodata per il tuo viso perlaceo, e per i tuoi grandi occhi umidi nei quali si raccoglie in silenzio l’acqua caduta dal cielo! Durante questa sera le mie parole ti siano dolci come il rumore leggero della pioggia tiepida e rapida, commosso saluto della primavera, sui gelsi, sugli olmi, sulle viti e sui pini con i nuovi germogli rosati che giocano con il vento che passa e svanisce, e sul grano che ancora non è maturo ma nemmeno più verde, e sul fieno che è stato tagliato dalla falce e sta mutando colore, e sugli olivi, sui fratelli olivi che rendono le colline pallide come i santi e sorridenti.

O Sera, tu sii lodata per le tue vesti profumate, e per la cintura che ti cinge come il ramo del salice cinge il fieno odoroso! Io ti dirò verso quali regni d’amore ci inviti il fiume, le cui sorgenti perenni gorgogliano all’ombra degli alberi secolari nel silenzio sacro dei monti; e ti dirò per quale segreto le colline s’incurvino contro i limpidi orizzonti come labbra che un divieto impedisca di dischiudersi, e perché la volontà di rivelare il loro segreto le renda belle oltre ogni desiderio umano e sempre nuove portatrici di conforto, al punto che sembra che ogni sera l’anima le possa amare

d’amor più forte.

Di un amore più forte

Laudata sii per la tua pura morte, o Sera, e per l’attesa che in te fa palpitare le prime stelle!

Oh sera, tu sia lodata per il tuo semplice svanire, e per l’attesa che fa brillare in te le prime stelle

La pioggia nel pineto TACI. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove su i pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri vólti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri t’illuse, che oggi m’illude, o Ermione. Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitìo che dura e varia nell’aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino.

Non parlare. Ora che siamo all’inizio del bosco non sento più nessuna parola proveniente da alcun essere umano ma sento solo parole diverse, e migliori, pronunciate dalle gocce e dalle foglie in lontananza.

Ascolta. Piove dalle nuvole sparse nel cielo, piove sulle tamerici ricoperte dal sale del mare e seccate dal sole estivo, piove sui pini e sulle loro cortecce fatte a scaglie e sui loro aghi appuntiti. Piove sui mirti, sacri a Venere (divini), e piove sulle ginestre che sotto la pioggia risplendono. Piove anche sui fiori ancora chiusi e sui ginepri folti che diffondono però un dolce profumo.

Piove sui nostri volti, come se anche noi fossimo una parte di questo bosco (silvani) piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti leggeri ed estivi, e piove addirittura sui nostri pensieri, rinfrescati dalla pioggia, e l’anima si dischiude e rinasce sotto la pioggia e ci rivela sogni nuovi che in realtà, ieri come oggi, ci illudono e basta Ermione.

Lo senti? La pioggia cade sulle foglie solitarie e crea un cigolio che si diffonde in modo costante tutto intorno e cambia solo a seconda di quello che tocca, foglie più fitte o meno fitte.

E ascolta: il canto delle cicale, che non si spaventano con l’arrivo dei venti australi e con il cielo grigio, sembra rispondere alla pioggia che scende come un pianto.

E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancóra, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immersi noi siam nello spirto silvestre, d’arborea vita viventi; e il tuo vólto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.

E il pino ha un suono, e anche il mirto suona in un modo diverso sotto l’acqua che cade, e così anche il ginepro e tutte le altre piante sembrano come strumenti musicali diversi suonati dalla pioggia che sembra avere un numero infinito di dita. E noi siamo immersi nello spirito del bosco, è come se la vita degli alberi fosse anche la nostra vita, perché il tuo volto è bagnato e inebriato come una foglia e i tuoi capelli hanno lo stesso profumo di quelle ginestre, anche se sei solo una creatura umana mia Ermione.

Ascolta, ascolta. L’accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall’umida ombra remota. Più sordo e più fioco s’allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s’ode voce del mare. Or s’ode su tutta la fronda crosciare l’argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell’aria è muta; ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell’ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.

Ascolta, il canto accordato delle cicale che stanno sugli alberi e che prima diminuisce e poi aumenta all’unisono quando aumenta anche la pioggia, ma arriva un altro suono, più cupo, quello delle rane, dalla parte di bosco che sembra più una laguna paludosa Si tratta di un suono più sordo e più fastidioso ma anche questo aumenta o diminuisce finché quasi non si sente più.

Non si sente, poi, nessun rumore provenire dal mare, si sente solamente, su tutti i rami, scrosciare la pioggia che pare colore di argento e che purifica, si sente il suo scroscio che ancora continua a cambiare in base al fogliame su cui cade.

Ascolta la cicala che adesso è muta mentre la figlia del fango lontana, la rana, canta dove c’è più ombra, in quella zona paludosa chissà dove. E piove sulle tue ciglia, Ermione.

Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pèsca intatta, tra le pàlpebre gli occhi son come polle tra l’erbe, i denti negli alvèoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti (e il verde vigor rude ci allaccia i mallèoli c’intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri vólti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggieri, su i freschi pensieri che l’anima schiude novella, su la favola bella che ieri m’illuse, che oggi t’illude, o Ermione.

Piove sulle tue ciglia nere e pare che tu stia piangendo ma è un pianto di piacere, e sembra che la tua pelle non sia più bianca ma verde e mi pare di vederti come una creatura nata dalla corteccia di un albero. E così tutta la nostra vita è profumata e fresca, (sembriamo anche noi un bosco): i nostri cuori nel petto sono come due pesche non ancora colte, le palpebre fra le tue ciglia sembrano le sorgenti d’acqua fra le zolle d’erba e i denti e le gengive sembrano mandorle acerbe.

Andiamo fra i cespugli, insieme o separati, e la forza intima, selvaggia degli alberi ci prende a sé stringendoci le caviglie e ci lega le ginocchia! Chissà dov’è tutto il resto, dove siamo noi?

E piove ancora sui nostri volti che ormai sono un bosco, piove sulle nostre mani nude, sulle nostre vesti leggere, sui pensieri nuovi che la pioggia ha rinnovato nella nostra anima e su quel sogno che continua ad illuderci, Ermione....


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