UGO Foscolo PDF

Title UGO Foscolo
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi del Molise
Pages 27
File Size 660.4 KB
File Type PDF
Total Downloads 60
Total Views 132

Summary

Vita e opere di Ugo Foscolo....


Description

-PERIODO DI RIFERIMENTO: Fine 700, inizi 800.

UGO FOSCOLO (è stato un poeta di origini greche, scrittore e traduttore italiano, uno dei principali letterati del neoclassicismo e del preromanticismo. Egli fu uno dei più notevoli esponenti letterari italiani del periodo a cavallo fra Settecento e Ottocento, nel quale si manifestano o cominciano ad apparire in Italia le correnti neoclassiche e romantiche, durante l'età napoleonica e la prima Restaurazione). -VITA: Ugo Foscolo (chiamato Niccolò alla nascita come il nonno paterno, anch’egli medico, ma preferì lui stesso soprannominarsi Ugo sin dalla giovinezza) nacque sull'isola greca di Zante (nota anche come Zacinto, cui dedicherà uno dei suoi più celebri sonetti) il 6 febbraio del 1778 (secondo il calendario gregoriano) figlio di Andrea Foscolo, medico modesto di origini veneziane, e della greca Diamantina Spathis, vedova del nobile Giovanni Aquila Serra, che si erano sposati a Zante il 5 maggio 1777 secondo il rito cattolico. La famiglia era tutt'altro che benestante: il padre era un modesto medico, mentre la madre, pur essendo vedova in prime nozze del nobiluomo Giovanni Aquila Serra, era figlia di un sarto zantioto. Il battesimo di Ugo fu celebrato il 17 febbraio nella cattedrale di San Marco a Zante. Primogenito di quattro fratelli, lo seguivano la sorella Rubina, nata a Zante nel 1779, il fratello Gian Dionisio (il famoso fratello Giovanni a cui Ugo poi dedicherà il famoso sonetto “In morte del fratello Giovanni”) nato a Zante nel 1781. Nel 1784, quando Ugo aveva 6 anni, il papà ottenne l’incarico di subentrare al proprio padre, il quale si chiamava Niccolò e morì di peste. Così il figlio Andrea si trasferì in Dalmazia a Spalato in qualità di protomedico dell’ospedale militare e prese il posto del padre. Poi nel 1785 Ugo, si trasferì con la madre e i fratelli a Spalato, dove verrà iscritto al Seminario arcivescovile di quella città, presso il quale compì come esterno i suoi primi studi. Lui era di carattere bizzarro e capriccioso e di indole ribelle; infatti quando cominciò gli studi non trasse subito molto profitto da questi, anzi si fece addirittura cacciare dal collegio per aver rotto la testa a due maestri e poi tentò con alcuni compagni di abbattere i cancelli in cui erano confinati gli ebrei e così finì in carcere per 24 ore. Nel 1787 a Spalato nacque un altro fratello di Ugo con il nome di Costatino Angelo Foscolo (molto più piccolo rispetto a lui). Nel 1788, dopo alcuni mesi di malattia, morì sempre a Spalato il padre Andrea Foscolo. Quindi Ugo e i suoi fratelli diventano orfani del padre. Da questo momento in poi la situazione economica va ancora di più a peggiorare e la madre di Ugo si trasferisce prima a Corfù e poi va a Venezia, ospite di parenti e amici del marito, lasciando Ugo e Gian Dionisio a Zante, l’uno affidato alla zia che era Giovanna Spathis, sorella della madre, e l’altro alla nonna materna Rubina. Però

Giovanna Spathis non sopportò più di tre anni il carattere di Ugo. Però qui a Zante rimangono Ugo e Giovanni: qui si spiega anche il legame più profondo con il fratello Giovanni. Gli altri due invece, Rubina e Costantino Angelo, andarono a Corfù presso altre due sorelle di Diamantina: una si chiamava Regina e l’altra Maria. Quindi insomma la famiglia di Diamantina Spathis si fa carico un po’ della prole avuta insieme al marito Andrea. Nel 1792, accompagnato dal Provveditore dell'isola, Paolo Paruta, poté raggiungere la madre e i fratelli a Venezia e stabilirsi con loro nella piccola casa in Campo de le gate, un piccolo campo nel sestiere di Castello a Venezia (Ugo rimase per un brevissimo periodo lì a Venezia e poi rientrò a Zante). Tra il 1793 e il 1797 frequentò le Scuole di San Cipriano a Murano (Venezia) dove era stato provveditore il famoso intellettuale illuminista Gasparo Gozzi In questo periodo Foscolo cominciò anche a scrivere. A 17 anni nel 1794 già aveva messo in piedi una serie di componimenti lirici, di inni, canzonette, odi etc. Ed era periodo in cui la famiglia non navigava nell’oro, anzi nella casa di Venezia, molto modesta, non c’erano neanche i vetri alle finestre e c’era solo un panneggio molto pesante e d’inverno serviva per rallentare l’entrata del freddo. Lui andava in giro con lo stesso cappotto anche un po’ sdrucito, e ne andava anche molto fiero, si recava in pubblico sempre con questa sua aria di sfida, di fierezza che aveva anche della povertà, che cercava anche di ostentare, non la nascondeva. Foscolo fu inizialmente sostenitore di Napoleone Bonaparte. Quando, però, Napoleone firmò con l’Austria il “TRATTATO DI CAMPOFORMIO” nel 1797 ne divenne un duro oppositore, poiché una conseguenza di questo trattato fu la fine della Repubblica di Venezia, nella quale Foscolo visse la sua giovinezza. Lo stato veneto veniva infatti ceduto, insieme all'Istria e alla Dalmazia, all'Arciducato d'Austria. Fra le sue opere ricordiamo la raccolta “Poesie” costituita da due odi e dodici sonetti. Un'altra opera significativa è il Carme “dei Sepolcri” in cui affronta il tema della morte, prendendo ispirazione dall’editto napoleonico di Saint-Cloud del 1807 che prevedeva la creazione di cimiteri fuori dalle città per esigenze sanitarie e l’istituzione di lapidi tutte uguali al di là del ceto sociale. Il linguaggio di Foscolo è ispirato alla lingua greca e latina.

Nel 1808 tenta di arricchire le sue entrate con lo stipendio di professore universitario a Pavia ma pochi mesi dopo la sua cattedra viene soppressa. La vicinanza amorosa della figlia Floriana e l'affetto di alcuni pochi amici vengono a temperare la solitudine, i disagi, le tristezze e la malattia degli ultimi anni. Nel 1814

crolla l’Impero Napoleonico. Nel 1815 con il Congresso di Vienna le potenze che hanno sconfitto Napoleone dividono l’Europa dando inizio all’Età della Restaurazione. In Italia tornano gli austriaci: Foscolo sceglie l’esilio prima in Svizzera e poi in Inghilterra. Gli Inglesi lo accolgono con simpatia ma illudendolo: per la sua natura non riesce mai ad integrarsi e viene abbandonato: muore poverissimo il 10 settembre 1827 (a 49 anni) nel sobborgo londinese di Turnham Green e viene sepolto nel vicino cimitero di Chiswick. Nel 1871, le spoglie sono state collocate a Firenze, nella chiesa di Santa Croce, accanto ai grandi italiani che aveva celebrato nel carme Dei Sepolcri. I resti del Foscolo tornarono così alla sua patria, come egli aveva desiderato.

-POETICA FOSCOLO: 4 FASI: 1.

morte liberatrice nell’Ortis;

2.

poesia consolatrice nei Sonetti (Alla Sera);

3.

bellezza serenatrice nelle Odi;

4.

poesia eternatrice nei Sepolcri.

-Partendo dalle “Ultime lettere di Jacopo Ortis” (romanzo epistolare): L’“Ortis” risale al primo periodo dell’attività del Foscolo e risente anche un po’ di quello che è il conformismo della cultura ufficiale della fine del 700. Quest’ opera Foscolo l’amava spesso definire il “Libro del Cuore”, ma anche della mente, cioè di tutto quel vasto mondo morale, sentimentale, intellettuale che era di contorno alla vita dell’autore. Sulla base di questa considerazione l’Ortis va letto come opera di confessione psicologica, ancor prima che si vada a definire l’opera letteraria in sé. In sintesi il racconto autobiografico si sviluppa su una trama molto semplice: abbiamo Jacopo che è il giovane protagonista, il quale era un fervente patriota, un trepido innamorato, tanto è vero che Foscolo racconta epistolarmente all’amico Alderani tutti i problemi che l’assillano. Quindi è un romanzo che si basa sulla forma dell’epistolario. La forma epistolare era uno dei generi più fortunati della narrativa settecentesca. Foscolo si attiene soprattutto al modello de I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von Goethe, il quale (Goethe) scrive questo romanzo nel 1774. Lui da Goethe riprende oltre a vari temi come l’amore infelice, il suicidio, le illusioni, che erano elementi tipici della generazione pre-romantica, prende soprattutto l’espediente strutturale di ridurre il numero dei corrispondenti. Mentre nel corso del 700 c’erano più interlocutori, più destinatari delle lettere, Goethe riduce solo a due persone la pluralità di corrispondenti; infatti Goethe scriveva all’amico Wilhelm e all’amata Charlotte: questi erano i due personaggi del romanzo de I dolori del giovane Werther. Foscolo asciuga ancora di più lo spettro di scrittura e

le lettere del protagonista Jacopo sono indirizzate a un solo destinatario che è l’amico Lorenzo Alderani. Di queste però non sono fornite le risposte, quindi il romanzo si articola solo sulle lettere che Jacopo (ovviamente Jacopo incarna Foscolo) scrive a Lorenzo Alderani. In tal modo acquista un maggiore risalto la dimensione soggettiva e questo è un aspetto importante perché il fatto stesso che ci sia un solo interlocutore e poi ci siano solo le lettere di chi scrive, l’elemento che emerge da questo contesto è che la dimensione soggettiva del protagonista narratore è quella dominante e che quindi va a discapito dell’oggettività del resoconto, secondo quelli che invece erano i migliori esempi della letteratura europea, coeva. La narrazione trae origine da un fatto di cronaca avvenuto a Padova nel marzo del 1796 ovvero il suicidio dello studente universitario Girolamo Ortis. Foscolo mutò il nome di Girolamo in Jacopo, in onore di Jean-Jacques Rousseau. Jacopo Ortis è un giovane patriota veneziano che fra l’11 ottobre del 1797 e il 25 marzo del 1799 indirizza una serie di lettere, ovvero 67 nella prima edizione, all’amico Lorenzo Alderani. Lorenzo, nella finzione romanzesca, si incarica di pubblicare le lettere dell’amico scomparso allo scopo di erigere un monumento alla virtù sconosciuta, quindi dopo il suicidio di Jacopo le avrebbe date alla stampa corredandole di una presentazione e di una conclusione. La prima parte del romanzo è ambientata nei Colli Euganei, terra degli antenati di Jacopo, e poi di qui egli si rifugia a Venezia etc..

-TRAMA: Jacopo Ortis è un ufficiale napoleonico che, dopo la firma del trattato di Campoformio fra Napoleone e gli Austriaci, lascia la sua patria, Venezia, rifugiandosi sui colli Euganei e sfogandosi con l’amico Lorenzo, al quale invia delle lettere. Fatta la conoscenza di Teresa, ragazza di cui l’Ortis subito se ne innamora, scopre che questa è già promessa ad Odoardo, un giovane di alta estrazione. Dapprima il protagonista sopporta la situazione, ma dopo aver baciato Teresa, capisce l’insostenibilità di questo amore. Parte dunque per un viaggio, convinto di poter superare l’amore per la bella Teresa, visitando i monumenti italiani e facendo visita ai “Gradi Italiani” del passato, recandosi presso cimitero di Santa Croce a Firenze, incontrando al contempo illustri personaggi a lui contemporanei, come Parini. Durante la sua assenza però Teresa si è sposata e una volta venuto a conoscenza di ciò, sente che per lui la vita non ha più senso. Ritorna ai colli Euganei per rivedere Teresa, va a Venezia per riabbracciare la madre, poi ancora ai colli e qui, dopo aver scritto una lettera a Teresa e l'ultima all'amico Lorenzo Alderani, si uccide, piantandosi un pugnale nel cuore. Segue una spiegazione finale di Lorenzo sul destino di Jacopo, come quella iniziale.

N.B: Una delle più importanti particolarità dell’Ortis è la presenza di due narratori interni, da un lato Jacopo che rappresenta la fiamma passionale della vicenda, dall’altro l’amico Lorenzo che affronta la vicenda con un approccio più razionale. Centrale nell’opera, così come nella vita dell’autore, è il conflitto cuore-ragione che trova sviluppo nel rapporto fra Jacopo e Lorenzo e fra la vita passionale e la morte vista come liberazione delle sofferenze: morte liberatrice. (1) Si evince inoltre l’elemento autobiografico, lui si dipinge fedelmente nell’Ortis: nel romanzo in realtà c’è tutta l’ansia di vita, c’è l’entusiasmo, la fede e la capacità anche di sentire, di assimilare le più disparate situazioni, interpretare i più disparati problemi del tempo che viveva Foscolo. La nota veramente foscoliana del romanzo bisogna individuarla nella ricerca di una superiore armonia tra la passione amorosa del Werther di Goethe e quella politica di Vittorio Alfieri, l'opera risente molto dell'influsso di Vittorio Alfieri, al punto da essere definito "tragedia alfieriana in prosa". Alfieri è un punto di riferimento fondamentale: in particolar modo nella scrittura di Foscolo. Alfieri era un poeta e uno scrittore dai toni sentenziosi, cioè molto lapidari, scriveva in forme estremamente sintetiche e compatte, che contenevano tutto un ragionamento, una riflessione. Questo modo lapidario, molto asciutto lo ritroviamo nella scrittura dell’Ortis. A questo punto se riflettiamo nel romanzo una dimensione quasi bivalente tra l’amore passionale del Werther e l’ideale politico dell’Alfieri, possiamo dire che il suicidio di Jacopo presenta due facce della stessa medaglia: l’una decadente, ovvero l’uomo di fronte alle sofferenze, agli ostacoli che la vita gli pone decide di non farcela e quindi di suicidarsi; l’altra faccia invece è quella eroica, che riprende il valore etico delle passioni, riprende da Catone il motivo eroico del suicidio come atto di ribellione, come conquista di libertà . Questa duplicità dei motivi sono anche il frutto dei tempi in cui l’opera fu ideata e composta.

CONTINUO POETICA CON RELATIVE FASI: (2) Quando si analizzano i Tre Sonetti maggiori (“Alla sera”, “A Zacinto” e “In morte del fratello Giovanni”) del secondo gruppo in particolare, appare chiara la nuova funzione consolatrice attribuita alla poesia: poesia consolatrice. La prima fase vista era la morte liberatrice; ora ci troviamo invece di fronte a una poesia che consola. Quando ci troviamo di fronte alla poesia “Alla sera ”, nella conclusione quando egli dice “E mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’ entro mi rugge”: praticamente lui ci sta dicendo che guardando la sera, grazie alla poesia egli riesce a trasferire le sue pene, quindi lui trasferisce nella poesia le sue pene, tutto il suo dissidio interiore; mentre prima, nell’Ortis, i suoi dissidi interiori trovavano la soluzione nella morte, adesso invece lui trasferisce (il famoso concetto del transfert

psicoloanalitico) nella scrittura, nella poesia, nell’arte tutte le sue tensioni e le sue angosce esistenziali, le sue sofferenze e ne trova giovamento allontanando da se quindi l’idea della morte. (3) Dopo i sonetti, ci troviamo di fronte a un terzo momento della poetica di Foscolo: alla morte liberatrice, alla poesia consolatrice dei sonetti, succede un concetto che è quello della bellezza serenatrice. Essa è una deduzione che ricaviamo dalle “Odi” perché nelle Odi quel dissidio un po’ tra il senso di una bellezza divina e immortale e la coscienza della miseria terrestre, della fugacità (la bellezza è fugace), se non proprio risolto, è quasi superato, come vediamo nelle sue due odi più celebri: l’ Ode a “Luigia Pallavicini” e l’Ode “Alla amica risanata”, ma è proprio l’ode “All’amica risanata” che celebra il mito della bellezza che rasserena. La bellezza quindi dell’amata, di Antonietta Fagnani Arese, diventa l’unica compagnia, l’unico ristoro, l’unico momento che fa sorridere l’uomo. Quindi la bellezza come momento che rasserena l’animo umano. Lo specchiarsi nella bellezza dell’amata placa un po’ quelle temperie che si animavano nell’interiorità del Foscolo. (4) Questa terza fase, questo concetto di bellezza serenatrice nelle odi anticipa il famoso concetto la famosa riflessione che il Foscolo matura sulla poesia eternatrice del “Sepolcri”. I Sepolcri nascono come causa occasionale, oltre ai colloqui con Ippolito Pindemonte, è l’Editto di Saint Cloud che fa scrivere a Foscolo quest’opera. Questo editto fu promulgato in Francia nel 1804 e poi fu esteso all’Italia il 5 settembre del 1806 e stabiliva che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali. Questo concetto della poesia consolatrice lo troviamo in particolar modo nella parte in cui il Foscolo dice le tombe nonostante la loro importanza (riferendosi a quelle di uomini illustri) sono soggette anch’esse all’usura del tempo, il tempo distrugge ogni cosa. E allora quando non ci saranno più le tombe a ricordare gli eroi, gli uomini illustri, dice di non preoccuparsi perché ci sarà la poesia, la poesia eternerà i luoghi in cui c’erano una volta le tombe degli eroi. Ecco quindi la poesia che si erge su tutto: ogni cosa è soggetta all’usura del tempo ovvero la bellezza, l’amore, ogni cosa umana e l’unica cosa che sopravvive a tutto è la poesia.

-PRIMA LETTERA DELL’ORTIS: “Il sacrificio della patria nostra è consumato - Testo: Da’ colli Euganei, 11 ottobre 1797.

Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so; ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chi

m’opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo: quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi Italiani ci laviamo le mani nel sangue degl’Italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de’ miei padri.

13 ottobre.

-

Commento: Questa lettera di apertura del romanzo è indirizzata a Lorenzo Alderani ed è stata scritta l'11 ottobre 1797. Jacopo fa riferimento al sacrificio della patria, ormai "consumato". Egli così fa intendere di aver perso ogni speranza per la patria e per se stesso. Questo avvio presenta una situazione che è già bloccata, non ci sono vie di scampo. Lui inizia dicendo: “Il sacrificio della patria nostra è consumato” e subito dopo “Tutto è perduto”, quindi al protagonista non rimane che aspettare o la prigione oppure la morte. Quindi noi abbiamo la sensazione di essere realmente di fronte alle ultime lettere di Jacopo perchè questo inizio non lascia molto spazio all’ottimismo, è come se fosse già tutto concluso; e quindi come diceva Francesco De Sanctis: è come se noi ci trovassimo direttamente alla fine di una tragedia dove l’epilogo non potrebbe essere altro che la morte. Eppure qui siamo non alla fine ma all’inizio del romanzo e noi sappiamo che Jacopo rimanderà a lungo il suicidio, e lui lo farà perchè l’aggancio con la vita sarà ben tenuto in piedi grazie alle famose illusioni: l’amor di patria, l’amore per la bellezza, l’amore della virtù e l’eroismo. Proprio nel finale della lettera troviamo anche l’illusione che l’eroe sarà compianto dai pochi uomini buoni, cioè l’illusione della sopravvivenza dopo la morte, del ricordo, quindi l’importanza del ricordo e di mantenersi in vita attraverso il ricordo. Qui siamo all’inizio della produzione foscoliana e il tema della morte è un tema che lo accompagnerà in tutto il suo percorso poetico che si concluderà con i sepolcri. E poi dopo l’incontro con Teresa si

rivelerà a Jacopo l’altra fondamentale illusione dell’amore. Quindi abbiamo due elementi chiave dell’Ortis: abbiamo la disillusione dell’amore che si svilupperà nel racconto, nel corso dell’opera e poi quella politica. La delusione d’amore consiste nel fatto che il giovane Jacopo si innamora di Teresa che pero è promessa sposa a un tal Odoardo, suo padre aveva imposto questo matrimonio e lei aveva accettato. Man mano che poi passerà il tempo lui avrà questo sentimento sempre più vivo, da Teresa otterrà solo un bacio e poi nel momento in cui Teresa sposerà Odoardo, allora il dolore crescerà tantissimo cosicchè ci troviamo in questa visione divisa tra la sofferenza amorosa e la sofferenza per la delusi...


Similar Free PDFs