Ultimo canto di Saffo PDF

Title Ultimo canto di Saffo
Author Chiara Badiali
Course Letteratura italiana e letterature europee
Institution Sapienza - Università di Roma
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L’ultimo canto di Saffo - Canti; Leopardi. Si tratta di una canzone con quattro stanze di diciotto versi ciascuna, che non presenta alcuna rima eccezion fatta per il diciassettesimo che rima con il diciottesimo. La prima stanza prevede un’eccezione per la prima stanza, che presenta la ripetizione della rima F. È un’opera di sette giorni, scritta nel Maggio del 1822: successivo al Bruto minore, fa parte della stagione del 1822 (eccezion fatta per Alla sua donna, del 1823). Gli autografi del testo sono An, B24, F31, N35, N35C. Il manoscritto napoletano riporta le datazioni effettive, sul margine sinistro una serie di annotazioni. " La parte conclusiva della prima stanza della canzone è pesantemente corretta già in prima stesura." È un canto che si collega alla poetessa greca - pregevole per Leopardi - possibile elemento di rivisitazione autobiografica: la poetessa era infatti famosa per un aspetto disadorno del suo corpo, abbinato a una straordinaria sensibilità d’animo. Gli elementi d’interesse sono, sicuramente:" -l’alternarsi di registri poetici differenti, si alterna una poetica del pellegrino (che Leopardi riprende certamente da Orazio) con un registro del vago e dell’indefinito già sperimentato negli idilli del 1819: su questa alternanza ci sarà da riflettere, per distinguere la struttura interna delle stanze." Le fonti letterarie sono la quindicesima delle Heroides ovidiane (soltanto sullo sfondo della canzone leopardiana), mentre sembrano più prossimi un testo narrativo di Verri, Avventure di Saffo (il testo di Verri è comunque meno carico di implicazioni) e poi un testo di Madame de Stael (Corinne- dernier chant, presenta molti punti di contatto sebbene Corinne fosse una donna di bell’aspetto). È molto importante recuperare un testo che deriva dalla presentazione alle Annotazioni, ristampate nel Nuovo Ricoglitore nel settembre del 1825: per la parte che riguarda l’Ultimo canto di Saffo, Leopardi scrive qualcosa in merito. Leopardi chiarisce qual è il concreto oggetto della canzone: un bell’animo racchiuso in un corpo disadorno, ma tace in merito alla tematica portante (il dialogo sincopato che Saffo intrattiene con la natura). La cosa diviene più chiara riprendendo una pagina dello Zibaldone, scritta nel marzo del 1821: non vi è, qui, un gioco autobiografico, ma c’è la struttura di partenza del canto in analisi. Si crea un meccanismo di mancata corrispondenza fra chi avrebbe la delicatezza di sentimenti per nutrire la passione, ma è scompagnata dalle dilettose sembianze (come Leopardi dirà all’interno della canzone stessa). " Prima stanza: L’attacco punta su uno scenario notturno e una notte serena, su un raggio timido e velato della luna che sta al tramonto. Un punto terminale della notte, in cui la notte sta per cedere alle prime luci dell’alba: nel passaggio si colloca il canto di Saffo. È un’ora tradizionale per l’ora del suicidio: aldilà dello scenario fosco, ci sono moltissime tonalità idilliche derivante dal prossimo arrivo della luce del giorno. Lo scenario è declinato in una chiave positiva. Sin dall’inizio del testo, Saffo prende la parola per creare la sua confessione: tuttavia fra 4 e 6 c’è una cesura. Al verso 8 si avvia la seconda parte della stanza, basata sull’accumulazione e la paratassi: il noi è il soggetto responsabile di quegli affetti disperati, ravvivavo da un gaudio inconsueto quando la natura si volge al brutto, negli scenari di tempesta, quando infuria il vento, quando il carro di Giove semina sulla testa degli uomini dei fulmini e poi, con elemento analogico e paratattico, torna il noi. Dunque lo scenario sereno dell’ultimo punto della notte si rovescia in una parentesi di tempesta nella seconda parte della stanza, che comporta un passaggio di tonalità in cui i disperati affetti richiedono una natura in tempesta, perché è solo allora che sono ravvivati dall’affetto. Pur essendo unitaria, la stanza si divide a metà (e anche l’intero componimento, come vedremo, lo farà). È necessario prestare attenzione all’annotazione che lostesso Leopardi aggiunge a quel “spettacol molle”: sta argomentando un sintagma apparentemente inconsueto con una particolarità derivante al tatto. È espressa perfettamente quella che Leopardi chiama la “teoria degli ardivi”, di cui Orazio è massimo esponente: questo dona alla canzone sensibilità moderna, affettuosa, che contrasta con l’ambientazione antica del personaggio. " Seconda stanza: Apertura che celebra la bellezza del manto: prima Saffo si rivolge al cielo, sede delle divinità, e poi alla terra fertile. La stanza è argomentata sull’esclusione di Saffo, arriva, immediata, l’indicazione dell’esclusione stessa: l’infinita beltà richiama gli Idilli. Appare la natura, alla quale Saffo si

presenta come ospite sgradita e di infimo grado, amante spregiata. Gli occhi e il cuore si tendono, inutilmente, verso le bellissime forme della natura: è possibile una memoria del sonetto foscoliano, In morte del fratello Giovanni (che tornerà anche più avanti). La stanza, giocata sull’esclusione, sembra essere bipartita: dal verso 27 in avanti abbiamo un nuovo elemento analogico con cui Saffo precisa la sua esclusione. L’elemento di negazione e sottrazione conosce nella seconda stanza una prima parte di spiegazione con riferimento ai numi e all’empia sorte, il rapporto di Saffo come spregevole alla Natura e poi una serie di scenari idillici che tuttavia si negano alla partecipazione dell’animo della poetessa. È assai profondo il lavorio che caratterizza la stesura del componimento per ciò che riguarda la terza stanza, è sicuramente una stanza difficile da definire. È molto ampio il dossier di documentazioni e varianti alternative che Leopardi usa per legittimare le sue scelte." Terza stanza: Saffo qui si chiede la ragione dell’esclusione che riceve: è, con ogni probabilità. La stanza più raziocinante e, proprio per questo, più risentita: la stanza conosce una cesura al verso 44. Ricorrono una serie di interrogative retoriche che più lentamente hanno preso piede nella composizione leopardiana. C’è una costruzione della frase con enclisi. Saffo si chiede quale possa essere il suo peccato: nell’immagine della Parca si innalza il dettato stilistico della stanza, basata sulle interrogative retoriche. La seconda parte della stanza pronuncia delle risposte che sono piuttosto delle diagnosi che scartano rispetto alle domande stesse. In effetti Saffo, distanziandosi dalla propria sofferenza, dice che gli eventi del destino sono programmati da un qualcosa di misterioso (l’unica cosa certa è il dolore). La questione fondamentale è l’aprirsi di Saffo a una coralità: ai negletti o, in alternativa, alla totalità degli uomini. Il dolore, condizione sicura, può toccare tutta la condizione dell’uomo. Appena emergenti le speranze dell’età antica, poi compare quel riferimento al padre (una variante faceva riferimento a un padre, per Blasucci individuabile in Giove): la protesta al padre incide sulla struttura interna della stanza stessa. In questo modo, la terza stanza arriva a un’esclusione che non ha ragione e che rimane nascosta in seno alle ragioni divine: i motivi di infelicità di Saffo (dei negletti, degli uomini) rimangono comunque ignoti." Quarta stanza: Tutto questo approda nella quarta e ultima stanza: motivazione del suicidio. Blasucci afferma che il discorso, che vantava precedentemente alti punti di retorica, si plachi. La canzone va a spegnersi sulla motivazione del suicidio, dichiarato sin dal primo verso della stanza. L’approdo alla decisione di darsi alla morte è dichiarata nel “morremo”: il corpo, velo indegno, sarà finalmente disposto a terra. Il crudele errore del cieco dispensatore dei destini umani, il fato, verrà ora corretto: ricorre la memoria di Faone, amante di Saffo, ma ancor più la Natura e la sua negazione. Ci si augura la felicità per Faone, se la felicità per gli uomini è possibile: c’è un’estensione, quindi, il discorso non è giù solo per i disadorni. Ricorrono le illusioni, gli inganni, dell’età prima. A cosa si riferisce il “primo”? È applicabile sia a s’invola, sia a “età”: Blasucci sottolinea che potrebbe essere applicato a entrambi. Subentrano la morte, la vecchiaia, la malattia: tornano le sperate palme, gli errori dilettosi della giovinezza. Tutto ciò che avanza è il regno dei morti (ancora una volta ricorre l’influenza del componimento In morte del fratello Giovanni). Il prode ingegno è opposizione antitetica rispetto al velo indegno presentato nel primo verso dell’ultima stanza: il corpo rappresenta qualcosa di indegno, l’ingegno rimane nobile, coraggioso e consacrato a Proserpina. Nell’atra notte c’è un’opposizione puntuale, una chiusura circolare rispetto alla placida notte con la quale si apriva il testo: i due regni spettano alla poetessa dopo il suo suicidio. Blasucci dice che il canto si apre e chiude con uno scenario pacato, ma la morte è diventata carico di lutto. " Valutazioni conclusive:" Il suicidio crea un confronto con Bruto: il suicidio di quest’ultimo si colloca in una precisa stagione, in quella che Leopardi sosteneva fosse la fine della stagione antica, il crollo della repubblica romana (e le virtù in decadenza, allo stesso modo). Il personaggio di Saffo si colloca,

invece, in un non-luogo svuotato del profilo storico: ella è così antica per l’origine, moderna per la sensibilità che la anima. Blasucci dice che Bruto è dipendentemente dalla poetica di Lucano, mentre la sensibilità di Saffo sembra più prossima a Virgilio, quarto libro dell’Eneide (Didone). I modelli letterari sono sicuramente presenti: ricorre Ovidio, Madame de Stael (esplicitazione richiamata nelle presentazioni alle Annotazioni del 1825), ma anche Foscolo e (forse) Ossio." Il ruolo e l’importanza del suicidio è argomento fondamentale: se per Bruto rappresenta un elemento di opposizione titanica al fato, in Saffo il suicidio ha tonalità pacata e rassegnata (questo deriva, forse dalla diversa voce: per Saffo universale, perché la sua sofferenza da un punto in avanti si proietta sulla comunità, per Bruto individuale. Con Saffo, pubblicata in ottava posizione in B24 ma spostata in nona posizione in F31 e in N35, si chiude di fatto il primo ciclo delle canzone, salvo poi la chiusura definitiva data da Alla sua donna....


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