Un Lotto riscoperto, Bergamo Accademia Carrara PDF

Title Un Lotto riscoperto, Bergamo Accademia Carrara
Course Storia dell’arte moderna
Institution Università degli Studi di Macerata
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Un Lotto riscoperto, Bergamo Accademia Carrara...


Description

un lotto

riscopert

Direzione della produzione e redazione Marco Jellinek Direzione artistica e impaginazione Paola Gallerani Segreteria di redazione Serena Solla Crediti fotografici Archivio fotografico Accademia Carrara Studio fotografico Da Re, Bergamo Fotolito Brivio maurizio, Cernusco sul Naviglio (Milano) Stampa e legatura Ancora arti grafiche, Milano

Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’editore © Officina Libraria, Milano, 2016 isbn 978-88-99765-35-4

riscopert

un lotto

Un Lotto riscoperto

Una produzione Fondazione Accademia Carrara (logo?) Consiglio di amministrazione Giorgio Gori, Presidente Miro Radici, Vicepresidente Corrado Benigni Marco Fumagalli Angelo Piazzoli Willi Zavaritt Direttore Emanuela Daffra

Bergamo, Accademia Carrara 3 dicembre 2016 – 26 febbraio 2017

Conservatori Paolo Plebani Giovanni Valagussa Coordinamento prestiti Marina Geneletti Segreteria e amministrazione Giacomo Terzi, responsabile Giulia Barcella Laura Luzzana Alessandra Tadini Area marketing, comunicazione e sviluppo museale Gianpietro Bonaldi, responsabile Marta Beltrame Gimmy Schiavi

Mostra e catalogo a cura di Emanuela Daffra Paolo Plebani Testi di Emanuela Daffra Michele Di Monte Andrea Franci Stefano L’Occaso Paolo Plebani Giovanni Valagussa Progetto allestimento N!03 [ennezerotre] Design e comunicazione Nino Busani Alessandro Simoni Ufficio stampa Adicorbetta, Milano Restauri Gritti Restauri

Prestiti Chiesa di Santa Maria Assunta, Celana, Bergamo Collezione privata, Milano Collezione privata, Venezia Luogo Pio Colleoni, Bergamo Museo Thyssen-Bornemisza, Madrid Palazzo Barberini, Roma Pinacoteca di Brera, Milano Ringraziamenti Nathaniel Silver Francesca Buonincontri James Bradburne Giovanna Brambilla Andrea Carini Giovanni Curatola Emanuela Daffra Ilaria Della Monica Marina Gargiulo Gabriele Medolago Giovanni Pagliarulo Francesca Pasut Mauro Zanchi Xxx

Assicurazioni Aon Benfield Trasporto e allestimento opere Artcare

Area servizi educativi Silvia Mascheroni, responsabile Lucia Cecio Anna Maria Spreafico

La mostra è parte del progetto espositivo

Coordinamento tecnico Simone Longaretti

LORENZO LOTTO Attraverso Bergamo Realizzato in collaborazione con Comune di Bergamo (logo) Diocesi di Bergamo (logo) Accademia Carrara Un Lotto riscoperto Fondazione Adriano Bernareggi LLT - Lorenzo Lotto Tour Chiesa di San Bartolomeo Chiesa di San Bernardino Chiesa di San Michele al Pozzo Bianco Chiesa di Santo Spirito Fondazione MIA Basilica Santa Maria Maggiore

Ultima riga in basso i loghi di: Partner Fondazione Accademia Carrra (con socio promotore, soci fondatori, soci cofondatori) Comune di Bg Sponsor? Media Partner Corriere della Sera L’eco di Bg Sponsor tecnico? Fidelitas

Luogo pio colleoni?? Volontari e rondaservice nei ringraziamenti?

Un anno dopo «Io sono il Sarto» l’Accademia Carrara punta ancora l’attenzione su uno di quegli artisti che oggi si definiscono identitari per un museo. Quel Lorenzo Lotto irrequieto, visionario, modernissimo di cui la nostra pinacoteca conserva una delle maggiori raccolte al mondo. E proprio perché irrequieto e visionario, infallibile fotografo delle più sottili sfumature psicologiche, molto amato e studiato nel Novecento. Nonostante una simile ricchezza di studi posso qui scrivere con orgoglio che l’esposizione raccontata in questo volume è «ad alto tasso di novità». Il nucleo permanente dei dipinti lotteschi infatti si mette a confronto con opere poco note o del tutto inedite, che le completano e invitano a guardarle con occhi nuovi. Siamo presi per mano e portati a scoprire immagini che hanno la cadenza e la capacità narrativa di un film d’animazione, nelle quali ogni dettaglio ha un peso. E alla fine siamo ancora presi per mano ed accompagnati fuori dal museo a incontrare la pala da cui provengono le storie dei Santi Stefano e Domenico, i dipinti che Lotto poneva sugli altari negli stessi anni in cui dipingeva per le stanze dei suoi ricchi committenti, il coro in Santa Maria Maggiore che tanti affanni gli diede e che mai vide concluso. Insomma, il museo come produttore di novità. Ma anche come chiave, per scoprire un territorio che ha moltissimo da offrire. Oppure come il mozzo di una ruota da cui i raggi si espandono in tutte le direzioni. È questa l’idea che Fondazione Accademia Carrara con il suo Consiglio d’amministrazione sta perseguendo e che sta divenendo la cifra stilistica della sua azione Giorgio Gori Presidente Fondazione Accademia Carrara

Sommario

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Attorno a un Lotto riscoperto Emanuela Daffra

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Il cielo di Lorenzo Lotto Matteo Ceriana

29

Lorenzo Lotto e i cori della basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo Andrea Franci

47

Lorenzo Lotto disegnatore: qualche appunto e un inedito Stefano L’Occaso

55

Lotto in Accademia Carrara Note sulla “fortuna” dell’artista Paolo Plebani

97

La creazione del colore. Materiali cromatici delle tarsie lottesche Gianluca Poldi

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Catalogo

108

Bibliografia

Sulla soglia

Decontestualizzare un oggetto, renderlo incongruente con l’ambiente che lo circonda, può avere opposti esiti. Può farlo scomparire ad ogni sguardo critico oppure caricarlo di magnetismo, sempre per la sua incongruenza. Sulla tarsia raffigurante la Creazione (cat. 9) che qui si presenta hanno giocato, in tempi diversi, entrambi questi effetti. Incorniciata probabilmente a metà Novecento con un listello dorato, ridotta a peregrino ornamento di una delle sale Emanuela Daffra minori al primo piano del Luogo Pio Colleoni, non è mai entrata veramente negli studi relativi al coro,1 fino a quando – come racconta Matteo Ceriana nel suo saggio – non ha suscitato curiosità per la sua presenza in un luogo a prima vista dominato dalla sola figura di Bartolomeo Colleoni. In quell’occasione ci fu mostrata come copia di Giacomo Caniana (1750-1802) da Lotto, poiché riprende quasi alla lettera la tarsia di identico soggetto montata nel coro di Santa Maria Maggiore, nel primo scomparto in alto a sinistra nel banco dei Celebranti. È perciò un oggetto già visto ma mai guardato davvero, ed è in questo senso che si può parlare di riscoperta. Inserita nel catalogo di Lotto è una aggiunta di stupefacente qualità, e se è una acquisizione non destinata a rivoluzionare il profilo di un artista assai studiato in anni recenti, è capace però di suggerire altre piste di ricerca e di coagulare attorno a sé alcuni aspetti che hanno caratterizzato le opere di Lotto negli anni estremi del soggiorno bergamasco, gli stessi in cui si avviava la realizzazione del coro intarsiato.

Attorno a un Lotto riscoperto

Per questo è posta al centro di una esposizione che su questi anni – 1523/1527 – si concentra e si inserisce come approfondimento all’interno della sequenza offerta dallo straordinario nucleo lottesco della Carrara, il quale attraverso autentici capolavori riassume un poco brutalmente trent’anni dell’artista veneziano: dalla nitidezza nordica del ritratto di giovane ad apertura di secolo (cat. 1) alla Sacra Famiglia con Santa Caterina d’Alessandria del 1533 (cat. 11 ), dove l’intensità delle espressioni incastonate in una composizione scalena è resa più mobile dalle luci filtrate dalla galleria arborea che incornicia il gruppo. In apertura di percorso per rendere percepibile con immediatezza i cambiamenti maturati durante i dodici anni trascorsi a Bergamo ci accoglie un ritratto che li precede (cat. 2 ). Non abbiamo elementi per affermare con certezza che quel volto dallo sguardo insieme scrutatore e sfuggente perché immerso in parte nell’ombra sia quello dello stesso pittore, come suggeriva Federico Zeri, ma il volto accampato sicuro nello spazio contro lo sfondo uniforme, un tempo più cupo per le finiture in resinato di rame ora perdute, il girare dell’ombra, il piglio con cui si volta verso lo spettatore, i lustri, che pur nell’assottigliamento complessiva restano a testimonianza dell’originaria ricchezza cromatica non sono distanti, per esempio, da volti della Deposizione di Jesi2 e testimoniano la sua pittura prima del fatidico 1513, quando arrivò in città per partecipare alla gara per la realizzazione della pala Martinengo, che in mostra è evocata dalle predelle (cat. 4) . 11

Lotto/Capoferri o «copia da»?

Questo è il primo quesito al quale si deve rispondere davanti alla tarsia. Proviamo a farlo dando il via ad una specie di «trova le differenze» di enigmistica memoria in occasione del quale per semplicità chiamerò «esemplare A» la tarsia in basilica e «esemplare B» quella del Luogo Pio. Le due opere si differenziano al primo sguardo per le proporzioni. Quasi quadrata quella montata in chiesa (cm 43,5 x 45,5) più marcatamente rettangolare (cm 40 x 54,3) l’altra (figg. 1 e 2 ). Questo dettaglio esterno giustifica poi in parte le altre differenze della composizione. Infatti i singoli elementi figurativi che compaiono nei due intarsi sono pressoché identici e sovrapponibili,3 ma differiscono talvolta nell’inclinazione (la figura di Dio Padre), nelle reciproche relazioni e nel numero. A causa della diminuita larghezza, per esempio, l’orso che nell’esemplare B si bloccava incuriosito all’estrema destra viene portato accanto ad Adamo, prendendo così il posto del leone che è spostato più in basso ed accostato ad una cerva. Questo animale non costituisce l’unica aggiunta che individuiamo in A, perché accanto all’angolo sinistro, sotto il cervo, corre una piccola volpe. Se dovessimo pensare ad una dipendenza di B da A è curioso che il copista, pur avendo spazio a disposizione, non si sia attenuto alla versione originale e che addirittura ne abbia eliminato delle parti. Le quattro coppie di animali secondo Francesca Cortesi Bosco sono coppie antagoniste.4 Rappresentano al loro interno la lotta tra il bene e il male, ribadita anche dalla cromia dei legni, chiara nel primo caso, scura nel secondo. Un simile intento simbolico nel pannello ritrovato non pare esserci. In compenso esso vive di una invenzione toccante, completamente distrutta dalla diversa dislocazione delle figure in A, e cioè

l’immobilizzarsi rapito, muso all’aria, di animali miti o feroci che fossero, davanti al primo uomo che prende vita. Ma continuiamo con le differenze: in B sono meno numerosi e morfologicamente più precisi gli arbusti tenuemente coloriti di verde che fanno di quell’incastro di legni diversi una terra che si sta svegliando fig. 4), viceversa sono di più i cherubini e i serafini che popolano il cielo cristallino, tredici e non dodici, perfettamente scompartiti in due schiere da un angelo frontale.5 Se ci si sofferma su aspetti esecutivi, particolari che nel pannello A per economica speditezza sono soltanto disegnati o dipinti nell’altro sono realizzati a intaglio, come mostra (fig. 3 ) quel capolavoro di virtuosistica pazienza che è la testa di Dio Padre circondato da sottili raggi in bosso tra i quali fanno capolino le infinitesimali tessere di radica del fondo. Oppure, al contrario, mentre nella versione A le testine angeliche nel penultimo giro del cielo sono intarsiate, nella versione B sono incise. Questi elementi indicano che nelle due opere il lavoro dell’intarsiatore e quello dell’incaricato della profilatura, cioè della ripresa di tutti gli elementi lineari della figurazione, hanno avuto pesi differenti. Quello però che separa profondamente i due pezzi, pur nati da un medesimo cartone come dimostra la congruenza mensurale delle singole figure, è la suprema qualità della profilatura nella tarsia che abbiamo chiamato B.6 Ogni singolo dettaglio, dalle unghie del Dio padre che si carezza la barba compiaciuto alle squame del meraviglioso drago è ribadito da una incisione sicurissima (fig. 4). Sono segni di varia profondità e direzione. Si va dai leggeri tratti che alludono alla presenza di alberi dentro quella sorta di cornucopia della vita su cui levita Dio Padre alle incisioni che restituiscono il vello degli animali, dalle linee nette di diverse

1. Lorenzo Lotto, Giovan Francesco Capoferri, La Creazione, Bergamo, Santa Maria Maggiore. 2. Lorenzo Lotto, Giovan Francesco Capoferri, La Creazione, Bergamo, Luogo Pio Colleoni. 12

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direzioni e varia lunghezza, talvolta riempite da uno stucco bruno o, come nel caso delle stelle con un impasto di biacca e giallo di piombo (fig. 4 a p. XX), che segnano i panneggi alle incisioni parallele, larghe e profonde, che hanno il compito di evocare le ombre nel manto di Dio. Questo, realizzato in un legno dalla grana molto fine, forse palissandro come ipotizza Luciano Gritti, al quale si deve il restauro effettuato in questa occasione, alterna così superfici lucidissime a simulare i chiari ad altre incise fittamente, dove la luce si impiglia e si alterna all’ombra naturale che noi percepiamo come scuri. Con un effetto che sarebbe stato esaltato dall’applicazione della vernice ricordata dai documenti,7 lucidissima. Il nudo di Adamo colto nello sforzo di sollevarsi verso il cielo è inseguito in ogni minima piega, dalle gambe rigide agli addominali in tensione elastica fino allo scorcio del volto di profilo, svolto con straordinaria sicurezza. La risposta alla domanda posta in apertura di paragrafo allora è «Lotto/Capoferri», senz’altro, in uno dei loro vertici inventivi e tecnici. E si dice Lotto/Capoferri e non viceversa perché al pittore in questo caso deve riconoscersi non solo la paternità dell’invenzione e della realizzazione del cartone ma la preponderanza nella fase di finitura e di profilatura, di qualità fuori dal comune. Se è così, però, ci si para davanti un altro quesito: quale è il rapporto tra questa tarsia «nuova» e l’altra, quella che da quasi cinque secoli è in Santa Maria Maggiore?

Per convincere i committenti Il cartone preparatorio della Creazione non compare tra quelli per i quali Lotto richiede la restituzione, puntualmente elencati in una lettera del 25 gennaio 1531 indirizzata ai responsabili della MIA e successivamente elencati negli inventari.8 Francesca Cortesi Bosco ha perciò individuato l’opera, che sappiamo montata nel 1530, nella tarsia di soggetto non precisato realizzata da Capoferri e pagata al pittore per il cartone e per la profilatura il 18 maggio 1523.9 Si tratta di un momento delicato nella storia dell’insieme. È dell’anno prima l’incarico a Capoferri, che avrebbe dovuto lavorare sulla base di disegni di vari pittori,10 tanto che nelle prime settimane di giugno 1523 , stando al Liber Fabrice Chori che riporta incarichi e pagamenti per la realizzazione del coro, sono coinvolti nella produzione dei cartoni e nella profilatura delle tavole intarsiate anche Andrea Previtali e Francesco Rosso da Pavia. Nell’ottobre di quell’anno però cartoni e profilature sono affidate a Nicolino Cabrini e solo la morte improvvisa di quest’ultimo permetterà alla coppia Lotto/Capoferri di accaparrarsi l’intero lavoro. Il 12 marzo 1524 Lotto verrà ufficialmente incaricato di «fare tuti queli quadri, così grandi como pizoli, depinti e coloriti, quali restano a fare ala fabrica del choro…». Qui si propone di identificare il pezzo direttamente profilato da Lotto al quale si riferisce la nota di pagamento del 18 maggio 1523 con quello conservato al Luogo Pio Colleoni, che ha tutte le caratteristiche del pezzo di prova, realizzato e rifinito con cura e virtuosismo straordinari. Mentre questi erano importanti per convincere i committenti meno significative erano le misure, magari non ancora stabilite, visto che Zenale sarà consultato per definire il modulum chori soltanto nell’estate di quel 1523. 3-4. Lorenzo Lotto, Giovan Francesco Capoferri, La Creazione, Bergamo, Luogo Pio Colleoni, particolare con la testa di Dio Padre e particolare con il drago durante il restauro. 14

All’interno di questo ragionamento è utile un confronto con l’Annunciazione (fig. 5), pezzo dove per certo è all’opera la premiata ditta Lotto/Capoferri, realizzato come saggio 15

nel 1522, ancora prima che l’incarico di realizzare il coro andasse al giovane protetto del pittore, che sbaragliò professionisti ben più titolati come fra Damiano Zambelli.11 Anch’essa differisce dalle proporzioni standard dell’insieme delle tarsie, anch’essa ha un profilo in rovere affogato e non in legno tinto di nero, in entrambe non compaiono le ombreggiature realizzate con sabbia rovente ed il partito chiaroscurale è ottenuto attraverso una finitura grafica ricca e variata. In essa non sempre la qualità si mantiene al medesimo, altissimo livello manifestato nella «Creazione B», ma la logica costruttiva è la medesima e spesso i modi di realiz-

5. Lorenzo Lotto, Giovan Francesco Capoferri, Annunciazione, Bergamo, Santa Maria Maggiore.

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zazione sono sovrapponibili. Osserviamo per esempio la Vergine inginocchiata (fig. 6 ), sorella di quella che compare nella Adorazione del Bambino alla National Gallery di Washington (Samuel H. Kress Collection). In essa parti molto felici come il manto ampio e spiegazzato che la avvolge si alternano a brani incerti, come le mani, ma la resa dei tratti del volto, gli occhi in particolare, si ritrova identica nel viso del Creatore. Per capire come la Creazione possa essere finita sulle pareti del Luogo Pio Colleoni ci si deve affidare a congetture. L’archivio dell’Istituto per l’età più antica conserva soltanto

6. Lorenzo Lotto, Giovan Francesco Capoferri, Annunciazione, Bergamo, Santa Maria Maggiore, particolare con la Vergine. 17

i volumi delle Terminazioni. In esse, che registrano le decisioni degli amministratori, come era lecito aspettarsi non si trovano tracce della lieve presenza della tarsia.12 Ma emergono comunque elementi che tratteggiano possibili legami. Il notaio Giacomo San Pellegrino, il corrispondente di Lotto, ha rapporti con entrambi gli enti benefici ma, soprattutto, al Luogo Pio Colleoni tra il 1520 ed il 1525 compare in qualità di amministratore Dondario Colleoni, che non solo ebbe varie volte la cura della Cappella Colleoni, ma risulta presidente del consorzio della Misericordia nel 1522 e nel 1523. Tra l’altro è tra i firmatari dei patti13 che obbligano Giovan Francesco Capoferri alla realizzazione del coro. Non è documentato ma è plausibile pensare che la prova, bellissima ma impossibile da mettere in sequenza per la differenza delle misure, fosse restata nelle mani di uno dei committenti, che possiamo immaginare più degli altri attento e vorace.

Racconti di luci ombre dettagli Nella tarsia ritrovata, realizzata nelle primissime fasi di un monumento senza seguito vero nella storia dell’intarsio,14 di quello che Francesco Arcangeli definiva «l’ultima […] grande impresa della della tarsia italiana», cogliamo un irripetibile e irripetuto momento di equilibrio tra i due artefici coinvolti che segna, per impulso di Lotto, una riflessione sul linguaggio formale di questa tecnica. Dico di Lotto perché, senza nulla togliere alle straordinarie capacità fabbrili di Capoferri, penso sia del veneziano l’intenzione (presto tramontata) di ridefinire gli strumenti espressivi della tarsia da una parte facendo propri i modi della xilografia così che l’elemento grafico acquisti una presenza anche tridimensionale nella restituzione del chiaroscuro e dall’altra (questa volta grazie al magistero dell’intarsiatore) sappia creare spazio e forme grazie ai contrasti luminosi dei legni che i tagli radiali facevano mobili e cangianti, quasi fossero velluti, al variare dell’incidenza della luce. Esemplare è il tronco dell’albero che chiude la composizione a destra, che si staglia dorato su fondo scuro o viceversa a seconda dell’angolo di visone con una instabilità di luci ed ombre che traduce quella dei dipinti (fig. 7). È una modalità non ancora matura nell’Annunciazione, dove prevale la rifinitura grafica e , pur cons...


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