04 concentrazione termica PDF

Title 04 concentrazione termica
Author Vincenzo Cantatore
Course Fisica Tecnica Per i Processi Alimentari 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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Summary

Materiale esaustivo al superamento con ottimi risultati dell'esame....


Description

PROCESSI CONTINUI DI EVAPORAZIONE Un evaporatore è un particolare scambiatore di calore, in cui il fluido di scambio è vapore prodotto in caldaia che cede al prodotto il proprio calore latente di condensazione; una prima classificazione di queste macchine si può effettuare in base alla superficie ed alle modalità di scambio termico. Il più semplice evaporatore è un recipiente aperto scaldato con vapore o a fiamma diretta. L’evaporazione avviene alla superficie, quando il liquido da evaporare è scaldato fino al punto di ebollizione corrispondente alla pressione ambiente che, a livello del mare, è di 100 °C (occorre però ricordare che ad un’altitudine di 5000 m sul livello de mare è di ca. 85 °C). Un processo di evaporazione così impostato avviene alla superficie, ovviamente limitata dal diametro del recipiente, e richiede molto tempo. Il prodotto viene sottoposto ad alte temperature, che provocano il deterioramento delle proteine, reazioni chimiche, come quella di Maillard, o anche coagulazioni. Pertanto, le prime applicazioni industriali della concentrazione per evaporazione venivano svolte in parziale grado di vuoto: impianti a “bolla” oppure a “circolazione forzata”. I concentratori a bolla sono del tipo discontinuo; in essi il prodotto viene portato ad ebollizione fino al raggiungimento del grado di concentrazione

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voluto e poi scaricato. Questa tipologia di macchine viene molto utilizzata nell’industria conserviera, ad esempio per la produzione di concentrato di pomodoro. Negli evaporatori a “circolazione forzata”, che nelle produzioni industriali medio-grandi hanno sostituito quelli a bolla, il prodotto fluisce in un numero determinato di tubi o piastre. Il vapore è inviato sulla parte esterna e i tubi o le piastre rimangono piene di prodotto, che si surriscalda rispetto alla temperatura di ebollizione; soltanto quando il prodotto abbandona i tubi avviene l’eliminazione dei vapori e una conseguente diminuzione della sua temperatura. Per la separazione del liquido dal vapore sono impiegati separatori di tipo centrifugo. Se il grado desiderato di concentrazione non viene raggiunto in un solo passaggio, si può prevedere il ricircolo del prodotto. Attualmente, nell’industria alimentare si tende ad impiegare processi continui di evaporazione: concentratori a tubi corti; concentratori a film discendente; concentratori orizzontali a pellicola; concentratori a serpentini rotanti; concentratori a piastre.

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EVAPORAZIONE A CORRENTE DISCENDENTE Negli ultimi 40 anni gli evaporatori a corrente discendente, o a film, hanno trovato applicazione in buona parte dei processi di concentrazione di alimenti. Questo tipo di evaporatore è preferibile dal punto di vista della qualità del prodotto poiché, a fronte di una maggiore superficie di scambio termico, riduce il tempo di permanenza del prodotto e migliora la capacità evaporativa. Il liquido da evaporare è distribuito in modo uniforme sulla superficie interna di un fascio tubiero e fluisce verso il basso formando un film sottile da cui avviene l’evaporazione per effetto del calore fornito dal vapore, che condensa e fluisce esternamene ai tubi. I tubi sono fissati a una piastra tubiera e il fascio tubero è montato in un recipiente cilindrico. Il vapore è introdotto nel mantello, per cui la “zona di riscaldamento” è lo spazio esistente tra i tubi. La zona interna ai tubi è definita normalmente “sezione di ebollizione”; la sezione di riscaldamento e quella di ebollizione sono definite normalmente “corpo di evaporazione” e tutto l’involucro prende il nome di calandria. Il liquido concentrato ed i vapori lasciano la calandia dalla parte inferiore dalla quale viene anche scaricata la maggior parte del concentrato. La parte rimanente entra nel separatore tangenzialmente insieme ai vapori. Il

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concentrato separato viene scaricato (normalmente mediante la stessa pompa tramite la quale viene scaricato il concentrato proveniente direttamente dalla calandria) ed il vapore abbandona il separatore dalla parte superiore. Il vapore riscaldante, che condensa sulla superficie esterna dei tubi, viene raccolto come condensa sul fondo della sezione di riscaldamento, dalla quale viene scaricato mediante una pompa. Per comprendere il bilancio termico e di massa su cui si basa il processo, è necessario definire alcune quantità specifiche. In un processo come quello innanzi descritto, da una data quantità di prodotto (A) parte dell’acqua evapora (B) lasciando il concentrato (C), per cui si può scrivere: A=B+C Il rapporto di evaporazione è un indice della capacità di evaporazione e può essere definito sia come il rapporto tra quantità di prodotto alimentato e di quello concentrato, sia come il rapporto tra la percentuale di solidi nel concentrato e la percentuale di solidi nel prodotto tal quale. e=

A C

C CONCENTRATO C ALIMENTAZIONE

Se le concentrazioni o il rapporto di evaporazione sono noti, è possibile calcolare le quantità A, B o C purché una di esse sia nota.

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Quantità nota Alimentazione A

Acqua evaporata B

Concentrato C

da ricavarsi

Formula

B

B=Ax

e 1 e

C

C=Ax

1 e

A

A=Bx

C

C=Bx

A B

A=Cxe B=Cx(e–1)

e e 1 1 e 1

Dove: A = alimentazione in kg/h; B = acqua evaporata in kg/h; C = concentrato in kg/h; e = rapporto di evaporazione .

Poiché molti prodotti alimentari con elevato contenuto proteico sono sensibili al calore, l’ebollizione a 100 °C comporta una denaturazione delle proteine, tanto che il prodotto finale potrebbe non essere utilizzabile per il consumo. Per evitare la denaturazione proteica, la sezione di ebollizione normalmente opera sottovuoto, ciò significa che l’evaporazione/ebollizione avviene a una temperatura più bassa di quella corrispondente alla normale pressione atmosferica. Il vuoto è creato da una pompa per vuoto prima dell’inizio dell’evaporazione ed è mantenuto condensando i vapori con acqua di raffreddamento. Una pompa per vuoto è normalmente usata per evacuare i gas incondensabili dal prodotto. A 100 °C l’entalpia dell’acqua è 539 kcal/kg e a 60 °C è 564 kcal/kg. Per un prodotto che deve essere riscaldato da circa 6° C fino al punto di ebollizione, occorrono circa 20 kcal/kg per mantenere un vuoto

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corrispondente al punto di ebollizione di 60 °C; considerando una perdita di calore di circa il 2%, i principali dati energetici sono: Temperatura di ebollizione (°C) Riscaldamento (kcal/kg) Evaporazione (kcal/kg) Vuoto (kcal/kg) Cons. energetico netto (kcal/kg) Perdita di calore (kcal/kg) Cons. energetico totale (kcal/kg)

100 94 539 633 15 648

60 54 564 20 638 15 653

Corrispondente ad un consumo di circa 1,1 kg di vapore per ogni kg di acqua evaporata; per semplicità, di seguito, si considererà l'impiego di 1 kg di vapore/kg di acqua evaporata. Punto di ebollizione dell’acqua (°C) 100 85 60 50 40

Vuoto (m colonna H2O) 0 4,5 7,2 8,3 9,1 9,6

Vuoto (mm Hg) 760 434 233 149 92 55

Livello del mare corrispondente (m) 0 50.200 10.000 14.000 18.000 22.000

Volume specifico del vapor d’acqua (m3/kg) 1,7 2,8 4,8 7,7 12,0 19,6

Poiché il vapore evaporato contiene quasi tutta l’energia fornita, è ovvio riutilizzarlo per evaporare ulteriore acqua, condensando il vapore stesso e ciò si ottiene aggiungendo una ulteriore calandria al concentratore. La nuova calandria (secondo effetto) funge anche come condensatore per i vapori provenienti dal primo effetto, utilizzando l'energia dei vapori condensanti. Per ottenere nel secondo effetto una differenza di temperatura fra prodotto e vapore proveniente dal primo effetto, la sezione di

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ebollizione del secondo effetto viene fatta funzionare con grado di vuoto più elevato, corrispondente ad una temperatura di ebollizione più bassa. Ovviamente, è possibile collegare al secondo effetto un terzo effetto riscaldato dai vapori del 2° e così via. Il massimo numero di stadi possibile dipende dal minimo grado di vuoto ottenibile, che è funzione della temperatura e della quantità di acqua necessaria per condensare il vapore dell’ultimo stadio. In via teorica, è possibile usare acqua gelida o un impianto frigorifero diretto. Tuttavia, normalmente, la temperatura di condensazione finale è limitata a 45 °C, poiché a temperature più basse si ha un incremento della viscosità del prodotto concentrato e della cristallizzazione di zuccheri semplici eventualmente presenti nel prodotto (lattosio), oltre a problemi di costo. In linea di massima, 1 kg di vapore può evaporare 2 kg di acqua in un evaporatore a doppio effetto, mentre, aggiungendo un 3° effetto, 1 kg di vapore è in grado di evaporare 3 kg di acqua. Ricompressione termica dei vapori Un

altro

sistema

per

risparmiare

energia

è

l’impiego

di

un

termocompressore, cioè un eiettore a vapore che è in grado di innalzare la temperatura e la pressione del vapore, ossia di comprimere il vapore da una pressione più bassa ad una più alta, utilizzando vapore a pressione più

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elevata di quella del vapore aspirato. I termocompressori operano con velocità del vapore molto elevata, non hanno parti in movimento, la loro costruzione è molto semplice, le dimensioni ridotte ed il costo basso. Nell’ugello del termocompressore la pressione del vapore motore prodotto in caldaia è trasformata in velocità. Il vapore motore trascina pertanto una parte del vapore dal separatore; nel diffusore la miscela del vapore motore e dei vapori aspirati viene riconvertita in pressione e viene utilizzata come vapore di riscaldamento per l’evaporazione stessa. La migliore efficienza del termocompressore, ossia la maggior quantità di vapore aspirato a parità di vapore motore, si ottiene quando la differenza di temperatura (o di pressione) tra la sezione di evaporazione e quella di riscaldamento è modesta. D’altra parte, i termocompresssori devono essere sempre adattati alle condizioni operative dell’impianto. Queste ultime possono variare durante l’esercizio dell’impianto, per esempio per effetto dei depositi o delle incrostazioni sui tubi di riscaldamento (fouling), che creano resistenze al corretto scambio termico. La conseguenza è una sensibile riduzione della capacità di evaporazione dovuta alla riduzione della portata di aspirazione. Negli evaporatori che devono fornire varie capacità evaporative sono impiegati

più

termocompressori,

con

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caratteristiche

diverse.

Un

termocompressore che è stato calcolato per un vapore motore ad alta pressione può aspirare una maggior quantità di vapore dal separatore di uno calcolato per vapore a bassa pressione. Per il termocompressore, si può considerare un’efficienza di 1:2 (il che significa che con 1 kg di vapore motore possono essere aspirati e ricompressi 2 kg di vapore evaporato) per quanto oggi si possano facilmente costruire termocompressori con efficienza di 1:3. Quindi, aggiungendo un termocompressore ad un impianto di evaporazione a due effetti, in linea di massima, si è in grado di evaporare 4 kg di acqua utilizzando 1 kg di vapore motore; in tal modo, il risparmio di vapore è pari all’aggiunta di due effetti di evaporazione. La superficie di evaporazione complessiva di un impianto dipende ovviamente dal ΔT totale disponibile e dal numero degli stadi. La sua riduzione può essere ottenuta incrementando il ΔT, ossia aumentando la temperatura di ebollizione del 1° stadio. Questo però comporta pericoli di sporcamento, a causa del possibile deposito delle proteine sui tubi, specialmente se il prodotto trattato ha un’elevata acidità. Si hanno anche fenomeni di cristallizzazione dei fosfati di calcio. Il coefficiente di scambio termico si riduce, in tal modo, sensibilmente e rapidamente, riducendo il periodo di funzionamento dell’impianto prima dei lavaggi.

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Per ottenere una marcia continua dell’impianto di 20 ore, non conviene superare la temperatura di 66-68 °C di ebollizione nel 1° stadio. Ovviamente, questa temperatura deve essere scelta in funzione del prodotto da concentrare e della qualità che si vuole ottenere: un baby food deve essere trattato diversamente da un siero zootecnico. La superficie del singolo effetto dell'evaporatore viene calcolata mediante la seguente formula:

S

Bxh kx t

dove: S = superficie di scambio termico (m2); B = portata di acqua evaporata dal prodotto (kg/h); h = entalpia di evaporazione (kcal/kg); K = coefficiente di scambio termico, kcal x m-2 x h-1 x °C-1; T = differenza di temperatura fra vapore condensante (mezzo scaldante) e prodotto in ebollizione (°C). Se ci basiamo su tubi di lunghezza e diametro prefissati, la formula precedentemente menzionata può essere utilizzata per calcolare il numero di tubi necessari.

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Il fattore più critico nel dimensionamento di un evaporatore è il coefficiente di scambio termico, che è funzione delle caratteristiche del prodotto e del livello di temperatura ed è influenzato da: -

temperatura di evaporazione;

-

calore specifico;

-

massa volumica;

- pressione di ebollizione; - innalzamento ebullioscopico; - conduttività termica; - viscosità; - tensione superficiale. Un altro fattore che influenza il dimensionamento dell’impianto è la sensibilità del prodotto alla temperatura. Inoltre, nel calcolo occorre tenere in considerazione l’innalzamento ebullioscopico della soluzione, che è funzione della concentrazione e, quindi, è influenzato dalla composizione del prodotto e dal contenuto in solidi. Alla concentrazione del 9% in solidi, come avviene ad esempio nel latte magro, l’innalzamento ebullioscopico è inferire ad 1 °C, mentre è di molti gradi alla concentrazione del 48-50% di ss. Quindi, è necessario un serio lavoro di laboratorio, per la determinazione di questo valore.

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Il ∆T complessivo disponibile (normalmente da 66 a 45 °C, quindi 21 °C) deve essere suddiviso tra ciascun effetto. Ciò significa, ad esempio, che in un evaporatore a 3 effetti il ∆T di ciascun effetto sarà relativamente elevato e, conseguentemente, si avranno superfici relativamente modeste e bassi costi di investimento; invece, un incremento del numero degli effetti, anche se porta ad una riduzione dei consumi di vapore, riduce notevolmente il ∆T di ciascuno stadio, richiedendo maggiori superfici di scambio termico ed elevati investimenti. Il termocompressore normalmente è inserito tra il 1° e il 2° effetto (compressione monotermica), tra il 1° e il 3° effetto (compressione bitermica) o tra il 1° e il 4° effetto (compressione tritermica). La scelta influenza notevolmente il risparmio energetico ed i costi di investimento. Un evaporatore a 7 effetti con compressione monotermica (TVR), ad esempio, è in grado di evaporare circa 9 kg di acqua, usando soltanto 1 kg di vapore. Con la compressione tritermica, installando il termocompressore fra il 1° e il 4° effetto, possiamo evaporare circa 13 kg di acqua usando solo il 1 kg di vapore. Un evaporatore con compressione tritermica potrà disporre di un ∆T di circa 3 °C per ciascun effetto (se ad esempio il termocompressore è in grado di incrementare la temperatura dei vapori di 9 °C), il che porta alla conseguenza di dover incrementare notevolmente la

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superficie dei primi tre stadi rispetto ai corrispondenti, con ricompressione monotermica. Ricompressione meccanica dei vapori Negli ultimi anni si è ricorsi in misura sempre maggiore alla ricompressione meccanica dei vapori (MVR) quale valida alternativa alla termocompressione. L’energia motrice dei compressori è normalmente elettrica; altri processi, che richiedono vapore a bassa pressione, utilizzano compressori mossi da turbine, a vapore, che funzionano pertanto come valvole riduttrici del vapore. La scelta dei vari sistemi è dettata dai vari costi energetici. Come indicazione di massima, la soluzione con ricompressione meccanica del vapore è conveniente se il costo del kWh è minore o uguale al costo per produrre 1,0 kg di vapore moltiplicato per 3. Il compressore meccanico dei vapori impiegato negli impianti di concentrazione degli alimenti, sostanzialmente, è un ventilatore ad alta pressione (più propriamente una soffiante) ed alto numero di giri (circa 3000 rpm) costruito per lavorare sottovuoto, con elevate portate e rapporti di compressione piuttosto ridotti. Infatti, alle basse temperature di ebollizione, il volume specifico dei vapori è molto elevato e condiziona la portata del compressore, il rapporto di compressione e le temperature di

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concentrazione che, in particolare, non possono essere troppo elevate. La conseguenza di ciò è la necessità di ricorrere ad elevate superfici di scambio, con conseguenti incrementi dei costi dell’impianto stesso e concentrazioni massime ottenibili non elevate. Quindi, l'evaporatore MVR è, per le sue caratteristiche, molto spesso utilizzato quando si desidera preconcentrare prodotti, per contenere le spese di trasporto; in questi casi il contenuto di solidi richiesto è dell'ordine dei 30-35% e l'elevazione della temperatura di ebollizione è limitata. Il ciclo di evoluzione del vapore in un concentratore MVR è il seguente: il vapore ottenuto dal prodotto viene aspirato nel compressore dal separatore ad un certo livello di pressione /temperatura e compresso fino a un valore di pressione/temperatura superiore a quello necessario per l’ebollizione nell’effetto che deve alimentare come fluido di scambio; quindi viene desurriscaldato, spruzzando acqua sulla tubazione di mandata del compressore fino alle condizioni di ebollizione richieste, e condensato sulla superficie di scambio della calandria, dalla quale viene scaricato come condensa. Simultaneamente, ha luogo l'evaporazione dell'acqua dal prodotto e la separazione nel separatore, con la ripresa del ciclo. Normalmente, un evaporatone MVR è combinato con un'unità TVR, se si intende raggiungere un contenuto di solidi idoneo per alimentare un

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impianto di essiccazione ad atomizzazione. Il consumo di vapore per kg di acqua evaporata è naturalmente inferiore di quanto non sia in un evaporatone multistadio, ma se l'unità MVR viene azionata da un motore elettrico, il consumo di energia elettrica è più elevato. Ogni situazione deve comunque essere studiata attentamente considerando i costi locali di vapore, elettricità ed acqua di raffreddamento. Occorre inoltre tenere presente che l’innalzamento ebullioscopico riduce il ∆T disponibile e pertanto negli impianti MVR si deve necessariamente limitare la concentrazione dei prodotti. Progettazione degli evaporatori industriali La richiesta crescente di grandi evaporatori a multiplo effetto che richiedono grandi superfici di scambio termico, onde ottenere consumi specifici i più ridotti possibile, può essere soddisfatta usando una grande quantità di tubi. Questo però porta alla conseguenza di disporre di una minor quantità di liquido per ciascun tubo e quindi la formazione di un film troppo sottile sulla parete stessa del tubo. Ad elevate concentrazioni si hanno incrementi di viscosità, difficoltà di scorrimento del film all’interno del tubo e pertanto rischio di depositi che possono anche ostruire completamente i tubi, rendendo necessaria la pulizia meccanica. La formazione di depositi bruciati genera concentrati

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contenenti piccoli blocchi gelatinosi, spesso anneriti, che si ritrovano nella polvere come "particelle bruciate" e non si ridisciolgono quando la polvere viene ricostituita. Si tiene conto del suddetto problema utilizzando il cosiddetto coefficiente di copertura definito come: kg/h di prodotto all'estremità inferiore dei tubi circonferenza dei tubi La tendenza è stata quella di costruire calandrie con tubi ...


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