11. leadership - Riassunto Fondamenti di organizzazione aziendale PDF

Title 11. leadership - Riassunto Fondamenti di organizzazione aziendale
Author Valentina Garuti
Course Fondamenti Di Organizzazione
Institution Università Commerciale Luigi Bocconi
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11. Leadership La leadership viene definita come: La capacità di influenzare un gruppo al raggiungimento degli obiettivi (Robert House) L’approccio dei trat Teorie del “Grande Uomo” Le prime teorie sulla leadership venivano dette “Teorie del Grande Uomo” e avevano come obiettivo l’identificazione delle caratteristiche e delle qualità innate possedute dai grandi leader politici, militari, sociali, quali Gandhi, Abramo Lincoln, Giovanna d’Arco. Queste teorie venivano sintetizzate nell’approccio dei tratti e si fondano sull’idea che i leader efficaci presentino delle caratteristiche di personalità diverse dagli altri. Tratti esaminati potevano essere: originalità, adattabilità, introversione/estroversione, predominio, sicurezza di sé, ottimismo… Inoltre potevano essere considerati anche gli attributi fisici (altezza, peso, costituzione, aspetto, età) e capacità come intelligenza, interazione sociale, eloquenza… Nel loro insieme tutti questi studi dimostrano che nessun tratto è in grado di spiegare le differenze tra un leader e un non leader. L’approccio dei tratti non è stato in grado di identificare quell’insieme di tratti universali e distintivi propri del leader. Intelligenza emotiva La teoria dell’intelligenza emotiva sostiene che i leader efficaci sono quelli che posseggono l’intelligenza emotiva: ovvero la capacità di riconoscere e gestire le proprie emozioni e quelle degli altri. L’intelligenza emotiva è composta da cinque competenze:  Autoconsapevolezza: abilità di riconoscere i propri stati d’animo, emozioni e impulsi, e il loro effetto sugli altri;  Autoregolazione: capacità di controllare e ridirigere impulsi e stati d’animo distruttivi, e la propensione a sospendere il giudizio.  Motivazione: passione per il lavoro che va al di là del salario o dello status sociale e la propensione a perseguire obiettivi con energia e persistenza.  Empatia: capacità di comprendere l’assetto emotivo degli altri e di agire trattandoli sulla base delle loro reazioni emotive.  Abilità sociale: competenza nella gestione delle relazioni, nella creazione del network e nel saper trovare un punto di accordo.

L’intelligenza emotiva può essere appresa ogni persona può migliorare la propria intelligenza emotiva e, con essa, la propria capacità di guidare le persone attraverso le avversità. Anche nel caso dell’intelligenza emotiva non è presente evidenza empirica sufficiente a confermare il legame tra essa e l’efficacia del leader.

Le teorie comportamentali sul finire degli anni 30 iniziarono a svilupparsi, in risposta ai limiti dell’approccio dei tratti, le teorie comportamentali di leadership. Teorie dei tratti non dicevano nulla su come il leader agiva e si comportava. Gli stili di leadership di Kurt Lewin Kurt Lewin e i suoi collaboratori hanno introdotto il concetto degli stili di leadership, ovvero ogni leader si comporta usando uno stile tra: • Autocratico: direttivo e con elevato controllo nelle relazioni; il leader utilizza le regole per far funzionare il contesto lavorativo e lasciano poca discrezionalità agli altri membri nell’influenzare la natura del lavoro o i suoi risultati. • Partecipativo: il leader è collaborativo o interattivo nelle relazioni con gli altri; ha l’ultima parola ma i membri hanno elevata discrezionalità nell’influenzare la natura del lavoro e i suoi risultati. • Laissez-faire: non-leader, abdica l’autorità e la responsabilità, lasciando autonomia decisionale ai collaboratori. Gli studi di Ohio State e Michigan Due programmi di ricerca hanno fortemente influenzato lo sviluppo delle teorie comportamentali della leadership. Il programma di ricerca della Ohio State trovò la presenza di due dimensioni indipendenti sottostanti al comportamento del leader: − Specificazione dei metodi di lavoro: comportamenti del leader volti a definire e organizzare i ruoli e le relazioni di lavoro, a stabilire chiari schemi e modelli di organizzazione e comunicazione. − Considerazione: comportamenti volti a instaurare relazioni di lavoro amichevoli, basate sulla fiducia reciproca e sul rispetto interpersonale all’interno dell’unità di lavoro. I leader che si comportano con livelli elevati di specificazione dei metodi di lavoro tendono a generare alto assenteismo, alto turnover e bassa soddisfazione nei collaboratori. =/ Al contrario i leader che dimostrano alti livelli di considerazione tendono a produrre elevata soddisfazione del lavoro, basso turnover, ma meno sovente un’elevata performance. Contemporaneamente agli studi in Ohio, il programma di ricerca dell’Università del Michigan individuò due stili attraverso i quali identificare i comportamenti del leader:

− Orientato ai dipendenti: il leader si concentra sulle relazioni interpersonali, sostituendo il controllo e regole con la creazione di un’atmosfera di mutuo rispetto e fiducia; il leader è orientato al soddisfacimento dei bisogni dei collaboratori. − Orientato alla produzione: il leader è focalizzato sul risultato e per ottenerlo usa supervisione diretta o regole, scritte o meno, per controllare il comportamento dei suoi collaboratori. Lo stile di leadership orientato ai dipendenti produce livelli di performance più alti dello stile di leadership orientato alla produzione. Lo stile di leadership orientato alla produzione può causare turnover, assenteismo e sfiducia tra i collaboratori e il leader. La griglia della leadership Vi sono due dimensione in comune a tutti gli studi comportamentali per l’identificazione degli stili di leadership: -

il primo autocratico e incentrato sul compito (stile autocratico, specificazione per i metodi di lavoro, orientamento alla produzione - il secondo partecipativo e incentrato sulle persone (stile partecipativo, considerazione, orientamento ai dipendenti) Blake e Mouton nel 1964 crearono la leadership grid che si basa su queste due dimensioni per indentificare in modo prescrittivo i comportamenti del leader. Le due dimensioni della griglia sono indipendenti l’una dall’altra e sono: - Interesse per la produzione; - Interesse per le persone. Combinazioni diverse di queste generano i cinque diversi stili di leadership:

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il leader impoverito (1;1)anche chiamato leader lassaiz-faire, esercita il minimo sforzo possibile per ottenere i risultati richiesti. Ha poco interesse sia per la produzione, che per le persone.

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Il leader a metà strada (5;5)presenta un interesse medio sia per le persone che per la produzione, cercando di bilanciarne gli interessi, ma senza impegnarsi con nessuno dei due.

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Il leader produci o perisci (9;1)presenta un elevato interesse per la produzione e uno basso per le persone. Questo stile di leadership si manifesta con un elevato controllo al fine di raggiungere il risultato in modo efficiente con scarsa considerazione per le relazioni umane. Possono usare tecniche intimidatorie, di maltrattamento dei collaboratori.

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Il coutry club leader (1;9)presenta un alto interesse per le persone, ma basso per la produzione. Obiettivo dei leader che si comportano secondo questo stile è quello di ridurre il conflitto e di mantenere i collaboratori felici attraverso buone relazioni interpersonali.

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Il team leader (9;9)considerato come lo stile ideale di Blake e Mouton, mostra alto interesse sia per le persone, che per la produzione. Questo leader motiva i collaboratori per spingerli al raggiungimento del massimo risultato, è flessibile, capisce e risponde al cambiamento.

Sviluppi della griglia hanno introdotto due nuovi stili di leader: -

Leader paternalista/maternalistapromette premi in cambio di ubbidienza e sancisce punizioni ai collaboratori che non lo seguono fedelmente. È convinto di sapere meglio degli altri cosa deve essere fatto.

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Leader opportunistaadotta lo stile che gli permette di raggiungere il massimo beneficio personale.

Questo modello presuppone che vi sia uno stile migliore degli altri, quello del team leader.

Le teorie situazionali o contingenti L’assunto di base delle teorie situazionali o contingenti è che comportamenti o stili di leadership diversi siano efficaci in certe situazioni, ma non in altre. Il modello di Fiedler La teoria di Fiedler (1967) non cerca di individuare i comportamenti che possano universalmente rendere un leader efficace, bensì di capire come le interazioni tra l’orientamento del leader e la situazione possano influenzare la prestazione di un gruppo. L’orientamento del leader è relativamente stabile, ed è funzionale ai suoi bisogni e alla sua personalità. Questa teoria assume che i leader possano essere orientati al compito o alle relazioni: • leader orientati al compito: sono gratificati dal raggiungimento dei risultati e dal completamento dei propri compiti. • leader orientati alle relazioni: sono gratificati dallo sviluppo di relazioni interpersonali buone e confortevoli.

Entrambi i tipi di leader possono essere efficaci, ciò dipende dal controllo situazionale che il leader possiede, che dipende da tre fattori: − Struttura del compito: quanto il compito è chiaro e ben pianificato attraverso regole e procedure − Relazioni tra il leader e i membri del gruppo: quanto nel gruppo sono presenti buone relazioni affettive e un clima di fiducia sia tra i membri, sia tra leader e membri − Posizione di potere del leader: quanto il leader dispone di autorità legittima e ampia autonomia decisionale. Un controllo situazionale favorevole per il leader è uno in cui sono presenti un’elevata struttura del compito, buone relazioni tra il leader e i membri del gruppo e una forte posizione di potere del leader. =/ un controllo situazionale sfavorevole per il leader è caratterizzato da una bassa strutturazione del compito, cattive relazioni e una posizione di potere debole per il leader. vi sono anche altre situazioni di controllo situazionale moderato, determinate da caratteristiche miste: alcune favorevoli (es. alta posizione di potere) altre sfavorevoli (es. relazioni mediocri tra leader e membri) la teoria contingente di Fiedler suggerisce che diversi livelli di controllo situazionale richiedano orientamenti diversi del leader e che quindi l’efficacia del leader dipenda dal giusto accoppiamento tra orientamento e situazione. un leader con forte orientamento ai compiti è più efficace quando il controllo situazionale è molto basso o molto alto. - In presenza di controllo situazionale forte, i membri accettano un leader orientato ai compiti perché sanno che il successo è garantito dalla propria performance e dal controllo del leader. - In presenza di controllo situazionale debole, il gruppo tende ad essere diviso o a svolgere i compiti assegnati in maniera mediocre a meno che il leader non eserciti una buona dose di autorità e comando. il leader con orientamento alle relazioni è più efficace in situazioni di moderato controllo in quanto è necessario un leader in grado di motivare i membri del gruppo al raggiungimento di una performance migliore attraverso una maggiore cooperazione. La Teoria del Percorso-Obietvo Robert House ha sviluppato questa teoria secondo la quale il ruolo fondamentale del leader è quello di rendere chiaro ai collaboratori il percorso verso l’obiettivo e di eliminare eventuali barriere al conseguimento di esso. La teoria prevede l’esistenza di quattro stili comportamentali del leader: -

Diretvo: fornisce una direzione specifica in merito alle attività da svolgere, ai ruoli e ai tempi di esecuzione, definendo specifiche politiche, direzioni e regole.

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Supportivo: è preoccupato dei bisogni dei propri collaboratori, è amichevole e tratta i membri come eguali.

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Partecipativo: agisce ricercando i consigli e suggerimenti dei collaboratori, tenendoli in considerazione prima di prendere decisioni.

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Orientato al successo: impone obiettivi sfidanti ai membri del gruppo e gli fornisce feedback continui.

Nella scelta dello stile, il leader deve considerare due gruppi di fattori contingenti: le caratteristiche dei lavoratori e i fattori ambientali. − Le caratteristiche dei collaboratori, che influiscono sul loro modo di percepire il comportamento del leader, e sono:  Abilità – percezione dei collaboratori delle proprie capacità  Autoritarismo – visione in merito alle persone in posizione di autorità  Locus of control – percezioni sulle fonti di controllo, ovvero modalità con cui un individuo ritiene che gli eventi siano conseguenza dei suoi comportamenti o dell’ambiente esterno. I collaboratori che percepiscono la loro abilità come inferiore a quella richiesta dai compiti, tendono a rispondere positivamente allo stile direttivo. Apprezzano infatti chiarimenti sui loro doveri, poiché il loro livello di abilità rende loro difficile il completamento del compito. =/ i collaboratori con una percezione elevata della loro abilità possono considerare lo stile direttivo come ridondante poiché sanno già cosa fare e ritengono di non aver bisogno di nessuna guida. i collaboratori con alto livello di autoritarismo sono fortemente orientati allo status e per questo accettano di buon grado le direttive delle persone in posizioni di potere. Preferiscono stile direttivo =/ i collaboratori con un basso livello di autoritarismo tendono a essere flessibili e a non rinviare le decisioni alle persone in posizione di potere. Preferiscono lo stile partecipativo Le persone, infine, possono percepire la fonte di controllo del loro comportamento come interna o esterna. I collaboratori che percepiscono il loro comportamento come causa dei risultati raggiunti (controllo interno) tendono a rispondere positivamente allo stile partecipativo e meno allo stile direttivo. =/ lo stile direttivo, invece, funziona meglio per i collaboratori che percepiscono un controllo esterno. − 3 fattori ambientali, contribuiscono a creare un ambiente di lavoro con vari livelli di ambiguità.  Compiti routinari, in un contesto caratterizzato da ruoli chiari e procedure standard sono meno ambigui di compiti svolti in ambienti più fluidi.  Autorità formale, contribuisce al grado di ambiguità laddove un leader con un’autorità ben definita definisce in modo chiaro i ruoli e gli obiettivi.  Gruppo di lavoro primario, composti da persone fortemente identificate tendono a sviluppare procedure per lo svolgimento del lavoro ben definite. La teoria del percorso-obiettivo suggerisce stili di leadership appropriati per contesti con diversi livelli di ambiguità:

Collaboratori che operano in situazioni a bassa ambiguità riescono a vedere in modo chiaro quello che deve essere fatto e come. Lo stile direttivo viene percepito in questi casi come ridondante, riducendo di conseguenza la motivazione e la soddisfazione dei collaboratori. Una scelta più efficace è quella dello stile supportivo, perché questo stile può compensare i possibili effetti negativi dei compiti routinari. =/ uno stile direttivo è invece una scelta utile per portare struttura in contesti ambigui: può infatti chiarire quello che deve essere fatto e ridurre la frustrazione dei collaboratori legata all’incertezza della situazione. Il modello della leadership situazionale Sviluppato da Hersey e Blanchard, propone che il comportamento del leader debba essere aggiustato in base al livello di maturità dei collaboratori. Il modello utilizza le due dimensioni del comportamento di leadership sviluppati negli studi dell’Università dell’Ohio: orientamento al compito e orientamento alle relazioni. La maturità dei collaboratori è categorizzata in quattro livelli ed è determinata dall’abilità e dalla volontà del collaboratore di completare uno specifico compito. La maturità, quindi, può essere alta o bassa a seconda del caso in esame: una persona può essere più matura in alcune cose che in altre. ES. un collaboratore può avere l’abilità e la volontà di soddisfare semplici richieste dei clienti (alta maturità), ma avere meno abilità e volontà di fornire supporto tecnico specifico (bassa maturità). In questo modello è importante che il leader sia in grado di valutare la maturità di ogni collaboratore rispetto ad ogni compito e adottare di conseguenza uno dei 4 comportamenti associati ai 4 livelli di maturità del collaboratore. S1: stile prescritvo, che comporta un elevato orientamento al compito e basso alle relazioni: prevede che il leader fornisca chiare istruzioni, monitorando attentamente i risultati. Andrebbe usato quando il collaboratore non ha la volontà o l’abilità per completare un compito. S2: stile di vendita, utilizzato quando un collaboratore non ha l’abilità, ma solo la volontà di completare un compito. Ha alti livelli di orientamento ai compiti e alle relazioni. Consiste nella spiegazione delle decisioni e in opportunità per il collaboratore di cercare chiarimenti o aiuto. S3: stile partecipativo: quando il collaboratore è abile a svolgere un compito, ma non ha la volontà di farlo. Il leader adotta un alto orientamento alla relazione e basso al compito, deve incoraggiare il collaboratore a partecipare alle attività decisionali. S4: stile delegante: per i compiti in cui il collaboratore ha sia l’abilità che la volontà, il leader può usare questo stile. Bassi livelli di orientamento sia al compito che alla relazione, richiede bassi livelli di coinvolgimento del leader.

L’approccio relazionale Le teorie esaminate fino ad ora hanno una visione relativamente statica della leadership. Che analizzino i tratti, i comportamenti o la situazione, questi approcci sono sempre centrati sul leader e ne valutano l’efficacia in modo statico. Nell’approccio relazionale, invece, la leadership è considerata come un processo dinamico che emerge e si sviluppa a partire dalla relazione tra il leader e i collaboratori. La teoria transazionale La teoria transazionale sottolinea come la leadership emerga attraverso una relazione di reciproco scambio tra leader e collaboratori – la “transazione”, descritta come un processo attraverso il quale il leader arriva a conquistare la credibilità e la fiducia dei collaboratori. La teoria transazionale assume che gli individui adottino comportamenti che permettono loro di soddisfare i propri obiettivi. (dato che preferiscono ricevere ricompense, gli individui adottano quei comportamenti che gli permettono di ottenere riconoscimenti o premi; evitano, invece, quei comportamenti che causerebbero delle punizioni) Inoltre la teoria sostiene che le relazioni di scambio siano governate da norme di reciprocità secondo cui gli individui si sentono obbligati a restituire azioni o comportamenti della stessa valenza di quelli ricevuti. I leader transazionali usano premi e punizioni per influenzare il comportamento dei collaboratori così da raggiungere gli obiettivi desiderati. la teoria della leadership trasformazionale Il leader trasformazionale si preoccupa dei membri del gruppo, e di lasciargli esprimere le loro potenzialità.

Utilizza l’ispirazione, l’emozione, la motivazione e l’immaginazione per influenzare i collaboratori. Trasforma i propri collaboratori coinvolgendoli nella loro autorealizzazione, che coincide con il raggiungimento degli obiettivi del gruppo. La teoria LMX La teoria Leader-Member Exchange pone l’accento su come il leader riesca a mantenere la sua posizione attraverso una serie di taciti accordi con i membri del gruppo. Le relazioni tra il leader e i collaboratori non sono tutte uguali, in quanto questi ultimi possono offrire supporto differente al leader. il collaboratore che mostra una particolare disponibilità nei confronti del leader, sarà ricompensato con giudizi più favorevoli, più autonomia, maggiori responsabilità e la creazione di un rapporto preferenziale. In particolare si vengono a creare due gruppi di collaboratori: - Ingroup: formato dalle persone a più stretto contatto con il leader; -

Outgroup: formato da persone con cui il leader intrattiene relazioni più formali a cui vengono fatte unicamente richieste legate al ruolo e alla posizione ricoperta.

La distinzione dei collaboratori in queste categorie porta a comportamenti e prestazioni differenti tra i due gruppi: Ingroup elevati comportamenti di cittadinanza organizzativa – prestazioni migliori. Out...


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