1.La lunga storia della scuola secondaria PDF

Title 1.La lunga storia della scuola secondaria
Author Francesca Bua
Course Pedagogia della scuola e dell'insegnamento
Institution Università degli Studi di Torino
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la lunga storia della scuola secondaria le leggi più importanti che hanno apportato modifiche nella scuola italiana parte 1...


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La lunga storia della scuola secondaria Introduzione_ Conoscere la storia della scuola del nostro paese significa ricostruire la storia della società italiana, dal momento in cui essa comincia ad acquistare la coscienza di essere una nazione; seguire lo sviluppo e la diffusione di tale coscienza dalla classe dirigente a tutto il popolo; scoprire come le classi dirigenti si siano regolate per aprire le scuole alle classi popolari e come quest’ultime, attraverso la scuola abbiamo acquistato la coscienza dei principali diritti civili e politici sia la cultura necessaria ad affermarsi economicamente e socialmente nell’ambito di coscienza nazionale. La storia della scuola tiene conto della storia pedagogica e sociale di un popolo, del progresso scientificotecnologico, della vita morale, letteraria, artistica e religiosa, dei principi del diritto, del cambiamento di costumi e del mutare di valori di riferimento. La scuola secondaria è inserita e coinvolta nella cooperazione diretta e indiretta della comunità nella vita scolastica e finalizzazione degli studi nella futura vita lavorativa. Solitamente alla scuola si attribuiscono tutte le speranze e gli ideali, tutti i compiti educativi e rieducativi che la società non sa, non può o non vuole assolvere, salvo poi incolpare la scuola stessa se i desideri non si realizzano o si realizzano in forme diverse da quelle attese. Il sistema dell’istruzione è il frutto dell’evoluzione della stratificazione sociale, delle opportunità di lavoro, delle forme di controllo sociale, della religione, delle tipologie demografiche e della famiglia, della struttura e delle risorse economiche e delle idee e istituzioni politiche. In riferimento all’istruzione SECONDARIO/A si usa nel senso di scuola che “viene dopo la scuola primaria”, dopo che quest’ultima ha impartito i primi rudimenti del sapere. Rudimenti che col tempo sono cresciuti, così anche la scuola è cresciuta di contenuto e di durata, dilatandosi fino a 5 anni. Fino al 1940 il termine “scuola secondaria” era usato molto meno di “scuola media”, nel senso di scuola a metà strada tra elementari e università. Nel 1940 dall’istituzione della scuola media, si usa tale locuzione per indicare istruzione unitaria per soggetti tra 11-14 anni, mentre per le classi successive si usa il termine “scuola secondaria”. Nel 1848 nel Regno di Sardegna si cominciò a istituzionalizzare un corso “speciale” a carattere tecnicoprofessionale, corso che poi con la Legge Casati diventerà il ramo d’istruzione tecnica, regolarmente integrato nell’ordinamento scolastico italiano, distinto però dall’indirizzo classico. La Legge Casati afferma che il grado medio continua ad essere identificato unicamente come ginnasio e liceo, unica via all’università: l’istituto tecnico non poteva essere un ordine intermedio fra elementari e università poichè era senza sbocchi nell’istruzione superiore.

Capitolo I_ l’antica scuola di “grammatica”. La legge Casati di nuovo introdusse la scuola elementare inferiore obbligatoria sia per bambini che bambine dai 6 anni di età. Ma l’insegnamento secondario può avere ascendenti più o meno approssimativi anche nell’antichità greca e romana ma anche nell’antichità mesopotamica, egizia, i cui tratti non sono più riscontrabili oggi. Quella antica era un’istruzione sempre circoscritta a leggere, scrivere e alla computisteria. Si possono riscontrare tratti simili ai nostri negli studi della grammatica da parte dei greci: intesa come studio della lingua, delle parole, della letteratura.

Dal modello greco ellenico di Aristotele:  l’istruzione diventa più libresca, naturale e più scolastica;

più chiara divenne la distinzione tra maestro acb e docente di grammatica e poi di retorica di tre livelli(istuz.1°,2° e uny). Si svolgevano letture e recite dei testi ma anche composizioni scritte;  tratto emergente è il primato all’astrattezza intellettuale dell’insegnamento in base alla “teoria della disciplina formale”, per cui sono i modelli impliciti nelle diverse discipline ad essere dotati di capacità di formare intelletto ed animo degli studenti=> il docente non contava molto. La via giusta era far discendere da un concetto generale i particolari concreti. Il modello ELLENICO fu ripreso dai Romani. 

 Grammatica(insegn.l stico-letterario), filosofia e retorica.  Insegnavano soprattutto il culto delle virtù dei padri, l’ideale del soldato e dell’operoso agricoltore. All’inizio la cultura cristiana criticò gli autori classici perché portatori di paganesimo e valori antievangelici. Scontro che trovò un compromesso tra valori cristiani e classici che vennero epurati, considerati poi dai padri della Chiesa un irrinunciabile veicolo di trasmissione del sapere.

I monaci e l’istruzione. I monasteri :  battezzavano i ragazzi e davano loro il minimo d’istruzione religiosa e civile per la funzione di ciascuno;  inizialmente erano scuole riservate ai novizi, coloro che desideravano prendere i voti e rimanevano unititi agli stessi monaci;  oltre alla grammatica fornivano iniziative dedite alla formazione pratica degli ausiliari;  erano importanti aziende agricole, centri finanziari, di produzione artigianale artistica. Con la decadenza dei monasteri anche le loro scuole scomparvero. Sorsero poi scuole presso i vescovadi e le cattedrali. Il maestro era un grammaticus e le arti libere cioè il trivio e Quatrivio restarono per molti secoli restarono la base dell’insegnamento. La dialettica(arte del ragionamento) fu a lungo trascurata: essa fu definita come disciplina delle discipline, essa insegna ad insegnare, fa imparare come s’impara…essa riapparve nel IX secolo. L’insegnamento oscillava tra le ciunque declinazioni e le questioni teologiche. La rivalità tra un’istruzione fondata su presupposti umanistici ed un’altra su principi tecnico-professionali: -esplose con la rivoluzione industriale; -ha origine con il passaggio dalle società feudali a quelle comunali che favorì lo sviluppo della cultura e della produzione artigiana. Quando gli artigiani si affidarono ai mercanti il ruolo del capitale mercantile acquistò importanza, generando la richiesta di un tipo di istruzione più moderna e laica, dove c’era una nozione di calcolo. La lezione medievale consisteva nella lettura di un testo sotto la guida del maestro, tendente alla meditazione e poi alla parola pensata. La “ scrittura volgare” insegnava soprattutto la registrazione delle operazioni più varie e i calcolo finanziario e attuariale di banchieri, assicurazioni, cambiavalute ecc..insegnava a leggere e scrivere nei nuovi caratteri più pratici detti caratteri “mercanteschi”. I mercanti abbandonarono l’uso dell’abaco e iniziarono ad usare l’aritmetica indo-araba introdotta in Italia da Paolo Pisano, che permetteva loro di svolgere calcoli più complessi e rapidi. Nacque per ciò la ragioneria, la computisteria, la commercialistica secondo un apprendistato la cui logica si basava sul detto “il tempo è denaro.” Si sviluppava quindi un atteggiamento più rapido, deciso e pratico il cui valore fondante si misurava in produttività immediata. Imparare facendo e imparare studiando La formazione nelle botteghe si fondava sull’imparare facendo e l’imparare sbagliando, sotto la guida di un maestro, i quali affinché gli apprendisti non si appropriassero dei veri segreti di quei mestieri attuavano una

correzione non verbale. Motivo anche che spiega la mancata diffusione di libri riguardanti la formazione artigiana. Col tempo le specialità più elevate(pittori, architetti…) vollero distinguersi dalle arti meccaniche dette vili, e consentire che almeno gli apprendisti più promettenti integrassero la loro formazione pratica con studi di grammatica anche in volgare e di calcolo. Dal XIV secolo in queste scuole volgari si formavano gli impiegati e gli agenti di grandi e medi mercanti; si combinava un apprendimento formale e un apprendimento più pratico operativo, difatti si parlava di un apprendistato pratico. Queste scuole erano maggiormente frequentate dai giovani rispetto alle scuole di arti liberali che rano più scarsamente frequentate dai giovani. Queste scuole volgari chiamate le scuole del nuovo abaco segnarono la separazione tra gli alunni ancora rivolti al passato dediti alla formazione tradizionale, a professioni liberali e alle funzioni direttive, e gli alunni che voltavano le spalle al passato, mirando al futuro, ai nuovi profili degli scambi commerciali e culturali. La concorrenza delle botteghe artigiane. Verso la fine del VIII secolo vennero rilanciate le Arti Liberali . Per il concilio lateranense del 1119 ogni cattedrale doveva avere una scuola. Si andavano diffondendo Università e le corporazioni di professori laici e studenti. Le Università:  richiedevano la frequenza delle facoltà propedeutiche di arti liberali dove si perfezionava il latino e filosofia;  per poi dare accesso alle 3 facoltà tradizionali Teologia, Diritto e Medicina e acquisire principi e conoscenze base della teologia e di altre conoscenze per tutti e 3 i curriculi di studio. Gli ecclesiastici criticavano la liceità etica dell’insegnamento dietro compenso, guadagno, considerandola pertanto un peccato di simonia; a parer loro l’insegnamento doveva essere motivo di elevazione spirituale ed essere quindi considerata come un’attività pastorale. Dopo l’età feudale nei centri che accolsero la popolazione emarginata dalla campagna si sviluppava l’attività delle “botteghe artigianali” o “arti meccaniche”, le quali risalivano da problemi operativi particolari a concetti/leggi generali, dalla pratica alla teoria. Difatti da Aristotele in poi le “Arti meccaniche” vennero considerate indegne da un uomo il cui status sociale lo liberasse dalla schiavitù del lavoro per vivere. In seguito sopraggiunse l’era dei “grandi mercanti” e con la società mercantile nasce il bisogno di un’istruzione e di una scuola nuova, nuovi concetti e nuovi metodi d’istruzione e trasmissione culturale.

Capitolo II_ La scuola dell’età moderna. L’importanza dei gesuiti. La Riforma Luterana che sollecitò l’alfabetizzazione di massa e la nascita di una lingua nazionale e la Controriforma cattolica, caratterizzata dalla centralità del Magistero della Chiesa Cattolica attraverso ministri di Dio e padri di famiglia, e dall’obbedienza dei fedeli al clero, posero le premesse per un rinnovamento. In quest’ultimo caso l’appoggio della classe sociale al potere fu fondamentale. Nacquero nuovi ordini religiosi per la formazione dei rampolli dei ceti elevati. Uno di questi fu la Compagni dei Gesuiti:  costituita da Ignazio di Loyola prima del Concilio di Trento, come milizia religiosa a difesa dell’ortodossia cattolica, ottenendo il riconoscimento di Paolo III;  dato l’aumento del numero degli aspiranti membri della Compagnia , in diverse varie nazioni furono istituiti dei collegi per formare i nuovi membri, che ospitavano anche alunni esterni;  intervenne in ogni settore della vita religiosa e civile, fino in Estremo oriente;

 ad aprire loro la strada furono diversi studiosi a cui essi si sono ispirati, come Vittorino da Feltre, Erasmo da Rotterdam, Michel de Montaigne e Juan Luis Vive: il collegio gesuita considerato una scuola-convitto “giocosa”, con vita di comunità interna e un insegnamento meno arido e oppressivo che portò al miglioramento dell’apprendimento;  la loro clientela era prevalentemente costituita da aristocratici e ricchi e dato che i posti gratuiti per ragazzi con intelletto erano pochi vi era una selezione;  FORMA: dolce, suasiva, e senso di pace interiore che dava l’obbedienza fondata sulla persuasione che ogni ordine di un superiore sia a priori giusto e morale, e ottenuta con buone parole ed esortazioni favorendo l’assimilazione nell’allievo di esemplari modelli di condotta. SOSTANZA: disciplina permissiva;  Le punizioni corporali erano ristrette a casi eccezionali ma venivano attuate da un incaricato esterno: l’educazione era anche costituita da abnegazione di sé e quotidiana esecuzione dei ripetuti comportamenti voluti dal regolamento, divenuti di conseguenza abitudini;  Le ore di scuola erano date e scandite dal vissuto quotidiano. I Collegi Gesuiti divennero un modello per tutte le scuole d’Europa. Efficaci risultarono l’austerità dell’ambiente, la profonda religiosità, dosaggio tra impegni di studio e momenti ricreativi. Secondo la Ratio studiorum gesuitica il corso di studi era di 3 anni di Grammatica, seguiti da 3 anni di Umanità e Retorica(composizione orale e scritta in latino), era anche affinata l’eloquenza. Disputare e competere Le dispute erano un momento formativo a cui venivano invitati studenti e docenti di altre classi e un pubblico esterno. Esse erano un momento di emulazione e competizione quasi agonistica. Gli studi duravano 6 anni, con proroga massima di 1 o 2 anni,(come avviene con l’aggiunta del corso teologia). Era adottato il modus parisiensis: divisione della scolaresca in classi di numero limitato e omogenee per età e rendimento. Era anche istituita un’accademia della retorica, filosofia o teologia a cui erano ammessi gli allievi più bravi che moderati da un rettore si esibivano con composizioni in prosa o versi e di discuteva del testo. Questa era la massima forma di emulazione, spinta fino alla competizione tra gli studenti partecipanti. Data la richiesta della clientela altolocata e la concorrenza della scuole militari, i gesuiti introdussero nuove attività con istruttori esterni come scherma, maneggio di svariate armi, equitazione, corsi per strumenti musicali, canto, spettacoli pubblici di teatro e danza. Fino a spingersi all’esecuzione di musica strumentale e di opere liriche, quest’ultime ebbero importanza nello sviluppo di genere. Fu dato poi spazio all’aritmetica, alle scienze naturali ed all’uso della lingua madre, che prima non era tollerata. Al posto del latino nei rapporti tra colleghi-superiori, nelle lezioni per arrivare all’insegnamento della lingua nazionale. I Gesuiti acquisirono fama presso Re, governanti, prelati e altri ordini religiosi. Nel 1762 vennero espulsi dalla Francia e poi da altri Stati e nel 1774 Clemente XIV emanò la bolla papale decretando la soppressone della Compagnia dei gesuiti. Nel 1814 con la Restaurazione essa fu ricostituita e molti collegi furono riaperti e rinnovati: + spazio alla matematica, scienze fisiche, studio del latino accanto a quello della lingua madre. Ma con la nuova espulsione della Compagnia dei Gesuiti da altri Stati la decadenza era inevitabile. Alcuni collegi come quello di Milano rimasero aperti per oltre un secolo altri furono presi come modello pedagogico.

L’istruzione del “popolo industrie”. La richiesta di istruzione del “popolo industrie fu accolta da iniziative degli scolopi, i religiosi delle Scuole Pie, ordine fondato dal sacerdote spagnolo Giuseppe Calasanzio.

Insegnamenti: lettura, scrittura, calcolo, elementi di fisica, chimica, storia naturale meno legata all’ortodossia tomistica. Calasanzio fu nominato dal Vaticano direttore del nuovo collegio “Nazareno” di Roma, cosa che non piacque ai gesuiti perché credevano di avere il monopolio su ciò. Con la decadenza dei gesuiti subentrarono gli Scolopi. Per gli Scolopi è di grande utilità che coloro che insegnano usino un metodo semplice e breve, essi sarebbero stati scelti per le loro capacità pedagogiche-didattiche. Il filosofo Campanella difese gli Scolopi dalle polemiche: affermava che la società aveva bisogno di figure come agricoltori, artigiani e soldati , mestieri svolti meglio da chi aveva avuto un’istruzione ed acquisito conoscenze. Avevano un regime formativo più rude, raccomandavano agli insegnati di ridurre le punizioni corporali, di percuotere con mano aperta e non pugno chiuso, non con bastoni o fruste. Alle punizioni corporali erano preferite le punizioni morali segnando con colori i vestiti dell’alunno che doveva portarli per la scuola per giorni, osi faceva indossare un mascherone di testa d’asino, che faceva soffrire perché ostacolava la respirazione. Dal 1694 gli Scolopi ebbero una propria Ratio studiorum di un corso completo di 9 anni, da istruzione elementare e pre-professionale, fino alle arti liberali trivio-Quatrivio, insegnate con metodi nuovi e aperti alle esigenze delle classi intermedie. Dai tempi di Elisabetta, oltremanica si duffuse il modello di un “ginnasio meccanico”, in Germania rinacquero le Realschulen ovvero scuole tecnico-fisico-matematiche. Verso la metà del XVII, Cartesio, già allievo dei collegi gesuiti francesi rivaluta la storia e le scienze. Più spazio quindi per la storia, geografia, lingue straniere, scienza economia, matematica teorica e applicata, studio dei fatti naturali=> questi contenuti sono il “Gran Libro del mondo” che custodivano fatti e leggi che non si apprendevano con lo studio dei classici. L’attacco frontale al classicismo venne dal gruppo della Enciclopèdie di D’Alembert e Diderot= essi progettavano di elevare culturalmente il ceto medio-borghese artigianale e manifatturiero, depositario di un patrimonio culturale ignorato del tutto nelle scuole del tempo. Diderot propose una riforma degli studi alla Czarina Caterina nel 1776 istituto tecnico” Da ricordare che con la Legge Casati i corsi per la formazione di tecnici superiori furono aggregati alle facoltà. Inoltre gli indirizzi interni di ciascuna sezione dei tecnici erano via via creati in riferimento alle qualifiche professionali. Latinates e non latinantes Un altro contributo alla confusione tra Tecnico e Professionale fu la Sezione Fisico-Matematica: nel passaggio da questa sezione alla facoltà di Scienze vi era l’esame di latino e filosofia. Una chiara idea dei presupposti pedagogici dell’Istruzione Tecnica può ritrovarsi nei programmi didattici per la scuola tecnica del 1867 che raccomandavano la massima attenzione nell’apprendimento delle “relazioni logiche delle idee” evitando le regole mnemoniche, dedicando tempo alla lettura di opere italiane facili ed esercizi di componimento, utili per apprendere ed affinare l’arte dell’esporre. E dato che molti non proseguivano gli studi era meglio dar loro anche lezioni di grammatica, cultura letteraria e matematica, per acquisire facilità e sicurezza nel conteggio (calcolo del decimale, regola del 3, sistema metrico), ricordando l’utilità pratica delle cognizioni acquisite. Il Classico mirava a formare i futuri professori, funzionari e dirigenti; l’Istruzione tecnica mirava a far acquisire nozioni giovevoli al loro futuro stato di artefici, commercianti e agricoltori. Dopo la crisi dell’agricoltura, dell’incipiente industria si moltiplicano nei vari rami le richieste di personale qualificato a mansioni di tecnico intermedio e medio-basso. Quindi era più necessario preoccuparsi di una formazione più conforme alle necessità professionali emergenti. Il Ministro Baccelli (1899) fece riportare l’Istruzione tecnica ad un corso rispondente ai bisogni dell’agricoltura, dell’industria, del commercio e dei pubblici servizi di indole tecnica: aggiungendo la meccanica, la tecnologia industriale, la computisteria, la merceologia, l’inglese e il tedesco.

La formazione professionale riguardava anche le ragazze che per aiutare la famiglia, o per mettere da parte del denaro per il corredo matrimoniale, puntavano ad un lavoro precoce come sartina, ricamatrice, bambinaia, ecc… da questi corsi ne uscirono telefoniste, dattilografe, cucitrici a macchina, aiuto-sarte, aiutomodiste. Nei Tecnici le ragazze erano rarissime; solo nei primi del 900 si può cominciare a rilevare la presenza di ragazze nell’indirizzo commerciale.

Capitolo V_ Il Novecento, secolo di sconvolgimenti. La ripresa economica, la presenza del movimento operaio, l’intesa tra liberali e cattolici contro i socialisti sembravano promettere un periodo positivo per il nostro insegnamento. Lo stesso Giovanni Giolitti nel 1902 aveva affermato che in Italia la scuola elementare, secondaria e universitaria erano inadeguate. In quel periodo però erano presenti l’Unione nazionale magistrale (UNM) e la Federazione nazionale degli insegnanti scuola media (FNISM). La UNM dal 1091 dava voce al malcontento per l’intollerabile condizione dei maestri/maestre, ottenendo nel 1903 un provvedimento della Pubblica Istruzione che vietava lezioni private senza però compensare gli insegnanti della perdita di guadagno. FNISM era un’associazione democr...


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