2. Il segno linguistico PDF

Title 2. Il segno linguistico
Author Caterina Piscone
Course Linguistica generale
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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Appunti di Linguistica generale...


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Il segno linguistico 2.1 Il segno Per definire il segno linguistico, bisogna partire dalla definizione di lingua: la lingua è un sistema di segni, vocali o gestuali che siano. Ora, la parola “segno” ha diverse accezioni:  Traccia lasciata su qualcosa;  Fatto o situazione che permette di riconoscere una realtà;  Manifestazione di uno stato d’animo;  Simbolo di un’operazione aritmetica;  Gesto per comunicare qualcosa senza parlare. In tutti gli esempi sopra riportati (ad eccezione del primo caso), il segno rappresenta un’entità complessa, composta da una parte sensibile – percepibile attraverso i sensi – e una parte di natura mentale – un rinvio a oggetti e non gli oggetti in se.  Cielo grigio = Minaccia della pioggia Nell’esempio, la parte mentale del segno (ciò che cogliamo), è il rinvio: il cielo grigio minaccia pioggia, ma non è la pioggia in sé. Da qui, possiamo definire il segno come un’entità costituita di un’espressione e di un contenuto e, a partire da questa definizione, possiamo distinguere i vari tipi di segni possibili. La classificazione dei segni, redatta da Charles Sanders de Pierce, avviene su criteri generali, quali il tipo di rapporto che lega l’espressione e il contenuto (rispettivamente, parte sensibile e parte concettuale del segno) o il grado di volontà nella produzione del segno. I tre tipi principali di segni non linguistici sono: 1. Indice 2. Icona 3. Simbolo  Gli indici sono segni in cui l’espressione e il contenuto sono legati da un rapporto di origine naturale e di tipo causale; gli indici non sono prodotti volontariamente, e, affinché gli eventi che costituiscono l’espressione di un indice acquisisca valore, è necessario che essi siano interpretati da un ricevente, il quale coglie le caratteristiche significative ad egli pertinente, dunque il valore degli indici varia a seconda del contesto in cui viene prodotto. Es. Dalle nuvole temporalesche, un pilota coglie le densità, mentre un contadino la piovosità.  Le icone sono segni che rinviano ad un oggetto o ad un evento per analogia, in virtù di una somiglianza con esso; le icone sono prodotti volontariamente, con lo scopo di comunicare qualcosa. Sono icone linguistiche le onomatopee e gli ideofoni. Es. Belare – bee!  I simboli presentano un’assenza di rapporti di tipo naturale o analogico tra espressione e contenuto; infatti, il rapporto è di tipo convenzionale, cioè è garantito da una tradizione culturale a cui partecipano tanto l’emittente quanto il destinatario del segno. Nei simboli, la dimensione iconica è troppo stilizzata o generica, dunque può esser compreso solo da chi ne consoce già parzialmente il significato. All’interno di un singolo segno coesistono processi indessicali, iconici e simbolici. Importa perciò individuare i vari processi di significazione presenti in un dato segno. L’aspetto simbolico e quello iconico possono essere complementari, indicando ciascuno una componente del contenuto del segno. I segni che costituiscono la base del nostro linguaggio verbale sono per la gran parte dei simboli. Il segno linguistico è un’entità psichica che unisce un concetto (significato) e un’immagine acustica (significante). Il segno linguistico stesso non è un oggetto del mondo, il suo significato è una realtà astratta, mentre il suo significante è un’immagine acustica caratterizzata da linearità. Più correttamente potremmo dire che il segno linguistico è un’entità psichica a due facce, ossia la combinazione indissociabile, all’interno del cervello 1

umano, di una rappresentazione simbolica, avente un significato applicabile ad una serie di oggetti concreti, e un’immagine acustica (traccia psichica di un suono materiale percepibile coi sensi, associata ad un significato).

2.2 Arbitrarietà La formazione della lingua discende dalla capacità umana di associare un significato ad un significante e di operare liberamente su queste classi. La lingua, dunque, consiste in una serie di suddivisioni radicalmente arbitrarie proiettate simultaneamente sul piano indefinito delle idee confuse e sul piano indistinto sei suoni. Il fatto che lingue diverse articolino diversamente la propria espressione e il proprio contenuto costituisce una manifestazione del principio di arbitrarietà che caratterizza i segni delle lingue storico – naturali. La nozione di arbitrarietà discende da quella formulata da Ferdinand de Saussure, in parte modificata da altri studiosi. Osservando quali entità siano in qualche modo collegate da una relazione di natura arbitraria, si possono distinguere vari sensi della nozione di arbitrarietà. Abbiamo, dunque, diversi tipi di arbitrarietà:  Arbitrarietà assoluta: è l’assenza di ragioni naturali, logiche o psicologiche che facciano sì che un dato segno sia così com’è, cioè che una data espressione sia in relazione con un dato contenuto. L’esistenza di tante altre lingue nel mondo è la dimostrazione di quest’arbitrarietà: se i segni linguistici non fossero arbitrarsi, bensì strutturati secondo un qualche legame di necessità tra espressione e contenuto, non ci sarebbe distinzione tra forma e sostanza linguistiche: ci sarebbe una sola lingua, immutabile nel tempo. Inoltre, le parole che hanno lo stesso suono in lingue diverse non designano necessariamente cose o concetti simili. Es. In italiano, la parola “platano” non significa “banana” come in spagnolo, bensì è un albero.  Arbitrarietà formale: consiste nel fatto che, malgrado gli esseri umani dispongano di un medesimo apparato fonatorio per produrre suoni linguistici e di un medesimo sistema percettivo per riceverli, i sistemi di suoni di lingue umani sono diversissimi.  Arbitrarietà semantica: consiste nel fatto che ciascuna lingua ritaglia la materia del contenuto formandola in maniera propria. L’arbitrarietà, dunque, non consiste nell’accoppiare significati diversi ai medesimi concetti, come se questi preesistessero alle diverse lingue. Le lingue si differenziano tra loro, nel tempo e nello spazio, anche perché la sostanza del contenuto si organizza in significati in modo arbitrario. Una lingua nella quale il principio di arbitrarietà assoluta vigesse senza alcun contrappeso difficilmente potrebbe funzionare. I parlanti di una lingua dovrebbero imparare e ricordare una per una tutte le parole, senza alcuna possibilità di raggrupparle secondo somiglianze di suono e di senso. Es. Non ci sarebbe modo di collegare “benzinaio” con “benzina” Di ciò, Saussure, era ben consapevole, e, dopo aver enunciato il principio di arbitrarietà, pose tra i compiti della linguistica quello di studiare le sue limtazoni. Vi sono dei segni totalmente arbitrari, in quanto immotivati nel legame tra espressione e contenuto: il significato di benzina, lingua e venti, non può essere in nessun modo intuito a partire dai rispettivi significanti, ma vi sono, accanto a questi, segni che chiameremo motivati: se conosco il significato di benzina e giornale, posso intuire il significato di benzinaio e giornalaio. Definiamo quindi motivazione la relazione tra i diversi componenti riconoscibili nell’espressione di un segno e i rispettivi componenti del contenuto. Quanto più è forte questa relazione, quanto più il segno è motivato. Esistono criteri obiettivi per valutare il grado di motivazione. I principali sono:  Trasparenza: Un segno è tanto più trasparente quanto più è facile riconoscere e segmentare i suoi componenti sul piano dell’espressione (trasparenza morfotattica), e quanto più è facile assegnare loro un significato sul piano del contenuto (trasparenza morfosemantica)  Diagrammaticità: Un segno è tanto più diagrammatico quanto più è facile mettere in relazione i componenti della sua espressione coi rispettivi componenti del suo contenuto. Es. Un plurale come “cani” è più diagrammatico di uno come radio. (Nel primo si può individuare quale parte del significante porti il significato di plurale) 2

2.3 Rapporti tra gli elementi linguistici A partire dagli elementi della lingua di cui dispongono, i parlanti hanno la capacità di costituire dei “raggruppamenti” in base ai rapporti che possono essere ricondotti essenzialmente a due tipi:  Rapporti sintagmatici: collegano elementi linguistici compresenti lungo la catena lineare degli enunciati. Es. Un cane attraversa la strada. Un è in rapporto sintagmatico con cane; la è in rapporto con strada; un cane é legato ad attraversa; attraversa è legato a la strada. Come si evince dall’esempio, quindi, i rapporti sintagmatici collegano parole diverse in maniera diversa e con forza diversa, sicchè essi non coincidono con la semplice successione lineare. I rapporti sintagmatici non si hanno solo tra parole, ma anche tra morfemi (strad- e –a sono in rapporto sintagmatico) e tra fonemi (nella parola strada ci sono sei unità del significante se si susseguono fra loro).  Rapporti associativi: si instaurano tra elementi che nella competenza linguistica del parlante hanno una o più caratteristiche in comune. Es. “Un” richiama “uno” che richiama “due”, “dieci”, “nessuno”. 1.

Rapporti paradigmatici: ogni unità, data la sua posizione in una certa sequenza, stabilisce anche un rapporto con tutte le unità del suo stesso livello che potrebbero trovarsi al suo posto. Es. “Un cane” può essere sostituito dai sintagmi “Il cane”, “Quel cane”, “Questo cane” Dall’esempio deduciamo, quindi, che potendo sostituire l’una con l’altra a seconda delle scelte del parlante, queste si trovano in un rapporto paradigmatico.

2.4 Quadripartizione del segno Il linguista danese, sulla base di alcune idee formulate da Saussure, ha distinto nel segno linguistico non solo due piani, quello dell’espressione e quello del contenuto, ma anche all’interno di ciascun piano, due strati diversi, detti rispettivamente sostanza e forma.

FORMA

SOSTANZA

ESPRESSIONE

CONTENUTO

Significanti, fonemi

Significati, accezioni

Suoni, foni concretamente prodotti e percepiti

Sensi di un determinato contesto

Lo strato della sostanza dell’espressione è costituito dai concreti suoni linguistici che produciamo fisicamente quando pronunciamo una parola; questi suoni sono detti tecnicamente foni. Lo strato della forma dell’espressione è costituito dai cosiddetti fonemi che formano le parole di una lingua; i fonemi sono entità astratte, non suoni concreti. Lo strato della sostanza del contenuto, costituito da tutto ciò che, in una particolare situazione comunicativa, il parlante intende dire e l’ascoltatore capisce, cioè il senso di una certa espressione nel contesto particolare in cui viene usata. Es. “Attento al cane” ha una diversa sostanza del contenuto se parliamo ad un bambino davanti ad cane che gli ringhia contro e un’altra diversa sostanza del contenuto se detto ad un adulto che fa retromarcia in giardino. 3

Lo strato della forma del contenuto è costituito dal significato astratto che, in una data lingua, una certa sequenza di fonemi usata come espressione. Anche le accezioni fanno parte della forma del contenuto. Es. La parola “cane” significa tutti i cani dicibili: il contenuto associato all’espressione “cane” è detto significato del segno. Cadono fuori dai confini della lingua gli elementi materiali, che per tuttavia del segno costituiscono un presupposto:  Materia dell’espressione: intendiamo il supporto fisico attraverso cui si realizza un atto comunicativo. (La materia dell’espressione linguistica orale sarà tutto ciò che è pronunciabile attraverso l’apparato fonatorio e udibile attraverso l’apparato uditivo, quella dell’espressione linguistica scritta saranno i tratti delle grafie, quelle dell’espressione linguistica segnata sarà il corpo.)  Materia del contenuto: intendiamo l’insieme delle esperienze, delle nozioni, dei saperi che fanno parte della realtà in cui vivono gli esseri umani. (Questa realtà si può trovare nell’espressione di una lingua, o in altri sistemi espressivi che non sono traducibili in una qualsiasi lingua storica; oppure può restare inesprimibile.)

2.5 Lingua e parole Perché gli umani possano comprendersi tra di loro è necessario che i suoni delle parole concretamente prodotte possano essere ricondotti a immagini acustiche. I parlanti di una lingua possono comprendersi perché esiste un livello astratto, consistente in un insieme di forme di espressione e contenuto, invarianti e condivise tra coloro che parlano quella data lingua. Saussure fu il primo a distinguere in maniera sistematica le concrete sostanze individuali di contenuto ed espressione che costituiscono il parlare dalle rispettive forme che costituiscono la lingua. In termini sussuriani, definiamo parole i concreti atti del parlare e langue il sistema linguistico astratto che permette a quegli atti di funzionare. Le nozioni di langue e parole sono complementari: senza langue non esisterebbe la parole e senza parole non esisterebbe la langue. La langue rappresenta l’aspetto sociale del linguaggio, il sistema che è comune a tutti. Un insieme di significati e significanti condivisi che permettono gli atti di parole. La parole rappresenta l’aspetto individuale del linguaggio, ciò che fa riferimento alla singola esecuzione. Quello della parole è, dunque, il campo delle singole fonazioni e dei singoli sensi.

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