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Title 2 lezione
Author Simona Borza
Course Letteratura giapponese
Institution Università degli Studi di Napoli L'Orientale
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Lezione n°2

MAN’YOSHU 万葉集 万  10.000; 葉  foglia; 集raccolta. Man’yoshu significa “Raccolta di 10.000 foglie”. Fino ad ora abbiamo visto delle poesie intervallate all’interno del Kojiki e nel Nihonshoki che però a differenza del testo portante dell’opera nel quale sono contenute, erano in giapponese, cioè scritte con i caratteri cinesi utilizzati solo per il loro valore fonetico, per cui la lingua era quella dei giapponesi. L’espressione della poesia era in giapponese. Il Kaifuso è in kanshi addirittura (in cinese). La prima vera raccolta di poesie scritte in giapponese (sempre con la scrittura cinese) è il Man’yoshu. È una raccolta importante di circa 4.500 poesie, privata, cioè non è una raccolta su richiesta imperiale, ma privatamente si sente l’esigenza di raccogliere queste poesie. Sono poesie che vanno dal V all’VIII sec., l’ultima poesia è del 759. Queste poesie sono scritte da circa 500 poeti, molti però sono anonimi. Studi sul Man’yoshu hanno ipotizzato che anche dietro alcune poesie scritte da anonimi si nascondano funzionari di corte, persone di una certa istruzione… però è probabile che anche tutte quelle poesie che si pensa siano di contadini, di persone di varia estrazione sociale, in realtà siano state scritte da funzionari. In ogni caso nel Man’yoshu c’è una rappresentanza di tutte le classi sociali e questa caratteristica è presente solo in quest’opera, infatti dal 900 in poi parteciperanno a queste raccolte di poesie solo gli aristocratici che avranno accesso alla cultura, tutte le altre espressioni di cultura, anche locali, venivano considerate basse e non ritenute degne di considerazione. È una raccolta così composita perché il Giappone si sta dando un’immagine, sta cercando di diventare questo stato unitario, ma inizialmente si ha un paese ancora diviso in regionalismi, per cui nasce l’idea di accorpare, del “tutto fa brodo”. Tra i poeti ci sono circa 70 donne; in realtà anche nelle raccolte successive saranno presenti, perché donne di un certo livello sociale, avranno ruolo fondamentale nel panorama culturale dell’epoca; ad esempio il Genji monogatari sarà scritto da una donna. Man’yoshu significa “raccolta delle 10.000 foglie”. Si è voluto interpretare questo titolo leggendo “foglia” come “parola” (oggi si dice KOTOBA e il BA è il kanji di foglia). Raccolta di 10.000 parole, di 10.000 poesie, dove questo numero è utilizzato in senso iperbolico “tantissime”. È stato però interpretato anche con “foglie” nel significato di “generazioni”, cioè una raccolta che possa essere un faro per le 10.000 generazioni a venire. Non si sa bene chi abbia lavorato come compilatore a questa raccolta privata, sicuramente tra questi c’è Otomo no Yamamochi che compila gli ultimi 4 libri del Man’yoshu. I libri in totale sono 20. Le poesie tendenzialmente sono ordinate in maniera cronologica, ma ci sono delle sezioni tematiche che non tengono in considerazione l’ordine cronologico, altre sezioni per autore e quindi in realtà l’ordine cronologico spesso viene interrotto da una serie di poesie che magari si ritrovano in decenni successivi. Il Man’yoshu è fondamentale perché ci dà delle informazioni che non troveremo più sul Giappone. Abbiamo anche qui miti e storie locali, personaggi, informazioni sulla geografia o sulla botanica. Importante è anche il vocabolario (proprio l’uso delle parole), perché è una rappresentanza del giapponese antico, soprattutto in termini poetici; la maggior parte dei vocaboli usati nelle poesie del Man’yoshu verrà eliminata dal vocabolario riconosciuto pian piano, sull’onda di un accesso aristocratico alla poesia aristocratico. Il Man’yoshu ci dà uno sguardo molto ampio sui vocaboli, ad esempio la botanica è estremamente nominata in poesia, vengono citate ben 150 specie di piante. Tipi di poesie: troviamo 3 tipi di poesie se vogliamo parlarne dal punto di vista metrico:  Tanka – sono 1200 all’interno del Man’yoshu. La tanka è quella scritta da Susanoo, la prima poesia giapponese. La metrica prevede 5 versi in cui ogni verso deve essere rispettivamente di 5-7-5-7-7 sillabe. Uno spazio un po’ angusto per esprimere qualcosa. Tanka significa letteralmente “poesia breve”. La tanka è un’espressione che in qualche modo il Giappone ha eletto a espressione più affine al proprio animo, tanto che in questo periodo si chiama ancora tanka per distinguersi dalla choka (poesia lunga), ma con l’andar del tempo verrà chiamata “waka” poesia giapponese per antonomasia.  Choka – rappresentazione più lunga, sono 260. Poiché lunghe, prevedono un verso di 5 sillabe intervallato ad uno di 7, finché il poeta chiude la choka con 3 versi di 5-7-7 preceduto da un numero illimitato di verso 5-7. Parliamo di poesie solo in giapponese.

Sedoka – non hanno avuto grande successo nella lirica giapponese. Indicano una “poesia che ritorna a capo”, perché sono poesie costituite da 2 gruppi di versi 5-7-7 5-7-7. Un altro modo per dividere la tipologia di poesia del Man’yoshu è data dall’argomento trattato:  Zoka – di argomento vario. Spesso sono argomenti ispirati alla vita di corte quindi battute di caccia, banchetti festività, nascite di imperatori… poesie composte in queste occasioni o che ne parlano. All’interno di questo gruppo di poesie miscellanee, dall’argomento misto ci sono le cosiddette mondo-uta “botta e risposta”, gruppi di poesie che si costruiscono così: la prima parte una domanda, la seconda una risposta.  Somonka – significa poesia in cui ci si esprime individualmente, cioè si esprimono i propri sentimenti. Primeggia il sentimento. Sono tutte le poesie amorose. Il sentimento amoroso non è solo tra innamorati, ma anche familiare, amore in senso generale.  Banka – sono elegie, poesie con tono malinconico. All’interno delle banka molte sono scritte sull’onda del dolore per la morte di qualcuno.  Hanka – in genere sono delle tanka che si trovano alla fine di una poesia lunga. Spesso nel Man’yoshu si può trovare una choka a cui si aggiunge alla fine una tanka che funge un po’ da riassunto a quello che si è detto nella choka. È una poesia quasi di risposta a quella principale. Poesia breve che accompagna una poesia lunga.  Tatoe no uta – poesie allegoriche.  Shiki kusa-gusa no uta – i giapponesi sono fissati con le 4 stagioni, è un tema molto sentito, soprattutto come cambia il paesaggio e quindi ci sono poesie interamente dedicate alle 4 stagioni, all’estetica delle 4 stagioni.  Shiki somon – poesie in cui al proprio sentimento che può essere d’amore verso un malato o la propria famiglia, vengono abbinati dei sentimenti verso la natura. Spesso in questi componimenti la natura diventa specchio dell’animo umano (paesaggio triste= animo triste) uniscono le somonka e le shiki kusa-gusa no uta. 

Lingua: è in lingua giapponese, ma i giapponese Raccoglie poesie datate dal V al VII secolo. Si trovano 500 poeti, di cui 70 sono donne, di tutte le classi sociali nel senso che l’opera include anche canti popolari e temi non particolarmente aristocratici (raccolti sempre dalla gente con un certo livello di cultura e che sapeva scrivere). Di sicuro Otomo no Yakamochi è uno dei compilatori perché le ultime poesie sono le sue. Il Man’yoshu contiene circa 4500 poesie organizzate per categorie e all’interno delle categorie sono organizzate in senso cronologico, tutto in 20 libri (20 maki). Sono date molte informazioni sul Giappone antico (miti, storie locali, geografia, botanica ecc..). kotobagaki che era scritto all’inizio della poesia, in cinese, che ci dava alcune informazioni per comprendere meglio il contenuto o il significato della poesia. Anche il Man’yoshu diventa un laboratorio sperimentale della scrittura, infatti le parole possono avere: valore fonetico; valore fonetico + valore semantico; valore semantico di singoli logogrammi; scrittura logo fonografica; composti con caratteri utilizzati semanticamente. Poetica: c’è ricchezza di temi e di vocabolario. Il Man’yoshu ha 2 caratteristiche: Makoto che indica la sincerità e la semplicità e il Masuraobur, cioè la mascolinità perché il fatto di essere diretti veniva considerato una caratteristica nettamente maschile. Un altro fatto importante per comprendere il Manyoshu è la credenza nel Kotodama, cioè si credeva che le parole “koto” possedessero un “dama”, ossia spirito, un’anima. Quindi il Man’yoshu è la prima raccolta di poesie (antologia di poesie) giapponese conosciuta. Continuano ad esserci problemi di trascrizione del giapponese per le motivazioni che abbiamo elencato varie volte. È un’antologia estremamente ricca, contiene circa 4.500 componimenti di diversa natura metrica, che vanno dal V secolo fino al VIII sec. (più o meno) e che ricoprono una vastità di componimenti dal punto di vista metrico e contenutistico che però purtroppo poi scomparirà con l’andare del tempo, andandosi sempre di più a fossilizzare, specializzare in un determinato tipo di ambiente, con un determinato tipo di tematiche (che poi vedremo).

Per comodità, trovandoci dinanzi a questo enorme mare di componimenti, molto studiosi si sono approcciati al Man’yoshu, per studiarlo e analizzarlo, cercando di individuare i cosiddetti 4 periodi, che sono 4 periodi cronologici che però non corrispondono realmente all’ordine in cui i componimenti sono inseriti nell’antologia; questi non seguono sempre un ordine cronologico, per cui non è detto che le poesie che per convenzione si fanno rientrare nel primo periodo, si trovino effettivamente nei primi volumi del Man’yoshu. 1° PERIODO La settimana scorsa abbiamo analizzato il primo periodo prendendo ad esempio alcune composizioni, quella che apre l’antologia dell’imperatore Yuriaku (Gioriaku) molto antica, addirittura precedente. Il primo periodo noi lo facciamo partire dal 600 ed arrivare per convenzione fino al 672, ma la poesia di Yuriaku è ancora precedente, ce ne sono pochissime precedenti al 600 per cui il primo periodo lo si fa partire dal 600. Nel primo periodo c’è il passaggio da kayo (ballate, poesie a carattere collettivo volte a rappresentare qualcosa della comunità) alla poesia individuale (il poeta esprime qualcosa in versi); si passa da una poetica impersonale alla poesia lirica, più vicina la nostro concetto. C’è in queste la scoperta della natura come qualcosa da ammirare. Tutte le poesie hanno 2 numeri: il primo indica il libro, il secondo invece è il numero della poesia. 1° poesia del Man’yoshu, Imperatore Yuriaku: in questa poesia si nota il passaggio dalle ballate (ha la costruzione di una ballata) alla poesia lirica, ma è un passaggio graduale. Ci si interroga su chi possa essere la fanciulla a cui l’imperatore si rivolge, alcuni credono sia una principessa o una persona di un certo livello, lo si capisce dal tipo di linguaggio che usa, oppure una sacerdotessa dato che raccoglie le erbette, quindi c’è un richiamo al rito tamakuri secondo cui raccogliendo le erbette si scuotono gli spiriti per farli tornare a noi. L’imperatore dice alla fanciulla “parlami della tua casa, dimmi il tuo nome”, si tratta di un gesto strano perché il nome non si diceva a chiunque per paura che potesse succedere qualcosa. La poesia può essere considerata anche un corteggiamento, in cui l’uomo specifica di essere l’imperatore, in modo da rendere più difficile il rifiuto. C’è anche una lettura allegorica della poesia: il fatto che l’imperatore voglia unirsi a questa fanciulla molto legata al concetto di terra (raccoglie le erbette), rappresenterebbe il sodalizio tra l’imperatore e la terra che si appresta a governare. Perché è la prima poesia? Perché è molto antica, perché l’imperatore era una figura importante e anche perché l’imperatore presenta due aspetti fondamentali, riunisce in una sola persona l’aspetto poetico e quello guerriero, inoltre è considerato un grande amante, quindi richiama la figura del cortigiano che corteggia le fanciulle. Poesia dell’Imperatore Jonmei: qui è descritto il momento del Kunimi (kunimì). Nel kunimi “il guardare” non è inteso per forza come atto fisico, ma è considerato anche come “governare”. L’imperatore è come se avesse i superpoteri, riesce a vedere il mare laddove non si vedrebbe data la sua posizione. Poesia della Principessa Nukata: vi è presente il Shunjunyuretsuron, ossia il dibattito su quale tra le stagioni sia la più bella (primavera o autunno?). Spesso i giapponesi preferiscono l’autunno alla primavera. Si approfitta di questi componimenti per introdurre una seri di elementi che ricorreranno nella cultura giapponese in diversi ambiti, non necessariamente in quello poetico, che sono il kunimi, i discorsi sulla natura e sulle stagioni. Molte poesie sono precedute da una parte in prosa in cinese, in cui si spiega il perché della composizione della poesia, in occasione di cosa sia stata scritta e vi è l’anticipazione delle tematiche che la poesia tratterà. 2° PERIODO (672-710) Per convenzione lo si fa partire dal 672, cioè da quando la rivolta di Jishin no Ran, che scoppia alla morte dell’Imperatore Tenjin per la successione al trono, viene sedata e l’imperatore Tenmu prende il potere e quindi sale al trono. L’imperatore Tenmu è quello che si preoccupa e si attiva maggiormente per la costruzione, dal punto di vista culturale, dello stato centralizzato di Yamato, infatti è proprio lui che ordinerà la compilazione sia del Kojiki che del … . Quindi una personalità che cercherà di gettare le basi di questo stato di Yamato che tra una rivolta da una parte, soggiogando i ribelli nelle zone più lontane dall’altra, cerca di mantenere le fila di questo nuovo stato che si sta formando.

Il 2° periodo lo si fa andare dal 672 (fine della rivolta) al 710 data in cui la capitale viene fissata a Nara, entra per la prima volta in Giappone il concetto di capitale. Al centro di questo periodo c’è l’Imperatore Tenmu, perché cerca di gettare le basi ideologiche dello stato imperiale, quindi cerca di creare intorno all’imperatore quell’aura di divinizzazione che abbiamo visto col Kojiki, tanto rendere l’immagine dell’imperatore un’immagine di riferimento, spesso simbolica, che resterà intatta fino alla seconda guerra mondiale e che in realtà ancora oggi persiste, anche se con sfumature diverse rispetto a quelle antiche, ormai privata di quel tipo di potere politico e solo simbolica. L’imperatore Tenmu, personalità quindi molto importante per la costruzione della cultura giapponese, prima ancora che nascesse la capitale Nara, sente l’esigenza di inglobare, anche culturalmente, tutte le culture non necessariamente appartenenti al clan di Yamato, quindi quelle delle periferie più lontane ed è da lì che fa arrivare a corte artisti di tutti i tipi: attori, poeti, cantastorie, saltimbanchi, nani… qualunque elemento di curiosità delle province più lontane lui cerca di farlo entrare per inglobarlo in questa nuova cultura che stava gettando le basi e per farli sentire uniti in questo discorso completamente inedito per la storia giapponese, dello stato unitario. In questa logica ovviamente fioriscono le arti; Tenmu darà molta importanza alle arti di tutti i tipi: poesia, danza, canto, musica… In questa atmosfera nasce il poeta professionista: le poesie che si fanno rientrare per convenzione nel 1° periodo, sono composte da aristocratici, quindi persone che fanno altro nella vita e uniscono a quello poi il comporre poesie; da questo momento invece i professionisti riconoscono nella poesia la loro arte primaria, non ancora fonte di sussistenza perché non esisteva il concetto di vendere la propria arte (bisognerà aspetta il 1600), ma comunque vivono con la propria arte perché i mecenati li chiamavano a corte e quindi il poeta era tenuto a scrivere non solo sul suo impulso poetico, ma componeva poesie anche per delle occasioni. Il poeta più rappresentativo di questo 2° periodo, che viene poi considerato uno dei sommi poeti della cultura giapponese, è Kakinomoto no Hitomaro, chiamato “il saggio della poesia”, il primo poeta per eccellenza ed uno di quei poeti per professione. Di lui si sa molto poco – ai tempi se non si trovavano nei registri informazioni sulla famiglia, sui legami familiari di una persona, significava che questa era talmente di basso livello sociale da non essere considerata – il ché ci dà in un certo modo la conferma che fosse di bassa estrazione sociale. A Kakinomoto sono legate soprattutto le choka (poesia lunga che può avere lunghezza variabile, a differenza della Tanka che ha soltanto 5 versi), infatti è lui a scrivere la choka più lunga del Man’yoshu. In quanto poeta professionista, scriverà le sue composizioni non solo per motivi privati, ma soprattutto per motivi pubblici. Ad un certo punto però non si capisce più quale sia il confine tra pubblico e privato, perché si avverte un tale trasporto emotivo nei componimenti chiaramente pubblici (per esempio per la morte di un principe), in cui è così addolorato che non si sa se lo sia altrettanto nelle composizioni private, come ad esempio nelle due elegie che dedica alla morte di sua moglie. Qualcuno ha anche dubitato della sua sincera commozione nel caso delle poesie private. Tra l’altro a Kakinomoto va ascritto, in quanto poeta di professione, il primato di aver introdotto in maniera molto più consapevole e massiccia, il concetto di metafora nella poesia giapponese (che poi dopo un po’ si perderà). Nelle sue poesie troviamo spesso metafore o similitudini con la natura (es. “triste come un cielo d’autunno), che ovviamente si distacca un po’ dal concetto di espressione sincera legata allo scrivere sull’onda, su getto di un’emozione, molto meno costruita come poesia e che caratterizza soprattutto il 1° periodo delle poesie del Man’yoshu. Choka per la morte del principe Kusakabe “All’inizio del cielo e della terra/ sulle rive del Paradiso Celeste/ le ottocento miriadi, le migliaia di miriadi di dei,/ quando si riunirono in divino consesso/ con decisione divina decisero/ che la Dea che illumina il Cielo/ dovesse regnare in cielo/ così come sui campi di riso e canne/ fin quando il cielo fosse esistito,/ dispiegarono le ottuplici nubi celesti/ ed inviarono come divina progenie/ il principe splendente,/”… Tutto questo serve per dire che l’imperatore ha origini divine e così tutta la sua discendenza. Comincia dall’inizio delle divinità che si riuniscono e decidono poi di inviare come divina progenie il principe splendente. “che nel palazzo di Kiyomi ad Asuka,/ essendo celeste, regnò con mano ferma/ stabilendo che sulle terre dominassero/ signori divini./ Ciò fatto, aprì il portale in pietra/ ed ascese al cielo./…” Il sovrano si è stabilito, governa con mano ferma. “Possa il nostro grande signore, il principe sovrano,/ insieme al regno che deve governare e guidare/ sotto il cielo,/ fiorire come i boccioli in primavera/ e risplendere come la luna piena./”

Augurio a questo principe di cui descrive tutta la carriera, dall’insediamento al potere, fino al momento in cui muore. Questa è un’elegia però il poeta ripercorre tutte le tappe della vita del principe Kusakabe. “Così, le genti dai quattro angoli detta terra/ sperano per il suo regno, come fosse una gran nave,/ che cada l’acqua dal cielo/ - ma cos’ha egli in mente?-/…” Nel regno va tutto bene, ma improvvisamente succede qualcosa. “Sull’altura di Mayumi, dove/ non ha destino,/ costruisce saldi i pilastri del palazzo,/ innalza la sacra sala.” Maestro della metafora e del linguaggio figurativo, Kakinomoto usa l’immagine dell’imperatore che costruisce il proprio palazzo imperiale, quello da cui avrebbe dovuto governare, come metafora della costruzione della tomba, del posto dove verrà sepolto l’imperatore. Con questa similitudine “costruire sull’altura dove non ha destino”, il poeta ricorre ad un’immagine che ha doppia valenza, quella figurativa e quella reale. La reale è l’abitudine di costruire un palazzo dal quale l’imperatore possa governare, che qui viene vista come costruzione metaforica della propria tomba. Immagine che userà spesso in caso di mortem principi. “E non pronuncia le parole mattutine./…” Le parole mattutine sono gli ordini della giornata, quelli che il sovrano emana a inizio del giorno, ma qui lui non le pronuncia perché è morto, ha finito di governare. “Sono ora passati molti giorni e mesi/ ed ecco perché i cortigiani del principe/ non sanno dove andare.” Il principe guidava il paese come fosse una nave, per cui alla sua morte i cortigiani, privati improvvisamente da questa guida, si trovano sperduti, non sanno...


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