3. Tolentini PDF

Title 3. Tolentini
Author Anna Gambillara
Course Storia dell'architettura
Institution Università Iuav di Venezia
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TOLENTINI LA CHIESA Tolentini = nome dei padri Tolentino che vivevano qui. ’59 - ’60: trasferimento della scuola. Monastero: della costruzione non si sapeva nulla, ricerche a partire dagli anni ’80. Per 400 anni sono girate voci sul fatto che la chiesa fosse stata costruita a partire da un disegno di Palladio lasciato a metà e ripreso da Vincenzo Scamozzi, che poi fu cacciato dai padri teatini per far concludere la chiesa ai mastri del cantiere veneziano.I teatini erano una congregazione religiosa puntuale nel redigere le entrate e le uscite, ma per la chiesa il libro del cantiere è stato smarrito. Problemi delle fonti per studiare gli edifici storici. Le testimonianze di edifici antichi possono essere di due tipi: volontarie o involontarie. Le volontarie sono le cronache scritte, le agiografie dei santi appositamente per essere ricordate, la non volontarie sono quelle che rimangono nel campo, ad esempio sono gli oggetti, le monete, i libri, i fallimenti sul campo in cantiere, gli atti notarili. Queste testimonianze non parlano direttamente ma messe a sistema e interrogate hanno un valore, che accresce se più di essere convergono su uno stesso punto. Il libro di cantiere della chiesa dei Tolentini non fu mai ritrovato, ma possiamo far riferimento alle testimonianze involontarie lasciate dalla congregazione. Perciò la storia della chiesa è stata riletta dal punto di vista dei teatini. Il committente della chiesa è appunto l’Ordine dei chierici regolari teatini, che deriva da Teate, diocesi del vescovo Giampietro Carafa. Fu il primo ordine moderno, fondato nel 1524 a Roma da Gaetano Tiene e Carafa (che divenne in seguito prima cardinale e poi papa Paolo IV). L’ordine nasce per contrastare la riforma luterana e ristabilire l’ordine e l’istruzione nel clero compromesso da troppe ricchezze. I teatini infatti rinunciano allo stipendio mensile. Sono dei veri e propri preti regolari in comunità, non monaci, quindi non sono un ordine mendicante. L’ordine ha una scarsa documentazione, in particolare a riguardo della loro sede a Roma di Sant’Antonio della Valle, scelta per la posizione in diretta comunicazione con la via verso San Pietro. Giampietro Carafa ebbe un controllo ferreo sull’Ordine fino alla sua morte, tanto che non erano necessari documenti scritti perché prendeva lui tutte le decisioni. Nel 1537 i teatini si espansero anche a Napoli. Carafa teneva al fatto che fosse concesso ai teatini l’abito locale, cioè l’acquisizione dell’abito del luogo in cui si va, la mimetizzazione, l’accettazione e l’integrazione da parte del popolo: questo per Carafa viene fatto anche attraverso l’architettura. Quando Carafa diventò cardinale non designò un successore ma iniziò a gestire tutto tenendo le assemblee a Roma. Quando Carafa morì nel 1559, l’ordine non si diede un padre generale fino al 1588. Questo ebbe conseguenze sulle decisioni della congregazione, che furo di tipo molto collegiale. I teatini arrivarono a Venezia (si stabilirono anche verso Chioggia e nelle isole) nel giugno del 1527, dopo il Sacco di Roma, in fuga. Venezia era un luogo sicuro perché Gaetano Tiene era in buoni rapporti con alcuni nobili veneziani. A Venezia c’erano delle funzioni urbane che rispecchiavano le destinazioni commerciali: arrivavano legno dal Cadore, vino, ecc. la prima zona di insediamento dei teatini era commerciale, ma decidono di spostarsi nella zona più tranquilla e laica del Campo delle Lana (ai Tolentini), dove tessitori e tintori appendevano i loro panni nei campi. Un proprietario tintore donò il terreno ai padri teatini. La difficoltà per i padri all’ora era che la Repubblica controllava molto le congregazioni, quindi fu grazie alla donazione che poterono insediarsi lì, a partire dal 1527. A partire da quel momento si instaura un rapporto tra la confraternita e una serie di prestanome di fiducia che iniziano a coprire gli acquisti di terreni da parte dei teatini per permettergli di comprarne altri. Solo nel 1575 i teatini appaiono in dei documenti per l’acquisto di nuovi stabili. Nel 1516 - ’20 costruiscono un oratorio dedicato al culto di Nicola da Tolentino (bar iuav). Sul retro era presente una corte chiusa. Rapporto particolare con la confraternita, laici prestanomi. Poiché Palladio morì nel 1580 e fino a quella data i teatini non si mostrano interessati ad un grande cantiere palladiano, si può escludere l’ipotesi di un suo coinvolgimento. Fino al 1579 i padri ampliarono soltanto la loro chiesa esistente ma non fanno nessun edificio nuovo. Addirittura, ci fu un teatino, Geremia Isacchino, che si oppose fermamente ai progetti di architettura di Carafa, ormai paolo IV a Roma, in nome della povertà. Si ebbe notizia di un intento importante di costruzione di una nuova chiesa solo nel 1581, quando Isacchino e Palladio ormai erano morti. In questa data i teatini acquistano dei terreni per costruire la chiesa, ma non dove si trova oggi, bensì verso Sud, sul canale Gafaro, dove oggi c’è l’Aula Magna. Volevano farla lì perché era la via di comunicazione più diretta con il Canal Grande.

Vincenzo Scamozzi (1548-1616) viene talvolta considerato prosecutore di Palladio, ma in realtà sono molto diversi, anche se hanno lavorato assieme più volte, ad esempio nel cantiere della Rotonda. Mentre Palladio si forma come scalpellino, Vincenzo nasce in una posizione più agiata e viene introdotto nei cantieri da suo padre, che lo fa studiare e viaggiare a Roma. Non ci sono tante sue opere realizzate ma c’è un importante trattato, “L’idea dell’architettura universale”, pubblicato nel 1615 parzialmente ma iniziato già dagli anni ’90 e dove usa un approccio molto razionale. Non è chiaro come abbia incontrato i teatini veneziani ma probabilmente fu grazie ai teatini padovani, per i quali in precedenza fece la chiesa di San Gerolamo a nome di Tiene. Cantiere Tra 1581-86 si avvia il cantiere di costruzione della chiesa, che non doveva essere collocata dove effettivamente si trova adesso. Il progetto Sud fallisce nel 1588, perché non riescono ad arrivare al canale, quindi si rivolgono a Ovest, verso Rio dei Tolentini, hanno fatto nuovi investimenti per poter comprare nuovi edifici. Scamozzi è presente in questa fase perché ci sono dei documenti del 1590 dove lo ringraziano per aiuti gratuiti resi precedentemente. Non ci sono documenti di discussione sul progetto ma sappiamo che i teatini erano dubbiosi sul transetto, e su questo dibattevano con l’architetto. Secondo i teatini, più lungo sarebbe stato il transetto, più luce e magnificenza avrebbe acquisito la chiesa. Una fonte interna attesta che il modello di rifermento era la Basilica del Redentore, di Palladio. Questa è una scelta politica perché si vuole imitare una chiesa di Stato. Non vogliono farla identica ma addirittura più grande e maestosa. La caratteristica della Basilica del Redentore (chiesa di stato) è il presbiterio che non sporge dal rettangolo in cui può essere inscritta, i teatini invece vogliono espandersi dal rettangolo. Scamozzi appoggia l’idea ma c’è un problema, cioè l’incertezza sui terreni a disposizione attraverso gli accordi tra teatini e privati. I vicini dei teatini inizialmente dicono di sì e i teatini non acquistano ma iniziano a fare i progetti considerando quei terreni, ma poi si trovano di fronte ad un inaspettato diniego. Date Giugno 1590 → contratto con Scamozzi che stabilisce i pieni poteri all’architetto Novembre 1591 → posta la prima pietra durante la cerimonia pubblica che doveva avere come ospite addirittura il doge 1602 →consacrazione della chiesa 1595 → allontanamento di Scamozzi perché i Teatini vogliono mettere a tacere le critiche 1594-96 → interruzione dei lavori 1596 → supervisione dei lavori da parte degli stessi addetti al cantiere Fino a 1700 → proseguono la decorazione interna e la costruzione di Sagrestia e campanile − Perché avvenne la lite con Scamozzi? Ci sono diverse supposizioni. Secondo alcuni non viene accettata l’architettura alla romana e poco veneziana bizantina-medievale di Scamozzi. Secondo altri Scamozzi aveva un atteggiamento arrogante che schiacciava la professionalità dei grandi maestri costruttori veneziani. Queste ipotesi non hanno riscontro perché negli stessi anni della lite Scamozzi sta costruendo anche per il doge senza particolari problemi. L’ipotesi più plausibile è che Scamozzi ha voluto utilizzare un metodo costruttivo che faceva troppo scalpore e che l’associazione di costruttori e mureri veneziani hanno avvertito i teatini dicendo che avrebbero potuto esserci dei crolli. I teatini, che non volevano che girassero certe voci sulla loro chiesa e non vogliono andare contro i veneziani (perché vogliono essere accettati dal popolo), decisero quindi di cacciare Scamozzi.

− A che punto era il cantiere quando Scamozzi venne cacciato? Scamozzi aveva iniziato dai piloni della cupola, che ad oggi non esiste. Aveva proseguito poi sul lato Nord facendo l’esatta scansione delle Cappelle interne (fino a 2 m di altezza) ed era arrivato all’angolo con la facciata. Nel lato Sud era arrivato fino al livello delle fondazioni. La scusa per cacciarlo fu il cedimento che si verificò in sua assenza (perché era impegnato in altre fabbriche), in realtà dovuto al fatto che i teatini non gli avevano fornito i materiali necessari richiesti e i costruttori avevano continuato lo stesso come volevano loro. Poiché era anti-economico demolire le parti di chiesa già realizzate, dopo la cacciata di Scamozzi si decise di proseguire da dove si era rimasti. −

Quale era il metodo costruttivo che voleva utilizzare Scamozzi? Il metodo costruttivo in questione era una sperimentazione sulle fondazioni, che lui vuole fare alla romana. A Roma però le architetture sono più massicce e le fondazioni sono più pesanti, troppo per Venezia. Lui pensava che andassero bene perché era il metodo costruttivo che aveva utilizzato anche a Padova per risolvere problemi su terreni cedevoli. A Venezia non tutti gli edifici sono su pali, alcuni hanno degli zatteroni sul terreno. Quelle su pali si oppongono al terreno, quelle su zattere si adeguano ad esso. Invece di murare con malta di calce e sabbia su usava la terra da Saon, cioè lo scarto del sapone per murare i massi fondali, a contatto con acqua e sale. La terra da Saon non si indurisce subito, è più densa e il masso fondale si adatta al cedimento prima di asciugare. Vitruvio descrive la firmitas come uno dei principi fondamentali dell’architettura, ma a Venezia le cose non funzionano così. Scamozzi però era molto legato alle regole Vitruviane e rifiuta le fondazioni cedevoli veneziane e inizia a fare con malta di calce e sabbia contro la tradizione. Alla fine, però, deve rinunciare ai suoi principi vitruviani per proseguire.

Però la sua tecnica di archi ribassati su massi fondali sui fianchi della chiesa ha permesso di risparmiare rispetto alla costruzione continua del muro, anche se gli archi spingono diversamente rispetto ad un muro. Gli archi ribassati sono un’alta tecnica rifiutata dai padri teatini, nonostante fosse già stata usata sulla chiesa di San Gaetano a Padova. Ritiene di poterla usare anche a Venezia, ma trova resistenza ance da maestranze. Richiede il puntellamento dell’ancolo ce stava cedendo, ma viene rifiutata anche questa richiesta. Il masso sarebbe quindi caduto e avrebbero potuto incolpare l’architetto. Maestranza non aveva capacità e competenze a riguardo. I tentativi rifiutati si estendono anche agli archi che vengono demoliti e i muri fatti poggiare direttamente a terra (a Nordarchi su pilastri/ a Sud muri poggianti direttamente a terra). Non abbaimo disegni di cantiere/progetto, abbiamo solo una destrizione derivante dall’appalto con le maestranze successive e disegno di Scamozzi del 1608 per il suo trattato(per promozio ne di se stesso per cui non molto affidabile). I Teatiti avrebbero voluto costruire il transetto in modo più grandioso e Scamozzi lascia la costruzione della fabbrica a causa di questa richiesta: avrebbe occupato l’accesso al monastero e bloccato gli approvigionamenti. Inizato solo tra il ‘96 e il ‘97 dopo il suo allontanamanto. Iniziano a costruirlo e decidono di impostarlo con due setti rettilinei. La cupola, fondata su queste fondazioni, è stata demolita nel 1618 per motivi di fessurazioni gravi; per cui non si conosce com’è stata costruita.

A Venezia vi erano/vi sono due tipologie di cupole: S.Marco, cuffia fatta con cassero il doppio/triplo dell’atezza e in metallo senza lanterna; cupola di S.Giorgio si ha assottigliamento della cuffia cupola, interno ed esterno coincidono (come Palladio) e diventa utile avere lanterna. Dai alcuni documenti sappiamo che era in muratura, con lanterna e loculo centrale per far calare materiale all’interno(?). Modello palladiano anche senza la sua presenza, allontanato per la pressione dei religiosi. Modello: cupola con due campanili affiancati, ma non completati, solamente quello a Nord, funzionale per camapana, quello a Sud rimasto incompleto.

IL MONASTERO Per il monastero viene usato un approccio diverso rispetto a quello della Chiesa, perché mentre per la Casa di Dio le famiglie donavano per denaro, per la Casa di Clero non c’erano tanti soldi. La costruzione del monastero sui colloca tra 1612 e 1667, cioè dopo dell’interdetto, la sconsacrazione della città, dopo il quale i teatini, i gesuiti e i somaschi furono cacciati da Venezia. I primi riammessi furono teatini subito dopo il 1606. I 2 temi che girano attorno alla costruzione del monastero sono: − Lo scambio di disegni con la casa madre romana; − Le difficolta finanziarie: la costruzione avvenne infatti per parti mano a mano ipotecate e poi ricomprate (con persone di fiducia) La prima ala costruita fu quella Nord, perché era aperta sulla corte retrostante e volevano segnare la loro area, dividendola da quella del pubblico. Proseguono con ala Est, e per ultima l’ala Ovest e il chiostro. L’ultima parte è Seicentesca e di più ampio respiro. Nel 1638 - ’39 vendono dei beni della chiesa per poter finanziare la costruzione (l’oratorio è rimasto attivo). Gli scambi con la Casa madre romana sono 3 disegni e 1 relazione. Dalla casa romana arrivano indicazioni funzionali e distributive, come: 3 corpi scala per creare 3 corpi autonomi; separare l’accesso dei laici dal canale e l’accesso dei teatini da un’altra parte; posizionare il refettorio e la biblioteca, inizialmente più ristretti di quelli odierni fuori dal circuito del chiostro per permettere di liberare le altezze e risolvere problemi di illuminazione (chiostro = circuito chiuso che pone delle misure). I veneziani rispondono per risolvere problemi tecnici tipicamente veneziani come gli spessori delle murature e gli accessi dall’acqua che dovevano essere diretti. Dove c’è ora l’Aula Magna, c’era il refettorio dell’epoca con sopra la biblioteca e fu poi diviso da Scarpa. Dove ora c’è la libreria Cluva una volta c’era il cimitero, il suo accesso è stato ostruito una volta costruito il transetto della chiesa.

FACCIATA DELLA CHIESA nel Settecento La Chiesa era rimasta priva di facciata e rimane incompleta al rustico. Doveva essere completata con pietra. La facciata viene fatta a inizio Settecento (disegno del 1706, iniziata con il pronao nel 1707 e finita nel 17014). È solo un pronao che lascia al rustico la parte superiore. Fu una fabbrica complessa percui i lavori vennero interrotti più volte e ne restano molto disegni. La sua costruzione fu favorita da Alvise da Mosto, procuratore di S. Marco, posizionato sul portale. Il pronao non è di ispirazione palladiana perché le colonne sono scanalate: la scanalatura è più costosa e Palladio le faceva lisce e intonacate a marmorino. Il modello quindi deve essere stato un modello di tempio antico lapideo. Il Cavaliere Alessando Zen era stato incaricato di scegliere un disegno tra quelli proposti e sceglie secondo quanto ha visto in Germania (terre asburgiche). Gli esempi di riferimento sono quindi la chiesa di Juvarra a Torino – Superga (con pronao su colonne, cupola e campanili) e le chiese gemelle in piazza del popolo a Roma. Sembra che i teatini non volessero il portico perché avrebbe richiamato senzatetto e delinquenza, infatti per sensibilità sul decoro pubblico del tempo tutti abbattevano i portici per questa ragione. Una parte dei teatini però era d’accordo. L’architetto che realizza la facciata è Andrea Tirali, proto delle acque, tecnico della Repubblica di Venezia. Era un tagliapietra semi-analfabeta, perciò possiamo presupporre che la volontà di utilizzare un modello di tempio greco non sia partita da lui ma da qualcuno interno ai teatini, che conosceva i teatini di Napoli, risiedenti nell’ex tempio greco dei dioscuri, del quale era stata mantenuta la facciata. Il tempio di Napoli fatalità era appena crollato quindi sembra chiara la volontà di voler costruire una facciata su suo modello a Venezia. Ci sono molti disegni alternativi ma fatti da mano diversa commissionati nel 1711 per smuovere i committenti a finanziare l’opera. I disegni raffiguravano esempi più costosi per ricattare gli eredi di Alvise da Mosto che erano in ritardo nella costruzione rispetto agli accordi presi con Alvise. Il foro sul timpano fa luce alla lunetta interna su parete in mattoni. Le colonne hanno ordine corinzio con variazione dei fiori sull’abaco (tipico del Settecento). IL MONASTERO nel Novecento Dal 1810 la relazione tra Venezia e i teatini viene recisa, rimangono pochi padri nella chiesa, che poi verrà riaperta come chiesa parrocchiale succursale della Chiesa della Croce. Il convento diventa caserma. Nel 1926 nasce l’Istituto IUAV presso Ca’ San Trovaso e si trasferisce ai Tolentini nel 1959-60. Nel 1941 viene posto il vincolo per edifici di importanza storica. Il monastero è subito divenuto cantiere di studio per gli studenti di quegli anni. Il restauro che ha portato alla connotazione inizia nel 1961 ed è un cantiere molto sperimentale. La commissione milanese fa un progetto che viene tradotto in esecutivo da altri, i quali garantiscono anche la supervisione in cantiere (quindi non è un progetto fatto unicamente da uno studio). La persona più importante per il restauro è stata Daniele Calabri, consigliato da Bruno Zevi (entrambi ebrei). Ci sono lettere e disegni, ma si arriva solo al 1:100 non al dettaglio.

Le questioni del cantiere erano: • Temi assegnati a didattica di studenti • Scambio sul luogo per definire i dettagli e le soluzioni tecniche, quindi non ci sono testimonianze. Dal 1961 Carlo Scarpa spicca per la sua presenza in cantiere. L’ingresso che vediamo oggi però non è suo, era già morto, è solamente l’unione dei suoi ipotetici progetti. Nella sala periodici planning e storia si nota la sua mano: suddivisione ma rimane percezione dell’insieme. Non è l’unico progetto che Scarpa ha fatto ai Tolentini ma non hanno fortuna. • 1965 o prima adeguamento di una sala in aula magna sul braccio porticato a primo piano del chiostro: muri curvi compressione e dilatazione. Catenaria copertura curva sbilanciata. Doccione che va a svuotarsi nel chiostro (rif. Cappella Ronchamp, Le Corbusier era stato da poco a Venezia) • 1968 à apertura a grande numero di studenti, aula magna di scarpa non sarebbe bastata. L’allestimento in aula magna di scarpa viene smantellato in parte per aprirla a tutta la cittadinanza. Collaborano 5 artisti veneziani....


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