Analisi Ecloga 1 - Appunti di lezione 1 PDF

Title Analisi Ecloga 1 - Appunti di lezione 1
Author dante cante
Course Storia contemporanea iv d
Institution Sapienza - Università di Roma
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c'è tutto...


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ANALISI ECLOGA 1: 1-5 vv. O TITIRO: complemento di vocazione RECUBANS: participio presente, composto re + cubo (cubo, -as, -avi, -atum, -are, “giacere, essere coricato”), che indica appunto lo sdraiarsi all’indietro, sulla schiena, in una posizione di completo riposo. SUB TEGMINE: complemento di stato in luogo (SUB + ABL); TEGMINE: da tegmen, -inis, “copertura, indumento”, è una scelta lessicalmente preziosa e raffinata, in quanto il termine è utilizzato comunemente per capi di vestiario e non per costruzioni abitative. PATULAE FAGI: è un Iperbato, quando due parole, un sostantivo e il suo attributo, sono separati. FAGI: alcuni commentatori hanno notato che la pianta del faggio non cresce nella pianura padana, dove si immagina ambientata questa bucolica. TENUI: l’aggettivo tenuis, -e si riferisce sia al suono dalla zampogna sia al genere “umile” della poesia virgiliana delle Bucoliche. MEDITARIS: verbo deponente da (meditor, -aris, meditatus sum, meditari), ha una sfumatura iterativa, per cui il significato è quello di comporre una poesia in musica con scrupolo ed attenzione stilistica. AVENA: il flauto è la canna vuota (tecnicamente, il “caule”) della pianta del cereale. È una Metonimia (per indicare lo strumento musicale, si indica invece il materiale con cui è fatto il flauto (di canna). TENUI AVENA: ablativo strumentale. SILVESTREM MUSAM: complemento oggetto + attributo. NOS: Il pronome personale, in posizione rilevata di inizio verso, indica bene la contrapposizione tra chi può godere ancora della serenità della campagna e chi ne è stato escluso per sempre, come Melibeo. L’antitesi è con il pronome tu (v. 1 e v. 4). LINQUIMUS: Virgilio qui preferisce la forma semplice per quella composta, più precisa, “relinquimus”. È una forma poetica, un raro arcaismo, ma non come lo erano presenti nella prosa di Sallustio. Qui devono servire solo per dare una patina poetica al linguaggio di Virgilio. ( relinquo, -quis, reliqui, relictum, relinquere).

FUGIMUS: 1. Pers. Plur. Del presente indicativo di (fugio, is, i, itum, ere). si noti l’uso raro del verbo con valore transitivo, tipico della poesia. Qui si ha un Omoteleuto che si ha quando le parole terminano allo stesso modo ( Linquimus e Fugimus). Poi una Anafora per la ripetizione di (Nos). Un Poliptoto perché vi è la stessa parola ripetuta con una diversa terminazione (Patriae e Patriam). DULCIA ARVA: accusativo neutro plurale. (arva arvorum = pluralia tantum = i campi). DOCES: il verbo docĕre prevede la costruzione del doppio accusativo. (Doceo, es, docui, doctum, ere). Doces silvas: insegni ai boschi. RESONARE: generalmente un verbo intransitivo, questa volta è transitivo perché regge l’accusativo “formosam Amaryllida”, la donna amata da Titiro, alla quale dedica le sue poesie, e ha la terminazione greca in A, invece che in AM. ( Resono, as, avi, atum, are). 6-10 vv. O MELIBOEE: la costruzione, speculare al v. 1, mette in rilievo i due nomi propri dei pastori. NOBIS: dativo di vantaggio. DEUS: si tratta di un personaggio potente (Ottaviano o Asinio Pollione) che ha fatto restituire le terre a Titiro. MIHI: dativo di vantaggio. TENER AGNUS: sogg. + attributo = Iperbato (quando vi è una inversione, più parole in mezzo). L’enfasi patetica del verso sottolinea il ruolo sacrificale del tener agnus che deve versare il suo sangue per celebrare il nome del deus protettore di Titiro. IMBUET: futuro semplice da (imbuo, is, ui, imbutum, ere). È un verbo proprio del linguaggio liturgico perché a quel tempo i sacerdoti sacrificavano gli agnelli agli dei. NOSTRIS AB OVILIBUS: è un’anastrofe (quando l’inversione avviene senza che ci siano frapposti altri termini). ILLIUS: complemento di specificazione. ARAM: complemento oggetto. PERMISIT: la principale. la costruzione di permittĕre + accusativo + infinito, al posto della più convenzionale subordinata con ut, è tipico della lingua poetica. (permitto, is, permisi, permissum, ere). MEAS BOVES: soggetto dell’infinitiva in accusativo. UT CERNIS: proposizione incidentale ( cerno, is, crevi, cretum, cernere). CALAMO AGRESTI: ablativo strumentale. LUDERE: ( ludo, is, lusi, lusum, ludere=giocare/suonare, in questo caso). ERRARE: (erro, as, avi, atum, are). QUAE VELLEM: relativa, (volo, volui, velle). La principale (permisit) regge due infinitive (errare e ludere), e anche la relativa con valore eventuale che è una subordinata di secondo tipo (vellem). 11-18 vv. EQUIDEM: da ego + quidem, conferisce al pronome di prima persona un tono limitativo.

INVIDEO, es, invidi, invisum, invidere. MIROR MAGIS: è un asindeto (le due frasi sono collegate semplicemente con una virgola), è anche un chiasmo (avverbio e verbo equidem invideo, miror magis). MIROR: verbo deponente da (miror, aris, miratus sum, mirari = mi stupisco). UNDIQUE: avverbio di luogo = dovunque. TURBATUR: 3 pers. Sing, passivo impersonale da (turbo, as, avi, atum, are). TOTIS AGRIS: complemento di stato in luogo. AEGER: predicativo del soggetto (ago, is, egi, actum, ere). Ha una sfumatura concessiva cioè (anche se sono stanco spingo le caprette). DUCO: (is, duxi, ductum, ere) = con il significato di “trascinarsi dietro” si contrappone ad agĕre (“ago”, v. 13), con il significato di “spingere avanti”. La capretta partoriente è evidentemente troppo debole per camminare. HIC: avverbio di luogo. INTER DENSAS CORYLOS: complemento di stato in luogo (inter + acc.) MODO: avverbio di tempo = poco fa. RELIQUIT: perfetto indicativo 3 pers. Sing da (relinquo, relinquis, reliqui, relictum, relinquere). SPEM: apposizione di questi gemelli, del compl. ogg. GREGIS: compl. di specificazione. L’addio di Melibeo ai suoi campi è sottolineato dalla nota patetica ed affettiva dei due piccoli capretti gemelli, un maschio e una femmina, che potrebbero assicurare la continuità del gregge ma che, nel momento dell’esilio, rendono ancor più difficoltoso (vix, “a fatica”) il procedere di Melibeo. A!: una esclamazione che sottolinea la partecipazione emotiva di Melibeo. SILICE IN NUDA: compl. di stato in luogo con un’anastrofe. La silex è la selce, una pietra silicea particolarmente dura e inscalfibile. CONIXA: participio perfetto da ( conitor, coniteris, conisus sum, coniti). È una specie di frequentativo di (conor), verbi deponenti che indicano il tentare, lo sforzarsi. HOC MALUM: compl. ogg. PREDICERE: è il verbo dell’infinitiva da (praedico, as, praedicavi, atum, are). TACTAS: da (tango, is, tetigi, tactum, ere)quando i Romani vedevano che una quercia era stata fulminata, essendo la pianta consacrata a Giove, si pensava subito a una manifestazione divina, a un presagio funebre. TACTAS DE CAELO: è una metonimia (il cielo al posto del fulmine). SED TAMEN: doppia avversativa che sta a sottolineare ciò che ha detto prima Melibeo sulle querce colpite dal fulmine, ovvero sul presagio dell’esproprio dei campi.

DA: imperativo presente 2. Pers. Sing. (do, das, dedi, datum, dare). La principale con l’imperativo regge una interrogativa indiretta perché qui è un aggettivo interrogativo con sit, congiuntivo del verbo essere e il soggetto iste deus. 19-21 vv. URBEM: in una posizione di forte rilievo all’inizio del verso. EGO: soggetto. STULTUS: predicativo del sogg. PUTAVI: perfetto indicativo da (puto,as,avi,atum,are). Questa prima frase principale regge l’infinitiva seguente, urbem soggetto dell’infinitiva in accusativo singolare, e il verbo è sottinteso (ESSE: che fosse). SIMILEM: il nome del predicato. HUIC NOSTRAE: il dativo retto da similem, si riferisce a Mantova. QUO: avverbio relativo. SOLEMUS: (soleo,es,solui,solitum,solere). DEPELLERE: è il verbo tecnico per indicare lo svezzamento degli animali. (depello, is, depuli, depulsum, ere) = spingere giù da intendere anche come un portare gli animali al mercato per venderli o scambiarli. TENEROS FETUS: complemento oggetto + attributo. OVIUM: genitivo plurale, 3 declinazione, letteralmente “delle pecore”. PASTORES: apposizione del soggetto, “noi pastori”, sottinteso nos che possiamo ricavare dal verbo SOLEMUS. FETUS: accusativo, maschile, plurale della 4 declinazione. 22-25 vv. NORAM: si tratta della forma sincopata per noveram, che è il piuccheperfetto da nosco, -is, novi, notum, noscĕre, “venire a conoscenza di, sapere”. SIMILES: predicativo del compl. oggetto catulos. CANIBUS: dativo retto da “similes”. SIC…SIC: verso 22 = anafora + parallelismo che sono figure di ripetizione. COMPONERE: da (compono, is, posui, positum, ere). MAGNA: accusativo neutro plurale, aggettivo sostantivato, si riferisce alla grandezza di Roma. VERUM: è un’avversativa (invece, in realtà, in verità). TANTUM: avverbio. EXTULIT: perfetto indicativo da (effero, effers, extuli, elatum, efferre). CAPUT: accusativo neutro singolare, complemento oggetto. INTER ALIAS URBES: anastrofe (inversione, ad esempio quando la preposizione che dovrebbe trovarsi prima del complemento, si trova in mezzo fra l’attributo e il complemento). QUANTUM: introduce una comparativa. CUPRESSI: soggetto. LENTA INTER VIBURNA: anastrofe. 26-28 vv.

TIBI: dativo di possesso. QUAE: agg. Interrogativo. TANTA: soggetto in funzione di predicato. Abbiamo la principale con fuit, e poi una finale implicita resa con causa + gerundio (videndi) da (video, es, vidi, visum, ere). ROMAM: complemento oggetto di questo gerundio. LIBERTAS: soggetto ( non si intende se Titiro era in realtà un pastore o uno schiavo che desiderava la libertà). QUAE: pronome relativo. SERA-serus-serum: aggettivo in funzione predicativa del soggetto, ha un valore concessivo. RESPEXIT: da (respicio, is, respexi, respectum, ere). (ME) sottinteso: compl. ogg. nella categoria dei verbi in –IOR PROBLEMA VENERDI’ 7 MAGGIO Oppure quando all’alba trafitte nubi, i raggi del sole si irradieranno in direzioni diverse oppure quando pallida l’aurora sorgerà abbandonando il croceo letto di Titone, ahimè male allora il pampino difenderà le dolci uve, tanto numerosa sui tetti crepitando salta la temuta grandine. -direzioni diverse (predicativo del soggetto)

-descrizione dell’ alba verso formulare dell’epica Gioverà ricordare più vivamente anche questo segnale, quando ormai il sole tramonta, dopo aver percorso l’olimpo, spesso, infatti vediamo sul suo volto mutare diversi colori, ceruleo annuncia pioggia, rosso acceso gli Euri, se invece delle macchie cominciano a mescolarsi con il color rosso fuoco allora vedrai fervere ugualmente ogni cosa a causa del vento e delle nubi, nessuno in quella notte potrebbe invitarmi ad andare per mare e nemmeno a sciogliere la gomena dalla terra ferma. -PROSUM è un composto di SUM e come tutti gli altri composti di SUM regge il dativo. Quando pro- si unisce a voci di est che iniziano per vocale si inserisce tra le due parti un consonante di lettura D (prodest, prodesse ecc..) -v.452 IPSIUS genitivo pronominale, è un genitivo tipico dei pronomi e degli aggettivi pronominali. Nella lettura grammaticale del genitivo ipsìus (i è lunga), nella lettura metrica è ipsiùs in vultù (è una licenza metrica, la i del genitivo pronominale può diventare breve all’occorrenza) -ceruleus ecc.. predicativi con sfumatura ipotetica -infinito presente passivo di MISCEO che non è misceri, ma miscerier (valido non solo per la II coniugazione ma per tutte) è un infinito dal sapore arcaico -vento, nimisque costituiscono quasi un’ ENDIADI per motivare le cause per cui ogni cosa sembra movimentarsi. -456: non quisquam al posto di nemo -457: moneat al centro del verbo, congiuntivo presente, si tratta di un congiuntivo indipendente potenziale. Ma se quando riporterà il giorno (il sole) e lo nasconderà di nuovo dopo averlo riportato il suo disco sarà limpido, inutilmente ti spaventeranno le nuvole e osserverai i boschi mossi dal limpido aquilone, insomma, il sole ti segnalerà che cosa il tardo vespero trasporti… Chi oserebbe chiamare menzognero il sole? 16 -terrebere=terreberis futuro primo passivo di terreo (II coniugazione) -nimbis, aquilone > ablativi di causa efficiente -tre preposizioni interrogative indirette che dipendono da una reggente posticipata (quella con dabit) -464 paludeat è uguale a moneat di 457 (congiuntivo potenziale) -v.465 (solem quid dicere ecc..) è congiunzione tra parte dei pronostici e segnali legati alla morte di Cesare Spesso esso annuncia anche che covano nascosti tumulti e un inganno e che si preparano guerre segrete. -ille etiam in anafora con v. 466 Esso addirittura commiserò la città di Roma una volta morto Cesare, quando coprì il suo limpido capo con una cupa ruggine (ci fu un’eclisse) e le empie generazioni temettero una notte eterna. Per altro in quel momento anche la terra e le del distese del mare e le cagne infauste e gli uccelli funeste davano dei segnali, quante volte abbiamo visto nei campi dei ciclopi ribollire l’Etna, dopo aver rotto i crateri e riversare globi di fiamma e sassi liquefatti. La Germania udì attraverso tutto il cielo un risuonare di armi, le alpi tremarono a causa di insoliti movimenti, si udì anche una voce nei campi silenziosi, immane e fantasmi straordinariamente pallidi vennero visti nell’oscurità della notte e le bestie parlarono, cosa indicibile! I fiumi si fermano, le terre si aprono e nei templi lacrima il mesto avorio e trasudano i bronzi. -tali versi con gli eventi naturali che accompagnano la morte di Cesare si mettono in relazione con il proemio del BELLUM CIVILE di Lucano che si conclude con la fenomenologia degli eventi che segnano il passaggio del Rubicone. Le guerre civili furono visti dai poeti come eventi particolarmente cruenti che spingono anche la natura ad opporsi a ciò (l’idea dell’eclisse è che il sole si nasconda per non vedere, fenomeno non inventato dalla letteratura latina, ma si trova anche nella letteratura greca cfr. Tieste, ripreso anche da Seneca).

-474 toto caelo: idea del cielo come luogo in cui si verifica, sia come mezzo, è un ablativo prosecutivo -475 audi= audivit (sincope di una consonate) -antitesi tra le bestie che parlano e l’infandum (che non può parlare) del poeta -aeraque sudant (aes, aeris) Straripò stravolgendo i boschi in un vortice l’Eridano e trasportò armenti per tutti i campi assieme alle stalle e in quello stesso momento non cessarono di apparire minacciose le fibre nelle vittime infauste o non cessò di fuoriuscire sangue dai pozzi e non cessarono do risuonare ululati di lupi nelle città di montagna. Mai in altro luogo caddero dal cielo sereno un numero maggiore di fulmini, ne tante volte arsero sinistre comete. -no alias: non in altro tempo LITOTE -I pozzi sono quelli degli altari sacrificali, il sangue non defluisce ma risale. -arsere= arserunt MERCOLEDì 11 MAGGIO Vv 489- 493 Dunque nuovamente Filippi vide gli eserciti romani scontrarsi l’uno contro l’altro con armi uguali e non fu indegno per gli dei bagnare per la seconda volta con il nostro sangue l’Emazia e le Alpi distese del Emo. Vv 490- 491 Videre (..) Pinguescere = viderunt (…) pinguescerunt In questi pochi versi è racchiusa la condanna da parte di Virgilio delle Guerre Civili. Non solo quella a cui si pensa immediatamente sia riferito il passo (quella tra Ottaviano, Antonio, Lepido contro i Cesaricidi Filippi), ma anche quella precedente (Farsalo). 17 NB: Virgilio per cronologia ancora non conosce l’altra devastante guerra civile che tragicamente parificherà la prima. Questa inoltre non sarebbe neanche la seconda perché prima ci fu quella tra Mario e Silla. La battaglia di Farsalo che si conclude nel 48 aC è il momento fondamentale della guerra tra Cesare e Pompeo. V 491 Bis: sono due le guerre! Il lessico utilizzato è proprio tipico del contesto delle guerre civili. Sanguine nostro: immagine tipica, archetipo della cultura romana. È il sangue che bagna la terra già dai tempi dell’uccisione di Remo da parte di Romolo (è peccato originale, cfr epodo di Orazio!). C’è comunque un sostrato culturale forte: basti pensare alla cultura ebraica e all’uccisione di Caino da parte di Abele. Attraverso i due episodi di Filippi e di Farsalo c’è poi una condanna alle guerre civili per poi diventare CONDANNA DELL’INUTILITA’ DELLA GUERRA nei versi successivi. Vv 494- 497 E certamente verrà il tempo in cui in quei territori (quelli in cui i Romani hanno combattuto fra loro) un agricoltore lavorando la terra con un aratro curvo troverà giavellotti corrosi da una scabra ruggine oppure colpirà con i pesanti rastrelli elmi ormai vuoti e osserverà stupito un gran numero di ossa nei sepolcri scavati.

Immagine del valore dell’agricoltura come ricostruzione morale oltre che materiale, come ricostruzione dello spirito oltre che della terra. A questo punto Virgilio immagina un agricoltore che deve rimettersi a lavorare una terra e un suolo devastato dalle guerre civili in cui si trovano soltanto resti. Egli si trova così a far riemergere dalla terra strumenti che sono di morte con strumenti che permettono la vita. V 495 Exesa: corrosi, composto del verbo Eo. Vv 498-514 Dei padri, eroi tutelari, Romolo, Madre Vesta che proteggi l’etrusco Tevere e il romano Palatino, almeno non impedite che questo giovane soccorra una generazione sconvolta. Già da tempo a sufficienza abbiamo lavato con il nostro sangue lo spergiuro della Troia di Laomedonte. Già da tempo, Cesare, la reggia del cielo ti invidia a noi e si lamenta che tu ti preoccupi dei trionfi degli uomini, dal momento che qui ciò che è lecito e ciò che non è lecito si sono invertiti. Tante guerre nel mondo, tanti aspetti del male, nessun degno onore per l’aratro. Portati via i coloni, i campi rimangono abbandonati e le falci ricurve vengono piegate a fare rigide spade. Da una parte muove guerra l’Eufrate, dall’altra la Germania (I barbari). Rotti i patti, città vicine combattono fra loro; l’empio Marte incrudelisce in tutto il mondo come quando si sono lanciate fuori dai cancelli le quadrighe di giro in giro aumentano il ritmo e, invano tirando le briglie, l’auriga viene trascinato dai cavalli, e il carro non sente il freno. Inizio con un’invocazione alle divinità, come per fare da contraltare a quelle invocate all’inizio del libro. Quelle invocate qui sono quelle della patria: gli dei patri, gli indigeni (dei legati agli avi), Romolo e Vesta (definita madre perché è colei che è legata al focolare della patria, destinato a rimanere acceso perché la vita di Roma continui ad andare avanti; Vesta era protettrice anche del focolare domestico, tanto che lo diventò per metonimia). C’è anche l’invocazione del NUOVO CESARE = OTTAVIANO AUGUSTO, prima richiamato con il termine “hunc (…) iuvenem”(v 500) V 503 Iam pridem: C’è quasi un tentativo di richiesta di liberazione di Virgilio. L’errore ricordato è un altro “sangue versato” rispetto a quello ricordato da Orazio negli Epodi. C’è l’invidia degli dei che vorrebbero avere con sé Ottaviano. È un’invidia che è uno strumento comune non tanto degli explicit quando negli implict (nei proemi). Si cerca di limitare il più possibile qui la divinizzazione del princeps, che era scontata, ma non viene citata. Qui non si tratta solo di divinizzazione annunciata ma non ancora computa, ma viene dichiarato anche un MOTIVO per cui Ottaviano non dovrebbe più stare sulla terra: è un giovane promettente che si interessa troppo di quegli uomini, che stanno però devastando la terra con le guerre! E’ particolare la scelta di terminare con un similitudine che sembra non avere nulla a che fare con il contesto: le gare di cavalli (quadrighe). Sappiamo che in una similitudine ci sono sempre due termine di paragone e uno di comparazione. Qui si ha l’idea dell’ineluttabilità della guerra, e del percorso di male che si diffonde progressivamente, quasi infrenabile. V 498 Dii Patri: forma contratta del sostantivo Deus, che si trova tra le particolarità della seconda declinazione per le forme alternative (Nominativo/vocativo/ablativo plurale + vocativo singolare, che prende per suppletivismo il vocativo dell’aggettivo DIVUS >DIVE!). V 501 Ne Prohibete: imperativo negativo sotto tutti gli aspetti! Normalmente quando abbiamo la negativa volitiva si richiede il congiuntivo esortativo, ma in caso dell’imperativo negativo dovremmo avere NE + congiuntivo esortativo 18 perfetto (presente solo nelle esortazioni di tipo affermativo). L’alternativa è utilizzare l’imperativo del verbo NOLO (Nolo, nolite … facere aliquid!). Questo uso è arcaico, ma si può trovare senza problemi né come eccezione in poesia. V 501/ 503 Iam pridem: ripetuto in anafora V 501 Sanguine nos...


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