Analisi poesie Pascoli PDF

Title Analisi poesie Pascoli
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Milano
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analisi di alcune poesie pascoli...


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Analisi poesie: Pascoli MYRICAE Prima raccolta poetica Pascoliana la cui prima edizione fu nel 1891, ma che fu finita nel 1900 con 156 componimenti. Myricae allude ai temi della raccolta: la natura, le “piccole cose” domestiche della vita quotidiana, la vita dei campi, i paesaggi, i personaggi, i lavori della campagna. CANTI DI CASTELVECCHIO Scritti nel 1895, durante il soggiorno di Pascoli a Lucca, dove cerca di ricostruirsi un “nido” famigliare con le sorelle. Nella struttura dei Canti di Castelvecchio agiscono due temi:quello naturalistico, modellato sul trascorrere delle stagioni, e quello famigliare. I due movimenti si intrecciano: il ritmo delle stagioni allude a un ordine naturale e alla segreta armonia dell’alternanza di vita e di morte, di fine e di rinascita; l’uccisione del padre configura invece una perdita irreparabile segnata dalla cattiveria umana e dunque estranea al ritmo naturale dell’esistenza. -riprendono i temi leopardiani del rapporto uomo-natura e della ricordanza. L'assiuolo (Myricae) Prosa: Mi domando dove fosse la luna, visto che il cielo aveva un colore chiaro e il mandorlo e il melo sembravano sollevarsi per vederla meglio. Da nuvole nere in lontananza venivano dei lampi mentre una voce nei campi ripeteva: chiù. Solo poche stelle brillavano nella nebbia bianca. Sentivo il rumore delle onde del mare, sentivo un rumore tra i cespugli, sentivo un’agitazione nel cuore al ricordo di una voce che evocava un dolore antico. Si sentiva un singhiozzo lontano: chiù. Sulle vette dei monti illuminate dalla luna, soffia un vento leggero mentre il canto delle cavallette sembra il suono dei sistri funebri che bussano alle porte della morte che forse non si aprono più?… e continua insistentemente un pianto funebre …chiù… STROFE, VERSI, RIME: La poesia è formata da tre strofe di sette novenari seguiti dal verso dell’assiuolo “chiù” (un monosillabo che chiude ogni strofa e che rima sempre col sesto verso di ogni strofa). Il suono onomatopeico è formato da una sola sillaba tronca. Il componimento poetico è formato dal seguente schema ritmico: ab ab cd cd, ovvero è composta di rime alternate. Nel terzo verso, della seconda strofa, troviamo una rima interna: “cullare del mare”. Nel componimento poetico troviamo: FIGURE TIMBRICHE: - Allitterazione : in fr ( quando dice “ un fru fru tra le fratte”), in i e s ( quando parla di “finissime sistri d’argento”) e in i (che afferma “ tintinni a invisibili porte”). - Anafora : chiù (viene, infatti, ripetuto alla fine d’ogni strofa), sentivo (ripetuto nella seconda strofa, nei primi due versi è usato in senso fisico, dato che si riferisce a degli elementi, nel terzo è usato in senso psicologico, perché esprime un sentimento che il poeta prova). - Onomatopea : “finissimi sistri d’argento“( perché riproduce il suono stridulo delle cavallette che assomiglia ai sistri, ovvero strumenti musicali utilizzati dagli egiziani nelle cerimonie sacre. Nel nostro caso sono utilizzate per un rito funebre), “chiù” (che riprende il suono naturale dell’assiuolo, perciò forma un onomatopea pura) e “fru fru di fratte” (che riprende il rumore proveniente dai cespugli). FIGURE RETORICHE: - Metafora : “alba di perla” ( il cielo assomiglia ad un alba di perla), “nebbia di latte“ (nebbia simile al latte), “un sospiro di vento” ( si paragona il vento ad un sospiro), “squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento” (si paragona il suono stridulo prodotto dalle cavallette, fregando le zampe posteriori, al suono prodotto dai sistri, strumenti musicali egiziani). - Ipallage : “nero di nubi”. - Sinestesia : “soffi di lampi”( vengono associate ai lampi silenziosi).

- Similitudine : “com’eco d’un grido che fu” ( paragona il sussulto alla voce ad un grido che gli evocava un dolore lontano). - Antitesi : tra “nero e bianco”, infatti, Pascoli parla di “un nero di nubi “ e “nebbia di latte“. - Doppio climax ascendente : riguarda il verso dell’uccello rapace:”chiù”, che passa da grido (nella prima strofa) a singhiozzo (nella seconda strofa), fino ad arrivare in fine ad un pianto di morte (terza strofa). Il secondo invece riguarda la negatività che cresce da ogni strofa, che è legata alla percezione del poeta. Infatti, se analizziamo la poesia notiamo che gli elementi positivi contenute in essa diminuiscono da strofa in strofa; nella prima abbiamo quattro versi, nella seconda tre e nell’ultima solo due. Da tutto ciò notiamo che emergono sensazioni e riflessioni negative. LO STILE In questa poesia Pascoli utilizza delle frasi circolari, infatti, notiamo che ogni strofa termina con il verso dell’assiuolo, “chiù”, una voce desolata che infonde tanta tristezza. IL LESSICO Il lessico, che il nostro poeta utilizza, è quello dell’ottocento, quindi è abbastanza comprensibile. Il linguaggio poetico è fortemente connotativo, infatti, oltre a trasmetterci informazioni precise, suscita suggestioni e allusioni significative. Dalla lingua utilizzata emerge il senso del mistero, dell’angoscia e dello sgomento che incombe sul nostro poeta e lo tormenta. Come vediamo nella poesia, Pascoli utilizza parole ed espressioni che creano un’atmosfera di mistero. Infatti, ha scelto parole che appartengono allo stesso campo semantico (“cielo... alba…lampi…nubi…nebbia…vento…nero di nubi”) al cielo, ai colori (“nero di nubi…bianco di latte”). Utilizza, inoltre, un linguaggio analogico, per rendere l’immagine più intensa e suggestiva, trasformando gli aggettivi in sostantivi ( come ad esempio “alba di perla” invece di “alba chiara”, “soffi di lampi” al posto di “lampi minacciosi”, “nero di nubi” e non invece “nubi cupe”, “nebbia di latte” molto più coinvolgente di “nebbia fitta”, “sospiro di vento” piuttosto che “vento leggero”). IL TITOLO In questo caso il titolo ha un ruolo informativo, perché permette l’acquisizione d’informazioni riguardanti il contenuto del testo poetico. Infatti, se il nostro poeta non avesse intitolato la poesia “l’assiuolo” non saremmo stati in grado di comprendere la voce che proviene dai campi: “chiù”. PAROLE-CHIAVE La parola chiave è “chiù”, il verso dell’uccello rapace, perché questo è il suono con cui Pascoli evoca i suoi sentimenti. CAMPI SEMANTICI - Il cielo, il quale racchiude alba…lampi…nubi…nebbia…vento…stelle. - I suoni, che includono il chiù, lo sciacquio delle onde del mare, il fruscio dei cespugli, il suono stridulo che emettono le cavallette e il loro tintinnio delle ali. INTENZIONE COMUNICATIVA Con questa poesia Pascoli descrive un paesaggio notturno dove all’inizio prevale il sentimento dell’estasi, difatti dice che la notte è meravigliosa, il cielo è chiaro come l’alba e perfino gli alberi sembrano sporgersi per vedere meglio la luna che è nascosta tra le nubi. Il paesaggio descrittivo è reso ancora più incantevole dalla melodia del mare e dai fruscii dei cespugli che sembrano quasi rasserenare l’anima. Tutto quest’ambiente è disturbato non dai lampi, dalle nubi e dalla nebbia, ma solamente da una voce triste che si leva nei campi: il chiù. Una voce che all’apparenza sembra di passaggio, ma di strofa in strofa diventa più angoscioso, fino ad arrivare ad un pianto di morte. Questo suono, per lui, è come un sussulto, una scossa al cuore che gli fa emergere ricordi tristi e pensieri tormentati. Il suono dell’uccello notturno pare quasi la voce stessa del suo cuore angosciato. Con tutto il suo componimento poetico, Pascoli vuole esprimere l’incombere dei ricordi e della morte, che impedisce al poeta di godere pienamente la magia di una notte di luna perché è avvolto dal mistero e dall’angoscia della morte. PROBLEMATICA AFFRONTATA I principali problemi che il poeta affronta sono il mistero e l’angoscia della morte. Contribuiscono a creare un’atmosfera di mistero il contrasto tra immagini minacciose e serene. Questo tema è caratterizzato dalla domanda che il poeta fa: “tintinni a invisibili porte: che forse non si aprono più?”. L’interrogazione che Pascoli pone, mette in rapporto il dato fisico, cioè il suono delle cavallette, con una realtà metaforica, ovvero le invisibili porte, aprendosi, potrebbero spiegare il mistero della vita.

Il passaggio dal suono reale alla sua interpretazione metaforica, è molto importante perché apre una riflessione sulla morte e sull’impossibilità per l’uomo di affidarsi alla speranza di un'altra vita dopo la fine dell’esistenza. Questa sensazione negativa è data dalla voce dell’uccello notturno, che per le credenze popolari di allora è considerato un annuncio di disgrazia e di morte. COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE Spesso Pascoli, nella sua poetica, utilizza il linguaggio della natura per esprimere le proprie sensazioni. Oltre all’assiuolo questa caratteristica la troviamo anche in altre poesie come ad esempio: “Novembre” (dove viene descritta una giornata di novembre.), TEMPORALE (qui per descrivere il paesaggio sono utilizzati suoni e colori. In questa poetica, come quasi un pittore impressionistico, Pascoli ritrae l’arrivo di un temporale estivo nelle campagne), “La mia sera”( In questa il tema prevalente è la natura come riflesso dell’animo del poeta). Un altro paesaggio notturno Pascoli lo descrive nella poesia intitolata “Il gelsomino notturno”. I temi prevalenti della nostra poesia, ovvero il mistero e la morte sono trattati anche in altre liriche. Una di questa ad esempio è: SAPIENZA( Il tema dominante è il mistero. Il poeta c’esprime che il sapere rimarrà per noi umani sempre un mistero nonostante che ognuno di noi cerchi di dare una spiegazione), NOVEMBRE(I temi principali sono: il fascino della vita, il senso del mistero e della morte), Nebbia ( I temi prevalenti sono il pensiero della morte, infatti, il poeta vuole dimenticare il passato per aspettare in modo più lieto la morte), Morte e sole (Il tema è la morte, con questi versi il poeta ci fa capire che la parola mote tutti la conosciamo, la leggiamo, ne parliamo, ma nessuno sa veramente cos’é), X AGOSTO (In questa poesia Pascoli, parla della morte del padre, infatti, l’associa alla festa di san Lorenzo). COLLEGAMENTO CON LA POETICA DELL’AUTORE Durante tutto il nostro percorso, per l’analisi della poesia L’assiuolo, abbiamo notato che il tema dominante, oltre al mistero, è la morte. Questo tema ricorre spesso nelle sue liriche, non solo come riflesso dei numerosi lutti famigliari supportati nell’infanzia, ma anche dal desiderio d’evasione dalla minacciosa realtà contemporanea e dall’oppressione della società. La sua precoce esperienza di dolore e di morte aveva influito sulla sua visione pessimista e malinconica della vita e del mondo. Il nostro poeta, molto spesso, per allontanarsi da questa sofferenza cerca di rinchiudersi nel piccolo mondo degli affetti familiari, ovvero il “nido familiare”. Ogni singolo elemento della natura, descritto nell’assiuolo, è osservato con gli occhi ingenui del fanciullino. Il fanciullino è un famoso saggio scritto da Pascoli dove lui stesso, espone la sua concezione poetica. Egli afferma che il poeta è chi riesce a vedere le cose con la stessa ingenuità di un bambino. Il poeta quindi non si dovrà inventare la poesia, ma la scoprirà attraverso la sua capacità di cogliere le piccole cose con l’intuizione e non sulla ragione, avendo in questo modo una concezione del mondo che si ha durante l’infanzia. Pascoli, quindi, cerca rifugio nell’infanzia perché è l’unico momento possibile di felicità. Nebbia (Canti di Castelvecchio) Parafrasi: Nascondi le cose lontane, tu nebbia impalpabile e pallida, tu fumo che ancora ti diffondi, sull’alba, dopo i lampi notturni e i boati dei tuoni! Nascondi le cose lontane,nascondimi ciò che è morto!Che io possa vedere solo la siepe che delimita l’orto,il muretto nelle cui crepe cresce la valeriana. Nascondi le cose lontane:le cose che sono madide di pianto!Che io possa vedere solo i due peschi e i due meli,che dànno i loro dolci frutti per il mio pane nero.Nascondi le cose lontane che vogliono che io ami e mi allontani!Che io possa vedere solo quella strada polverosa,che un giorno dovrò fare in un lento don don di campane…Nascondi le cose lontane,nascondile, allontanale dagli slanci del cuore! Che io possa solo vedere lì il cipresso,qui solo quest’orto, vicino a cui sonnecchia il mio cane. Analisi: La lirica Nebbia di Giovanni Pascoli, inserita nella raccolta dei Canti di Castelvecchio(1903), sviluppa un tema centrale della poesia dell’autore: quello della nebbia, intesa come simbolo delle sue angosce intime, connesse col senso incombente della morte e con il ricordo dei lutti che hanno colpito Pascoli nei suoi affetti più cari 1. Nebbia si caratterizza in particolare per l’atmosfera simbolista e per l’attento lavoro metrico-stilistico. La lirica è un’invocazione alla nebbia, a cui Pascoli chiede - quasi comanda, visto l’uso dell’imperativo - di proteggerlo. Questa richiesta assume la forma di una litania, modellata sulla ripetizione (attraverso un ritornello cantilenante) del primo verso (“Nascondi le cose lontane”), quasi in una sorta di preghiera allucinata. L’atmosfera del componimeto è dunque inquieta e cupa: Pascoli allude alle serie di tragedie da cui si sente colpito (“da’ crolli | di aeree frane”, vv. 5-6; “nascondimi quello ch’è morto”, v. 8; “le cose son ebbre di pianto”, v. 14; “Ch’io veda solo quel bianco | di strada”, vv. 21-22; “il cipresso”, v. 27) e vi affianca gli umili segnali del suo piccolo mondo familiare, il

“nido” da proteggere ossessivamente dagli assalti del mondo esterno (“Ch’io veda soltanto la siepe | dell’orto”, vv. 910; “” Ch’io veda i due peschi, i due meli, | soltanto”, vv. 15-16; “qui, solo quest’orto, cui presso | sonnecchia il mio cane”, vv. 29-30). La poesia si struttura così per sequenze parallele, in quanto ogni strofe presenta un andamento sintatticamente simile, in cui alla richiesta di protezione alla nebbia fa seguito l’appello a ciò che si vuol strenuamente difendere, spesso identificato dall’uso di aggettivi dimostrativi, come se il poeta stesse parlando di una realtà quotidiana e a lui ben nota. A dominare, l’impressione angosciosa dell’incombenza della morte, deducibile più per segnali ed allusioni che per concrete manifestazioni; ad essa può contrapporsi solo la funzione protrettrice e quasi materna della nebbia, in cui il poeta desidera affogare se stesso e il suo nido di piccole cose. Un tono e un orizzonte poetico che avvicinano Pascoli sia alla corrente simbolista sia ad alcuni atteggiamenti tipici del Crepuscolarismo. Dal punto di vista stilistico, sono centrali gli effetti ritmici collegati alla scelta di unire versi novenari, ternari e senari per creare un andamento prosodico cantilenante, fatto di pause e accelerazioni, come se si trattasse di un dialogo intimo del poeta con se stesso. Ricco di sfumature - come sempre in Pascoli - l’aspetto fonetico-lessicale: i termini sono quelli poveri e semplici del mondo di campagna 2, mentre l’impianto retorico e fonosimbolico è particolarmente ricco e sfumato. La nebbia è invocata a delimitare un orizzonte modesto e rassicurante: la casa e l’orto, dove rintanarsi dal DOLORE e dal male. Essa protegge metaforicamente il poeta dai ricordi tristi, ma anche da tutto ciò che invita a vivere, amare, agire. La fuga della vita si risolve nel desiderio di MORTE, espresso nella visione rassicurante della casa che porta al cimitero. -rifiuto della propria vita, della propria storia, ma anche della storia in generale. RIFIUTO detta STORIA: V8: bisogno di chiusura col presente Rapp NATURA—STORIA: natura buona, storia cattiva (VS Leopardi natura maligna) Metrica: strofe di sei versi (quattro novenari, un ternario, un senario) con schema di rime ABCbCa e ritornello del primo verso. Reduce dalla pubblicazione nel 1891 della raccolta di liriche Myricae, tutt’oggi considerata vero e proprio capolavoro letterario di fine ottocento, Giovanni Pascoli pubblica nel 1903 i Canti di Castelvecchio. In questa nuova raccolta di componimenti vengono recuperati ed ulteriormente sviluppati i riferimenti ai temi già affrontati in precedenza del nido protettivo, dell’angoscia dovuta alle perdite familiari (in modo particolare a quella del padre) e dei forti contrasti che sorgono nella relazione riguardante la persistente contrapposizione tra la sfera della vita e quella della morte. In “Nebbia” l’autore riesce sapientemente a convogliare quasi tutti gli elementi principali caratterizzanti la sua intera produzione poetica. Nella prima strofa Pascoli rivolge le sue parole, quasi come ad un essere vivente, alla nebbia pregandola di occultare alla sua vista “le cose lontane” (v.1), cioè tutti quegli elementi appartenenti al mondo esterno, considerati da sempre in modo negativo poichè disturbatori dell’armoniosa quanto chiusa quiete ricercata all’interno del nido protettivo. Durante tutta la durata della poesia si ripresentano elementi che spingono il lettore a riflettere sulla contrapposta alternanza tra la lontananza del mondo “al di fuori” e la vicinanza dei luoghi dove il poeta si sente protetto. Pascoli colloca quindi la nebbia tra questi due mondi così evidentemente divergenti l’uno con l’altro, la quale si ritroverà presto a dover svolgere un ruolo importantissimo all’interno dei meccanismi del componimento, fungerà infatti da vera e propria “linea di confine”, da muro di recinzione tra l’uno e l’atro schermando e nascondendo al poeta la violenza, i dolorosi ricordi dela giovinezza e quel mondo distante ed estraneo che il poeta in tutti i modi cerca di rifuggire. Altro tema di gran lunga rilevante affrontato dal poeta in questo celebre brano è la ferma contrapposizione tra la vita e la morte. Il vivere viene contemplato attraverso una luce marcatamente negativa, in quanto viene a sua volta accostato all’allontanamento dall’intimità della modesta vita quotidiana, al voler tradire il proprio passato e all’aprirsi a nuove e pericolose esperienze come l’amare e il viaggiare (“...che vogliono ch’ami e che vada!...”v.20). Pascoli, contrariamente a tutto ciò, verso la morte nutre sentimenti piuttosto contraddittori. Da un lato ciò che è morto va celato e rimosso (vv.6-7) perchè triste e doloroso (vv.13-14); ma dall’altra il trapasso viene accolto come vero e proprio mezzo di salvezza e unico rifugio dell’uomo, una regressione al nido infantile nell’atto del ricongiungimento con i propri cari defunti, momento da lui stesso serenamente profetizzato (“...Ch’io veda là solo quel bianco \ di strada,\ che un giorno ho da fare tra stanco don don di campane...”vv.21-24). Le descrizioni del piccolo mondo chiuso e sereno in cui si trova il poeta si caratterizzano per un forte determinismo: il muro non è ricoperto da un generico rampicante ma dalle valeriane v.12 (le quali peraltro possiedono effetti calmanti), gli alberi nell’orto non sono soltanto specificati in numero (due..., due...) ma anche in genere (peschi e meli) v.15. Questa estrema precisione nella denotazione dei particolari, appartenenti al mondo del nido, è infine motivo di ulteriore rafforzamento della sensazione di sicurezza provata dal poeta. Seppur pubblicate quasi contemporaneamente, ad un solo anno di distanza, totali sono le differenze fra i paesaggi naturali descritti in “Nebbia” di Pascoli e ne “La

Pioggia nel Pineto” di D’Annunzio. Nel secondo non vi è la benchè minima impronta del determinismo pascoliano, bensì gli elementi naturali assumono forme prive di dettagli caratteristici raffrontandosi con le descrizioni ideali e perfette dell’epoca classica; inoltre, mentre Pascoli identifica nella natura un luogo in cui rifugiarsi al sicuro dagli eventi annosi del mondo esterno, D’Annunzio invece termina col ricongiungersi pienamente in essa, attraversando un vero e proprio processo di metamorfosi e di identificazione nell’entità naturale stessa. La poesia “Nebbia” è metricamente formata da 5 strofe principali, ognuna delle quali composta da 6 versi (tre novenari, un ternario, un novenario ed un senario). In ogni strofa il primo verso rima con l’ultimo e lo schema generale delle rime è: ABCBCA. Il primo verso viene sempre ripetuto all’inizio di ogni strofa : «Nascondi le cose lontane». Inoltre questa formula viene ripresa in altri versi del brano: troviamo nascondimi al v. 8 e poi nascondile al v. 26. Da notare nella prima strofa l’anafora “Tu nebbia... Tu fumo...” (v.2-3) subito seguita cambiando consonante nel v.4 dal “su...” ; l’allitterazione delle consonanti p,b nei vv.2-5 (nebbia, impalpabile, scialba, rampolli, alba, lampi) che rafforzan...


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