Antigiurdicita\' - Appunti antigiuridicità PDF

Title Antigiurdicita\' - Appunti antigiuridicità
Author Guglielmo Rossi
Course Diritto Penale I
Institution Università degli Studi di Torino
Pages 16
File Size 126.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 24
Total Views 138

Summary

Appunti antigiuridicità...


Description

ANTIGIURIDICITA’ 1)Il fatto tipico è presumibilmente anche antigiuridico, tranne che non operi una causa di giustificazione, in presenza della quale viene meno l’antigiuridicità intesa come contrasto fra un fatto conforme ad una fattispecie incriminatrice e l’intero ordinamento giuridico. Le scriminanti non hanno carattere penale, per cui non sono soggette al divieto di analogia e al principio di riserva di legge, inoltre si estendono a tutti i rami del diritto (vengono meno anche sanzioni di tipo civile e/o amministrative). Si dividono in 3 grandi categorie: cause di giustificazione in senso stretto, in presenza delle quali viene meno l’antigiuridicità, questo operano su base obiettiva a prescindere che l’autore ne fosse a conoscenza; cause di esclusione della colpevolezza, il fatto tipico e antigiuridico non presenta il 3 elemento della colpevolezza, questa opera solo se l’agente ne era a conoscenza; infine vi è la categoria delle cause di esclusione della pena in senso stretto, in presenza delle quali il fatto è tipico, antigiuridico e colpevole, ma non viene inflitta la pena sulla base di una valutazione delle opportunità e per salvaguardare interessi che verrebbero lesi nel caso in cui fosse inflitta la pena, non si estendono a coloro che concorrono alla commissione dell’illecito (es. figlio che ruba il raccolto dal campo del padre non gli vengono inflitte pene per rispettare l’interesse dell’unità famigliare, mentre sarà soggetto a pena il complice, qualora vi sia). 2) si è cercato un fondamento sostanziale da attribuire alle cause di giustificazione, a tal proposito sono stati elaborati due modelli: modello esplicativo monistico, secondo cui tutte le scriminanti andrebbero ricondotte ad un unico principio ravvisato di volta in volta nella prevalenza del vantaggio sul danno, o nel bilanciamento tra beni in conflitto, tale modello però non tiene conto delle peculiarità proprie di ogni scriminante, per rispondere a tale esigenza è stato elaborato il modello esplicativo pluralistico che tende a ricondurre le esimenti a principi diversi; i più utilizzati sono il principio dell’interesse mancante (es. consenso dell’avente diritto) e dell’interesse prevalente (es. legittima difesa). 3) Il codice prevede per le cause di giustificazione una disciplina comune data dagli art. 55 e 59 cp. Ai sensi del 1 c. art.59 “Le circostanze che escludono la pena sono sempre valutate a favore dall’agente anche se da lui non conosciute o ritenute per errore inesistenti”, tale comma afferma l’operatività delle cause di giustificazione su base meramente oggettiva esse operano sulla base della loro esistenza a prescindere che l’agente ne fosse a conoscenza; vi sono però delle scriminanti che a seguito della loro particolare struttura tengono conto di elementi sogg., si parla di scriminanti speciali, applicabili solo ad alcuni tipi di reato (es. scriminante della reazione agli atti arbitrari del p.u. ). L’ultimo c. dell’art. 59 afferma che se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a suo favore; si tratta della scriminante putativa, in questo caso il legislatore equipara la situazione di chi agisce effettivamente in presenza di una scriminante a quella di chi confida erroneamente di agire sotto una scriminante. Per farsì che l’errore abbia efficacia scusante esso deve riguardare i presupposti di fatto che integrano la scriminante o una norma extrapenale integratrice di un elemento della fattispecie giustifcante; non scusa l’errore di diritto ai sensi dell’art. 5 cp principio generale ignorantia legis non excusat. L’rt. 59 ult. C. viene interpretato restrittivamente dalla giurisprudenza, la quale per attribuire efficacia scusante all’errore

non si accontenta dei due presupposti di cui sopra ma richiede che l’errore in cui il soggetto versa sia RAGIONEVOLE e abbia quindi LOGICA GIUSTIFICAZIONE e che possa apparire SCUSABILE sulla base dei dati di fatto. In fine ai sensi di quest’ultimo comma, è previsto che se l’errore è dovuto a colpa dell’agente, la punibilità non è esclusa quando il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo. (es. Tizio cammina di notte in una strada solitaria, viene avvicinato da un estraneo il quale gli chiede un’info, Tizio si autosuggestiona e crede che l’estraneo voglia aggredirlo, quindi lo uccide. Qui vi sono gli estremi per punire l’omicidio come colposo, in quanto Tizio appare rimproverabile per aver valutato in maniera eccessivamente precipitosa e poi errata la situazione) ! L’art. 59 può essere così riassunto: rilevanza obb. Scriminanti, scriminante putativa, errore colposo!. ART. 55 “quando nel commettere uno dei fatti previsti dagli art. 51/52/53/54, agente supera colposamente i limiti previsti dalla legge, dall’ordine dell’autorità o previsti dalla necessità si applicano le disposizioni riguardanti i delitti colposi, se il fatto è previsto come delitto colposo”. Si parla di eccesso colposo, quando l’agente opera in presenza di una scriminante ma ne supera colposamente i limiti, quindi la principale differenza che intercorre fra scriminante putativa ed eccesso colposo sta nel fatto che nel primo caso la scriminante esiste solo nella mente dell’agente mentre nel secondo caso la scriminante esiste ma l’agente ne supera i limiti. Il giudizio riguardo la na tura colposa del travalicamento dei limiti si attua tenuto conto dei parametri normativi previsti dall’art.43, cioè quando si ha errore inescusabile dovuto ad erronea valutazione delle situazione di fatto da parte dell’agente o da altre forme di inosservanza di regole di condotta aventi contenuto precauzionale o relative ai mezzi o modi di realizzazione concreta. La dottrina distingue due categorie di eccesso colposo, la prima si ha quando l’eccesso è riconducibile a una errata valutazione della situazione di fatto da parte dell’agente mentre la seconda si ha quando l’agente valuta correttamente la situazione di fatto ma eccede nei mezzi. Diverso è invece il caso in cui l’agente valuta correttamente la situazione di fatto e i mezzi necessari per raggiungere l’obiettivo, ma travalica volontariamente i limiti della scriminante, in questo caso si parla di eccesso doloso che dà vita a responsabilità a titolo di dolo dell’agente. Nonostante l’art. 50 non sia citato dall’art.55 si ritiene che l’eccesso colposo operi anche in relazione alla scriminante del consenso dell’avente di diritto; inoltre parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono che l’art. 55 operi anche nella scriminante putativa.

4) “Consenso avente di diritto”Ai sensi dell’art.50 non è punibile che lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può liberamente disporne; il fondamento sta nel fatto che non è ragionevole che lo Stato presi tutela penale ad un interesse, alla cui salvaguardia rinuncia il titolare consentendone la lesione. Per quanto riguarda l’ambito di validità, questo non opera in relazione alle ipotesi in cui il consenso costituisce un elemento in presenza del quale viene meno lo stesso fatto tipico es. reati di violenza privata o sessuale, qui il fatto tipico poggia sulla presunzione che l’azione sia stata compiuta contro la volontà del soggetto, qualora vi sia però il consenso il fatto non sussiste e non si può parlare di illecito penale; quindi l’art. 50 opera solo in relazione alle ipotesi in cui il dissenso dell’avente di diritto non costituisce un esplicito requisito del fatto

di reato. Natura giuridica del consenso: atto giuridico ovvero un permesso con cui si attribuisce al destinatario il potere di agire, questo non da vita a vincoli obbligatori ne tanto meno trasferisce diritti in capo all’agente, inoltre può essere soggetto a revoca in ogni momento. Il consenso inoltre deve essere immune da violenza, errore o dolo; vista la sua natura non negoziale non è richiesta alcuna forma per cui può essere manifestato dall’avente diritto anche in via tacita mediante comportamenti concludenti oppure in forma scritta o orale. Il consenso putativo si ha quando l’agente agisce credendo erroneamente di avere il consenso dell’avente di diritto, il consenso putativo è da escludere quando tenuto conto delle circostanze non risulta ragionevole che l’agente sia stato convinto di avere avuto il consenso dell’avente di diritto. Diverso invece è il consenso ipotetico che si ha quando l’agente può fondatamente ritenere che il titolare del bene gli avesse concesso il consenso se gli fosse stato richiesto, basti pensare ad esempio all’amico che apre la posta di un suo amico per porre rimedio/ soluzione ad una situazione improcrastinabile. La dottrina tende ad ammettere anche il consenso presunto, mentre la giurisprudenza al riguardo adotta un’interpretazione restrittiva, ammettendo il consenso putativo per le azioni già in atto mentre non ammetta il consenso basato un eventuale, ipotetico, probabile convinzione che l’avente di diritto avesse prestato il suo consenso qualora gli fosse stato richiesto. E’ legittimato a prestare il consenso il titolare del bene, qualora vi siano più titolari occorre il consenso di tutti loro. Per quanto riguarda la capacità di colui che presta il consenso è richiesta la capacità d’agire che vista la natura non negoziale del consenso si traduce in capacità d’intendere e di volere da accertare di volta in volta; in sostanza il giudice dovrà accertare se colui che ha prestato il consenso ha una maturtià sufficiente per comprendere il significato del consenso che ha prestato. Vi sono casi in cui il legislatore fissa un’età minima ad esempio 14 anni per i reati di corruzione con minorenni oppure per quanto riguarda i diritti patrimoniali, il titolare per prestare il consenso deve avere almeno 18 anni. L’art. 50 afferma che il titolare può prestare il proprio consenso solo per i diritti di cui può liberamente disporne: l’art. non distingue quali siano i diritti disponibili e quali no, per cui tale compito spetta all’interprete che dovrà tenere conto dell’intero ordinamento giuridico; Comunemente si definiscono disponibili quei diritti che non hanno un’immediata utilità sociale e di cui lo Stato ne garantisce ai soggetti il libero godimento, fra questi troviamo i diritti patrimoniale e tutti quei diritti che sono attribuitivi della personalità quindi onore, libertà di domicilio, libertà personale, sessuale ed altri. In proposito a questi ultimi è da osservare come i limiti del consenso siano fortemente influenzati dai valori socio culturali e dal tipo di rapporti che storicamente si instaura fra l’esigenza di dare spazio alle libertà individuali e l’esigenza contrapposta di limitare tali libertà per interessi solidaristici e collettivi: se prevale uno stampo individualistico, allora cresceranno portata e limiti del potere di disposizione del soggetto sui diritti riguardanti la personalità, al contrario se prevarrà una concezione di stampo autoritario, lo Stato si erge a tutore dei cittadini e quel potere di disposizione tenderà invece a restringersi. Rispetto all’integrità fisica, il parametro normativo è dato dall’art. 5 cc, il quale vieta gli atti di disposizione del proprio corpo qualora comportino una grave diminuzione dell’integrità fisica e/o siano contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume; lo scopo della norma in questione è quello di garantire il benessere psico fisico dei cittadini, infatti è ammessa una diminuzione dell’integrità fisica del soggetto qualora questa sia funzionale al miglioramento dello stato di salute del soggetto; in tal contesto si introduce la tematica del

consenso informato, che costituisce un ulteriore presupposto richiesto al soggetto prima di sottoporsi ad un intervento medico chirurgo; resta infine indisponibile il bene vita, così come si evince dagli art. 579/580 che incriminano l’omicidio del consensiente e l’istigazione al suicidio.

5) Secondo l’art.51 non è punibile chi esercita un diritto, la ratio di tale art. è da ricondurre al principio di non contraddizione all’interno di uno stesso ordinamento giuridico; è infatti poco ragionevolmente pensabile che in uno stesso ordinamento giuridico vi sia da una parte una norma che attribuisce al soggetto un diritto e al contempo un’altra che riconduce una sanzione qualora il soggetto eserciti il medesimo diritto. Come concetto di diritto è da ritenere nella accezione più ampia ovvero come potere giuridico di agire; la fonte del diritto può essere data da una legge ordinaria, da un regolamento, da un atto amministrativo o da un contratto di diritto privato. L’art. 51 non indica quando la norma attributiva del diritto prevale sulla norma incriminatrice, considerando tale contrasto come apparente, in quanto già risolto, considera come prevalente la norma attributiva del diritto. Solo che i problemi sorgono nel momento in cui è la norma incriminatrice a prevalere su quella attributiva, ad esempio risponde penalmente il proprietario che incendia la cosa propria con pericolo di pubblica incolumità nonostante le norme civilistiche a tutela della proprietà affermano che il proprietario può godere e disporre della cosa. Con lo scopo di individuare quando la norma attributiva limiti o per contro sia limitata dalla norma incriminatrice, si fa riferimento a tre criteri: 1- gerarchico; 2- cronologico; 3- di specialità. Importante è anche la modalità di esercizio del diritto, infatti se il modo mediante il quale il diritto viene esercitato non corrisponde ad una delle facoltà inerenti al diritto stesso si superano i confini dell’esercizio scriminante e subentra un’ipotesi di abuso del diritto che fa venir meno l’operatività dell’art. 51; connessi alla tematica dell’abuso del diritto sono i limiti a cui il diritto e il suo relativo esercizio vanno incontro: parliamo di limiti interni che attengono alla natura e al fondamento del diritto stesso e limiti esterni che invece riguardano il complesso delle norme di cui fa parte la norma attributiva del diritto. In particolare in riferimento alla legge ordinaria i limiti si desumono sia dalla fonte del diritto che dal complesso delle norme in cui è inserita; se invece si tratta di diritti riconosciuti a livello costituzionale, il principio della gerarchia delle fonti impedisce di ricavare limiti al proprio esercizio da norme di rango inferiore per cui l’eventuale contrasto fra diritti costituzionalmente garantiti e norme incriminatrici si traduce a favore delle prime; un diritto costituzionale potrà essere limitato nel suo esercizio soltanto se il limite in questione tendi al soddisfacimento di altri interessi costituzionali di rango equivalente. Esempi pratici di esercizio del diritto: 1- Cronaca giornalistica, spesso si traduce in una lesione dell’onore, della riservatezza e della reputazione, tanto da far sussistere i presupposti per integrare il reato di diffamazione; da una parte vi è la cronaca che costituisce esercizio del diritto costituzionalmente garantito relativo alla libertà di manifestazione del pensiero, da altra parte l’onore e altri sono anche essi diritti che godono di una tutela costituzionale, per cui la giurisprudenza ha posto dei limiti che devono essere rispettati nell’esercizio del diritto di cronaca: 1 verità o verosomiglianza della notizia pubblicata;2 interesse pubblico alla notizia, 3 obiettiva e serena esposizione della notizia; 2- Diritto di sciopero, esempio gli operai scioperano

dinnanzi alla fabbrica, formano un cordone umano, impedendo ad un operaio che vuole astenersi dallo sciopero di entrare in fabbrica per lavorare, è integrato il reato di violazione privata? Occorre chiedersi se le azioni sussidiarie volte a garantire la riuscita dello sciopero travalichino i limiti interni al diritto di sciopero, e se tra gli interessi costituzionalmente protetti che costituiscono un limite esterno al diritto di sciopero rientri il diritto di lavorare di chi non intende astenersi dal lavoro: si tratta di tematiche importanti e nel tempo stesso delicate. 3-Jus corrigendi, il diritto dei genitori di esercitare la potestà parentale sui propri figli, può sfociare in fatti corrispondenti a fattispecie di reato percosse, limitazione della libertà personale. Anche lo jus corrigendi sottosta a dei limiti come si desume dall’art. 571 che incrimina gli abusi dei mezzi di correzione. Tale disposizione non specifica quali siano i limiti rinviandone la determinazione al contesto sociale considerato, da qui sorge la difficoltà di individuare con esattezza l’area scriminante del diritto di correzione.; 4- offendicula, la causa di giustificazione viene anche invocata per giustificare l’efficacia esimente del ricorso agli offendicula cioè a quei mezzi di tutela della proprietà es cocci di vetro, filo spinato, il cui impiego può provocare offese a terzi, l’efficacia scriminante viene subordinata all’esistenza di un rapporto di proporzione fra mezzo usato e bene da difendere per questo si ritiene sa più coerente inserire tale tematica nell’ambito della legittima difesa.

6) “Adempimento di un dovere”, l’art. 51 stabilisce che l’adempimento di un dovere derivante da una norma giuridica o da un ordine legittimo dell’autorità pubblica, esclude la punibilità. La ratio è da ricondurre al principio di non contraddizione all’interno di uno stesso ordinamento giuridico, infatti non è logico pensare che da una parte vi sia una norma che attribuisce al soggetto il potere di agire o non agire e che da altra parte, nello stesso ordinamento vi sia una norma che minaccia l’inflizione di una sanzione qualora il soggetto agisca o non agisca. Il dovere può essere imposto da una norma giuridica, si intende nella concezione più ampia, il dovere può derivare da una norma ordinaria, da un regolamento (potrebbe porsi il problema relativo all’ammissione di questo, se venisse esteso il principio di riserva di legge, ma come sappiamo le cause di giustificazione non hanno natura penale bensì extrapenale per cui non sono soggette ai principi base del diritto penale e il problema non si pone), inoltre la norma giuridica che attribuisce tale dovere può derivare ai sensi dell’art. 10 COST. secondo cui l’ordinamento giuridico italiano si conforma ai principi generalmente riconosciuti dal diritto internazionale, per cui può avere anche stampo internazionalistico. Dovere imposto da un ordine dell’autorità pubblica, come ordine si intende una manifestazione di volontà che il superiore rivolge al subordinato riguardante una determinata condotta; per farsì che possa essere applicata la scriminante occorre che il rapporto di subordinazione che intercorre fra superiore e subordinato sia disciplinato dalle norme di diritto pubblico, quindi l’operatività della scriminante viene meno qualora tale rapporto sia disciplinato da norme di diritto privato (es. trasportatore e titolare del deposito di carburante commettono una contravvenzione relativa allo svolgimento della loro attività, a seguito di un ordine impartitogli dal rappresentante legale, qui la scriminante non opera in quanto ci troviamo in un rapporto regolato dal diritto privato); Come concetto di autorità pubblica vi è un’interpretazione

restrittiva secondo cui rientrano in tale concetto solo i pubblici ufficiali, a tale interpretazione se ne contrappone una estensiva che fa rientrare in tale concetto anche gli incaricati di pubblici servizi. Ai fini dell’operatività della scriminante non basta l’esistenza di un ordine imposto, ma occorre che tale ordine sia legittimo e quindi conforme ai presupposti formali (1competenza del superiore a impartire l’ordine, 2competenza dell’inferiore a eseguire l’rodine, 3rispetto della forma prescritta)e presupposti sostanziali conformità dell’ordine ai presupposti stabiliti dalla legge per l’emanazione dell’ordine. Ci si è posti il seguente interrogativo: l’esecutore può sindacare sulla legittimità dell’ordine? È stata data risposta affermativa desumibile dall’ultimo comma dell’art.51 il quale esclude la punibilità dell’esecutore di un ordine illegittimo quando la legge non gli concede la possibilità di verificare la legittimità dell’ordine stesso; quindi la sindacabilità relativa la legittimità dell’ordine rappresenta la regola, infatti secondo la dottrina l’esecutore è tenuto ad operare un controllo di legittimità sull’ordine impartitogli sia per quanto riguarda i presupposti formali che quelli sostanziali; importante è precisare quali limiti il potere di...


Similar Free PDFs