Appunti diritto commerciale.docx PDF

Title Appunti diritto commerciale.docx
Author Matteo Iacono
Course Diritto commerciale
Institution Università degli Studi di Milano
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Molto di aiuto...


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DIRITTO COMMERCIALE

9/4/2018

Il contratto è un atto singolo che è collocato nel tempo e nello spazio. È una vicenda di carattere relativamente puntuale perché una volta concluso deve essere eseguito (istantaneamente o nel tempo). Con il diritto commerciale studiamo un fenomeno radicalmente diverso: impresa. L’impresa è qualcosa di diverso rispetto ad un contratto perché essa è innanzitutto una attività ovvero una serie indefinita di singoli atti l’uno legato all’altro da un fine unitario. Nella maggior parte dei casi questo sarà il guadagno. Da un punto di vista economico, l’impresa oggi costituisce la principale fonte di produzione di ricchezza. In passato non era così, poiché fino agli anni ’50 la principale fonte di ricchezza in Italia era la proprietà (es: agricoltura). Oggi la principale fonte di ricchezza di tutte le economie occidentali è costituito dalla realtà dell’impresa. Quando si parla di impresa, abbiamo a che fare con una realtà molto elastica che si declina in più forme/modelli. Chi la esercita?

• Una persona fisica, imprenditore à IMPRESA INDIVIDUALE • Una società à IMPRESA COLLETTIVA • Ente no profit à FONDAZIONE Cosa cambia se l’attività è svolta da una società o un ente no profit? Entrambi sono alla ricerca di un profitto. Nell’impresa societaria c’è un fine egoistico, quindi il profitto sarà distribuito tra i soci. Nel caso di un’associazione/fondazione (= impresa sociale), il profitto eventualmente conseguito non verrà retrocesso ma sarà usato/investito per realizzare le finalità di natura ideale dell’ente.

Caratteristiche dell’IMPRESA

ATTIVITÀ Affinché un’impresa sia considerata come un’attività, ci vogliono dei requisiti fondamentali:

- Deve essere un’attività produttiva - Deve essere un’attività esercitata con metodo economico - Deve essere un’attività continuativa (abitualità) - Deve essere un’attività organizzata - Deve essere un’attività rivolta al mercato A che cosa serve qualificare una determinata attività come imprenditoriale? Dal punto di vista del giurista, il rilievo concreto della domanda sta nelle regole. Se qualifico una certa attività come impresa, dovrò applicare le regole dettate per le imprese. Il giurista ha un approccio funzionale alla realtà. Tutti questi predicati ci permettono di identificare la fattispecie ‘impresa’ e decidere se nella realtà materiale siano o meno assoggettate a determinate regole. Vedremo poi che ci sono dei problemi peculiari tra cui:

• Dobbiamo determinare quando inizia (e quando finisce) un’attività imprenditoriale. È importante stabilirlo perché l’impresa è una sequenza di più atti legati uno all’altro. Quindi quanti atti sono necessari nel concreto per definire l’inizio di un’attività imprenditoriale? Criterio non quantitativo ma qualitativo.

• Quando ci troviamo di fronte a più atti, non ha senso parlare di nullità o annullabilità. I casi di nullità contrattuale si possono applicare a un singolo atto dell’impresa ma siccome si tratta di più atti insieme non si può parlare di impresa nulla poiché dovremmo cancellare miliardi di atti che magari in sé potrebbero essere leciti.

• Criterio di riferibilità soggettiva: l’imprenditore è il soggetto alla quale l’attività (che è l’oggetto) deve essere riferita. L’imprenditore sarà chiamato per esempio a pagare i debiti, quindi individuarlo serve a capire il soggetto a cui sono indirizzati profitti e debiti. Il criterio principale del diritto privato è quello della spendita del nome (= nel nome del quale viene svolta l’attività).

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Esistono ulteriori criteri, tuttavia solo il criterio del nome si presta a fenomeni fraudolenti. DIMENSIONE Il legislatore distingue tra:

➢ Grandi imprese ➢ Piccole imprese

Il senso della distinzione sta nella funzione dell’applicazione di normative diverse. Le imprese mediopiccole avranno normativa di favore, normative di sostegno che non vengono riconosciute alle grandi imprese. OGGETTO Le imprese differiscono nel contenuto, ovvero tra:

➢ Imprese agricole che hanno per oggetto la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico vitale (che può essere animale o vegetale)



Imprese commerciali che rappresentano tutto il resto del mondo Quindi i settori merceologici sono diversi ma il legislatore coglie una differenza rispetto al ramo dell’attività esercitata senza arrivare all’estremo dettaglio. Tuttavia, ha senso fare una distinzione poiché il legislatore usa diverse normative di favore per le imprese agricole a causa di parecchi rischi legati soprattutto ai cambiamenti climatici. Nel caso dell’imprenditore commerciale, esso sarà assoggettato allo statuto dell’impresa commerciale che consiste in una serie di regole che si dividono in capitoli: I capitolo: procedure per imprenditori falliti II capitolo: è previsto un sistema di pubblicità (= registro delle imprese) III capitolo: tenere le scritture contabili IV capitolo: un istituto chiamato “rappresentanza commerciale” ORGANIZZAZIONE Un altro elemento fondamentale dell’impresa è l’organizzazione. Un’attività organizzata vuol dire che l’impresa prevede un coordinamento di fattori produttivi (reali, macchinari o personali). Questo si traduce in una organizzazione produttiva (= azienda). 16/4/2018 Requisiti dell’attività d’impresa Sfondo storico:

1) Il concetto di impresa nasce con la rivoluzione industriale. Quest’ultima segna l’avvento del modello di produzione capitalistico. Prima della rivoluzione industriale, c’erano delle iniziative di carattere produttivo (di natura artigianale -> rimane legata nella persona di chi la svolge). Questo tipo di attività si emancipa dal soggetto che la esercita ma si lega intimamente con l’organizzazione produttiva o l’insieme dei fattori di produzione che vengono organizzate per l’esercizio dell’attività. La riprova è che l’organizzazione produttiva (= insieme di fattori produttivi che permettono l’attività imprenditoriale) può essere agevolmente trasferita ad un terzo senza che l’attività subisca delle ripercussioni.

2) L’impresa ha polarizzato una normativa particolare che è sempre contenuta nel codice civile ma costituisce al suo interno un sistema un po’ a sé stante. Il diritto privato si occupa di singoli atti mentre il diritto commerciale considera le attività (= serie di atti). Le normative dedicate all’impresa sono contenute nel libro V del codice civile.

3) Perché il nome “diritto commerciale”? Ci rimanda all’idea del commercio, dei mercanti. La ragione è che da sempre nella storia del diritto, i mercanti hanno avuto delle regole particolari per disciplinare i rapporti in cui entravano. Una volta si distingueva tra:

• vendita civile (normale contratto di compravendita tra due privati) (es: tizio compra un appartamento a caio)

• vendita commerciale in cui uno delle parti era il mercante e quindi vende un bene a terzi. Questo tipo di vendita era disciplinata da regole particolari più di favore per i mercanti. Prima della rivoluzione industriale, c’erano delle regole particolari poi storicamente con la nascita dell’impresa, quest’ultima è stata attratta sotto le regole dei mercanti. Il fenomeno produttivo dell’impresa ha come interlocutore il mercato perché il produttore non produce per sé stesso ma ricolloca sul mercato. È un fenomeno strettamente attinente con il mercato. È naturale ricondurlo sotto le regole che riguardavano i mercati, tanto che, prima del codice civile del 1942, nel nostro ordinamento esisteva un codice per i privati e un codice del commercio che regolava sia i rapporti

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tra i mercanti sia il fenomeno dell’impresa. Oggi c’è un unico codice civile e un unico libro che si dedica all’impresa. Che cosa significa “IMPRESA”? L’art. 2082 del codice civile è rubricato ‘imprenditore’ ma in realtà la norma dà la definizione di quello che deve intendersi come fenomeno dell’impresa perché l’attività d’impresa resta sempre uguale a sé stessa mentre le figure dell’imprenditore cambiano (impresa collettiva, impresa no profit ecc). La figura soggettiva dell’imprenditore si può declinare diversamente mentre l’attività dell’impresa resta sempre uguale. Se prendiamo l’art. 2082 vediamo che l’attività di impresa viene intesa come “attività esercitata professionalmente, economica e organizzata, diretta al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi”. L’impresa si esaurisce in una serie indeterminata di atti tra loro molto diversi (materiali, giuridici) che sono collegati tra di loro perché hanno uno stesso fine. Quindi scomponendo l’art. 2082 abbiamo:

➢ L’attività deve essere produttiva, quindi che genera nuova ricchezza. Per nuova ricchezza non si

intende tanto il guadagno dell’imprenditore, bensì la capacità dell’attività imprenditoriale a generare nuovi beni che essendo il frutto della trasformazione di materie prime o semi-lavorati incorporano un valore aggiunto e quindi nell’insieme formano una maggiore ricchezza (es: un conto è avere delle lamine di acciaio e un conto è avere un rubinetto. Il prodotto finito vale di più). È vero che questo può valere per attività che producono beni ma vale di meno per attività che producono servizi (es: nave che da Genova va ad Olbia, dov’è il valore aggiunto/la ricchezza ulteriore? Consentono una più efficiente allocazione del bene). Le imprese di servizi consentono una più efficiente allocazione del bene. C’è sotto l’idea che dove il bene è richiesto, sono in grado di utilizzare il bene in modo più efficiente di come non accada in altri posti. I servizi servono per garantire la collocazione in un contesto dove il bene può essere utilizzato più efficientemente. Se l’attività imprenditoriale è una attività che produce ricchezza, non possono essere considerati come tali quelle attività che si risolvono in un mero consumo di risorse, come un’attività che si limita a raccogliere materie prime (es: raccogliere more e mangiarsele sul posto o raccoglierle e trasportarle sul mercato di Milano).

➢ Attività produttiva rivolta al mercato: non si produce per sé stessi ma con l’idea di creare un

output da collocare sul mercato. Tutti i fenomeni di auto-produzione diretta unicamente a soddisfare i propri bisogni non rientrano nel concetto di impresa (es: se uno ha un giardino e lo coltiva per soddisfare sé stesso, qui non sta esercitando un’attività di impresa agricola).

➢ Attività produttiva organizzata: questo è un valore aggiunto. Presuppone un coordinamento di

fattori produttivi che possono essere reali (= macchinari) o personali (= persone). L’importante è che ci sia una organizzazione produttiva che è in grado di aumentare qualitativamente e quantitativamente i livelli di produzione. C’è l’idea della standardizzazione del prodotto. Prodotto seriale. NB: la produzione industriale si distingue dalla produzione artigianale (la quale è molto più antica). La differenza tra le due sta nel fatto che quella artigianale è legata all’idea di laboratorio, bottega. Il peso del titolare dell’attività rimane predominante. Se la persona del titolare ha un ruolo decisivo, questo può essere aiutato ma ci sono dei limiti fisici quindi la produzione artigianale ha dei volumi più circoscritti rispetto alla produzione industriale. In quest’ultima entrano in gioco le macchine. La seconda peculiarità è che la produzione artigianale riflette l’estro dell’artigiano. L’artigiano in qualche modo dà imprinting al prodotto per cui si riconosce “la mano” diversa perché il prodotto rispecchia “la mano” del titolare della bottega. Nella produzione industriale proprio perché la relazione tra produttore e il prodotto è mediato, non si nota la differenza. Anzi, si fa in modo che non ci siano ripercussioni sul prodotto.

➢ Attività produttiva economica: è esercitata nella prospettiva che i ricavi siano suscettibili almeno

di coprire i costi. Questo è un proposito dell’imprenditore ma non succede sempre perché talvolta i costi sono superiore ai ricavi. Se c’è disequilibrio e non vengono assunti provvedimenti, l’impresa può fallire e viene estromessa dal mercato. Questo perché se c’è una prevalenza dei costi sui ricavi, c’è una dissipazione di ricchezza. C’è una consunzione delle risorse originariamente investite. Se le cose vanno male, a posteriori l’impresa viene estromessa dal mercato. Il significato “economico” dell’articolo è che l’impresa sia concepita con l’idea che i ricavi eguaglino i costi (es: le attività di

trasporto offerte gratuitamente, per definizione non possono essere qualificata come impresa perché c’è solo consumo).

➢ L’altro requisito è l’abitualità (= stabilità). Si ricollega all’idea che l’impresa non si esaurisce in un

singolo atto ma l’impresa è un fenomeno che sorge per durare, che ha dentro di sé l’idea di uno sviluppo nel tempo. Deve avere una certa stabilità temporale, una certa continuità. Abitualità è la traduzione di “professionalità” (art. 2082) che è l’opposto di occasionalità. Proprio dalla stabilità/ripetitività della continuità del fenomeno dell’impresa, è consentito pretendere molto dall’impresa. Questo significa che se un soggetto continua a fare la stessa cosa, questa persona diventerà sempre più brava a fare questa cosa, diventerà sempre più competente nel fare questa cosa (es: quando l’impresa di costruzione deve realizzare un ponte, essendo che fa solo questo, è legittimo che il ponte sia costruito in modo perfetto. Quando si discute se l’obbligazione è stata eseguita in modo perfetto, si fa capo allo standard di diligenza).

Nel codice civile, si parla di due diligenze: (1) diligenza del buon padre di famiglia e (2) la perizia (=

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diligenza del professionista, di colui che svolge professionalmente quella determinata professione) (es: per capire se il ponte è costruito bene o male, faccio riferimento alla perizia andando a domandarmi come avrebbe costruito il ponte una persona professionista) (art. 1176). Per valutare la conformità della prestazione seguita dall’imprenditore,

prenderò il secondo comma che mi definisce lo standard della perizia. A cosa serve dire che un’attività produttiva è qualificata come impresa? Ci serve per applicare certe regole al posto di altre. All’impresa generale corrisponde il così detto “statuto generale dell’impresa” che si articola in più capitoli: I capitolo: segni distintivi (marchi, ditta e insegna); II capitolo: concorrenza sleale – tutti i soggetti, iniziando un’attività imprenditoriale, possono competere nei vari settori merceologici. Il fatto che un’impresa sia iniziata prima non dà nessun particolare diritto/privilegio rispetto ad un’impresa successiva. Non esiste priorità sulla clientela ma tutti sono legittimati a contendersi la clientela offrendo nuovi prodotti/servizi e condizioni economiche migliori. Ciò che non possono fare gli imprenditori è essere sleali l’uno con l’altro. A monte c’è la mancanza di correttezza. Questo capitolo studia tutte le ipotesi scorrette e fraudolenti degli imprenditori; III capitolo: azienda. L’azienda è l’espressione giuridica che individua l’organizzazione produttiva cioè il frutto di coordinamento dei diversi fattori produttivi. L’azienda è un istituto generale trasversale dell’impresa; IV capitolo: è costituito da una serie di regole sparse contenute nel codice civile molto eterogenee tra di loro e di importanza modesta. Il legislatore ha preferito suddividere il fenomeno dell’impresa in due sub-fattispecie che vengono quindi disciplinate separatamente:

- Impresa agricola (art. 2135 – norma definitoria): consiste nella trinità a) coltivazione del fondo b) selvicoltura c) allevamento di animali. Il problema è che nel 2000 c’è stata una modifica dell’articolo con l’introduzione di un secondo comma il quale offre una definizione nuova di impresa agricola. Questa è destinata a sostituire quella al primo comma per cui oggi la definizione di impresa agricola è quella del secondo comma (tuttavia, il legislatore non ha abrogato il primo comma). Il legislatore ha pensato di dover disciplinare l’impresa agricola in modo particolare dettando regole specifiche perché l’impresa agricola corre il rischio di mercato e il rischio legato ai fenomeni atmosferici. Entriamo nell’idea che c’è una normativa di favore. Con il secondo comma il legislatore ha ampliato i confini dell’impresa agricola perché ha preso atto del progresso tecnologico che ha interessato la stessa attività agricola (non c’è più l’idea del contadino primitivo). Le punte del progresso tecnologico arrivano a consentire lo svolgimento di attività agricole anche senza sfruttare la risorsa fondamentale del suolo. Ci sono certe produzioni agricole che possono andare avanti grazie a soluzioni chimiche che consentono di ottenere lo sviluppo di una pianta anche senza usare la terra/suolo. Con il secondo comma il legislatore ha voluto certificare questa emancipazione dell’impresa agricola della terra. Il secondo comma introduce il concetto di cura e sviluppo di ciclo biologico (= vegetale, animale). Oggi, per attività agricola si deve intendere ogni attività rivolta alla cura e alla promozione di un ciclo biologico che utilizza o può utilizzare il fondo. Il valore aggiunto della norma sta nel “può utilizzare” perché racchiude la costatazione che lo sfruttamento della risorsa terra non è più un presupposto imprescindibile per l’utilizzo di una impresa agricola. Si parla di impresa agricola principale/essenziale. In realtà poi il legislatore, accanto a questa, conosce le imprese agricole connesse: consistono nell’attività che in sé non è intrinsecamente agricola quindi non ha ad oggetto la cura o la promozione di un ciclo biologico ma ciò nonostante viene regolata come se fosse agricola. Questa equiparazione a fini normativi avviene in presenza di due presupposti: 1. Carattere soggettivo: quest’impresa connessa è esercitata da un soggetto che già svolge un’impresa agricola principale (= imprenditore agricolo) 2. Carattere oggettivo: questa attività connessa è esercitata utilizzando in misura prevalente i prodotti/attrezzature/risorse dell’attività agricola principale esercitata (es: le cantine del Franciacorta sono un’impresa agricola perché la caratteristica è che gli spumanti usano l’uva prodotta su quel territorio. L’attività di coltivazione della vita è agricola; l’attività di produzione dello spumante non è agricola di per sé perché manca un ciclo biologico. Però nello svolgimento di questa attività usano la propria uva in maniera prevalente quindi utilizza i prodotti della propria attività principale).

- Impresa commerciale (art. 2195): c’è un elenco di attività. Qui la norma non ci dice chi è l’imprenditore commerciale ma ci dice quali attività sono soggette all’obbligo di registrazione. Affinché sia possibile considerare questo articolo come norma definitoria dell’imprenditore commerciale, è importante guardare al secondo comma, il quale ci dice che “le norme del codice che fanno generico riferimento alle imprese commerciali si applicano ai soggetti che svolgono le attività sopra indicate” – al primo comma. È il secondo comma che indirettamente ci fa dire che questo articolo è una norma definitoria. Ogni qualvolta il legislatore fa riferimento all’imprenditore commerciale intende alludere ai soggetti che svolgono solo i tipi di attività indicati al primo comma. Le attività da considerarsi impresa commerciale sono: 1. Attività industriale diretta alla produzione di beni o servizi 2. Attività intermediaria nella circolazione giuridica dei beni (= chi compra per rivendere) 3. Attività di trasporto per terra, acqua e aria 4. Attività bancaria o assicurativa 5. Attività

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