Appunti lezione 5 PDF

Title Appunti lezione 5
Author Elisa Garbero
Course Storia Dell'Arte Giapponese 1
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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Summary

Si tratta solo di una parte dei miei appunti. Ho caricato anche gli appunti completi. ...


Description

Yakushi nyorai: 

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Fine VIII sec. Jingoji:  Kyoto, VIII secolo;  Il Jingoji si trova a nord-ovest di Kyoto sul monte Takao;  Fa parte della scuola Shingon;  Ospita una grande statua di Buddha lignea di dimensioni quasi reali. Ottenuto da un unico blocco di legno massiccio, eccezione fatta per le parti che sporgono dal corpo come le mani, gli avanbracci e i riccioli dei capelli. La testa massiccia poggia su un busto tarchiato. Il suo volume quasi abnorme risulta ancor più sorprendente se osservato di lato. I riccioli sono ampi irsuti e molto appuntiti. Sebbene in origine non si prevedesse di dipingerla, la superficie del legno non è completamente levigata, ma mostra ancora le tracce dello scalpello dello scultore. Le pieghe della veste sono profondamente incise nelle venature del legno per creare una forte impressione di volume massiccio formando dei motivi chiamati honpa (“onde furiose”) in cui profonde pieghe levigate si alternano a creste sottili, come nelle onde del mare. Un’atmosfera opprimente e impenetrabile avvolge questa pesante statua. Tale caratteristica totalmente estranea alla scultura Asuka e Nara, è uno degli aspetti addottati dalla nuova dottrina religiosa del buddhismo esoterico (mikkyō).

Il periodo di Heian può essere diviso in DUE FASI. I fase: si tratta di un periodo che fa segnare ancora una forte sottomissione alla cultura cinese. Vengono inviate sistematicamente ambascerie alla corte cinese e monaci vi si recano per studiare dei testi. IX secolo: RYŪCHI:   







Tōji, ca. 821, rotolo da appendere, colore su seta. Gli esempi superstiti di pitture mikkyō dell’antico periodo Heian sono scarsi. La maggior parte sono fortemente danneggiati dall’uso nei rituali. Kūkai, infatti, aveva la ferma convinzione che la complessità liturgica e dogmatica del mikkyō potesse essere propriamente compresa e trasmessa correttamente solo con l’ausilio di pitture e sculture, ragion per cui incoraggiò i monaci a praticare l’arte e in particolar modo la pittura. Il soggetto qui ritratto è il quarto dei sette patriarchi del buddhismo esoterico Shingon, il monaco indiano Någabodhi. Non si sa molto a suo riguardo se non il fatto che fosse il miglior allievo di Nagarjuna (giapp. Ryumyō) il secondo patriarca vissuto tra il II e III sec. in India. Ryūchi è probabile che rappresenti il surrogato, il simbolo di tutti gli insegnanti della dottrina Shingon. Rappresenta un monaco dall’aspetto giapponese, seduto con una veste rossa con delle bande nere che tiene nella mano destra un taccuino simbolico degli insegnamenti che sta trasmettendo. La mano sinistra afferra un lato della veste. La testa è disegnata con una “linea a fil di ferro” con pochissima ombreggiatura per suggerire le ossa facciali. Il dipinto è uno studio delle forme piatte, molto lontane dalla resa pittorica cinese.

FUSHINJO di KŪKAI:   

Tōji, ca. 821, rotolo, inchiostro su carta, Tesoro Nazionale. Si tratta di una serie di tre lettere di Kūkai (774-835) a Saichō (676- 822) 最 澄 (fondatore del Tendai). Il titolo viene dato dai primi tre ideogrammi della prima lettera FU 風 SHIN 信 JO 帖.

MYŌŌ assiso:   

Uno di cinque; Sala di Lettura (Kōdō) del Tōji, 839 ca.; Legno dipinto, altare a ovest.

Godai Myōō:          

Sono i “cinque re luminosi”, protettori della nazione. Quattro sono raggruppati intorno a una figura centrale, Fudō (in sanscrito Akala = l’inamovibile) riconoscibile per l’aureola in forma di fiamma dipinta di rosso. Ha un’espressione feroce per personificare la lotta contro il male. È la manifestazione irata del Buddha Dainichi. È seduto su una base composta da forme triangolari intese come un’astrazione di una formazione rocciosa. La mano sinistra tiene una corda e la destra una spada con l’impugnatura a forma di vajra (diamante/folgore). I capelli sono raccolti in una treccia da un lato della testa e ha due zanne che sporgono dalla bocca. Gli occhi sono spalancati ma sembrano guardare in basso piuttosto che all’osservatore. L’espressione dimostra uno stato di allerta, ma trattenuto. La testa è leggermente girata a destra. Invece di suscitare terrore comunica solidità e calma. Si tratta proprio dell’inamovibile.

FUDO MYŌŌ:    

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Dipinto, inizio IX sec. prov. di Wakayama. I myōō difendono la Legge del Buddha e incutono terrore agli scettici che resistono alla conversione. Il più potente Fudō myōō, era, in origine, un modesto messaggero hindu. Accettato infine nel pantheon buddhista a partire dal IX sec., viene a occupare una posizione in ordine di importanza inferiore ai bodhisattva, ma è investito nel nuovo ruolo di fiero guardiano della Legge. Il volto è terrificante, gli occhi sporgono, denti aguzzi escono dalla bocca e mordono il labbro inferiore. Il fermo impegno a proteggere la legge del Buddha è simboleggiato dalla roccia sulla quale è seduto. I lunghi capelli sono raccolti sul lato sinistro del volto in diversi nodi, che indicano il numero delle reincarnazioni attraverso le quali egli servirà il Buddha. La massa di fiamma che ondeggia alle sue spalle incenerisce tutte le malattie e tutti i desideri fisici. Le lingue di fuoco rosse, arancioni e nere prendono la forma di Karula, l’uccello mitico buddhista. Affiancato da due giovani assistenti Kongara e Seitaka, uno con l’espressione arrabbiata di un realismo quasi umoristico, l’altro più mite e tranquillo.

RENGE KOKŪ ZŌ (o Godai kokuzō):    

Kyoto, Jingoji, metà IX sec. I Godai kokuzō sono cinque manifestazioni esoteriche del bodhisattva Kokuzō (noto in Giappone dal VIII sec). Kokuzō è associato alla saggezza vasta come il cielo infinito. Questa scultura si trova nel Jingoji, uno dei primi templi esoterici sul monte Takao nei pressi di Kyoto, lontano dall’atmosfera secolare del clero della capitale e della corte.

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E’ scolpita con la tecnica dell’unico blocco di legno di cipresso (ichiboku zukuri). Assiso su un fiore di loto (renge) ne tiene in mano uno più piccolo.

JŪICHIMEN KANNON:   

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Hokkeji, Nara, Metà del IX sec. Manifestazione di Avalokitesvara (Kannon = “Il Signore che rivolge lo sguardo verso il basso”). In questa iconografia rappresenta Avalokitesvara nella forma JŪICHIMEN = “undici volti”, “undici teste” uno degli aspetti esoterici del bodhisattva che indica il compimento dei dieci stadi di perfezionamento spirituale. Ai tre volti principali, sereni, seguono tre volti irati, tre terrifici e un volto ghignante, ciascuno dei quali è un aspetto del bodhisattva. Gli attributi sono il vasetto con l’elisir dell’immortalità spirituale come conseguenza dell’Illuminazione, il rosario che allude alla recitazione del mantra e il fiore di loto. L’obesità del corpo, simbolo del “reale” è spesso evidente nelle divinità mikkyō e talvolta si traduce persino in sensualità. Questa divinità femminile ha il volto paffuto, il torso piccolo ma pieno, ancheggia dolcemente. Le pingui dita raccolgono la sciarpa con un gesto timido e il lieve movimento del corpo è fatto risaltare dal ginocchio sinistro ripiegato e dal piede sinistro con l’alluce carnoso sollevato leggermente e quasi dispettosamente. L’inusuale aureola metallica raffigura una pianta di loto (rifacimento del XX sec.). Divinità sensuali risultano molto efficaci per creare l’illusione di un mondo sovrannaturale, approfittando anche della semioscurità delle sale in cui si tenevano i riti mikkyō. Erano una sorta di arma propagandistica intesa a sedurre gli eretici che non sarebbero stati convertiti in alcun altro modo.

Daigoji 醍醐寺:   

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Kyoto. Il “Tempio degli Insegnamenti Supremi di Buddha” rappresenta l’ultima maggiore costruzione templare del buddhismo esoterico. Fondato dal monaco Shōbō (832-909) divenne sede dello Shugendō (via dell’ascetismo delle montagne che impone di viaggiare costantemente nelle regioni montuose) in cui ci si sottoponeva a pratiche religiose come la meditazione solitaria, digiuno, immersione in torrenti ghiacciati e la recitazione di sūtra nelle montagne per raggiungere poteri magici. Sostenuto dall’imperatore Daigo da cui prese il nome dopo la morte. Quello che sopravvive oggi è una Triade di Yakushi con i suoi attendenti e una pagoda a cinque piani.

Yakushidō 薬師堂, Yakushi: 

Legno, lacca e foglia d’oro.

Gojūnotō heki,  

Daigoji, Kyoto, ca. 952. Taizōkai Dainichi 胎蔵界大 Pannello occidentale della copertura della colonna centrale, colore su legno.

II fase periodo Heian (mikkyō)

Alla fine del IX secolo, un grande ministro di stato, Sugawara no Michizane fece in modo che cessassero le ambascerie alla corte cinese. Da questo momento iniziò una seconda fase in cui salì al potere la famiglia Fujiwara che dà il nome alla seconda fase del periodo di Heian, detto appunto "periodo Fujiwara". Kyoto sorse come una città splendida e rimase capitale per più di mille anni; collocata in una conca, tanto che i giapponesi la chiamano "la tazza da tè", questa città divenne il simbolo della bellezza e raffinatezza e tale rimase per secoli, anche nei momenti di massima depressione; circondata da colline, trasformate paesisticamente dai ciliegi e dagli aceri (famosi in autunno per il colore rosso), in autunno è caratterizzata da forti contrasti tra il grigio argenteo delle tegole, il rosso degli aceri, il verde delle conifere, e il giallo di altre piante, contrasti di colore estremamente affascinanti per gli artisti; allo stesso modo, in primavera, le grandi fioriture dei ciliegi hanno sempre rappresentato un grande stimolo dal punto di vista estetico. La corte dei Fujiwara (che avevano ripreso il potere completo sulla città, conferendole un’immagine di tale grandezza e splendore culturale da fare di Kyoto un punto di riferimento fondamentale) divenne il centro della civiltà di Heian; vivere a Kyoto era vivere nella civiltà, stare fuori da Kyoto equivaleva a restare fuori dalla civiltà e dalla cultura. La letteratura è ricca di pagine che narrano l’angoscia di personaggi costretti ad allontanarsi dalla capitale, lasciando la quale perdevano il contatto con quel tessuto di rapporti umani che era diventato per loro la vera cultura. La vita all'interno di Kyoto era una vita “festiva”, nel senso che ogni atto veniva ritualizzato. Atto inteso però non in senso religioso, bensì nel senso che la vita stessa doveva diventare un’opera d’arte. Gli imperatori si ritiravano presto a vita privata, perché faceva comodo ai Fujiwara avere degli imperatori sempre nuovi, giovani e facilmente controllabili. Ma gli imperatori in ritiro (insei) tenevano delle corti e così anche le loro mogli. Kyoto divenne, quindi, una città con più corti, le una in gara con le altre, non in ricchezza ma in eleganza. Al tempo stesso, visto che gli uomini potevano scrivere solo in cinese, si sviluppò una letteratura fantastica femminile in lingua volgare. Tutta la letteratura giapponese di questo periodo, soprattutto la narrativa e la diaristica, è femminile, tranne rarissime eccezioni. Vi sono descritti gli ambienti di corte, ritratti anche nella pittura del periodo: costruzioni, giardini e simili, tutti elementi che non esistono più, ma di cui ci resta una descrizione eccellente proprio grazie alla letteratura del periodo. Alcune di queste opere diedero poi origine a serie di rotoli di pitture in stile giapponese (emaki). Si sviluppò così un tipo di vita estetica, concepita come opera d’arte in ogni suo momento. Fine IX/inizi X secolo:

Joshin (Divinità femminile):    

Kyoto, Matsuo jinja, Fine IX sec. Rappresenta il tentativo di fusione tra il buddhismo e lo shintoismo (Honji suijaku). Visto che lo shintō mancava di una tradizione iconografica, i suoi primi tentativi si basarono sulle tecniche e gli stili delle immagini buddhiste. La concezione dell’universo mikkyō era abbastanza ampia da poter includere gli dei shintoisti nel proprio pantheon e ponendo il fondamento teoretico della riconciliazione tra gli dèi indigeni e le divinità buddhiste. Il suijaku attribuiva un’identità buddhista agli dei shintoisti.

Triade di hachiman:    

Yakushiji, Nara, tardo IX sec. ichibokuzukuri (scultura in un unico blocco di legno) dipinto. A destra la principessa imperiale Nakatsu. A sinistra divinità shintoista che personifica l’imperatrice Jingū;



Al centro Hachiman (divinità shintō della guerra venerato anche come protettore del buddhismo e della nazione) in veste di monaco.

I buddha trascendent     

Centro: Dainichi Nyorai 大日如来 (Skt. = Vairocana / Mahāvairocana); Est: Ashuku Nyorai 阿閦如来 (Skt. = Akṣobhya); Sud: Hōshō Nyorai 宝生如来 (Skt. = Ratnasambhava) Ovest: Amida Nyorai 阿弥陀如来 (Skt. = Amitābha) Nord: Fukūjōju Nyorai 不空成就如来 (Skt. = Amoghasiddhi)

Taizookai mandala:  







Kyoto, Tōji, colore su seta, seconda metà IX sec. La struttura del taizōkai è concentrica: al centro di un fiore di loto rosso a otto petali siede Dainichi con le mani in grembo, quietamente atteggiate nel mudra della concentrazione, abbigliato come un bodhisattva con elaborati gioielli e a torso nudo. Circondato da quattro buddha, quattro grandi bodhisattva e una miriade di divinità sempre più piccole a mano a mano che si va verso i bordi, dove degli edifici con portale, contrassegnano i limiti esterni di questa “città” degli dei. Il Taizōkai è anche noto come mandala “del Grembo” perché implica che, come il grembo materno contiene il feto, così lo Shingon considera tutte le manifestazioni e le forze divine essere contenute in sé. Parte della cerimonia di ordinazione di Kukai consistette nel lancio di un fiore da una certa distanza sopra il mandala. La caduta del fiore avrebbe indicato quale delle tante manifestazione del Buddha aveva maggiore affinità con il discepolo: fu il Buddha supremo Dainichi.

Il vocabolo “mandala”: 

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Significa in origine “quello che possiede (la) essenza e totalità (manda)” venne poi a significare il luogo in cui questa perfezione si realizza e in cui si svolgono i rituali per il conseguimento di tale traguardo. In India era una piattaforma di sabbia, su cui veniva disegnato uno schema geometrico che abbracciava miriadi di immagini buddhiste, con i credenti seduti intorno a esso. Le piattaforme erano usate per riti di iniziazione e venivano distrutte dopo lo svolgimento delle cerimonie. Il vocabolo mandala venne poi ad indicare qualsiasi rappresentazione visiva di tale assemblea di dèi. Tutte le tradizioni buddhiste riconoscono una grande importanza alle tecniche per sviluppare la concentrazione e l’attenzione indispensabili alla meditazione. L’obbiettivo è quello di raggiungere una condizione di unità psicofisica dell’individuo, ossia, fare in modo che corpo, parola e mente siano unificati nella calma concentrata e nell’attenzione profonda che permette di sperimentare la natura ultima della mente libera da condizionamenti (desiderio, avversione, pigrizia, inquietudine). Corpo e mente vengono educati alla calma e alla stabilità attraverso il mantenimento di una postura a gambe incrociate, la schiena dritta e il controllo della respirazione. La mente, invece, viene guidata per mezzo di supporti esterni come il mandala. Si fa quindi l’esperienza su un piano completamente diverso da quello sensoriale. Il madala è la rappresentazione geometrica dell’universo percepito dalla mente illuminata e purificata.

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E’ uno strumento che guida alla scoperta della propria essenza luminosa e dell’identità con la natura del Buddha dispiegata nell’universo intero (= psicocosmogramma). La realizzazione di un mandala, sia materiale sia mentale, è un atto di ricreazione dell’universo e, al tempo stesso, di reintegrazione dell’individuo nell’assoluto. In Giappone alla piattaforma di sabbie colorate si preferì uno strumento permanente, il cosiddetto “tappeto” del mandala. I più importanti mandala della scuola Shingon sono il taizookai (matrice o grembo) e il kongookai (diamante), appaiati a simboleggiare rispettivamente docilità e mitezza e i loro opposti, fermezza e durezza. Dainichi è il dio supremo di entrambi i mandala.

Kongookai mandala:       

Kyoto, Tōji, colore su seta, rotolo da appendere, seconda metà IX sec.; Il Kongōkai o “Diamante” implica durezza e fermezza e comprende 9 sezioni di cerchi entro quadrati e di quadrati entro cerchi. Dainichi siede nel quadrato al centro in alto, con un mudra noto come i “pugni della conoscenza” che indica intelligenza e conoscenza. Rappresenta la verità eterna, indistruttibile, la cui saggezza illumina ogni parte dell’universo. Lo Shingon (Scuola della Vera Parola) usa il mandala come rappresentazione schematica del vero ordine dell’universo attraverso la figura del Buddha e delle sue miriadi di emanazioni. La sua superficie, prevalentemente bianca, è suddivisa in nove riquadri. Ogni dettaglio delle numerose divinità rappresentate, la posizione delle mani e gli oggetti tenuti, le acconciature o la forma su cui siedono, hanno un valore simbolico.

L'arte dei Fujiwara Nel periodo Heian, dopo alcuni secoli di sistematica ispirazione al modello cinese, il Giappone si ripiegò su se stesso per elaborare più a fondo il proprio stile culturale ed estetico. A partire dall’894, furono interrotti i rapporti con il continente e le culture importate dalla Corea e dalla Cina. A questo fenomeno culturale e politico di grande importanza, si ricollega la nascita dello yamatoe (stile nazionale). I frutti di questa scelta furono immediati: Ki no Tsurayuki (868?-945?), nella prefazione alla sua grande Raccolta di Poesie Giapponesi Antiche e Moderne, il celebre Kokin waka shu (905), inneggia ai valori dell'estetica nazionale: Si trattava di poesie scritte anche per essere illustrate su porte scorrevoli e sui tsuitate (piccoli paraventi), i progenitori dei paraventi (byōbu), in questi ultimi anni prepotentemente tornati alla ribalta, studiati e rivalutati. I dipinti in stile giapponese, di cui i documenti letterari parlano dalla metà del IX secolo, vennero realizzati per il palazzo imperiale e da lì si diffusero rapidamente nelle abitazioni dell’aristocrazia. E’ in questo periodo che, nell’886, venne istituito l'ufficio per la pittura, edokoro, che soprintendeva alla cura dei dipinti nel palazzo imperiale.

Itabori mekirataishoo:

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X-XI sec., legno intagliato, uno di dodici pezzi, Tesoro Nazionale. Si tratta di uno dei 12 generali di Yakushi nyorai (Junishinshō) a dispetto del nome sono i protettori del Buddha di tutti i Rimedi. Di solito indossano un’armatura e hanno delle armi (asce, alabarde). Molto comuni nell’epoca Nara, sono invece rari nel periodo Heian. I 12 guardiani sono intagliati a rilievo su un’unica placca di cipresso (hinoki) di 3 cm (a parte Indara che ha 2 placche). Ogni pezzo rappresenta una divinità con i suoi attributi in piedi su uno zoccolo a forma di roccia. In origine dovevano essere colorati ma ora i colori sono scomparsi. Sono rappresentati di profilo (a parte Shindara) (5 a destra e 6 a sinistra). La postura dei corpi, la forma dei capelli, le armi tenute in mano sono differenti e piene di variazioni in ciascuna immagine. Qui mekira vestito solo con un abito che cade dalla spalla alza la mano destra e il piede sinistra in un atteggiamento molto dinamico. Altri, a causa della deformazione di alcuni dettagli, dell’esagerazioni di alcuni tratti del volto o di una grandezza esageratamente ridotta di alcune parti del corpo, danno un senso quasi umoristico. I 12 generali, pur nelle loro differenti posture sono rappresentati in maniera molto vivida utilizzando degli scalpelli differenti per dare un senso del volume estremamente efficace.

Kondo kyo bako:     

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Enryakuji, prov. di Shiga, 1031, scatola per sutra. L’Enryakuji divenne (dopo il ritorno di Saichō dalla Cina nell’ 805) il centro mon...


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